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Il garante della Costituzione francese: chef de l’Etat o Conseil Constitutionnel?

IV. I CONTROPOTERI NEL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO : P RESIDENTI DELLA R EPUBBLICA E C ONSEIL

7. Il garante della Costituzione francese: chef de l’Etat o Conseil Constitutionnel?

un provvedimento normativo andasse ed infrangere il giudicato delle pronunce della Cassazione sul caso Englaro nn. 21748/2007 e n. 27145/2008. La terza ragione è di ordine certo confinante con il merito costituzionale e perciò forse non dirimente (ossia evitare l’uso della decretazione d’urgenza per disporre in materia di diritti personalissimi). Come si vede solo il secondo profilo è determinante. E vale sottolinearlo per mettere in luce che in questo caso il Presidente agisce in veste di veto player vero e proprio per difendere un altro contropotere, costituito dall’ordine giudiziario. Va tuttavia sottolineato che sorprendentemente nella lettera il capo dello Stato non metta in atto la virtuosa sinergia di poteri che si è già diffusamente auspicata, in quanto evita (sorprendentemente) di evocare quella giurisprudenza della Corte che riconosce il suo potere di veto in materia di decretazione d’urgenza (sentenze 406/1989 e 29 del 1995).

432 Non si concorda pienamente quindi con R.ROMBOLI, Il controllo presidenziale e quello della Corte costituzionale: qualche osservazione in merito al rifiuto di emanazione del decreto legge per il caso Englaro, in www.astrid-online.it.

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Si è già accennato al fatto che la figura presidenziale francese non può essere assimilata a quella del capo dello Stato italiano nel tema che qui ci occupa e ciò soprattutto in ragione delle differenze istituzionali che separano tradizionalmente i due presidenti. Ciò non solo in virtù del tipo di elezione, a suffragio universale o meno, ma anche di quei poteri ulteriori di cui il Presidente francese gode rispetto al suo omologo italiano. Si tratta in particolare degli articoli 11 e 16 della Costituzione del 1958: il primo esprime il legame stretto tra referendum e Presidente (che può indirlo, come già visto, in chiave di contropotere rispetto alla maggioranza parlamentare) mentre il secondo costituisce il Presidente come decisore in ultima istanza dello stato di eccezione e quindi, suggestivamente, quale detentore estremo della potestà pubblica433.

Tali distinguo devono tuttavia essere probabilmente ridimensionati: il primo, che fa leva sulla natura semi-presidenziale del regime, perché frutto di una lettura prevalentemente politologica del ruolo del Presidente francese e il secondo perché non tiene conto dei vincoli che limitano il capo dello Stato nell’uso dei suoi poteri specifici.

Per quanto riguarda il primo profilo non bisogna mai dimenticare che, malgrado la sua ambiguità, quella presidenziale non è solo una figura comunemente governante ma anche arbitrale. Anzi, quest’ultimo aspetto a ben vedere è l’unico che abbia esplicito riconoscimento costituzionale (art. 5 Const.) e che, al di là delle contingenze politiche, non deve essere punto smarrito nell’analisi dell’istituzione presidenziale. Anche il Presidente francese, come quello di Weimar, si vuole prima di tutto neutrale, il che contiene schmittianamente tutta la sua politicità. Ciò si riassume in quella nozione di arbitrage che Michel Debré considerava la radice essenziale del ruolo presidenziale e che fa “sopravvivere”, nella lettura della storia della Quinta Repubblica, il Presidente alla coabitazione e che gli permette di usare lo strumento del referendum come strumento utile ad uscire dagli schematismi e dalle appartenenze politiche, secondo la tradizionale lettura di De Gaulle.

“L’arbitrage ne se justifie que par la mission de protection de la Constitution”434 : benché l’art. 5 Const. conviva difficilmente con la pratica quotidiana del regime francese esso apre in Costituzione il capo dedicato al Presidente della Repubblica e fonda la sua (almeno formale) identità di sovrano custode della Costituzione. Di più: esso definisce l’identità del Presidente come potenziale contropotere sui generis e quindi, ecco il punto essenziale, come

433 Il primo alinea dell’art. 16 Const. merita di essere ricordato per esteso: « Lorsque les institutions de la République, l’indépendance de la Nation, l’intégrité de son territoire ou l’exécution de ses engagements internationaux sont menacées d’une manière grave et immédiate et que le fonctionnement régulier des pouvoirs publics constitutionnels est interrompu, le Président de la République prend les mesures exigées par ces circonstances, après consultation officielle du Premier ministre, des Présidents des assemblées ainsi que du Conseil constitutionnel ».

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organo che interpreta autenticamente la Costituzione, condividendo tale ruolo con il Conseil constitutionnel435.

Quanto al secondo aspetto (cioè all’uso controllato delle prerogative presidenziali ex art 11 e 16 Const.), sia in occasione della procedura d’indizione del referendum che per l’esercizio dei poteri eccezionali ex art. 16 Const, il Presidente non agisce in assoluta solitudine ma, non casualmente, agisce sotto il controllo del Conseil Constitutionnel. Il primo profilo è stato già indagato436 mentre il secondo merita qualche parola. Secondo l’art.

16 Const. il Presidente non solo può procedere all’assunzione dei pieni poteri solo a seguito della consultazione dei Presidenti delle Camere, del Primo Ministro e del Conseil, ma anche una volta instauratosi lo “stato di crisi” il giudice delle leggi deve essere consultato prima dell’assunzione di qualsiasi misura d’emergenza. Ancora: dalla revisione costituzionale del 2008 si prevede che dopo trenta giorni dalla decretazione dello stato d’eccezione i presidenti dei due rami del Parlamento o l’opposizione (sessanta deputati o senatori) possono adire il Conseil perché questi verifichi se le condizioni dell’emergenza ancora sussistano.

Sia concesso, dopo queste notazioni di cornice, riportare il discorso sul terreno dell’azione del capo dello Stato in materia di procedimento legislativo. Anche il Presidente francese, come si è già accennato, dispone del potere di rinvio delle leggi (art. 10 Const.), prerogativa che nacque proprio oltralpe all’esito della grande Rivoluzione. Tuttavia il capo dello Stato in Francia durante la storia della Quinta Repubblica ha utilizzato solo in tre occasioni tale potere437, e ci si potrebbe chiedere il motivo di tanta parsimonia. La risposta

potrebbe essere (come normalmente è) legata a una visione troppo presidenzialista del regime ed essenzialmente politica del problema, ovvero che il Presidente si astenga dall’usare tale prerogativa perché le leggi votate dalla maggioranza parlamentare sono null’altro che una sua diretta emanazione. Eppure la risposta è insoddisfacente e non spiega perché anche in regime di coabitazione il potere in parola sia rimasto sostanzialmente inutilizzato. In realtà ci pare che la spiegazione sia soprattutto schiettamente giuridica: il Presidente non usa il rinvio perché in Francia il controllo di costituzionalità a priori precede la (eventuale) promulgazione della legge. Si potrebbe dire che ben poco resta da controllare in punto di costituzionalità una volta che il giudice delle leggi si è espresso sul punto. Al più

435 Si veda P.AUVRET, La faculté d’empêcher du président de la République, in Revue française de droit constitutionnel,

1986, pp. 141 e ss. Secondo Guillaume Drago : « Le pouvoir d’interprétation du Président de la République trouve donc

deux limites à son exercice. D’une part il ne peut concerner que les propres compétences du Président. D’autre part ce pouvoir d’interprétation doit se concilier avec les compétences du Conseil Constitutionnel, le Président étant soumis aux interprétations dégagées par le Conseil ». G.DRAGO, L’exécution des décisions du Conseil Consitutionnel, Aix-en-Provence, 1991, p. 55.

436 Si rimanda al capitolo II, par. 9.

437 Il primo caso è del 13 luglio 1983 e costituiva la dovuta reazione contro una legge che conteneva

disposizioni per l’organizzazione dell’expo universelle, proprio successivamente al ritiro della candidatura della Francia. Il secondo e il terzo caso sono invece molto più delicati: il primo dell’agosto 1985 a proposito della

loi sur l'évolution de la Nouvelle-Calédonie (che diede luogo ad un’importante pronuncia del Conseil, 197-85 DC) e

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residuerebbe lo spazio per una forma di controllo sul merito costituzionale (così come avverrebbe anche in Italia).

Il più recente uso del potere di rinvio (legge 327-2003, in materia di elezione dei consiglieri regionali e parlamentari europei) getta una luce tutta particolare sul legame stretto tra Presidente e Conseil Constitutionnel nella procedura legislativa e può aiutare a configurare il primo come uno dei potenziali vettori dell’esecutività delle decisioni del giudice delle leggi. Come già avvenuto nel caso della legge del 1985 sulla Nouvelle Caledonie, il rinvio presidenziale del 2003 fu motivato dalla necessità che, dopo la censura di alcuni articoli da parte del Conseil, la legge non venisse promulgata dal capo dello Stato amputata di alcune delle sue fondamentali disposizioni ma ritornasse alle Camere perché queste la modificassero nel senso indicato dal giudice delle leggi. Questa trasformazione non prevedibile della funzione del potere di rinvio è stata accettata dallo stesso Conseil che ha così esplicitamente riconosciuto in essa l’introduzione di una “fase (legislativa) complementare derivante dal controllo di costituzionalità”438, la cui effettività è resa possibile dall’intervento del

Presidente. L’intervento presidenziale in questi casi è essenziale quindi per comprendere un diverso atteggiarsi della giustizia costituzionale: da censore esterno del legislatore il giudice delle leggi diventa un vero e proprio contro-legislatore, i cui emendamenti apportati al testo del Parlamento vengono fatti valere (o meno) dal Presidente in sede di rinvio.

Il rapporto del Presidente con il Conseil Constitutionnel viene in luce ancora in altri frangenti: il capo dello Stato è fra le autorità che possono chiedere una pronuncia del giudice delle leggi sulla compatibilità con la Costituzione di un trattato internazionale (art. 54 Const.) o di una disposizione legislativa (art. 61 Const.). Il Presidente non ha mai attivato il secondo “canale di comunicazione” ma non si ritiene possa parlarsi propriamente di disinteresse quanto di una doppia ragione politica: fin dal 1974 la saisine del Conseil è fatta sistematicamente dall’opposizione (come già visto), il che riduce notevolmente la necessità di una richiesta presidenziale. In quei rari casi in cui l’opposizione rimanga inerte, piuttosto che rischiare d’incorrere in una censura del Conseil (che porrebbe il Presidente in una difficile situazione quale capo della maggioranza) o, all’opposto, per evitare di inibire la

438 In questi termini nel testo della famosa decisione Nouvelle Caledonie, n. 85-197 DC del 23 agosto 1985, resa

sulla nuova legge, così come approvata dopo il rinvio presidenziale. Per un’attenta ricostruzione del fenomeno si veda G.DRAGO, L’exécution des décisions, cit., pp. 59 e ss. La pronuncia in questione è considerata fondamentale anche perché stabilisce che una pronuncia di rigetto del Conseil non equivale ad una patente di costituzionalità della legge scrutinata, potendosi riservare il giudice delle leggi il potere di riesaminare l’intera legge non censurata o la legge nelle parti non già toccate da una pronuncia d’incostituzionalità parziale, in una successiva pronuncia che riguardi una nuova disposizione che tocchi la medesima materia. Facendo derivare da tale ragionamento una conclusione utile al nostro discorso, si potrebbe dire che anche una volta espressosi il Conseil a priori, il Presidente conserverebbe comunque intatto il suo potere di far rilevare l’incostituzionalità della legge con il rinvio.

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serenità della decisione del giudice delle leggi, il Presidente lascia normalmente che siano i presidenti delle Camere a presentare il ricorso439.

Il secondo articolo evocato (54 Const.), consente invece al Presidente di chiedere al Conseil l’interpretazione autentica della Costituzione per procedere alla ratifica dei trattati. Si tratta di una materia di estrema importanza (soprattutto alla luce del quadro comunitario) che appartiene tradizionalmente al domaine reservé del capo dello Stato. In sei occasioni il Presidente ha fatto ricorso all’art. 54 Const440 Benché raramente utilizzata, la saisine

permette di “rompere la solitudine” del capo dello Stato come garante ed interprete della Costituzione, rimettendosi al giudizio in ultima istanza del Conseil, che in tal modo ha l’ultima parola.

Non si dimentichi poi un altro aspetto importante: il capo dello Stato nomina un terzo dei membri del Conseil (tre su nove) e gli ex presidenti della Repubblica sono membri vitalizi di diritto del Consiglio441.

Un altro aspetto può mettere in luce i profili di questo dialogo di contropoteri: la risalente determinazione dei Presidenti ad accrescere i poteri del Conseil Constitutionnel, malgrado la diffidenza che il Parlamento ha sempre mostrato nei confronti di questa istituzione. Interessante notare che l’introduzone della saisine parlementaire nel 1974 sia stata possibile grazie alla forte determinazione di Giscard d’Estaing di rendere più compiuto il sistema di giustizia costituzionale francese. Allo stesso modo la revisione costituzionale del 2008, istitutiva dell’exception d’inconstitutionnalité, è stata frutto di un’iniziativa presidenziale che si radicava già nella lontana determinazione del Presidente Mitterrand di estendere così notevolmente il sindacato del Conseil442. Come si è visto quindi esiste anche in Francia una

sorta di complementarietà tra i due guardiani della Costituzione, che permette di creare, nella pratica repubblicana, una sintesi fra le posizioni di Kelsen e Schmitt443.

Non sempre tuttavia il capo dello Stato adempie in pieno la sua azione di tutore della Costituzione ed è avvenuto anche recentemente che tale missione venisse offuscata dall’impulso di difendere in modo giuridicamente abnorme una legge del Parlamento

439 Un caso recente può certo essere quello relativo al projet de loi interdisant la dissimulation du visage dans l'espace public dell’11 ottobre 2010.

440 Il 25 giugno 1992 (trattato di Maastricht), il 25 novembre 1993 (accordi internazionali in materia di diritto

di asilo), il 25 gennaio 1999 (trattato di Amsterdam), l’8 luglio 1999 (trattato istituivo della Corte penale internazionale), il 25 marzo 2003 (sulla decisione quadro del 13 giugno 2002 in materia di mandato d’arresto europeo) e infine il 29 ottobre 2004 sul testo della “Costituzione europea”.

441 Questa osservazione aprirebbe un tema molto sensibile (complicato dalla mancata alternanza fra destra e

sinistra al Governo negli ultimi trent’anni – salvo la breve parentesi della coabitazione dal 1997 al 2002 – ) che sarà approfondito nell’ultimo capitolo, riguardante la composizione del Conseil. Si noti tuttavia per ora che nel 2010 per la prima volta il Presidente della Repubblica ha nominato consigliere costituzionale un uomo politico di diverso colore politico, Michel Charasse.

442 Si veda R.BADINTER, La longue marche vers la question préjudicielle de constitutionnalité, in AAVV, Le contrôle de constitutionnalité par voie préjudicielle en France : quelles pratiques?, Paris, 2009, pp. 11 e ss.

443 Così Richir, che commentando l’inevitabilità di questa situazione afferma lucidamente: « Impossible de confier la protection de la Constitution à un seul organe parce que le poids est trop lourd, la tâche trop importante, le champ à surveiller trop vaste », I.RICHIR, Le président de la République, p. 361.

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amputata da una censura del Conseil Constitutionnel pretendendone l’applicazione da parte della suprema magistratura ordinaria anche contro il dictum del giudice delle leggi444.

Un versante in cui l’azione del capo dello Stato non può essere considerata di contropotere è certo quello della relazione che (non) lo lega all’opposizione parlamentare. Anche qui, salvo che in regime di coabitazione (all’interno della quale si crea invece una strettissima alleanza tra capo dello Stato e minoranza)445 l’opposizione al Governo è prima

di tutto un’opposizione al Presidente della Repubblica. Anche in Italia tuttavia non è mancato un caso simile (singolarmente eccezionale) ben più grave di quello francese appena citato, in cui fu evidente come ad una Corte come contropotere si opponeva apertamente un Presidente alleato al potere, con l’obiettivo di rovesciare le istituzioni costituzionali ed instaurare una democrazia plebiscitaria.

8. Il potere di veto assoluto: la mancata emanazione delle ordonnances del