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L A P ATOLOGIA DELL ’ ORGANO AMMINISTRATIVO : IL RUOLO DEL CONTROLLO INTERNO

4.1 L A RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI VERSO LA SOCIETÀ

In generale secondo quanto dispone l’art. 2392 c.c. “gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze”.

In base all’attuale disciplina, dunque, la responsabilità degli amministratori riguarda oltre che alla violazione dei doveri specifici posti a loro carico dalla legge o dallo statuto, anche dal mancato rispetto di due doveri generali che sono, il dovere della diligenza meglio definito negli Stati Uniti come il c.d. Duty of Care, intesa come diligenza professionale e il Duty of Loyalty, inteso come dovere di operare nell’esclusivo interesse della società.

Inoltre, il legislatore, facendo riferimento alla diligenza richiesta in relazione alla natura dell’incarico (Tab. n.1), rimarca la necessità di considerare, in relazione a ciascuna fattispecie, della specifica posizione rivestita dall’amministratore all’interno del consiglio di amministrazione, distinguendo se si tratti di amministratore con o senza delega; il riferimento alle specifiche competenze impone, invece di graduare la

responsabilità sulla base delle cognizioni tecniche di ciascun amministratore157.

Tab. N. 1 - Obbligo di diligenza degli amministratori

Ante riforma Diligenza del mandatario o del buon padre di famiglia

Post riforma

Diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle specifiche competenze degli amministratori o diligenza professionale:

la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, presuppone il riferimento alla posizione concretamente assunta da ciascun amministratore nell’ambito dell’organo collegiale;

la diligenza richiesta dalle specifiche competenze, introduce un elemento di valutazione che attiene al rapporto tra le attività esercitate dalla società e le cognizioni specifiche dei componenti del consiglio. Fonte: Ns elaborazione

157 In altre parole, per determinare la diligenza dovuta sarà necessaria una verifica della particolare attività

svolta dall’amministratore con riferimento alle circostanze del caso (l’importanza dell’operazione compiuta, le qualità individuali dell’amministratore che hanno determinato la sua nomina, dimensione della società).

La prima cosa da fare secondo quanto previsto dunque dalla legge o dallo statuto consiste nell’individuare gli obblighi158 imposti agli amministratori, la cui violazione comporta la loro responsabilità.

La casistica riguardante le situazioni per le quali gli amministratori possono essere chiamati a rispondere per violazione degli obblighi è piuttosto ampia, tra gli altri ricordiamo a titolo esemplificativo:

 gli obblighi posti a garanzia dell’integrità del capitale sociale (ad es. il divieto di distribuire utili fittizi o sulla base di bilanci non regolarmente approvati, ex art.  2433 c.c., il dovere di compiere gli adempimenti necessari quando le perdite di

esercizio superano un determinato ammontare, ex art. 2477 c.c.);

 gli obblighi posti a garanzia del corretto impiego del capitale sociale (ad es. il divieto di compiere atti di gestione che esorbitino dall’oggetto sociale);

 gli obblighi riconducibili al dovere di fedeltà (ad es. l’obbligo di non concorrenza, ex art. 2390 c.c., il divieto di utilizzare a vantaggio proprio notizie o opportunità d’affari appresi nell’esercizio del proprio incarico, ex art. 2391);

 gli obblighi che attengono alla documentazione delle operazioni sociali e quelli attinenti al regolare funzionamento degli organi sociali (ad es. l’obbligo di convocare l’assemblea senza indugio in caso di perdite, ex art. 2446 c.c. e 2447 c.c).

L’inosservanza di tali doveri comporta la responsabilità degli amministratori soltanto nel caso in cui dal loro inadempimento ne derivi un danno concreto per la società.

Tuttavia, l’individuazione dei doveri previsti dalle norme di legge non esaurisce la casistica delle situazioni in cui gli amministratori possono essere chiamati a rispondere nei confronti della società; infatti, essi incombono sugli amministratori in riferimento a due tradizionali obblighi più generali quali che sono: il dovere di agire con diligenza e di perseguire l’interesse sociale che non specificano quale sia il comportamento che gli amministratori devono tenere per non essere chiamati a rispondere per i cosiddetti atti di mala gestio.

158 Tali obblighi, come già anticipato in precedenza, sono quelli posti da norme di legge specifiche, dallo

Considerata la natura contrattuale della responsabilità degli amministratori verso la società incombe sulla società l’onere di provare l’inadempimento, il danno e l’esistenza del nesso di causa, spetta invece agli amministratori l’onere di provare i fatti che riescono ad escludere o ad attenuare la loro responsabilità.

Per quanto riguarda invece l’inadempimento, le condotte negligenti rilevanti sono sia quelle omissive sia quelle commissive a cui siano seguiti risultati negativi.

Non è censurabile, infatti, il risultato della gestione, se l’attività viene compiuta con la diligenza dovuta: ad esempio, gli amministratori, non possono essere considerati responsabili del semplice insuccesso economico della società nonché del suo eventuale fallimento159.

Se gli amministratori sono più, essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri ameno che si tratti di attribuzione proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori.

Tuttavia, in tale ipotesi anche se il comportamento dannoso risulta direttamente imputabile solo ad alcuni amministratori, con essi risponderanno in solido anche gli altri se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non abbiano fatto quanto potevano per impedire il compimento o eliminare o attenuare le conseguenze dannose.

Se infatti da un lato è pur vero che la nuova disciplina non pone più a carico degli amministratori il dovere generico di vigilanza sull’andamento della gestione, è altrettanto vero dall’altro lato che essa, regolando i rapporti tra consiglio delegante e amministratori delegati, impone ai delegati stessi di informare il consiglio sull’assetto organizzativo, amministrativo e contabile che hanno realizzato (che deve essere adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa), di presentare al consiglio, con la periodicità prevista dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, una relazione sull’andamento generale della gestione e sulla prevedibile evoluzione, ed infine,

159 La Corte di Cassazione a riguardo, ha avuto più volte occasione di ribadire che la valutazione del giudice

sul punto di responsabilità degli amministratori non può spingersi fino a sindacare in merito alle scelte imprenditoriali adottate dagli stessi, dovendosi quindi limitare agli aspetti di legittimità del comportamento degli amministratori in applicazione della c.d. Business judgement Rule. Tale principio comporta che il giudice è tenuto a verificare, sulla base delle circostanze concrete del singolo caso, il comportamento degli amministratori solo alla luce dell’assenza di un conflitto di interessi e dell’adozione di tutte le cautele necessarie secondo la diligenza professionale (ad es. l’assunzione di informazioni o di pareri prima della conclusione di un affare), essendogli preclusa ogni censura relativa all’opportunità delle scelte gestionali.

riferirgli le operazioni più significative. Dinanzi a questo, la disciplina impone inoltre agli amministratori non esecutivi di agire in maniera informata prevedendo che ciascuno di essi possa chiedere agli organi delegati che siano fornite in consiglio informazioni relative alla gestione stessa.

Essi devono, dunque, svolgere con la diligenza dovuta gli atti imposti dalla legge e l’eventuale inadempimento dell’amministratore delegato non comporterà la loro responsabilità soltanto se siano stati adempiuti i doveri di agire informati e siano state richieste e ottenute dagli organi delegati informazioni circa l’andamento della gestione. Nel caso delle società quotate, inoltre, altri maggiori doveri di informazioni fanno capo ai componenti dei comitati istituiti all’interno del consiglio di amministrazione, come previsto dal Codice di Autodisciplina, quali i comitati di controllo interno, quello per la remunerazione e il comitato per le nomine.

Ad ogni modo, il legislatore richiede che gli amministratori non appena scoprano eventi anche solo potenzialmente dannosi per la società debbano provvedere a mitigarne gli effetti. Ad esempio, se l’amministratore succeduto ad un altro amministratore al quale siano stati imputati gravi responsabilità, ometta di porvi rimedio, è responsabile non già dell’attività del precedente amministratore quanto della propria colpevole omissione (Cass. Sez. I, 23 febbraio 2005, n. 3774).

Il legislatore infine concede, come sopra anticipato, la possibilità di sottrarsi alla responsabilità a quegli amministratori che, privi di colpa abbiamo fatto annotare senza ritardo il proprio dissidio nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale.

Inoltre, è bene ricordare stando agli artt. 2364 c.c. in materia di competenze dell’assemblea e 2380 bis c.c. che prescrive che la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori, l’eventuale autorizzazione assembleare rilasciata rispetto a determinate operazioni sociali non vale ad esonerare gli amministratori da responsabilità dovuta ad atti di mala gestio.

4.2 GOVERNO D’IMPRESA, CONTROLLI E RESPONSABILITÀ: IL D. LGS.231/2001