IV. I CONTROPOTERI NEL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO : P RESIDENTI DELLA R EPUBBLICA E C ONSEIL
3. Segue: Dalla dottrina Scàlfaro alla dottrina Ciampi-Napolitano, tra rinvio delle leggi e moral suasion
Gli “uomini del Quirinale” che si sono succeduti alla Presidenza dall’avvento del fait majoritaire in Italia sono tre: Scàlfaro, Ciampi e Napolitano. Dal punto di vista (particolare) del rapporto che essi hanno avuto nei confronti dell’asse Governo-Parlamento può essere messa in luce una decisa differenza che oppone il primo agli altri due377.
RIDOLA -P.HÄBERLE -D.SCHEFOLD (a cura di), Liber amicorum in onore di Angel Antonio Cervati, Roma, 2010, p. 139.
376 L’espressione perspicua è di Ruggeri, “Si possono avanzare molte spiegazioni al riguardo, ma rimane il fatto che non si dispone di un'interpretazione "autentica" dell'inusitata iniziativa adottata. E così, per la prima volta nella storia della Repubblica, abbiamo finalmente quella "motivazione", ancorché informale, che da tempo la dottrina reclama per le leggi e (soprattutto) gli atti primari del Governo; solo che è qui una motivazione... contraria”, in A.RUGGERI, Verso una prassi di
leggi promulgate con "motivazione"... contraria?, in www.forumcostituzionale.it. Diversamente dall’A., che esclude
che l’introduzione con revisione costituzionale di una nuova figura di “promulgazione parziale” possa risolvere il problema per ragioni legate all’omogeneità dell’atto legislativo, bisogna supporre che il Presidente della Repubblica dovrebbe comunque essere certo provvisto di una lucidità sufficiente ad evitare di promulgare leggi incomplete ed incoerenti (e su questo punto l’esempio che si vedrà del caso francese è dirimente). La dottrina tuttavia ha più persuasivamente sottolineato (e con essa lo stesso Presidente Napolitano nella sua lettera del 22 maggio del 2010 in occasione della promulgazione – ancora una volta critica – della legge sugli incentivi) che l’introduzione di una “promulgazione parziale” forse ingenererebbe il problema di un Presidente libero di scegliere con troppa discrezionalità quali parti della legge promulgare (così R.ROMBOLI, Il rinvio delle leggi, cit, pp. 63 e ss).
377 Sulla continuità tra la “teoria delle fonti” seguita dagli ultimi due presidenti si veda I. PELLIZZONE, Contributo allo studio sul rinvio presidenziale delle leggi, Milano, 2011, pp. 279 e ss.
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La caratteristica più pregnante della Presidenza Scàlfaro è riassumibile nell’icastica espressione del “dogmatismo costituzionale”378. Diversamente da quanto avvenne nel settennato
Cossiga e di quanto si sarebbe poi verificato durante i settennati Ciampi e Napolitano, l’atteggiamento del Presidente nei confronti del Parlamento fu assai contenuto senza però abdicare alla funzione di tutore della Costituzione. Intendendo correttamente il rapporto tra ruolo del capo dello Stato e le leggi, Scàlfaro evitò infatti con scupolo qualsiasi tipo d’intervento durante l’iter legis, per escludere una qualsiasi forma di “condivisione di responsabilità politica di una legge della maggioranza”, al fine di conservare l’ultima parola sulla legge in sede di (eventuale) promulgazione giungendo a definire esplicitamente il rinvio come “diritto-dovere” del capo dello Stato379.
Molto diverso l’usus inaugurato dalla presidenza Ciampi, che venne confermato dal Presidente Napolitano, volto da un lato a limitare ai profili della “manifesta incostituzionalità” le ipotesi di rinvio e ad anticipare l’intervento sulla legislazione ad un momento precedente rispetto a quello della promulgazione380: si tratta della così detta
“dottrina Ciampi” della moral suasion381, suscettibile di inserire in modo assai discutibile il
378 Così efficacemente C.DE FIORES, Il rinvio delle leggi tra principio maggioritario ed unità nazionale, in Rivista di Diritto Costituzionale , 2003, p. 294. De Fiores compie un’attenta ricognizione dei momenti salienti di quella
presidenza, mettendone in luce i tratti interventisti (ben distinti da quelli di Cossiga in quanto privi di
“un’impostazione surrettiziamente strumentale e dell’esasperazione dei toni” che avevano caratterizzato il predecessore) e
la tendenza virtuosa ad “usare estensivamente il potere di rinvio, anche in ambiti tradizionalmente riservati alla Corte
Costituzionale” (p. 296).
379 La “dottrina Scàlfaro” è così descritta daD.GALLIANI, Il capo dello Stato, p. 522-523, che rimanda a O.L.
SCÀLFARO, La mia Costituzione. Dalla Costituente ai tentativi di riforma, Firenze, 2005, pp. 127-128.
380 Il Presidente Ciampi formulò tale tesi il 26 giugno 2003 in occasione della visita all’università berlinese
Humboldt, sollecitato dalla domanda di una studentessa italiana in merito alla promulgazione della legge 20 giugno 2003, n. 140, cd. lodo Schifani. Ciò che stupisce è che fu poi l’ormai ex Presidente Ciampi in occasione della promulgazione del successivo lodo Alfano a sostenere che quella legge (sostanzialmente identica a quella che lui stesso promulgò senza ritardo) dovesse essere rinviata alle Camere: Basta con le leggi ad
personam. Berlusconi delegittima le istituzioni. L’ex capo dello Stato: “non si promulghi quel testo”, in la Repubblica, 23-XI-
2009, p. p. 1. Secondo la dottrina “il parametro della “manifesta incostituzionalità” oltre a non trovare riscontri nella
Carta Costituzionale ha l’effetto di ridurre in modo irragionevole il potere di controllo presidenziale. Inoltre, «Il criterio minimalista della “manifesta incostituzionalità” appare smentito dalle ragioni addotte nei precedenti rinvii presidenziali[…] ispirati fondamentalmente ad esigenze di “logica della legislazione”; tali, cioè, da indurre il Capo dello Stato a negare la promulgazione per ragioni di merito ordinamentale – più che costituzionale – marcatamente tecnico-formali”, così A.
PUGIOTTO, “Veto player”, pp. 270-271. Sulla prassi dei rinvii durante la presidenza Ciampi si veda A. CARDONE, La presidenza Ciampi e il potere di rinvio delle leggi. Prime prove di pedagogia istituzionale?, in Democrazia e
diritto, 2004, pp. 181 e ss.
381 La cd. moral suasion non è stata certo stata inventata negli ultimi anni: essa caratterizza da sempre
potremmo dire le relazioni tra Presidente e Governo. Negli ultimi anni si può dire tuttavia che il suo uso abbia riscontrato una decisa intensificazione. Si veda: Pertini alle lettere di Cossiga, la “moral suasion” del Colle, in Il
corriere della sera, 16-I-2002, p. 3. Bisogna inoltre sottolineare come la moral suasion sia una modalità d’azione
che si estende ben al di là del controllo del Presidente sugli atti normativi, coinvolgendo ogni altra sfera d’azione dello stesso capo dello Stato. Un esempio in tal senso (e che testimonia anche della diversa forza che con essa il Presidente può esercitare sul Governo) è dato sicuramente dai ministri, nominati dal capo dello Stato. Se il Presidente Scàlfaro sconsigliò (anticipando un rifiuto all’eventuale proposta) la nomina di Cesare Previti a ministro della giustizia nel 1994, Ciampi nel 2001 rifiutò quella di Maroni alla Giustizia ma non quella di Pietro Lunardi (malgrado l’evidente conflitto d’interesse in cui questi versava) a ministro delle infrastrutture.
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capo dello Stato nella definizione dei testi governativi e determinata più o meno esplicitamente dalla convinzione che il rinvio sia un potere sostanzialmente inutile382. Il
problema è poi complicato da un ulteriore elemento, legato a quelle che sono state definite “promulgazioni irrituali”, esemplificate da quel tipo di “promulgazione dissenziente” già utilizzata dai presidenti Ciampi e Napolitano, che giunge a svuotare completamente di contenuto il rinvio presidenziale e mina profondamente l’autorità e la coerenza dell’azione presidenziale383. Per quanto riguarda la debolezza della tesi dell’incostituzionalità manifesta
si pensi al caso di rinvio nell’attuale settennato in merito al collegato lavoro, precedente a quello relativo al cd. pacchetto sicurezza384. Certo qui non può trattarsi di un esempio lampante
di macro-incostituzionalità, anche perché si tratta di un rinvio nemmeno puntualmente motivato in fatto di costituzionalità e che viene ad assumere piuttosto le dubbie forme della censura per merito politico385. Ciò complica moltissimo la “controllabilità” dell’azione del
garante della Costituzione, che sembra aver utilizzato il potere per tentare di risolvere un
382 In questo senso, assai opinabilmente il Pres. Napolitano: Napolitano firma lo scudo fiscale: “Come non farlo?”, in La stampa, 4-X-2009, p. 8. A contraddire tale orientamento la dottrina ha notato: “Sui 60 rinvii fino ad oggi effettuati sono solo 2 le ipotesi in cui il Parlamento ha riapprovato la legge rinviata senza alcuna modifica, dunque completamente ignorando i rilievi presidenziali; in 26 casi, l’ottemperanza parlamentare è stata completa, nel senso che tutte le correzioni suggerite dal Quirinale sono state puntualmente recepite; in 8 casi l’ottemperanza è stata parziale; infine nei 24 casi residui la legge rinviata si è in vario modo insabbiata, o per fine della legislatura, o per decadenza del decreto-legge che essa era diretta a convertire o per mancata ripresa o conclusione dell’esame”. Così G.SCACCIA, La funzione presidenziale di controllo sulle leggi
e gli atti equiparati, in AAVV, Il Presidente della Repubblica nell’evoluzione della forma di governo. Atti del Convegno di Roma, 26 novembre 2010, Roma, 2011, pp. 127 e ss.
383 Sul punto si veda diffusamente F. CHIARELLI, Il ruolo del Capo dello Stato nel procedimento legislativo. La Presidenza Napolitano tra moral suasion e “promulgazioni irrituali”, in G. C.DE CESARE (a cura di), Lezioni sul
Parlamento nell’età del disincanto, Roma, 2011. Normalmente la promulgazione dissenziente si concretizza in una
lettera che il capo dello Stato indirizza al Presidente del Consiglio, nella quale esprime tutte le proprie perplessità in merito alla legge appena promulgata, sollecitando il governo ad un intervento correttivo in via successiva. La problematicità della prassi appare evidente anche dal punto di vista del destinatario della missiva presidenziale: il capo dello Stato indirizzando la lettera al capo del Governo avalla di fatto la realtà del sistema maggioritario in cui la legge è di fatto prodotto dell’Esecutivo. Ciò però non è senza conseguenze sostanziali in merito al fatto che (se anche la prassi della promulgazione dissenziente fosse corretta) la missiva debba assumere le forme di un messaggio rivolto alle Camere, autrici formali della legge secondo una lettura non controversa della Costituzione! Il primo caso di promulgazione dissenziente è stato quello della legge di conversione del D.L. n. 63/2002 (istitutiva della “Patrimonio” e “Infrastrutture” S.p.A.). Si veda A.RUGGERI,
Verso una prassi di leggi promulgate con “motivazione”… contraria?, e, dello stesso autore, Ancora un caso di promulgazione con “motivazione”… contraria (a proposito del mancato rinvio della legge sulla sicurezza), in
www.forumcostituzionale.it. Il rischio di delegittimazione di un Presidente che adotti la forma della promulgazione dissenziente ha avuto un eco recente anche in Francia, dove il Presidente Chirac nel 2006 ha chiesto al ministro del lavoro, contestualmente alla promulgazione della legge che creava il famoso e criticato
Contrat de premier embauche, di giungere in via amministrativa ad una sostanziale disapplicazione della legge. 384 In rinvio del disegno di legge 3 marzo 2010, n. 1167B è del 31 marzo 2010.
385 Nel comunicato della Presidenza della Repubblica del 31 marzo 2010 il capo dello Stato, dopo aver passato
in rassegna la giurisprudenza costituzionale in merito agli art. 24 e 25 Cost. (citati quasi incidentalmente), afferma: “Sulla base di tali indicazioni, non può non destare serie perplessità la previsione del comma 9 dell'art. 31, secondo cui
la decisione di devolvere ad arbitri la definizione di eventuali controversie può essere assunta non solo in costanza di rapporto allorché insorga la controversia, ma anche nel momento della stipulazione del contratto, attraverso l'inserimento di apposita clausola compromissoria: la fase della costituzione del rapporto è infatti il momento nel quale massima è la condizione di debolezza della parte che offre la prestazione di lavoro”.
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vizio di legittimità che sfugge non solo dalla “stretta costituzionalità”, ma dalla costituzionalità tout court.
Se in un sistema maggioritario l’esigenza dei contropoteri si fa particolarmente forte alla luce del rafforzamento del blocco di potere rappresentato da Governo e maggioranza, appare da quanto detto che il capo dello Stato, durante l’attuale Presidenza, l’ha notevolmente contratto. Pare soprattutto nel settennato Napolitano di leggere il self restraint presidenziale in materia di rinvio delle leggi come un atteggiamento assai ambiguo: il capo dello Stato sembra voler ostacolare nel minor modo possibile (almeno manifestamente, ex post, come si è detto) l’azione dell’esecutivo – riducendo forse il rinvio nelle strettoie di un’inafferrabile manifesta incostituzionalità – ma probabilmente non ci si è resi sufficientemente conto che questo “impegno” presidenziale ha comportato un’implicita drammatizzazione del potere ex art. 74, ulteriormente enfatizzato da quell’atipica situazione di coabitazione tra capo dello Stato e Presidente del Consiglio che si è descritta sopra. In altre parole: quel rinvio che i costituenti avevano identificato come opportuno momento di riflessione e ripensamento chiesto dal capo dello Stato è stato trasformato in via di prassi in vero e proprio strumento eccezionale la cui gravità è stata oltremodo sottolineata386.
Riassumendo brevemente quanto detto si vede come tutti gli atti (e non solo quello di rinvio, come frequentemente indicato dalla dottrina più recente in merito di moral suasion) in cui si traducono i poteri riconducibili all’indirizzo politico costituzionale (i quali si è già visto non sono tutti gli atti presidenziali ma solo quelli riconducibili alla funzione di controllo del Presidente sulla maggioranza di governo) sono stati utilizzati nella prassi più recente in modo dimezzato. Il capo dello Stato preferisce usare atti non tipici della sua funzione, solo indirettamente (e spesso problematicamente) riconducibili a Costituzione, che esprimono la stessa esigenza e sottendono la stessa funzione presidenziale (l’esternazione in luogo del messaggio, la moral suasion al posto del rifiuto di autorizzazione della presentazione dei disegni di legge e del rinvio di una legge alle Camere) ma che certo sfuggono all’esatta definizione positiva del capo dello Stato nonché alla trasparenza dell’esercizio della sua funzione. Quest’ultima è stata sempre più spesso esercitata negli ultimi anni in nome di una discrezione che solo la fiducia (presunta e necessitata) incondizionata nella bontà delle determinazioni presidenziali può sottrarla al timore di costituire una potenziale minaccia per il corretto svolgimento della vita istituzionale e democratica.
In generale, l’atteggiamento incomparabilmente più discreto e cauto con cui, dalla presidenza Ciampi in poi, il capo dello Stato è intervento a limitare lo svolgimento
386 Non è un caso che negli ultimi anni la letteratura sul rinvio presidenziale abbia avuto in Italia una fioritura
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dell’indirizzo politico della maggioranza387 avanzando dubbie teorie costituzionali
sull’esercizio del potere di rinvio, non è positivamente sostenibile; si potrebbe ipotizzare che il Presidente tema che il legittimo esercizio dei suoi poteri di custode dell’intera Costituzione possa andare a confliggere, nel sistema maggioritario spesso pronto a strumentalizzare le posizioni dei contropoteri, con il solo art. 87 c.1 Cost., che configura il Presidente come garante dell’unità nazionale e quindi, fuor di metafora, di quel minimo comune multiplo che unisce forze di maggioranza e di opposizione388. In tal senso
andrebbe letto il tentativo del Presidente di valorizzare tale aspetto del suo ruolo, l’unico idoneo ad accrescere indubbiamente la popolarità del capo dello Stato stesso e a porlo al riparo da pericolosi tentativi di delegittimazione389, che vanno paradossalmente nella stessa
direzione di chi vorrebbe schermare la figura presidenziale da qualsiasi critica con l’argomento della sua indipendenza390. In questo senso andrebbero letti i continui voti
d’incoraggiamento al consensualismo politico parlamentare espressi dal Presidente anche su leggi molto problematiche dal punto di vista costituzionale, e che sono idonei ad incoraggiare dubbiamente quell’indifferenziazione tra maggioranza ed opposizione già criticamente analizzato nel capitolo precedente391. Di più: pare che sempre più spesso
l’evanescente criterio della terzietà della figura presidenziale si riassuma non tanto nell’equidistanza dalle parti ma nell’allineamento rituale tra indirizzo politico di maggioranza ed indirizzo politico costituzionale392. In altri termini si giungerebbe
387 Funzione quest’ultima esplicitamente messa in luce da V. CRISAFULLI, Aspetti problematici del sistema parlamentare vigente in Italia, in Studi Crosa, Milano, 1960, pp. 652 nonché da P. BISCARETTI DI RUFFIA, Le
attribuzioni del Presidente della Repubblica, in Riv. trim. dir. pubbl., 1963, p. 280.
388 Individua tale dualismo irriducibile tra Presidente come tutore neutro dell’unità nazionale e come custode
della Costituzione C.FUSARO, E' ancora possibile rappresentare l'unità nazionale?, in www.forumcostituzionale.it.
389 Si veda Patria, il progetto di Ciampi, in il Messaggero, 21-VI-2007, p. 26. Il problema della delegittimazione del
Presidente è stato una costante nella storia della Repubblica ma è venuto senza dubbio ad accentuarsi dal 1993 ad oggi. Basti ricordare gli affaires Sisde durante la presidenza Scàlfaro e quello Telecom Serbia con Ciampi. Si veda l’acuta analisi di M.BREDA, La guerra del Quirinale : la difesa della democrazia ai tempi di Cossiga, Scalfaro e
Ciampi, Milano, 2006.
390 Scopo di entrambi gli atteggiamenti, che riducono a nulla la sua responsabilità politica, è ancora di fatto il
tentativo di neutralizzare il Presidente come contropotere: G.U.RESCIGNO, Il Presidente della Repubblica – art.
87, in G.BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1978, p. 186.
391 Ben diversa l’interpretazione offerta dalla perigliosa (et pour cause) presidenza Scàlfaro, riassumibile con le
lucide parole di Carlo Chimenti, che pur facendo salvo il feticcio dell’imparzialità presidenziale aggiunge: “Ma
il discorso è diverso quando la materia è coperta da indicazioni costituzionali più o meno univoche. In tal caso infatti il Presidente della repubblica, che è anche custode della Costituzione e dei suoi valori, ha il dovere non già di essere equidistante ma più vicino alla parte che gli pare maggiormente aderente a quanto deve essere da lui custodito. (…) In effetti il rappresentante dell’unità nazionale e custode della Costituzione non può essere chiamato a dire “qualcosa di sinistra” (e neppure di destra naturalmente); ma egli può ben essere chiamato, all’occorrenza, a dire “qualcosa di costituzionale”, così C.CHIMENTI, Il Presidente della
Repubblica nel parlamentarismo maggioritario, in Nomos, 2002, p. 50.
392 Dirimenti le parole di Zagrebelsky su Oscar Luigi Scalfaro: “L' imparzialità di cui la Costituzione ha bisogno non è dunque un' equidistanza senza carattere, ma presuppone che si stabilisca quali sono le parti le cui pretese sono legittime e che da queste siano tenute separate quelle che non lo sono. Soprattutto nei momenti di turbolenze di tentativi di forzatura, il Capo dello Stato non può esimersi dal compito - un compito che nell' ordinaria vita costituzionale gli è risparmiato - di stabilire i confini tra il lecito e l' illecito costituzionale. Tra questi due poli non può esservi imparzialità. In una Costituzione pluralista e inclusiva com' è la nostra, il terreno dell' inclusione costituzionale è assai ampio ma non è certo illimitato. Una Costituzione che
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all’insostenibile conclusione per la quale l’imparzialità del Presidente consisterebbe nell’offrire un’interpretazione costituzionale delle norme primarie identica (o comunque non troppo dissonante) a quella offerta dall’esecutivo. Non rendersi conto della politicità inevitabile del capo dello Stato e del suo ruolo, legata anche alla storia personale dello stesso e alle più radicate convinzioni, significa rinunciare a comprendere gli equilibri della forma di governo e gli altrimenti incomprensibili comportamenti presidenziali.
4. Segue: Dottrina Ciampi nel rapporto tra Presidenza della Repubblica e