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I L MODELLO DI ORGANIZZAZIONE GESTIONE E CONTROLLO

5.1 L A RICERCA : OBIETTIVI , METODOLOGIA E FONT

Questo studio analizza il Modello di Organizzazione gestione e controllo partendo dalla struttura di corporate governance di alcune società quotate per poi arrivare all’analisi dell’ODG – Organanismo di Vigilanza – previsto dal decreto 231/2001 quale strumento di prevenzione della responsabilità in calce alle società medesime.

Da un lato, la quotazione in Borsa modifica in modo significativo la relazione tra proprietà e controllo. La categoria del proprietario-azionista si trasforma, infatti, da compagine unitaria e compatta a compagine complessa espressione di una pluralità di interessi. Agli interessi dell’Ente azionista si aggiungono quelli di soggetti che, a vario titolo, decidono di investire nelle aziende quotate. Essi possono essere raggruppati in tre classi (Pivato S. e Gilardoni A., 2000):

1. azionisti finanziari, e cioè investitori istituzionali e piccoli risparmiatori interessati alla valorizzazione e alla liquidità dell’investimento;

2. azionisti industriali, interessati a condividere e indirizzare il progetto imprenditoriale;

3. azionisti portatori di altri interessi, quali dipendenti, fornitori, clienti, ecc.

La differenziazione della base azionaria complica ulteriormente la relazione tra proprietà e controllo, in quanto rende necessario il contemperamento dei diversi interessi, sollevando il problema di scelta di una struttura di governo coerente con la molteplicità di istanze di cui le diverse categorie di azionisti si fanno portatrici.

Tutto ciò, si badi bene, non risponde solo ad un generico principio di equità sociale, ma ad esigenze prettamente economiche; infatti si muove, dall’ipotesi teorica, da sottoporre a verifica, che un buon sistema di governo societario, idoneo cioè a garantire un’adeguata protezione alle nuove categorie di azionisti, costituisca un fattore critico per l’attrattività dell’investimento azionario e, quindi, per il successo dei processi di quotazione delle imprese: in tal senso, i caratteri del sistema di corporate governance possono incidere sul risultato dell’IPO, e cioè sulla capacità dell’Ente proprietario di

cedere sul mercato le quote di capitale possedute al miglior prezzo, sulla liquidità dell’investimento ex-post, oltre che sulla performance di borsa dei titoli stessi nel tempo.

Prima di proseguire, è bene fare una puntualizzazione. La capacità di una qualsiasi azienda di creare valore nel tempo passa attraverso il consenso di tutti i suoi stakeholders strategici. Un razionale agente economico (sia esso azionista, manager, collaboratore a qualunque titolo, partner industriale e finanziario ecc.) difficilmente apporterà le risorse controllate nella dimensione ottimale per accrescere il valore economico d’impresa, se ritiene che la propria posizione non sia sufficientemente tutelata dal sistema di governo aziendale. Regole di buon governo, idonee cioè a suscitare la fiducia degli stakeholders, rappresentano dei potenti incentivi per promuovere la capacità di impegno dei diversi interlocutori aziendali e, quindi, costituiscono una condizione essenziale per la creazione di nuovo valore economico da parte dell’impresa.

Pur utilizzando la prospettiva teorica di corporate governance come insieme di istituzioni, regole e meccanismi attraverso cui contemperare le diverse categorie di interessi istituzionali (Airoldi G., 1993), ai fini dell’analisi qui svolta, per evidenti esigenze di semplificazione, l’attenzione si concentrerà solo sulla categoria di stakeholders rappresentata dagli azionisti.

D’altra parte, la qualità dei sistemi di controllo interni diviene oggi indispensabile per gestire le complesse realtà aziendali. Difatti, il legislatore nazionale, con una serie di disposizioni legislative (vedi Legge Draghi, il Codice di autodisciplina delle società quotate, il D. Lgs 231/2001), la riforma del diritto societario, ha reso l’area di controllo, parte certamente importante dell’amministrazione d’azienda. Inoltre, importanti fenomeni tipicamente finanziarie di direzione delle società, costituiscono le comuni e reali ragioni che spingono il “mercato” a sollecitare il miglioramento nei sistemi di governo societario.

Le frodi e la corruzione, le ingenti perdite e i fallimenti di gruppi industriali e finanziari, le operazioni di fusione, e via dicendo, hanno evidenziato come sia importante l’adozione, da parte delle stesse imprese, di modelli di gestione atti a garantire la massima trasparenza e correttezza dei comportamenti, tenuto conto degli

innumerevoli rapporti di fiducia che esse instaurano con i propri “stakeholders”, sia interni, quali il personale dell’impresa, le persone che hanno un rapporto molto stretto con l’impresa, cioè rappresentanti, agenti, addetti alle reti esclusive di distribuzione e lo stesso management; sia esterni, cioè i fornitori, i clienti, gli investitori, le comunità locali, la Pubblica Amministrazione, i partners, ecc.. Questo peraltro spiega come mai nelle società avanzate non soltanto i Governi, ma anche gli investitori, i consumatori, i media e il pubblico in generale, pongano richieste sempre più elevate sulla performance dell’impresa, attribuendo valore, oltre che al puro risultato economico, ad aspetti quali la qualità, l’immagine, l’affidabilità e la reputazione dell’impresa in termini di responsabilità etica, sociale e ambientale.

Le società per azioni quotate alla Borsa italiana, al 30 agosto 2006, ordinate in base alla data di collocamento sul mercato, sono: BENETTON, ENEL, ERG, ENI, FIAT,

FINMECCANICA,FONDIARIA-SAI,MEDIASET,PIRELLI,TELECOM.

Si tratta di società diverse sia sotto il profilo dimensionale, sia sotto il profilo di specifiche attività: accanto ad aziende di dimensioni piccole/medie come Erg operante nel settore di raffinerie di petrolio presentando un totale attivo di € 1.070.066.334, figurano aziende come Telecom operante nel settore della pubblica utilità avene un totale attivo di € 82.348.807.144 non poco indifferente.

Per ciascuna azienda, l’esame del sistema di corporate governance viene condotto in termini di:

grado di rappresentanza dei diversi organi di governo economico. Gli organi di governo economico definiscono e indirizzano l’attività aziendale, conseguentemente partecipare a tali organi significa poter orientare l’attività dell’azienda nella direzione della soddisfazione dei propri interessi;

grado di trasparenza delle procedure di governo economico. Per procedure di governo economico si intende l’insieme dei meccanismi istituzionali deputati a svolgere funzioni di monitoraggio e di controllo per la tutela degli interessi degli stakeholders;

il meccanismo di controllo interno, munito di funzioni consultive e propositive, viene strutturato in maniera tale da assicurare una corretta informativa ed una

adeguata copertura di controllo su tutte le attività del gruppo, con particolare attenzione alle aree ritenute potenzialmente a rischio;

l’adozione del modello di organizzazione e gestione delle società in esame, con particolare attenzione verso la composizione dell’Organismo Di Vigilanza, capace di monitorare adeguatamente l’operato delle società grazie ai determinati requisiti e strumenti che devono possedere.

L’analisi del grado di rappresentanza si è focalizzata sul consiglio di amministrazione (in quanto organo a cui è affidata la responsabilità della gestione e del controllo sull’operato del management dell’impresa).

La rappresentanza delle diverse categorie di interessi nel consiglio di amministrazione è stata, apprezzata analizzando i diversi meccanismi di nomina, la presenza di amministratori nominati dalle minoranze, la presenza di amministratori non esecutivi e quella di amministratori indipendenti nonché il numero di riunioni effettuate nell’anno.

Anche la rappresentanza delle diverse categorie di interessi nell’organo interno di controllo, e cioè nel collegio sindacale, è importante: in esso possono convergere gli interessi delle diverse categorie di azionisti a controllare la gestione e a tutelare le proprie ragioni190, che tuttavia non saranno oggetto di analisi di questo lavoro.

L’analisi del grado di trasparenza delle procedure di governo economico è stata condotta attraverso la verifica della presenza di meccanismi di controllo di merito

190

Paolucci G. (1996, p. 18) osserva che, secondo l’art. 2403 c.c.: “la funzione che il collegio sindacale è chiamato a svolgere è una funzione poliedrica, all’interno della quale possono essere distinti tre tipi di controllo, i quali pur essendo reciprocamente interconnessi, presentano natura, oggetto e finalità differenti:  il controllo amministrativo, riguardante l’attività aziendale nel suo complesso ed avente come oggetto

tutti gli atti di gestione posti in essere dagli amministratori;

 il controllo legale, diretto a verificare la correttezza delle operazioni di gestione, vale a dire la conformità degli atti e delle deliberazioni degli organi della società alle norme legislative e stututarie;

 il controllo contabile, finalizzato all’accertamento della regolarità delle procedure contabili e della correttezza del bilancio, quest’ultima intesa come conformità di tale documento societario alle risultanze delle scritture contabili ed alle norme di legge che ne disciplinano la redazione”.

Quest’ultima tipologia di controlli, si è già visto, compete al collegio sindacale, a seguito della Riforma del diritto societario, solo nel caso previsto dall’art. 2409-bis terzo comma c.c.. Secondo, alcuni Autori, tra i quali Bandettini A. (1987, p. 58), tuttavia, i compiti che il collegio sindacale è chiamato ad assolvere “vanno ben oltre a quanto disposto dall’art. 2403 c.c.”. L’Autore, infatti, ritiene che il precipuo compito che il legislatore ha inteso attribuire al collegio sindacale sia identificabile con la “funzione di garantire:

• l’integrità del capitale;

• la continuità della gestione;

sull’operato del management. Secondo Fabbri A. (1998), la tutela delle minoranze azionarie viene tra l’altro assicurata mediante meccanismi di controllo sull’operato dei manager quali: un ruolo attivo del consiglio di amministrazione nella definizione delle linee guida strategiche, l’introduzione di amministratori non-esecutivi nel consiglio di amministrazione e la creazione di comitati interni al consiglio di amministrazione. A queste deve aggiungersi l’attesa di un ruolo attivo svolto dall’assemblea degli azionisti a monitorare e controllare il management.

La variabile “grado di trasparenza” è stata apprezzata utilizzando come modello di riferimento il Codice di Autodisciplina italiano, emanato dal Comitato per la Corporate Governance delle Società quotate nel luglio 1999 e, poi, rivisitato nel corso del 2002 e poi ancora nel 2005. In particolare, si è verificata l’adozione formale del Codice di Autodisciplina, di un Regolamento per il funzionamento dell’assemblea e la costituzione di Comitati per la nomina degli amministratori, per la remunerazione e per il controllo interno.

Per quanto riguarda il meccanismo di controllo interno l’analisi parte dal fatto che in Italia, vista la complessità dell’apparato normativo e regolamentare, sempre più articolato e di dettaglio; è sempre più difficile assicurarsi che i comportamenti della propria azienda e dei propri manager siano costantemente in linea con i dettati normativi191. Data la premessa, si impone al consiglio di amministrazione di mettere a punto e tenere sempre in perfetta efficienza un sistema indipendente dall’alta direzione, di monitoraggio dell’azienda per consentire che le procedure aziendali siano complete ed accurate anche nella definizione dei controlli, che l’operatività dei manager sia ricondotta all’interno delle deleghe ad essi attribuite, che siano rispettate tutte le norme applicabili, che il sistema di reporting produca dati attendibili e completi, per assicurare, in un solo concetto, che sia salvaguardato il patrimonio aziendale.

191

Si riferisce appunto al più volte menzionato D.Lgs n. 231/2001, modificato dal D.Lgs. n. 61/2002, introduce il principio secondo cui le società possono essere chiamate a responsabilità – dal punto di vista amministrativo – per i reati contro la pubblica amministrazione e in materia societaria commessi da amministratori, dirigenti o dipendenti, nell’interesse o a vantaggio della società. Questa norma può avere dirette conseguenze sul patrimonio sociale. In questo senso il legislatore offre la possibilità di eliminare o ridurre tali responsabilità, a condizione che la società sia in grado di provare di aver adottato, prima che sia stato commesso il fatto illecito, modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire i reati della tipologia di quello effettivamente verificatosi; in altri termini la società non incorre nelle pesanti sanzioni previste, se fornisce la prova di aver adottato un corretto sistema di controllo interno.

In tal senso un potente strumento a disposizione del consiglio di amministrazione è la costituzione, al proprio interno, di un comitato per il controllo interno –audit committee– a favore del quale il servizio di revisione interna –istituzionalmente affidatario di compiti di vigilanza del grado di controllo interno esistente in azienda e di compiti di analisi e verifica di fatti aziendali– fornisca il supporto cognitivo di cui lo stesso comitato abbisogna. Lo schema organizzativo ideale prevede la collocazione della funzione di revisione interna alle dirette dipendenze dell’audit committee; nel caso in cui quest’ultimo sia costituito da amministratori non esecutivi e realmente indipendenti, si potrebbe assicurare in tal modo, e sempre che vengano scelti auditor di comprovata esperienza ed equilibrio, attività di management audit, ossia verifiche dirette ad accertare le attitudini, la professionalità, i comportamenti del management aziendale.

Il sistema di controllo interno viene rafforzato poi, con l’adozione del Modello organizzativo nonché al ruolo dell’Organismo di vigilanza: l’analisi a riguardo, mira ad assicurare la messa a punto di un sistema modulato sulle specifiche esigenze determinate dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 231/2001 concernente la responsabilità amministrativa delle società per i reati commessi dai propri dipendenti, si concreta in un articolato sistema piramidale di principi e procedure che partendo dalla base, si può così delineare:

a. Codice etico, in cui sono rappresentati i principi generali (trasparenza, correttezza, lealtà) cui si ispira lo svolgimento e la conduzione degli affari;

b. Sistema di controllo interno, ossia il processo volto a fornire una ragionevole garanzia per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza ed efficacia operativa, affidabilità delle informazioni finanziarie e gestionali, rispetto delle leggi e regolamenti, nonché salvaguardia del patrimonio sociale contro le possibili frodi; c. linee di condotta che introducono regole specifiche per i rapporti con i

rappresentanti della Pubblica Amministrazione e che si sostanziano in comportamenti attivi di “fare” e in comportamenti passivi di “non fare”, traducendo in chiave operativa quanto espresso nel Codice Etico della società;

d. schemi di controllo interno, nei quali vengono elencate le principali fasi di ogni processo, i reati che possono essere commessi in relazione ai singoli processi, le

specifiche attività di controllo per prevenire ragionevolmente i correlativi rischi di reato, nonché appositi flussi informativi verso l’Organismo di Vigilanza al fine di evidenziare situazioni di eventuale inosservanza delle procedure stabilite nel modello.

Per l’adozione del Modello di organizzazione, gestione e controllo, le dieci società oggetto di analisi, si sono avvalse delle linee guida di Confindustria per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex decreto 231/2001, elaborata per la prima volta nel 2002, rivisitata poi nel 2004, ma anche di quelle delle associazioni di categoria quali ANIA. In particolare, le linee guida forniscono alle associazioni, alle imprese indicazioni di tipo metodologico su come costruire il modello a prevenire i reati di cui al decreto in esame.

I dati sulla struttura di corporate governance e del modello di organizzazione sono stati raccolti attraverso l’analisi documentale, realizzata su fonti ufficiali quali la Consob, la Borsa S.p.a., il sistema informativo integrato Cerved delle Camere di Commercio e i siti aziendali delle imprese oggetto d’esame. Si sono così potuti consultare gli Statuti sociali, gli atti depositati di modifica dello Statuto sociale, i bilanci relativi all’anno 2004, 2005 e 2006, i prospetti informativi di collocamento e i documenti pubblicati dalle singole aziende, quali soprattutto le delibere del consiglio di amministrazione relative al recepimento delle regole di corporate governance e del Modello di Organizzazione adottato secondo il D. Lgs 231/2001.

Inoltre sono stati acquisiti i dati dimensionali e finanziari anche attraverso alcune fonti secondarie. In particolare, i dati, relativi alla performance dei vari titoli e ai volumi scambiati forniti da Borsa S.p.a., sono stati integrati con quelli reperibili dal data base Intesa Trade di Banca Intesa S.p.a. accessibile agli utenti attraverso il sito

www.intesatrade.it; oltre che dal sito di informazioni finanziarie

http://it.biz.yahoo.com/p/it/cpi/index.html.