• Non ci sono risultati.

Le trattative per l’edizione delle opere luciniane si avviarono alla fine del 1911. Mario Puccini aveva alle sue spalle una carriera di scrittore bloccata sull’ultima prova versoliberista pubblicata nel 1909, un improbabile futuro d’avvocato che si reggeva solo su un’iscrizione fatta all’Università di Urbino e un promettente presente da editore. Sebbene fuori dai circoli della grande editoria, Puccini iniziava a guadagnare una sua identità editoriale che l’ammissione nella scuderia degli autori di Lucini, a suo avviso, non avrebbe fatto altro che accrescere.

334 Mario Puccini, Piccolo Mastro Spirituale, cit., p. 106. 335

115 Il legame editoriale tra i due durò fino alla morte dell’autore, avvenuta nel luglio del 1914; in questi tre anni vennero alla luce tre opere: Le Nottole ed i Vasi (1912), Il

Tempio della Gloria (1913) e l’Antidannunziana. D’Annunzio al vaglio della critica

(1914)336. Sebbene ciascuna sia uscita in un anno diverso, i progetti editoriali furono avviati quasi simultaneamente, infatti nella lettera con la quale si accettava l’edizione de

Le Nottole, Puccini – affidandosi ad un post scrittum – incitava l’autore affinché

componesse un testo di critica contro D’Annunzio337

, mentre qualche mese più tardi fu Lucini ad offrire Il Tempio alle cure editoriali della Puccini & Figli.

Il sovrapporsi degli impegni editoriali insieme al difficilissimo carattere di Lucini, che quasi mai era capace di scendere a patti con l’editore, quand’anche questo fosse un amico e un suo grande sostenitore, rese la relazione tormentata e spesso burrascosa. Inoltre si tenga a mente che dal 1912 i due erano impegnati nella creazione di una nuova casa editrice, affare che dilatò ulteriormente i tempi editoriali ed irritò non poco il Melibeo che in più di un’occasione assunse posizioni di intransigenza nei confronti delle richieste di Puccini fino a ricorrere, per l’Antidannunziana, alle vie legali.

La corrispondenza riflette bene questo stato di cose; citiamo qui una lettera- fiume di Lucini in cui simultaneamente vengono affrontati tutti i fronti editoriali che lo legavano a Mario Puccini:

Varazze, 5 gennaio 1913 Caro Puccini,

Vi avviso prima che ho una pessima salute, sono irritabile all’eccesso e che la vostra cartolina ha contribuito ad aumentare il mio malumore e la mia irritazione. Dopo questo preambolo veniamo a noi:

I – Nottole e vasi: ho pagato 850 copie; di cui 50 ho ricevuto, ed 800 devono essere state consegnate a voi. Non ho motivo di dubitare né di voi né del legatore di Torino donde vi provennero: egli è Enrico Ferrero, via San Dalmazo 14-16, Torino. Scrivetegli. Per me constano in totale 850, di cui 50 ricevute da me e da voi 800. Ecco tutto.

336

L’unica opera di Lucini che uscì per SEL, sebbene, come si disse, i diritti e gli accordi risalgono alla precedente stagione editoriale di Puccini.

337 Appendice, sezione II, lettera XXVI. All’offerta di Puccini sull’Antidannunziana, Lucini risponde

subito entusiasta: «Mi parlate di un Antidannunziana. È facilissimo il farla per noi. Dopo una buona prefazione vi raccoglierei tutto quanto scrissi contro di lui: articoli e polemiche disponibili in ordine cronologico: indi i brani del verso libero che gli appartengono in proprio: chiusa. È un lavoro inedito attenendomi a queste basi. Sono importanti i miei articoli su le Laudi usciti nell’«Italia del Popolo», dove è spezzettata la sua critica anche con ragioni filologiche e stilistiche oltre che la filosofia e il †…† generali» (Ivi, lettera XXVII).

116

2- Il Tempio della gloria: Dovevo ricevere le prime bozze di questo lavoro il 20 di novembre. Oggi ne abbiamo 5 del mese di gennaio del 1913 e si trovano difficoltà per poterlo stampare. Non è affar mio quello di cercar tipografi ad hoc quando c’è di mezzo l’editore. Lui che promise si sbrighi. Ho manifestato il desiderio di vedermelo stampato con il volume dell’Orano. Non si può? Si faccia altro. Purché si stampi e presto. L’altro dì mi avevate promesso che il libro sarebbe uscito alla fine di gennaio, di questo passo †…†!!! Diciamo a Breglia. Dunque attendo subito le prime bozze del Tempio.

3- Antidannunziana: è quello che è, cioè una completa critica su D’Annunzio da

Canto Novo alla Contemplazione della morte. Ne avete veduto gli spunti principali

a Breglia; mi avete accaparrato per lettere sino dall’anno scorso in maggio e tengo la cartolina in atti, eccetera: il contratto è perfetto anche nella percentuale che mi spetta, per quanto non redatto, ciò non fa nulla perché legalmente l’incontro delle due volontà è †…† l’obbligazione è ferma secondo il C[odice]. C[civile]. Ora che volete di più? Voi sapete che non guardo mai quando scrivo né al corto né al lungo: quando ho esaurito l’argomento taccio: non taccio mai prima di avere ancora qualcosa da dire. Quanto alla critica me ne infischio altamente: voi editore, conoscendomi siete venuto a me quindi avete per questo solo fatto diviso la mia opinione che non è, commercialmente parlando, senza rischio. Dopo ciò non abbiamo più nulla da chiederci reciprocamente. Né io da insistere presso di voi in quanto voi non siete obbligato, né voi a misurarmi la mano. Gargiulo ha fatto un bellissimo libro di critica con il suo metodo che non è il mio: ed io avrò scritto un pessimo libro di filosofia critica con il mio metodo che non è il suo: comunque sono lietissimo di aver fatto così come il Gargiulo lo sarà stato per parte sua rispetto l’opera sua. Poi con me non è lecito fare dei confronti. Non sono confrontabile; esorbiterò sempre da qualche misura, e fin’ora non hanno li ingegneri della letteratura trovato un metro scoperto, anzi direi che mi si attagli. Quando avrete stampato Il Tempio della Gloria avrete il manoscritto dell’Antidannunziana: fate presto che farò presto. Spicciatevi col trovarvi una tipografia che faccia subito e bene. Convenite che fui oltre che paziente †…†. La mia bontà è come quella dei gatti quando fanno le fusa. Poi d’un tratto aggraffiano dove più duole.

4- Govoni? Niente. Linati vi attende a Milano come gli avete scritto a la fine di gennaio. Non so nulla di nulla.

5- Aspetto il libro del Borelli ed anche quello del Cecchi se li avete stampati. Conclusioni. Mi pare che di tutto ciò abbiate fatto una bella confusione nella vostra testa, cioè abbiate fatto una indigestione celebrale: siete in continuo, sì, no, magari e non avete ancora preso la vostra direttiva sia in generale sia in particolare verso di me. Mi conoscete presso a poco, e senza saperlo aumentate le circostanze per le quali mi eccitate e mi irritate senza vostra colpa. Fatto è che di tutte queste storie ne ho sin sopra li occhi. Desidero semplicemente di lavorare in pace, sicuro che il mio lavoro, una volta compiuto abbia quello sbocco naturale che si addice ad ogni libro: stampa e carta e diffusione. Non ho tempo di occuparmi d’altro o d’altri: l’energia che spendo a coté è en pure parte ed oggi ne debbo essere avarissimo. Ho regalato troppo a tutti, tutti vengono a bussare alla mia porta e non se ne partono mai a mani vuote: un libro od una informazione od una primizia! Almeno impiegassero bene i miei doni! Ma nell’usarne li sciupano, li storpiano, li rendono grotteschi! Poi dicono: viene da Lucini! Povero Lucini: gli cambiano i connotati

117

fisici prima, poi lo tradiscono col fargli dire quanto non ha mai detto. E tutti questi mangiatori delle mie briciole prosperano, si fan nome, ed io ho la pazienza di aspettare di crepare per essere allora solo – e senza pericoli – commiserato: “S’, era un uomo di valore! Peccato che non si è fatto conoscere a tempo”. Porchi, vili! Vediamo dunque di metterci d’accordo come pareva che lo fossimo, almeno, pareva a me, ed io possa lavorare con calma e senza nessun timore di future complicazioni. Se la calma per questo semplice fatto di letteratura mi debba mancare credete pure che manderei al diavolo tutto, perché ormai sono persuaso che vale più la mia salute fisica anche di tutta la mia letteratura: e che come in genere li uomini mi sono già odiosi è facile che venga ad odiare carta, penna, calamaio, stampa e libri, annessi e connessi, perché, fortunatamente non mi aumentano il borsello ma me lo smungono e mi eccitano immeritatamente. Ho finito.

Con tanti saluti cordiali,

G. P. Lucini338

La lunghissima lettera, che in taluni passi tocca i toni dell’invettiva, è un ottimo esempio di come andassero le relazioni tra l’editore e l’autore. Puccini non brillava certo per capacità decisionale, come del resto gli rimprovera anche lo stesso Lucini, ma è anche vero che quest’ultimo non seppe mai mettere da parte i suoi interessi di scrittore per provare a ragionare in termini editoriali, cosa che forse avrebbe giovato alla diffusione della sua opera, almeno dell’Antidannunziana, l’unica a non esser già stata composta prima ancora di trovare un sicuro sbocco editoriale. Inoltre il poeta era troppo accecato da tutte le delusioni subite per non partire subito prevenuto davanti a qualunque obiezione gli venisse mossa, il suo astio nei confronti del mondo letterario ed editoriale era tale da impedire qualunque tipo di dialogo costruttivo.

L’esordio di Lucini nella Puccini & Figli avvenne con Le Nottole ed i Vasi, un’opera complessa ed esteticamente pregiata che, sotto panni alesandrini, dissimula una forte critica al gusto letterario dell’epoca. L’opera si basa su di un espediente, Lucini finge di tradurre dei papiri alessandrini affidatigli dall’erudito D’Arca Santa, alter ego dell’autore. L’incontro tra l’erudito e Lucini in cui ci vengono forniti tutti i dettagli sull’occasione del testo è narrato nel Dialogo Notturno, la cornice dell’opera, che Lucini simula di trascrive a notte fonda, di ritorno dalla casa dello storico, in modo che nulla di ciò che si sono detti venga dimenticato:

Subito a casa butto sollecitamente in carta, come un reporter di giornale, dubitoso della propria memoria, la relazione del Dialogo Notturno, su cui non interviene

338 AL, busta 49, fascicolo t, c. 8. La lettera autografa è contenuta in FMP, scritta fronte retro su due fogli

a righe di piccolo formato di quattro facciate con inchiostro nero. Vi sono due fori laterali sui margini sinistri. Qui abbiamo per comodità trascritto la versione dattiloscritta della lettera.

118

nessuna letteratura – cioè nessuna elegante finzione – ad al quale non apporterò – mi prometto – grazie di stile, dovesse venire, per avventura, affidato al più scuro e meno labile segno della stampa339.

Nel Dialogo viene poi spiegato il curioso titolo dell’opera che deriva dall’unione di due proverbi dallo stesso significato: “Portar nottole ad Atene” o “Dare vasi a Samo” ovvero non far nulla di utile: «E poi Le nottole e i vasi? Le comunissime avventure, i fatti quotidiani, le inutilità. Soprattutto le inutilità, perché qui tutto è letteratura ed opera d’arte»340

. Interessante l’accento sull’inutilità, non solo l’argomento dei papiri era l’inutilità quotidiana, ma anche l’azione stessa del tradurre e dare alle stampe l’opera veniva descritta come inutile in comparazione con il gusto dei tempi.

Gli obiettivi polemici di Lucini sono chiaramente il Futurismo, che inneggiava alla morte della tradizione per una sfrenata ricerca del nuovo nei suoi manifesti, e la moda delle traduzioni dal francese non per arricchire la letteratura d’arrivo, ma solo per mere questioni economiche:

Certo questa non è l’opera banale e corrente del povero mal infarinato di francese che volge, per la fabbrica dell’appetito, giornalmente, l’appendice lutulenta e smaniosa della gazzetta, a spasso di serve e di portinai […]. Supponiamo l’operetta tradotta; e chi volete che se ne interessi? I dotti no, perché avremo loro rubato il mestiere e taceranno per vendicarsi; i profani no, perché li annoieremo o crederanno di venire annoiati leggendoci; qualche originale…come voi, o come me, ci rimarrebbe di brevissima scorta. Tradurre questa roba è fare opera essenzialmente morbosa e inattuale; è darsi da sé la patente di improprio nella modernità341.

Marinetti verrà ancora più chiaramente attaccato nelle Conclusioni che sono interamente impregnate di atmosfera anti-futurista e specialmente anti-militarista, non si scordi che imperversava in quegli anni la guerra di Libia; citiamo ora i passi più significativi:

Adagio: è da vent’anni che io ho impugnato la penna non come un giocattolo, o per fare il solletico con le sue barbette sul muso dei miei contemporanei, ma come un’arma. E quando non si aveva ancora inventato il futurismo, mi trovai un vero futurista, e quando l’aveste messo al mondo constatai che – pur rimanendo io sempre lo stesso – non ero più futurista. Adagio; per quanto […] andate dicendo

339 Gian Pietro Lucini, Le Nottole ed i Vasi, Puccini, Ancona, 1912, p. XLIX. 340 Ivi, p. XXXVI.

341

119

che sta per nascere il Messia della Partenogenesi […], fin’ora vi certifico che senza padre e madre, nessuno può riempire di sé il tempo e lo spazio342.

Racchiusa fra le polemiche cifrate del Dialogo e quelle aperte delle Conclusioni, l’opera si compone di finte traduzioni di dialoghi, monologhi e lettere di cortigiane che ricostruiscono con precisione storico-archeologica l’ambientazione alessandrina, lasciando ampio spazio all’erotismo e ad allusioni di mollezza decandente alla Huysmans.

Oltre alla complessa struttura, Le Nottole può vantare un articolato impianto iconografico simbolista e decadente, articolato in sette acqueforti realizzate da Carlo Agazzi, Achille Alberti e Mosé Bianchi, mentre l’immagine di copertina fu ad opera di Luigi Conconi343. Lucini partecipò attivamente anche alla realizzazione estetica del libro, sue sono infatti le bozze di quelle che gli artisti sopracitati muteranno in illustrazioni definitive.

Sotto proposta di Lucini, Puccini si assicurò l’edizione dell’opera e nel novembre del 1911 invia all’autore una bozza del contratto perché vi possa inserire tutte le modifiche del caso344. La copia definitiva, osservante delle annotazioni luciniane, venne inviata a febbraio dell’anno successivo345, quasi in extremis: giaceva già bella e pronta sullo scrittoio del Melibeo una lettera, poi archiviata, con la quale si sollevava dagli impegni editoriali presi per l’edizione de Le Nottole senza farsi mancare minacce legali:

Egregio Puccini,

ho aspettato sino a questa mattina XXII gennaio sabato MCMXII una vostra risposta definitiva in merito al volume che già si stampa a Varazze coi tipi della tipografia Botta: Le Nottole ed i Vasi e di cui voi vi eravate promesso d’essere l’editore, purché foste addivenuto ai patti noti, e che trovo inutile ripetere tra cui, primo ed essenziale, il pagamento di £400 in cambiali alla consegna del volume.

342

Ivi, p. 453.

343 Cfr. I nomi degli artisti si desumono dalla bozza della presentazione editoriale dell’opera, che citiamo,

inviata da Puccini a Lucini nel maggio del 1913, conservata presso AL, busta 3, fascicolo b, cc. 35-36. Il documento presenta correzioni ed integrazioni autografe fatte da Lucini: «Al testo sono unite abbondati ed erudite “Note” critiche, storiche e teologiche, tutte di mano del Lucini, tranne alcune che sono di quel dotto orientalista che è il D’Arca Santa, a cui si deve anche la scoperta del palinsesto [la parola è correzione luciniana per il generico lemma “testo” scritto invece da Puccini] come si espone [sostituisce il pucciniano “dice”] in un “Dialogo notturno”, che prefaziona il volume». È interessante osservare come anche nella presentazione si cerchi di mantenere la finzione letteraria del personaggio di D’Arca Santa.

344 La bozza del contratto con le correzioni autografe a penna blu di Lucini è contenuta in AL, busta 3,

fascicolo b, cc. 9-10. Si rimanda all’Appendice sezione: Dentro l’archivio. Selezione d’immagini.

345

120

Aspetterò fino al XXXI – ultimo di gennaio – e ve ne do avviso con questa raccomandata: inutile scrivermi se non siete d’accordo con me sulla cifra di £ (quattrocento) sulle quali non transigo. Dal I febbraio io mi terrò sciolto da ogni obbligo contrattuale con la casa che dirigete non volendo insistere nell’attendere lettere vostre e documenti che mi sarebbero però favorevoli innanzi al magistrato per obbligarvi ad attenervi alla già esposta vostra promessa in proposito. Siamo intesi?

Con tanti saluti

Avv. G.P. Lucini346

Il contratto definitivo è datato 20 febbraio 1912, è l’unico esempio di contratto che siamo stati in grado di reperire negli archivi consultati, dunque oltre ad essere importante per la ricostruzione dell’occasione editoriale dell’opera in esame, rappresenta un exemplum della prassi contrattuale della Casa Editrice Puccini & Figli, anche se si dovrà tener conto del fatto che probabilmente non tutti gli autori avevano sull’editore lo stesso ascendente di Lucini e dunque la stessa voce in capitolo in sede contrattuale.

Il contratto, articolato in sei punti rispetto ai quattro della bozza, prevedeva che Lucini cedesse la proprietà dell’opera all’editore per ottocento copie, per le quali Puccini si impegnava a pagare – a rate stabilite – quattrocento lire come acconto preventivo sugli utili di vendita. Se l’opera fosse restata invenduta l’editore sarebbe stato rimborsato dall’autore, su qualunque copia venduta invece, gli utili sarebbero stati divisi al cinquanta per cento347. Inoltre si concedevano a Puccini cento copie da destinare alla stampa per la réclame. In ultimo, il contratto vincolava Lucini a consegnare il manoscritto per la fine del mese di aprile e non oltre348. Sebbene l’opera fosse già conclusa sicuramente almeno dal 1911, data in cui venne offerta anche a Marinetti, Lucini la riprese in mano, non riuscendo però a rispettare la consegna fissata, nonostante in più occasioni Puccini gli avesse raccomandato la massima puntualità:

346

Ivi, cc. 19-20. La lettera è dattiloscritta, nel margine basso a destra presenta un appunto tra parentesi tonde in inchiostro rosso, probabilmente di Terenzio Grandi, primo custode dell’Archivio Lucini per disposizione della vedova Giuditta: «(Forse non spedita perché è presente in Archivio anche la busta non affrancata e riaperta da G.P.L. Le nottole ed i Vasi apparvero nel 1912 tra le edizioni Puccini, furono acquistate per le richieste 400 lire)».

347 Questa voce del contratto è la più dissimile alla bozza nella quale si legge: «L’Editore si terrà per sé in

tutti i libri venduti il 45%, così divisibile, 25% , come di consueto, sui libri corrispondenti, 20% a lui, per le spese di riclame (sic) e di lanciamento, †…†».

348

121

Caro maestro,

sta bene. Io non starò con il fucile alla mano; ma debbo pur dirvi che io faccio la seconda ed ultima spedizione della stagione a fine aprile appunto. Se finisco con i primi di maggio, non è possibile che i librai mi paghino il venduto a giugno349.

E ancora qualche mese dopo ribadisce:

Voi comprendete bene che se lo spedisco in maggio, non c’è tempo per la vendita ed io sarei allora costretto a mettere fuori dalla tasca mia ciò che devo a voi. Non mi mettete in un imbarazzo serio350.

L’opera giunse all’editore il 13 maggio, in ritardo sui tempi editoriali, ma Puccini seppe comunque apprezzare la finissima cura editoriale che Lucini e il tipografo misero nel testo e tacitò ogni possibile polemica sulle tempistiche non onorate complimentandosi con il Melibeo: «vi ringrazio di aver messo fuori un’edizione mirabile […] siamo prossimi alla perfezione»351

.

Subito dopo l’uscita de Le Nottole, nel giugno del 1912 Lucini offre Il Tempio

della Gloria352, un’opera drammatica che venne accolta con tiepido entusiasmo

dall’editore poiché giudicava imprudente stamparla prima della messa in scena. Il testo era stato concepito e scritto molti anni prima da Lucini e Innocenzo Cappa nel tempo in cui il Melibeo era quasi il critico letterario ufficiale dell’organo repubblicano «L’Italia del Popolo» di cui Innocenzo Cappa era il direttore (1902-1904)353.

Il dramma, progettato nel 1904 ed ultimato nella scrittura nel gennaio del 1905, rimase intonso nel cassetto della scrivania di Lucini – cosa che non stupisce affatto quanti siano familiari con la prassi scrittoria ed editoriale di questo autore – senza subire

349 AL, busta 3, fascicolo b, c. 28, 28 febbraio 1912. Cartolina autografa, scritta su carta intestata della

Casa editrice utilizzando solo il retro.

350 Ivi, c.32, cartolina autografa, su carta intestata della Casa editrice, scritta solo sul retro con inchiostro