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L A FISIOLOGIA DELL ’ ORGANO A MMINISTRATIVO

3) Competenze ed esperienze dei consiglieri Varietà delle esperienze e presidio delle competenze chiave per l’impresa

3.4 L A FUNZIONE DEGLI AMMINISTRATORI INDIPENDENT

Una società per azioni può avere sia un amministratore unico sia una pluralità di amministratori. In quest’ultimo caso, essi costituiscono il consiglio di amministrazione che è guidato da un presidente, scelto dal consiglio stesso tra i suoi membri qualora costui non sia già stato nominato dall’assemblea. Quanto appena scritto riporta il senso dell’articolo 2380-bis del codice civile italiano, ma praticamente in tutti i paesi con un modello di amministrazione e controllo simile al nostro, il sistema di governo delle società di capitali è strutturato in questo modo. Le tipologie di amministratori che possono essere presenti nel consiglio sono due:

 amministratori esecutivi;  amministratori non esecutivi.

A loro volta gli amministratori non esecutivi che soddisfano determinati requisiti personali vengono considerati “indipendenti”. Ciò da origine ad una seconda distinzione di carattere generale149, quella tra amministratori che soddisfano tali requisiti, che sono qualificati appunto come amministratori indipendenti, e quelli che non li soddisfano.

Gli amministratori esecutivi sono tutti coloro che svolgono un ruolo attivo nel governo della società: sono tutti coloro cioè che, oltre ad essere presenti nel consiglio di amministrazione, ricoprono anche incarichi direttivi o manageriali (ivi comprese le cariche di presidente e amministratore delegato). Gli amministratori esecutivi possono essere anche soci o avere legami di altro genere con l’impresa (ad esempio legami di parentela con i soggetti che detengono il controllo).

Gli amministratori non esecutivi sono invece coloro che, all’infuori dell’essere membri del consiglio, non hanno altre funzioni direttive all’interno della società; tuttavia anch’essi possono benissimo essere soci e mantenere legami di altro tipo con l’impresa. Gli amministratori indipendenti infine, sono quei soggetti che, oltre ad essere non esecutivi, possiedono determinate caratteristiche di indipendenza dal soggetto economico; la loro presenza, infatti, deve consentire al Consiglio di esprimere

149 R.L

ENER, Gli amministratori indipendenti, in G.SCONAMIGLIO, Profili e problemi dell’amministrazione nella riforma delle società, Giuffrè, Milano, 2003.

e fornire soluzioni ai problemi ed alle criticità aziendali, nell’ottica della massimizzazione dello shareholder value.

Per quanto riguarda il numero ottimale di amministratori indipendenti presenti nella società, generalmente, si considera preferibile evitare di imporne un numero preciso e lasciare all’autonomia statutaria la scelta in merito150.

Con riferimento alle funzioni che hanno in generale tutti gli amministratori, compresi quelli non esecutivi e indipendenti, si può affermare che essi hanno una competenza generale di governo della società, poiché sono l’organo a cui vengono affidati compiti di gestione151, direzione e anche di controllo interno. In questo senso si parla oggi di “centralità dell’organo amministrativo”, poiché si afferma che “al centro dell’organizzazione interna della società per azioni si trova pertanto l’organo amministrativo e non più, da quando il capitalismo è uscito dalle sue prime fasi di sviluppo, l’assemblea, della quale inizialmente gli amministratori erano considerati semplici mandatari”152. E proprio in relazione alla natura dell’organo, attualmente, non si ritiene che il rapporto intercorrente tra l’assemblea e l’amministratore sia riconducibile allo schema del mandato, ma che abbia invece caratteristiche peculiari153. Quanto agli amministratori indipendenti in particolare, la loro funzione specifica attiene, più che alla gestione della società, al controllo sulla gestione e sull’operato degli altri amministratori e managers. Si sta sempre più affermando la concezione anglosassone secondo cui al consiglio di amministrazione compete non solo la funzione di gestione dell’impresa, ma anche, e soprattutto, quella di monitoraggio e di controllo sull’operato degli executives e degli officers. Seguendo questa impostazione, il consiglio assume una rilevanza centrale perché diventa l’organo deputato di realizzare quell’equilibrio tra amministrazione e supervisione, che costituisce il senso della corporate governance, e il luogo dove trovano una composizione le istanze delle varie categorie di portatori di interesse nell’impresa.

150 Sul numero ottimale degli amministratori presenti in consiglio si veda il par 3.3 di questo cap.

151 L’articolo 2380-bis del codice civile al primo comma stabilisce che: “La gestione dell'impresa spetta

esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale”.

152 A

SSOCIAZIONE DISIANO PREITE, Il nuovo diritto delle società, Bologna, Il Mulino, 2003.

153 A

In questa prospettiva, il ruolo che gli amministratori indipendenti giocano nel funzionamento del consiglio come organo di monitoraggio sulla vita della società diventa cruciale. Infatti, è proprio sulla loro indipendenza, assicurata dal soddisfacimento dei requisiti che gli sono imposti dalla legge154, e sulla loro presenza in numero adeguato all’interno del consiglio (e all’interno dei vari comitati in cui si articola il consiglio), che si basa l’attendibilità e l’affidabilità della funzione di controllo sulla gestione. Prima di analizzare più approfonditamente la funzione di controllo sulla gestione, è opportuno accennare alcuni aspetti fondamentali che costituiscono la base della corporate governance e a cui si deve riferire ogni strutturazione delle società che abbia la pretesa di realizzare un efficace sistema di buon governo societario. Questi aspetti attengono alla trasparenza e al valore vitale che la circolazione delle informazioni riveste nell’ambito dei processi decisionali e della tutela dei vari interessi coinvolti nelle dinamiche aziendali. Si può dire che la funzione svolta dal controllo sulla gestione è in gran parte finalizzata proprio a garantire la trasparenza e la corretta e regolare circolazione delle informazioni.

Il valore della regolare circolazione di informazioni attendibili è avvertito come un principio fondamentale da tutte le categorie di soggetti che hanno a che fare con l’impresa e soprattutto dagli investitori. È appunto questo grande apprezzamento che i mercati finanziari mostrano verso le informazioni, che spinge a ritenere che la capacità dell’impresa di comunicare notizie attendibili circa la propria situazione ed evoluzione economica e patrimoniale, diventerà sempre più uno strumento di competitività (anche nella raccolta di risorse finanziarie): “i mercati infatti, nel medio e lungo periodo, premiano le imprese che garantiscono un elevato livello di trasparenza informativa e che, quindi, vengono considerate soggetti credibili, ossia soggetti verso i quali esiste consenso…”155. È per questo che molte istituzioni o associazioni di categoria, sia in

154 Il riferimento è al rinvio operato dall’articolo 2409-septiesdecies ai requisiti stabiliti per i sindaci

all’articolo 2399 del codice civile italiano, ma anche ai vari requisiti e alle varie definizioni di indipendenza previsti dalle fonti di autodisciplina e dai regolamenti di alcuni enti (ad esempio quelli di Borsa Italiana S.p.a.).

155 “…il consenso nasce infatti da una conoscenza diffusa, da parte della comunità economica di dati e

informazioni che consentono di valutare la capacità dell’impresa di generare profitto. È palese, infatti, che non è possibile fornire una valutazione su ciò che non si conosce e qualsiasi tentativo di farlo porterebbe a risultati distorti. In definitiva, l’informazione corretta e trasparente è l’elemento che consente a tutti i soggetti di effettuare scelte consapevoli di investimento, basate sul confronto tra le varie proposte e costituisce il

Italia che all’estero hanno provveduto già da parecchio tempo a diffondere raccomandazioni o regolamenti concernenti gli obblighi informativi che le imprese devono rispettare e più in generale i controlli interni. In Italia gli enti che forse hanno più contribuito in questo senso sono state Consob e Borsa Italiana. Da parte della prima vanno innanzitutto segnalate la Raccomandazione del 20 febbraio 1997 (in cui è stata particolarmente sottolineata l’importanza della trasparenza e dell’informazione societaria)156 e il Regolamento del 6 aprile 2000; mentre da parte della seconda gli interventi più significativi sono state le “Linee guida per la redazione della relazione in materia di corporate governance” e, ovviamente, il già più volte citato Codice di Autodisciplina delle società quotate.

Ma la trasparenza giova alle imprese non solo “esternamente”, cioè per la credibilità ed il consenso che riescono ad ottenere dal mercato, ma anche “internamente”. Infatti, anche nella gestione della società, la disponibilità delle informazioni non solo assume un ruolo cruciale nei processi decisionali, ma integra anche il contenuto di un dovere degli amministratori, che è quello di agire in modo informato, la cui violazione rileva in sede di responsabilità.

La trasparenza diventa dunque un valore di fondo della corporate governance, tanto che praticamente tutti i gli autori consultati insistono sulla necessità che le imprese si dotino di strutture idonee a garantire la circolazione delle informazioni e le fonti normative (legislative e di autodisciplina) costruiscono sistemi caratterizzati dalla previsione di flussi informativi obbligatori e procedimentalizzati. Infine, ciò che resta da aggiungere è che i due aspetti che rilevano maggiormente in proposito sono, da un lato la qualità dell’informazione fornita (vale a dire il suo grado di attendibilità e veridicità e la sua verificabilità) e dall’altro la frequenza con cui le informazioni vengono rese pubbliche.

fondamento di un sistema concorrenziale efficiente, favorendo l’incontro tra domanda e offerta” in P. COSTANZO,A.SANGUINETTI , Il governo delle società in Italia e in Europa, EGEA, Milano, 2003.

156 Si veda in proposito, P.M

ONTALENTI, Corporate Governance: raccomandazioni Consob e prospettive di riforma, in Rivista delle Società, Milano, 1997, p. 71;