IV. I CONTROPOTERI NEL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO : P RESIDENTI DELLA R EPUBBLICA E C ONSEIL
2. Una lettura politico-strategica del contropotere giurisdizionale
Possiamo a questo punto affermare che quella che il giudice delle leggi costruisce con l’uso della giurisprudenza sia una vera e propria politica costituzionale, che da questo punto di vista viene strettamente associata all’indirizzo politico sui generis espresso dal capo dello Stato. In altri termini si vuole dire che in realtà Corte e Presidente costituiscono entrambi i vertici e i vettori di quell’indirizzo politico costituzionale di cui parlava Barile519.
Vi è una differenza banale e sostanziale tra i due contropoteri: laddove il Presidente è organo monocratico, la Corte è a composizione collegiale. Proprio nella sua composizione plurale il giudice delle leggi trova il suo più grande scudo contro le sempre possibili accuse di parzialità (dalle quali come visto invece non va esente il capo dello Stato in quanto bersaglio unico e ben individuabile): la responsabilità diffusa e non ben identificabile dei giudici costituzionali è permessa dalla collegialità con cui le decisioni sono assunte520.
Addirittura si ha l’impressione che la Corte (come pure il Conseil constitutionnel) quale
516 In merito si rimanda per l’Italia al prezioso contributo, ricco di una completa bibliografia, di R.ROMBOLI, La natura della Corte Costituzionale alla luce della sua giurisprudenza più recente, in A. VIGNUDELLI, Istituzioni e
dinamiche del diritto: i confini mobili della separazione dei poteri, Milano, 2009, pp. 401 e ss. Per l’esperienza francese
si veda tradizionalmente F.LUCHAIRE, Le Conseil constitutionnel est-il une juridiction?, in Revue du droit public, 1979, pp. 27 e ss.
517 Si veda F.MODUGNO, Corte costituzionale e potere legislativo, in AAVV, Corte costituzionale e sviluppo della forma di governo in Italia, Bologna, 1982, p. 39. In chiave diversa, non definitoria ma similmente sostanzialistica anche
Martines parlava della Corte come soggetto palesemente politico: T.MARTINES, Diritto costituzionale, Milano, 2010, pp. 517 e ss.
518 Tale posizione è formulata in P.CALAMANDREI, La illegittimità costituzionale delle leggi nel processo civile, Padova,
1950.
519 Simile prospettiva è quella accolta da M.MIDIRI, Corte, organi politici, giurisdizione, in AAvv, Scritti in onore di Michele Scudiero, Napoli, 2008, pp. 1303 e ss.
520 Insiste particolarmente sulla collegialità, fino a spingerci a queste riflessioni G.ZAGREBELSKY, Principi e voti, p. 67 e ss.
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organo composito e plurale, sia in realtà di fatto considerato come un’istituzione monocratica “spersonalizzata”, e ciò per rendere quanto meno appariscenti possibile le singole posizioni dei giudici, ammortizzando così la responsabilità politica delle decisioni assunte. Benché assai artificiosa questa poco considerata fictio dello Stato costituzionale è servente rispetto all’altrettanto leggendaria pretesa oggettività della norma giuridica costituzionale quale parametro del giudizio521.
Quanto appena detto sopra non significa che il giudice delle leggi “trovi piacere” nell’inserirsi nell’attualità (anzi) e cerchi di accrescere biecamente il proprio potere “facendo politica” nell’accezione comune o che lo faccia proditoriamente. Neppure bisogna credere che “fare” politica significhi necessariamente (come spesso si sembra opinare) esprimere una scelta consapevole ed ardita in quanto tale atteggiamento si estrinseca anche nel contrario, nel diniego sostanziale di giustizia, nella rinuncia a risolvere un’incostituzionalità o un conflitto di poteri per timore della reazione del Potere. Parliamo a ragion veduta di diniego di giustizia se vogliamo prendere sul serio la concretezza del processo costituzionale, in quanto il suo esito, per la parte che ha sollecitato la rimessione della questione alla Corte, il rigetto o l’inammissibilità della questione hanno lo stesso effetto, cioè quello di frustrare l’interesse sottostante al bene della vita. In sostanza: anche non applicare la Costituzione per eccessivo self restraint configura pienamente un atto politico d’incompetenza negativa. Ciò avviene e basta, perché le ragioni della Costituzione non sono indipendenti da quelle della politica e inevitabilmente vi è una sovrapposizione delle une alle altre laddove si versi in materie costituzionalmente rilevanti.
La fonte legislativa – tramite quella che Martines definiva la forza politica del giudice delle leggi – diventa non il prodotto di una mera funzione parlamentare autoreferenziale ma piuttosto espressione di un pluralismo ordinamentale che vede la partecipazione di una sinergia di attori, tra i quali anche la giurisdizione costituzionale, la quale permette di far valere una forma di democrazia continua, non limitata al momento elettorale e che consente di integrare la volontà della maggioranza a quella delle minoranze, in armonia con la volontà del popolo costituente522. Si tratta di una dinamica che si è già osservata trattando
521 La collegialità in un regime maggioritario come quelli italiano e francese crea quasi naturalmente delle
insofferenze da parte di giudici che mal sopportano di essere “ridotti al silenzio”, cosa che in alcuni casi non è necessariamente indice di una posizione sbagliata quanto espressione del tentativo di sollecitare la Corte ad un cambiamento di giurisprudenza oppure la manifestazione del malessere di chi si ritrova spesso in minoranza. Per l’Italia si ricordi il noto caso che portò alle dimissioni (pretestuose o meno che fossero) del giudice Romano Vaccarella: Il giudice Vaccarella conferma le sue dimissioni, in Il corriere della sera, 5-V-2007. Si vedano i tre comunicati che la Corte pubblicò in quell’occasione (il primo del 2 maggio 2007 e i seguenti del 4 maggio). Soprattutto in Francia il tema in considerazione ha avuto un’eco notevole a seguito della pubblicazione dell’interessante libro di Pierre Joxe, l’unico giudice socialista rimasto nel Conseil constitutionnel per molti anni, che ha consolidato i suoi “problemi di coscienza” nel criticato ma prezioso P.JOXE, Cas de conscience, Paris, 2010.
522 A tale proposito “Par son intervention la volonté générale tends à devenir la somme de la volonté majoritaire et des volontés minoritaires ou, plus exactement, de certaines de leurs propositions” , D.ROUSSEAU, La démocratie continue, cit., pp. 22 e ss.
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dell’opposizione parlamentare: se il giudice delle leggi censura una legge voluta dalla maggioranza parlamentare ed osteggiata dall’opposizione, indirettamente non fa altro che affermare positivamente la volontà della minoranza.
Ciò avviene in modo evidente in Francia, dove l’intervento del giudice delle leggi è più apertamente inserito nell’agone politico, in quanto provocato per lo più dalla stessa opposizione (e ciò non ha comunque comportato una perdita di legittimazione del giudice delle leggi). Anche in Italia tuttavia, a seguito soprattutto dello smaltimento dell’arretrato giurisprudenziale avvenuto nei primi anni novanta del novecento, la contiguità della fase di promulgazione e dell’instaurazione del giudizio incidentale ha decisamente incrementato l’attualità e la “temperatura politica” delle decisioni costituzionali. Sempre più spesso la maggioranza parlamentare che ha voluto una determinata legge è la stessa che assiste alla sua eventuale censura. Si è visto poi a proposito dell’opposizione parlamentare come gli argomenti spesi dalla minoranza in aula contro la legge sono spesso gli stessi fatti valere in sede di giudizio incidentale dai giudici a quibus e, di riflesso, dalla Corte stessa523. A
complemento di quanto si è già detto in merito all’opposizione parlamentare che – acquisita consapevolezza del ruolo del giudice delle leggi – sempre più spesso nelle aule parlamentari ha virtuosamente convertito le discussioni parlamentari in un’anticipazione del giudizio della Corte, giuridicizzando quindi il conflitto politico, allo stesso modo la giurisdizione costituzionale è venuta sempre più assumendo connotati politici524. Diciamo
ciò non nell’ottica abitualmente polemica ma con la consapevolezza del processo creativo del diritto che emana e ritorna sempre alla Costituzione, alla luce della necessaria interdipendenza delle due fasi di creazione e di controllo della norma giuridica.
Così non è poi tanto straordinario guardare al giudice delle leggi come un terzo potere arbitrale che dirime una disputa costituzionale dai riflessi profondamente politici con lo strumento di quella che abbiamo definito la sanzione costituzionale. Il ruolo di regolatore sostanziale del conflitto politico che il giudice delle leggi ha assunto anche in Italia in modo sempre più evidente è necessariamente correlato anche all’adeguamento del nostro paese al sistema maggioritario che vigeva già da molto tempo in Francia, nel quale l’opposizione ha poche possibilità reali di condizionare il procedimento legislativo e quindi di influenzare il contenuto concreto della legge, potendo solo sperare che le sue istanze possano almeno trovare accoglimento in altra sede, davanti al tribunale costituzionale. Ciò è tanto più vero in Italia dove, come la dottrina ha efficacemente notato, il bipolarismo politico
523 Si veda il capitolo III, par. 1.
524 Si segue quindi lo schema delineato da A.STONE SWEET, La politique constitutionnelle, pp. 117 e ss. L’autore
nota come tale schema giunge realisticamente a ridurre lo scarto tra politica e diritto nella complessità delle relazioni che si instaurano tra poteri e contropoteri; ben consapevole delle ricadute che tale tesi ha sul principio della separazione dei poteri egli tuttavia non si sottrae alla conclusione che fa del giudice delle leggi una terza camera legislativa specializzata.
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instauratosi fin dal 1994, è stato anche un bipolarismo costituzionale525, che è venuto schiudendo sempre più spesso il ruolo del giudice delle leggi anche in Italia come prolungamento e sintesi dello scontro politico parlamentare526.
L’influenza del giudice costituzionale sul processo legislativo è quindi doppio: retrospettivo, in quanto agisce sulla legge già promulgata, ed insieme prospettivo, in quanto condiziona pro futuro con la sua giurisprudenza le evoluzioni future della legislazione ordinaria, la quale non può non tenere conto delle pronunce costituzionali. Ciò in quanto le decisioni del giudice delle leggi, in virtù del rispetto del proprio precedente (elemento importante di strategia istituzionale), costituiscono un elemento prognostico indispensabile per valutare la fattibilità costituzionale di nuove soluzioni normative. Non solo: il rispetto del precedente (purché non si trasformi in una tirannia che impedisca auspicabili evoluzioni giuridico-sociali) è essenziale anche per assicurare l’indipendenza del giudice nel tempo, essendo segno della (fittizia) inevitabilità dell’ “obbligo costituzionale” delle sue decisioni, che si impone di legislatura in legislatura a maggioranze di diverso colore politico527.
La dottrina in Francia ha indagato in modo molto esplicito come la giurisdizione costituzionale si sia inserita nella dialettica tra maggioranza ed opposizione, venendo a creare proprio quella comunicazione a doppio senso tra politica e diritto che fece dire a Louis Favoreu che il giudice delle leggi ha permesso nella democrazia contemporanea la giuridicizzazione dello scontro politico tramite il ruolo pacificatore e regolatore del processo costituzionale528. In particolare, al momento dell’alternanza del 1981 il Conseil ha evitato
che il cambiamento politico epocale comportasse necessariamente il rovesciamento dell’ordinamento precedente, contribuendo così non poco all’omogeneizzazione della società francese. Da un lato contenendo la portata delle nazionalizzazioni del governo Mauroi nel solco del rispetto dei diritti di proprietà e dall’altro smentendo le paure di chi temeva l’ascesa al potere di partiti considerati anti-sistema, accrescendo così la tenuta stessa della democrazia transalpina.
L’inevitabile politicità della giurisdizione costituzionale ridonda inevitabilmente anche su un altro aspetto fondamentale, che potremmo definire del realismo del giudice delle leggi, ovvero l’inevitabile e invisibile necessità che la giustizia costituzionale eserciti la sua attività conciliando il rispetto della Costituzione con la situazione politica (elemento essenziale del “fatto” mai sufficientemente considerato dalla dottrina) nella quale essa stessa
525 Così A.RUGGERI, La Corte e le sirene della politica (frammenti di uno studio su esperienze e tendenze della formazione e politicità dei giudizi di costituzionalità), in V.TONDI DELLA MURA-M.CARDUCCI-R.G.RODIO (a cura di), Corte
costituzionale, cit., p. 696.
526 In questo senso esplicitamente E.GROSSO, Corte costituzionale e revisione costituzionale, in V.TONDI DELLA
MURA-M.CARDUCCI-R.G.RODIO (a cura di), Corte costituzionale, cit., p. 179.
527 Così anche secondo il pensiero di Robert Badinter, discusso in J.ROBERT, La garde de la République, Paris,
2000, p. 121.
528 Si vedano in questo senso L. FAVOREU, La politique saisie par le droit. Alternance, cohabitation et Conseil constitutionnel, Paris, 1988 e M.C.STECKEL, Le Conseil constitutionnel et l’alternance, Paris, 2002.
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s’inserisce529. Il realismo del giudice, che è causa ed insieme conseguenza dell’inserzione
della Corte della forma di governo, viene a determinarsi in più direzioni. Il giudice delle leggi influenza ed è a sua volta influenzato da una serie di attori anche non necessariamente solo politici, quali possono essere le giurisdizioni ordinaria ed amministrativa (esemplificate nella forma del diritto vivente), la dottrina e il contesto sociale nel quale ogni decisione si inserisce.
Strumento essenziale di questa mediazione realista è senza dubbio la strategia adottata dal giudice, che si sostanzia nelle tecniche decisorie, nell’argomentazione giuridica utilizzata volta ad assicurare l’effettività delle proprie decisioni530. Parlare di strategia del
giudice delle leggi non implica certamente che lo stesso agisca in modo discutibilmente calcolatore negli equilibri interistituzionali ma che esistono degli elementi, sia interni che esterni alla Corte, che ne determinano i meccanismi di funzionamento531. In quella speciale
teoria dei giochi che descrive il funzionamento reale del regime politico il giudice delle leggi è normalmente chiamato ad essere l’arbitro del “gioco”, anzi, ad essere uno dei giocatori che pure deve agire in modo diverso per far percepire la sua connaturale diversità dagli altri532.
Grazie a questo paradigma capiamo perché il giudice costituzionale abbia cercato di accrescere le sue competenze modulando la tipologia delle sue decisioni premurandosi tuttavia di farlo nel modo meno appariscente possibile.
Pare questa una conclusione logica se si vuole davvero prendere seriamente l’assunzione della giurisprudenza costituzionale come contropotere, essendo la Corte certamente un’ “isola della ragione” ma inserita in un arcipelago di istituzioni che determinano il paesaggio politico descritto dalla Costituzione533. Di più: la pretesa suitas della Corte
costituzionale rispetto agli altri organi costituzionali che la distinguerebbe dalla politica in quanto istituzione giurisdizionale prova troppo, in quanto non solo si radica in una sorta di sottinteso pregiudizio negativo nei confronti della “politica” ma anche perché non tiene effettivamente conto del fatto che la Corte stessa possa essere composta di volta in volta
529 Anche esponenti della dottrina positivista più tradizionale ammettono l’inevitabilità di questa soluzione
quale conseguenza della tesi dell’interpretazione come attività non estranea dalla volontà dell’interprete: “Il est
incontestable que le Conseil constitutionnel comme toutes les juridictions suprême est en général comme tous les operateurs du droit, subit des contraintes diverses provenant du système juridico-politique et qu’il est conduit à adopter des stratégies dans l’exercice de son pouvoir. On peut distinguer celles qui visent à accroitre ce pouvoir et celles qui consistent à en faire un exercice modéré ». M.
TROPER, Le réalisme et le juge constitutionnel, in Le cahiers du Conseil constitutionnel, 2007, p. 150. Si veda anche D. RIBES, Le réalisme du Conseil constitutionnel, in Le cahiers du Conseil constitutionnel, 2007, pp. 132 e ss.
530 Si veda in questo senso J.MEUNIER, Conseil constitutionnel. Essai d'analyse stratégique, Paris-Bruxelles, 1994. 531 Di più : la stessa idea della giurisprudenza costituzionale come limite al potere implicherebbe
necessariamente l’idea della strategia: J.MEUNIER, Contraintes et stratégie en droit constitutionnel, in M.TROPER -V. CHAMPEIL-DESPLATS -C.GRZEGORCZYK, Théorie des contraintes juridiques, Paris, 2005, pp. 194 e ss.
532 In questo senso si veda il brillante J.MEUNIER, Les décisions du Conseil constitutionnel et le jeu politique, in Pouvoirs, 2003, pp. 29 e ss.
533 In questo senso ci si allontana in parte dall’impostazione di autorevole dottrina che invece, pur
riconoscendo esplicitamente la giustizia costituzionale come contropotere maggioritario, individua proprio nell’astrazione sostanziale della Corte rispetto alle altre istituzioni politiche (in ragione della sua natura eminentemente giuridica) la forza della sua legittimazione. Così G.ZAGREBELSKY, Principi e voti, pp. 117 e ss.
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da buoni come da cattivi giudici, che non necessariamente (e ciò non dovrebbe sorprendere) hanno come unico obiettivo l’applicazione rigorosa delle norme costituzionali534. Se il principio della presunta bontà del legislatore ha fatto il suo tempo, lo
stesso si dovrebbe dire di quella del giudice costituzionale. Si ha l’impressione che dietro questa angelizzazione della Corte non vi sia che un tentativo (per molti versi opportuno) di edulcorare e non rendere troppo appariscente il potere potenzialmente immenso del giudice costituzionale. Il rischio è tuttavia che ciò comporti la sua neutralizzazione, con un’operazione di protezione simile a quella portata avanti negli ultimi anni nei confronti del capo dello Stato, non casualmente l’altro elaboratore dell’indirizzo politico costituzionale535.
Altrimenti detto, in coerenza con la base conflittuale delle relazioni tra istituzioni che un’analisi dei contropoteri postula, ci si vuole allontanare da un’idea forse troppo ideale di una Corte nella quale ogni divergenza si stempera grazie all’uso del diritto, per cogliere le implicazioni dell’assioma secondo cui l’interpretazione giuridica non è operazione conoscitiva-descrittiva ma più persuasivamente attività volitiva del giudice. In questo senso è opportuno parlare di strategie che permettono al conflitto costituzionale di ottundersi. Esse possono essere innanzitutto interne, cioè quelle usate all’interno della Corte per ricomporre i contrasti che inevitabilmente originano dal fatto che più norme derivino da una stessa disposizione costituzionale (così come dal fatto che più disposizioni possono essere in contrasto fra loro) ed esterne, che si riferiscono alle modalità usate dal giudice delle leggi per “comunicare” all’esterno ed aiutare l’ordinamento ad assorbire le proprie decisioni536. Da questo ultimo punto di vista la dottrina si è prevalentemente concentrata
sul versante parlamentare delle ricadute delle sentenze della Corte, negligendo spesso il rapporto che la Corte deve necessariamente intrattenere con il Governo e contemporaneamente con l’opinione pubblica e i mass media537. Il contatto e la percezione
del giudice delle leggi da parte dell’opinione pubblica è qualcosa di fondamentale nella stessa legittimazione della giustizia costituzionale che, diffondendo la sua immagine (vera o falsa che sia) di contropotere obiettivo lontano dal circuito della rappresentanza politica, può consolidare anche la sua legittimità nei confronti del Potere e “pararne” gli eventuali
534 Non è forse inutile sottolineare che la carica di giudice costituzionale, in Italia e in Francia, non è vitalizia e
non si può certo impedire che, dopo l’espirazione del mandato il giudice emerito ritrovi un suo ruolo all’interno del sistema politico, come non raramente è avvenuto. Si vedano in proposito le acute osservazioni di G.ZAGREBELSKY, Principi e voti, cit., pp. 109 e ss. Sul tema, che verrà approfondito in seguito, si veda recentemente per quanto riguarda il sistema francese J.THOMAS, L'indépendance du Conseil constitutionnel, Paris, 2011.
535 Si veda su questo tema quanto già detto al capitolo IV, par. 1.
536 Ci si rifà a tale proposito all’originale lavoro di J.MEUNIER, Conseil constitutionnel. Essai d'analyse stratégique,
Paris-Bruxelles, 1994.
537 Da quest’ultimo punto di vista un’eccezione è certamente l’interessante M.FIORILLO, Corte costituzionale e opinione pubblica, in V.TONDI DELLA MURA-M.CARDUCCI-R.G.RODIO (a cura di), Corte costituzionale, cit., pp. 90 e ss.
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colpi538. Soprattutto in momenti di crisi del sistema politico, quando la tensione fra
opinione pubblica e sistema parlamentare è particolarmente forte, il giudice delle leggi deve certo stare attento a non alimentare il problema di legittimazione del sistema rappresentativo ma al contempo può valersi, per l’impatto delle sue decisioni, di un’opinione pubblica che esige risposte precise dal giudice delle leggi. In questi casi si dimentica spesso di sottolineare che proprio una decisione giuridicamente prudente può costituire per la legittimazione della Corte un volano più pericoloso di quello costituito da una decisione sgradita al Potere539. In altre parole il contropotere di ultima istanza non può
ignorare che spesso le “attese del foro” non solo esistono ma sono diversificate. Di più, diversamente da quanto avviene per il giudice ordinario che dirime casi singoli, quello della Corte, al di là dell’enfatizzazione della concretezza del giudizio, è sempre e comunque su norme generali ed astratte che toccano un’intera collettività.
Quello appena enunciato è un punto di analisi fondamentale per il problema della legittimazione delle decisioni costituzionali e della Corte stessa, che nell’epoca maggioritaria è messa sempre più spesso in discussione all’interno dell’arena politica540. Elemento di
massima “emersione” di una strategia mai artificialmente pianificata ma basata su approssimazioni e consolidamento del repertorio giurisprudenziale (e quindi, di conseguenza, sull’uso oculato del precedente e del suo opposto, il revirement541) è, come accennato, l’uso delle tecniche decisorie e dell’argomentazione usate dal giudice delle leggi di ogni paese542: il confronto metterà in luce come da questo punto di vista emerga una
mutua convergenza tra Francia ed Italia.