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IV. I CONTROPOTERI NEL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO : P RESIDENTI DELLA R EPUBBLICA E C ONSEIL

2. Gli atti dell’indirizzo politico costituzionale

A sottolineare come la funzione di indirizzo costituzionale espressa dal Presidente non sia una semplice fumisteria dottrinale ma costituisca una verosimile descrizione del ruolo presidenziale, bisogna considerare i due momenti essenziali in cui il capo dello Stato esercita tale attività di controllo nei confronti dell’Esecutivo. Ci si riferisce all’autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge del governo nonché alla promulgazione della legge e all’emanazione di decreti e regolamenti. Esula invece da questo studio un’analisi dell’altro potere fondamentale esercitato dal capo dello Stato: non tanto (o solo) quello di nomina dei membri del governo ma soprattutto quello di scioglimento delle Camere363. Non si dimentichi poi fra gli atti d’indirizzo costituzionale un altro frangente

meno tipico ma altrettanto influente che è quello dei messaggi e delle esternazioni presidenziali, che costituiscono senza dubbio atti in cui la funzione presidenziale non si configura come meramente contenitiva nei confronti del potere ma più latamente impulsiva dello stesso364. Quanto si è detto è riassumibile nella convinzione che la ricognizione sugli

evidente durante il settennato Napolitano, capo dello Stato eletto da una maggioranza parlamentare certo non molto ampia (543 voti su 1009 componenti il Parlamento in seduta comune) e candidato dello schieramento di centro-sinistra.

363 A questo proposito sia detto solo incidentalmente come dopo il 1993 quella che si potrebbe definire la

vulgata del diritto costituzionale ha invocato da più parti la necessaria auto-limitazione del potere di scioglimento. Al di là della contesa sulla natura duumvuirale o presidenziale dello stesso non si vede come a Costituzione invariata si sia potuto da più parti sostenere la sua atrofia, contraria alla lettera della Costituzione. Anche la prassi repubblicana ha confermato in tal senso e ripetutamente dopo l’avvento del fatto maggioritario come pure la minaccia dello scioglimento (e paradossalmente anche del non-scioglimento) possa essere importante fattore di veto e d’impulso del Presidente nei confronti delle Camere. Si ricordino i casi di Pertini citati da A.BALDASSARRE-C-MEZZANOTTE, Gli uomini del Quirinale, Bari, 1985, p.245 e 265) nonché di Cossiga nel 1991 e di Scàlfaro nel 1993.

364 Motzo elaborò la teoria sui poteri d’esternazione un anno prima che Barile delineasse quella dell’indirizzo

costituzionale. In particolare il primo definì la funzione in questione come dovuta e coessenziale al ruolo del capo dello Stato (e a tale interpretazione aderì lo stesso Barile): G.MOTZO, Messaggio, in Enc. Dir., XXVI,

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atti riassumibili nell’indirizzo politico costituzionale costituisca il modo più efficace per offrire una ricostruzione del Presidente quale contropotere365.

L’autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge governativi e la promulgazione sono gli atti tipici dell’attività d’indirizzo costituzionale con cui formalmente si apre e si chiude il procedimento legislativo. Per quanto riguarda il primo di questi due poteri non vi è molto da dire, se non che si tratta di un atto frequentemente considerato come dovuto366, il quale non ha mai suscitato un particolare interesse in dottrina. Tuttavia,

configurare come pianamente necessitato l’atto dell’autorizzazione, non ha soddisfatto la migliore dottrina, attenta alla funzione presidenziale di controllo367. Se il potere di specie

deve essere letto alla logica della funzione che spetta al capo dello Stato nell’ordinamento costituzionale (ed in combinato disposto con il potere di promulgazione/rinvio) è necessario conservare ad esso la giusta dose di discrezionalità nell’esercizio. Opinare diversamente ci farebbe incorrere in non poche contraddizioni, prima fra tutte l’incongruenza di un comportamento presidenziale che prima autorizzi la presentazione di un disegno di legge (perché supposto dovuto) per poi esercitare sullo stesso – ipotizzando che non venga modificato in sede parlamentare – il potere di rinvio. Esisterebbe quindi una sorta di parallelo inevitabile fra i due poteri che delimitano l’iter legis o, per meglio dire, una necessaria coerenza fra i due atti che lo circoscrivono. La prassi si è tuttavia assestata in senso assolutamente non univoco e il problema dell’imprevedibilità dell’uso del potere medesimo si somma a quello dell’opacità con cui esso è esercitato368.

Milano, 1976, pp. 146 e ss. Aderisce a questa interpretazione M. DOGLIANI, Il “potere di esternazione” del

Presidente della Repubblica, in M.LUCIANI-M.VOLPI (a cura di), Il Presidente, pp. 225 e ss.

365 “Il Presidente va dunque considerato come uno dei vari organi costituzionali (…): dunque non se ne differenzia qualitativamente , neppure sotto il profilo della sua presunta neutralità: la Costituzione, nel momento stesso in cui conferisce al Presidente una delicata gamma di poteri, lo immette naturalmente nel (corsivo nostro) gioco delle forze politiche”, M.MIDIRI,

La controfirma ministeriale, Padova, 1988, p. 27.

366 L’originario progetto di Costituzione non prevedeva il potere di autorizzazione: fu solo a seguito delle

rimostranze di Orlando (che lamentava l’eliminazione dell’iniziativa legislativa del Presidente) che esso venne introdotto. Detta prerogativa esisteva anche sotto la vigenza dello Statuto, in quanto la classica iniziativa legislativa regia si era trasformata di fatto in potere di autorizzazione, il quale rimaneva tuttavia meramente formale. Afferma Ruggeri: “Davanti a disegni ictu oculi incompatibili coi principi fondamentali della Carta (diciamo

pure, a questi frontalmente ostili, ovverosia – come altri preferisce dire –, più ancora che incostituzionali, anticostituzionali), il diniego di autorizzazione deve essere fermo e chiaro, senza tentennamento o cedimento alcuno”, A.RUGGERI, Il caso Englaro e

il controllo contestato, in www.astrid-online.it.

367 Il Galeotti, che alla luce della teoria dei controlli costituzionali, identifica la struttura analoga del potere di

autorizzazione e di promulgazione, affermava che non solo il Presidente possa chiedere un riesame del testo sottopostogli ma anche rifiutare l’autorizzazione per ipotesi di grave incostituzionalità: si veda S.GALEOTTI,

La posizione costituzionale del Presidente della Repubblica, Milano, 1949, pp. 45 e ss. Simile impostazione (che si

oppone all’idea dell’autorizzazione come atto dovuto, sostenuta tradizionalmente da Cereti e Crosa) è quella di A. PREDIERI, Appunti sul potere del Presidente della Repubblica di autorizzare la presentazione dei disegni di legge

governativi, in Studi sen., LXX, 1958, p. 303 e ss.

368 Nel più completo lavoro sull’argomento Guiglia mette il luce l’opportunità di notiziare in GU le

autorizzazioni concesse dal Presidente: G.GUIGLIA, L’autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge governativi, Torino, 1991, p. 80. A tale proposito merita mettere in luce la diversità con cui i Presidenti hanno esercitato il

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Decisamente più dirimente, rispetto al potere di autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge governativi, in quanto evocato con maggior frequenza dalla dottrina ed utilizzato nella pratica, è quel potere di rinvio che pur tuttavia è stato usato anch’esso nella storia repubblicana con una certa parsimonia e con variabili modalità dai Presidenti369,

assumendo, come noto, una funzione senza dubbio diversa rispetto a quella inizialmente identificata dal costituente370.

Il potere di rinvio da un punto di vista strettamente giuridico (e al di là della prassi concreta del suo esercizio) accomuna strettamente le prerogative di cui gode il Presidente della Repubblica in Italia ed in Francia. Fu proprio all’opera della Grande Constituante che dobbiamo la prima definizione del primo prototipo moderno di veto reale sospensivo come drasticamente distinto dal modello della sanzione regia371.

Nel complesso bisogna osservare che con il passaggio dal sistema proporzionale a quello maggioritario non si è registrato (almeno numericamente nei settennati Scàlfaro e Ciampi) in Italia quell’affievolimento del potere di rinvio che ci si sarebbe potuti attendere372. Sicuramente il Presidente della Repubblica non ha mancato di continuare ad

potere in questione. Se Einaudi lo valorizzava in via informale nel senso che il suo diniego valeva come coerente anticipazione del rinvio successivo, a partire da Segni il rifiuto assunse sempre più spesso una veste formale. I casi recensiti da Guiglia aumentano esponenzialmente durante il settennato Pertini, quando il potere di (non) autorizzazione diviene in realtà una richiesta di apportare cambiamenti ai disegni di legge per mezzo di una lettera formale indirizzata al Presidente del Consiglio.

369 Sul punto si vedano in particolare alcuni contributi monografici A.RUGGERI, Rinvio presidenziale delle leggi e autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge fra aperture del modello e delusioni della prassi, in M.LUCIANI-M. VOLPI (a cura di), Il Presidente, pp. 171 e ss., P.FALZEA, Il rinvio delle leggi, Milano, 2000, A.DE MARCO, Il potere

di rinvio alle Camere (un’interpretazione evolutiva), in Il Filangieri, 2005, pp. 183 e ss, S.CALZOLAIO, Il rinvio delle leggi

nella prassi, in Quad. cost., 2006, pp. 853 e ss., nonché soprattutto D. GALLIANI, Il capo dello Stato e le leggi, Milano, 2011 e R.ROMBOLI, Il rinvio delle leggi, in A.RUGGERI (a cura di), Evoluzione del sistema politico-istituzionale

e ruolo del Presidente della Repubblica, Torino, 2011, pp. 39 e ss.

370 Fu Einaudi, una volta eletto alla Presidenza, a dare al rinvio la configurazione di potere non solo

formalmente presidenziale (secondo la tesi da lui stesso difesa in Costituente). Merita sottolineare che anche a proposito del rinvio delle leggi si riscontrarono in Assemblea costituente le stesse resistenze già emerse da parte del PCI e del PSI nei confronti degli strumenti di contropotere, come già visto a proposito del referendum (e come si vedrà anche in merito alla Corte Costituzionale). Si veda D.GALLIANI, Il capo dello Stato, p. 171.

371 Il modello, poi abbandonato nelle costituzioni della restaurazione del 1814 e 1830, venne ripreso nella

costituzione repubblicana del 1848. Il rinvio delle leggi venne poi riconfermato come potere presidenziale dalle leggi costituzionali del 1875 istitutive della III Repubblica (periodo durante il quale esso rimase inutilizzato, a significare il rilievo decisamente limitato del capo dello Stato in quegli anni). Solo con la IV Repubblica, dopo poco più di centocinquant’anni, il rinvio presidenziale ritornò ad essere potere effettivamente esercitato dal Presidente. Si veda D.GALLIANI, Il capo dello Stato, pp. 73 e ss.

372 I rinvii presidenziali si mantengono infatti anche dopo il 1993 in una media simbolica di uno all’anno.

Eccezioni notevoli sono certo quella di Cossiga (22 leggi rinviate in sette anni) e Napolitano (solo uno fin’ora). Per quanto riguarda la “stagione” maggioritaria Scàlfaro ha esercitato il potere in questione a sei riprese, Ciampi in otto occasioni. Se si può quindi dire che, da un certo punto di vista, i rinvii esercitati da Ciampi rientrano nella media dei suoi predecessori, tuttavia le leggi nei confronti delle quali l’esercizio del potere di rinvio è stato invocato dall’opposizione e dalla dottrina è stato inusitatamente più frequente che in passato (e di conseguenza le leggi che avrebbero meritato un ripensamento erano ben più di quelle effettivamente rinviate). Riferirsi quindi alla sola valutazione numerica dei rinvii è fuorviante se, come si

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usare tale potere: la continuità non è stata solo dal punto di vista quantitativo ma anche qualitativo, in quanto esso non è utilizzato per ogni legge per la quale potessero avanzarsi dubbi di costituzionalità e, a fortiori, per le leggi incostituzionali (cioè dichiarate tali in seconda battuta dal giudice delle leggi). Sostanzialmente, proprio nella non obbligatorietà del rinvio di una legge incostituzionale, si è detto da più parti, starebbe la fondamentale differenza tra il controllo esercitato dal capo dello Stato e quello della Corte Costituzionale373. Tale assunto sarebbe poi confortato dall’effettività del rinvio, che si è detto

nella prassi repubblicana esser stato esercitato con estrema moderazione e in modo quanto mai episodico e casuistico. Trattandosi quindi di un potere presidenziale (e non di un obbligo a stretto rigore), bisogna tuttavia andare cauti: se il capo dello Stato non esercita il potere in considerazione davanti ad una legge ritenuta incostituzionale il suo comportamento è, a tutto concedere, giuridicamente lecito ma certo non mette il Presidente al riparo dalle critiche legittime che gli si possono muovere per il mancato esercizio dello stesso374. Configurare il rinvio in ogni caso (anche per vizio di

costituzionalità) come mera facoltà viene a definire il potere del Presidente come libero e non (come più propriamente ci appare) discrezionale e giunge paradossalmente ad ampliare notevolmente la configurazione dello stesso in senso politico. Laddove invece, come più correttamente sembra, quello del Presidente è un ruolo che deve limitarsi allo stretto controllo, scevro di valutazioni politiche (strettamente implicate nella decisione, ad esempio, di non rinviare una legge incostituzionale), esso dovrà rinviare per ragioni di costituzionalità (ma non certo per motivi di mera opportunità). Quello che si è appena detto non risulta chiaramente e necessariamente dal testo costituzionale, ma è la diretta conseguenza della configurazione del capo dello Stato come contropotere costituzionale.

Al potere nominato e tipico di rinvio delle leggi la dottrina, confortata dalla giurisprudenza costituzionale, ha riconosciuto l’emergenza di un’altra prerogativa presidenziale, quella della possibilità riconosciuta al capo dello Stato di rifiutare l’emanazione dei decreti del Governo375.

vedrà, esistono leggi che per l’alta conflittualità del loro iter procedimentale e la dubbia costituzionalità del loro contenuto, hanno comunque passato indenni il vaglio presidenziale.

373 Così, secondo l’interpretazione maggioritaria in dottrina riferita da A.RUGGERI, Rinvio presidenziale, cit., p.

178. L’argomentazione non è però pienamente convincente come si vedrà nel par. 4.

374 In dottrina vi è chi ha configurato il potere di rinvio come obbligo nel caso di leggi incostituzionali e come

facoltativo per quanto riguarda le questioni di merito. Così autorevolmente L. PALADIN, La funzione

presidenziale di controllo, in Quad. cost., 1982, p. 317, G.GUARINO, Il Presidente della Repubblica, cit., p. 961 e P. BARILE, I poteri del Presidente, cit., p. 283.

375 “Ben più in là è andato un obiter dictum della sent. 406/1989 della Corte costituzionale, che viceversa riconosce al controllo del Presidente della Repubblica, in sede di emanazione degli atti del Governo aventi valore di legge, una “intensità almeno pari a quello spettante allo stesso Presidente sulle leggi”, così R.BIN, Sui poteri del Presidente della Repubblica nei

confronti del Governo e della “sua” maggioranza, in www.forumcostituzionale.it. Anche su questo punto la

letteratura è vasta. Recentemente si veda G. SERGES, Il rifiuto di emanazione del decreto-legge, in www.astrid- online.it e M. LUCIANI, L’emanazione presidenziale dei decreti-legge (spunti a partire dal caso E.), in A. CERRI -P.

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Visti per sommi capi quelli che sono gli atti di cui il Presidente si vale nella sua funzione di controllore dell’esercizio della funzione legislativa parlamentare si può osservare come si tratti di poteri che il capo dello Stato esercita (così come quello di nomina dei giudici costituzionali), secondo la dottrina più autorevole, motu proprio, senza una previa proposta governativa. In altre parole i poteri formalmente e sostanzialmente presidenziali sono quelli che descrivono il capo dello Stato nella sua essenziale funzione di contropotere.

Le due ultime presidenze italiane meritano di essere riguardate proprio sotto questo punto di vista e analizzate nella loro originalità proprio per il modo in cui hanno esercitato tale funzione di indirizzo politico costituzionale. Tra le tante variabili che possono essere messe in luce, quella delle leggi promulgate “con motivazione contraria”376 e/o a seguito

dell’esercizio di un’attività di più o meno intensa di moral suasion da parte del capo dello Stato meritano sicuramente un’attenzione particolare.

3. Segue: Dalla dottrina Scàlfaro alla dottrina Ciampi-Napolitano, tra rinvio