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La nuova produzione intrecciata di libri e riviste si affermò in particolar modo a Milano dove, specialmente negli ultimi decenni del secolo, si veniva imponendo un modello di editoria imprenditoriale rivolta al mercato. Si predilessero i generi letterari di maggiore leggibilità nell’intento di creare un repertorio nuovo per il consumo di massa: narrazioni di viaggio e d’avventura, biografie, romanzo d’appendice, scienza e igiene popolare, furono solo alcuni delle nuove proposte letterarie. Il prezzo dei libri si abbassò fino a toccare i 20-25 centesimi in modo da costituire un circuito affiancato ed integrato a quello della stampa e delle riviste periodiche62. Gli editori che volevano tenere in mano le redini della produzione nazionale cercarono di ottenere il controllo della maggior parte della stampa a media e alta tiratura, così fecero Treves e Sonzogno63, i due giganti dell’editoria di consumo dell’Ottocento64

.

La casa editrice Sonzogno65, sotto la direzione di Edoardo iniziò nel 1861 la sua attività orientandosi essenzialmente sul fronte della produzione popolare, cercando di accaparrarsi un pubblico che fino ad allora era rimasto estraneo alla lettura. I modi per diffondere le sue iniziative editoriali furono audaci, non ebbe difficoltà a praticare prezzi bassissimi spesso a danno della qualità tipografica. Esordì nell’ambito della stampa illustrata con «Lo Spirito folletto», alla quale seguirono una serie di pubblicazioni analoghe. Nel contempo avviò anche la produzione libraria, spaziando dall’attualità al classico in edizione economica (con le collane “Biblioteca romantica economica”, “Biblioteca del popolo”, “Biblioteca universale”, “Biblioteca classica economica”). Nel 1866, lo stesso anno in cui fondò «Il Secolo»66, inaugurò la “Biblioteca romantica illustrata”, concepita come collana di pura evasione nella quale si pubblicarono specialmente autori stranieri, soprattutto francesi, e di sicuro successo.

62 Cfr. Giovanni Ragone, Un secolo di libri, cit., pp. 34-49. 63

«Treves e Sonzogno sono, come si è già ricordato, le due massime potenze dei sistemi integrati editoria-giornali» (ivi, p. 43).

64 Ada Gigli Marchetti, “Le nuove dimensioni dell’impresa editoriale”, in Gabriele Turi (a cura di) Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, cit., p. 125.

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La Casa editrice Sonzogno, catalogo della mostra tenutasi a Milano (15 marzo-13 aprile), Fabbri, Milano, 1985.

66 Fu fino al Novecento il quotidiano italiano a maggiore tiratura, soppiantato poi dal rivale «Corriere

della Sera» sotto la direzione di Luigi Albertini (cfr. David Forgacs, L’industrializzazione della cultura

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Treves67, che iniziò la sua attività contemporaneamente a Sonzogno, si propose al pubblico come editore leader di una produzione sì orientata al consumo, ma non a quello popolare, come dimostra la preferenza per il romanzo di spessore, meglio se di matrice italiana, al feuilleton proposto invece da Sonzogno, con il quale entrò in aperta concorrenza, specialmente per quanto concerne la produzione periodica. Fu editore di numerose riviste come «Museo di famiglia» che raccolse le maggiori firme dell’epoca (Cantù, Aleardi, Boito, De Gubernatis), ma quando tentò la strada del quotidiano, «Il Corriere di Milano», ebbe senza dubbio meno fortuna e successo di Sonzogno. Infatti, nonostante l’autorevolezza dei collaboratori, il giornale ebbe vita effimera e fu costretto a chiudere presto i battenti. Il maggior prestigio alla casa editrice venne dalla narrativa, soprattutto grazie alla collana “Biblioteca Amena” che fece di lui l’editore più desiderato dagli scrittori: tutti sembravano ambire ad entrare nella sua Casa, soprattutto per la capacità dell’editore di promuovere e vendere le opere, garantire visibilità agli autori non disdegnando anche le risorse della stampa periodica68. La narrativa per ragazzi costituì l’ambito in cui maggiormente si vide l’eccellente fiuto di Treves, egli infatti spinse De Amicis a scrivere in brevissimo tempo Cuore per stamparlo in concomitanza con l’apertura dell’anno scolastico 1886-188769

trasformando una grande porzione della realtà sociale, il mondo della formazione, in un genere di consumo. Il libro vendette 500.000 copie dal 1886 al 191070.

La narrativa per ragazzi, fiorente comparto dell’editoria scolastica, si impose con essa all’indomani dell’Unità e dei provvedimenti politici in materia d’istruzione, come il settore di mercato più promettente, in grado di offrire all’editoria l’ossigeno di cui tanto sembrava aver bisogno71. Alla produzione del libro scolastico parteciparono grandi e piccoli editori dislocati su tutta la superficie geografica non necessariamente coincidente con la geografia editoriale precedentemente esposta. Infatti, la quasi sicura

67 Massimo Grillandi, Treves, UTET, Torino, 1977.

68 «È ben nota la sua funzione di costruire tra gli scrittori italiani un sistema di grandi firme, che gioca

contemporaneamente su i due canali del sistema integrato (come autori di pagine, descrizioni, interventi giornalistici, e come narratori: Verga, De Amicis, Barili, Cordelia, Capranica, Capuana, D’Annunzio, la Serao, Graf, Boito, Mantegazza, Martini, paolo Ferrari, Gallina e altri)» (Giovanni Ragone, Un secolo di libri, cit., p. 48).

69 Si rimanda a Mimì Mosso, I tempi del cuore: vita e lettere di Edmondo de Amicis ed Emilio Treves,

Mondadori, Milano 1924.

70 Cfr. Alberto Cadioli, Giuliano Vigini, Storia dell’editoria italiana dall’Unità ad oggi, Editrice

Bibliografica, Milano, 2012, p. 36.

71 Cfr. Ada Gigli Marchetti, “Le nuove dimensioni dell’impresa editoriale”, in Gabriele Turi (a cura di), Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, cit., p. 141.

37 riuscita dell’impresa ne garantì la trasversalità della diffusione, anche in zone editorialmente desertiche, spesso l’unica attività editoriale presente è quella legata ai libri di scuola. Alcuni editori affiancarono l’editoria scolastica ad altri settori di produzione, come Treves, Zanichelli, Barbéra, Le Monnier; altri invece ne fecero la colonna portante della loro produzione, tra questi, i maggiori, Paravia e Loescher operanti a Torino72.

Oltre al modello milanese più orientato alla produzione per il mercato, nel panorama editoriale emerse anche quello toscano, con Barbéra e Le Monnier, proclive a scelte tradizionali e di cultura. Se il primo trovava il suo pubblico d’elezione negli strati medi della città complessa, il modello toscano si rivolgeva ai ceti patrizi, al clero e all’alta borghesia che di fatto finirono per essere allo stesso tempo i produttori e i fruitori dei testi73. Proprio in virtù di una maggiore adesione alla tradizione letteraria, tale modello – sorto fin dalla prima metà del secolo - non sembra in grado di rimettersi in gioco e il suo asseto editoriale resta fermo davanti al grande movimento milanese di fine secolo, compiendo solo qualche adeguamento sul versante giornalistico74.

Analizzando la linea editoriale di Barbéra, assunto in questa sede a paradigma della produzione toscana, notiamo che rimase sostanzialmente identica dal 1878 fino alla fine del secolo. La sua produzione si articolava su due filoni principali, da un lato quello storico politico, dall’altro quello letterario-filologico. La collana più importante, alla quale deve la fama, fu la “Collezione diamante” che si distinse per la cura tipografica, il piccolo formato, la scelta raffinata di classici italiani, latini (Dante, Boccaccio, Virgilio) e il prestigio dei curatori. Fra questi troviamo Giosué Carducci che curò I poeti erotici

del secolo XVIII e I lirici del secolo XVIII. Le due linee produttive rimasero

sostanzialmente invariate a seguito della morte del fondatore Gasparo, quando nel 1880 la casa passò in mano ai figli. Questi apportarono soltanto qualche apertura verso il modello giornalistico imposto da Treves. Nacquero la “Piccola biblioteca del popolo italiano”, che ospitava testi di divulgazione tecnico scientifica e libri di viaggi, e le

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Per approfondimenti sulla letteratura giovanile si veda: Luisa Finocchi e Ada Gigli Marchetti (a cura di), Editori e piccoli lettori tra Otto e Novecento, Franco Angeli, Milano, 2004.

73 Giovanni Ragone dedica numerose pagine all’indagine di questi due poli, il milanese e il toscano,

dell’editoria in Un secolo di libri, cit., pp. 19-55.

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“Opere di amena letteratura” in cui trovarono spazio novelle di D’Annunzio, Verga e Serao75.

Nel corso dell’ultimo trentennio del XIX secolo tutta la cultura italiana entra più omogeneamente in una situazione di mercato nella quale cominciano ad emergere segni di aperta opposizione al modello milanese e a Treves in particolare. Una realtà non trascurabile è quella creatasi intorno all’editore Angelo Sommaruga, il quale fondò nella capitale un’impresa editoriale con l’intento di fare di Roma «il centro letterario più importante d’Italia, il punto d’incontro e di sviluppo delle varie tendenze letterarie ed artistiche»76.

Indubbiamente l’editore aveva ben chiaro di produrre per il consumo, egli, per primo, invento la réclame per i suoi libri e cercò di creare scandali editoriali facendo spesso un uso spregiudicato del sesso e della politica. Le linee privilegiate erano la poesia degli ambienti carducciani, la criminologia di attualità e di politica, i ritratti di contemporanei. Altro aspetto innovativo della casa editrice fu l’importanza data agli illustratori che nelle copertine erano liberi di dare spazio a forme di erotismo d’autore anche se non sempre apprezzate, come dimostra la celebre querelle con D’Annunzio per la copertina de Le vergini delle rocce.

La tecnica di pubblicizzazione di Sommaruga rese alcuni autori delle vere e proprie celebrità anticipando il fenomeno del divismo che troverà i suoi fasti con il teatro e il cinema all’inizio del nuovo secolo77

. Nel 1881 diede vita a «Cronaca Bizantina», una rivista che ebbe grandissimo successo - basti pensare che arrivò ad avere una tiratura di 12.000 copie, un’enormità per l’epoca - nella quale collaborarono autori di rilievo quali Carducci, D’Annunzio, Verga, Dossi, Serao e Scarfoglio. L’impresa di Sommaruga connotò a tal punto la capitale che la città di quegli anni è conosciuta come la “Roma bizantina”, ma la guerra editoriale che gli fecero Treves, Sonzogno e Barbera costrinse l’editore a sparire dalla scena nel 1885, dopo soli quattro anni di attività78

. Molti dei

75 Per approfondimenti su Barbéra e il modello toscano si rimanda a Ilaria Porciani (a cura di), Editoria a Firenze nel secondo Ottocento, Atti del Convegno, Firenze, 13-15 novembre 1981, Olshki, Firenze,

1983; P. e L. Barbéra (a cura di), Barbéra, Lettere di Gasparo Barbra tipografo editore (1841-1879), Firenze, 1914; Mostra storica delle case editrici fiorentine Gasparo Barbéra e Bemporad Marzocco, Milano 3-31 maggio 1961, Bemporad-Marzocco, Firenze, 1962; Gianfranco Tortorelli, “Nel segno di Franklin: da Gasparo a Piero Barbéra” in Id., Studi di storia dell’editoria italiana, Patron, Bologna, 1989; Gasparo Barbéra, Memorie di un editore pubblicate dai figli, Barbéra, Firenze, 1883.

76 Angelo Sommaruga, Cronaca Bizantina (1881-1885), Mondadori, Milano, 1941, p. 25. 77 Cfr. Giovanni Ragone, Un secolo di libri, cit., p. 54.

78 Per maggiori dettagli si legga Anna Storti Abate, “«Cronaca bizantina». Angelo Sommaruga

39 suoi autori si spostarono verso altri editori. Da subito, chiusa la parentesi bizantina, Matilde Serao provò a introdurre D’Annunzio in casa Treves, ma al principio le cose non andarono bene e anche quando l’editore pubblica Il piacere, il sodalizio tra i due è ancora labile, tant’è vero che L’Innocente sarà pubblicato a Napoli sul «Corriere di Napoli», guidato da Scarfoglio e dalla Serao, e successivamente dall’editore Bideri79

. L’arrivo di D’Annunzio segnerà il trapasso dell’avanguardia letteraria da Roma a Napoli, anche se una parte delle penne bizantine si erano spostate a Firenze dove, auspice Angelo Conti, si trasferirà anche D’Annunzio nel 1898, dando avvio ad una sorta di rivolta culturale attraverso la collaborazione al «Marzocco» di Angelo Orvieto80.