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Adesso è un diluvio di carta stampata che rifluisce da ogni parte, moltiplicando le copertine e le etichette; gli editori nuovi sorgono accanto ai vecchi, nelle città grandi e nelle piccole, crescono a poco a poco e si trapiantano, quasi da monte a piano, dalle province ai centri maggiori […]. E se accanto ai libri mettete poi i giornali, le riviste, tutti i fascicoli grandi e piccini che si stampano periodicamente nel paese, vi troverete davanti insieme con questo mucchio veramente enorme di carta stampata, tutto un mondo affollato e diverso di gente che in un modo o in un altro ci si muove sopra e ci vive; il nostro mondo letterario116.

Le parole di Renato Serra ben esprimono sia il rilancio dell’attività editoriale primonovecentesca che, appena uscita dalla crisi di fine secolo, si avviava ad una ripresa della produzione, sia l’intrecciarsi sempre più evidente del mondo letterario a quello editoriale.

Il primo quindicennio del XX secolo fu un periodo di complessivo consolidamento e sviluppo dell’editoria libraria nazionale, nonostante il ritardo italiano rispetto allo sviluppo europeo e la difficoltà del sistema distributivo di assorbire l’entità dei volumi stampati117. Al principio del secolo si confermarono le due tendenze produttive già riscontrate per l’Ottocento; da una parte si incrementava una produzione d’intrattenimento destinata ai nuovi ceti sociali interessati alla lettura, favoriti da un ulteriore abbassamento al 37 per cento dei livelli di analfabetismo nazionale, e dall’atra, si cercava di creare un offerta editoriale di cultura118.

letteratura, occupandosi, oltre che dei propri, dei libri degli altri» facendolo risalire all’esperienza crociana: «Intellettuali e scrittori hanno sempre avuto un ruolo entro l’editoria novecentesca, a partira dalla militanza di Benedetto Croce presso Laterza che copre, quasi esattamente, il primo cinquantennio del secolo» (Ivi, p. 779).

115 Gian Carlo Ferretti, Storia dell’editoria letteraria in Italia. 1945-2003, cit., pp. 3-10 e pp. 38-45. 116

Renato Serra, Le Lettere, cit., pp. 14-15.

117 Enrico Decleva, “Un panorama in evoluzione”, in Gabriele Turi (a cura di), Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, cit., p. 225-230.

118 «In questa tensione tra l’alto e i codici di generi-massa (narrativi e non) consiste il meccanismo

fondamentale, la regola del modello del primo Novecento» (Giovanni Ragone, Un secolo di libri, cit., p. 65). A tal proposito si cita anche: «Non è necessario guardar dentro ai libri; notare come tendono a uno stile unico […]. Se mai, si può fare una distinzione sola; fra due tipi di volume. Il libro di cultura e il libro, seguitiamo pur a dire, di bella letteratura. Le edizioni Laterza e le edizioni Treves: un volume di D’Annunzio e uno di Croce» (Renato Serra, Le Lettere, cit., pp. 18-19).

47 Capitale indiscussa del panorama editoriale italiano si riconfermò Milano. Nel capoluogo meneghino operavano, come nel secolo passato, i grandi giganti dell’editoria, Treves, Sonzogno e «Corriere della Sera» che integrando la produzione di libri a quella di periodici riuscirono a raggiugere l’ampio mercato del nuovo pubblico119

. La Sonzogno però non reggendo la concorrenza che il «Corriere della Sera» faceva al «Secolo» fu costretta a vedere la testata nel 1911 e due anni dopo, a liquidare l’intera Casa editrice120. Nella produzione di narrativa a Treves si affiancò la Baldini e Castoldi nel cui catalogo figurano tutte le opere di Fogazzaro e, dal 1910, quelle di Guido da Verona, che, come scriveva Carlo Linati, «non solo il bel Guido batteva ogni record precedente, ma creava un successo fantastico che pure i più venduti romanzi francesi potevano invidiargli»121.

La sola città a poter far concorrenza a Milano per modernità, concentrazione editoriale e capacità di diffusione nel mercato nazionale era Torino. I due centri non entrarono però in competizione poiché la capitale piemontese decise di concentrare la sua produzione sul settore scolastico e della manualistica specifica (filologia, diritto, scienze mediche ecc.), occupandosi solo marginalmente della narrativa122.

Gli altri centri editoriali “periferici”, Firenze, Bologna, Modena, Bari e Lanciano non disponendo di un sistema integrato tra libri e giornali basarono la propria attività sulla produzione di un editoria di cultura, affidandosi spesso sulla collaborazione dei letterati. L’attività della città di Bologna rimase quasi del tutto legata a Zanichelli e all’edizione dell’opera di Carducci e dal 1903 anche di Pascoli di cui assunse l’edizione dell’intera opera poetica. Tuttavia, come accadeva agli editori che non inseguivano la novità narrativa – Sansoni, Barbera, Le Monnier – ma restavano più fedeli a scelte tradizionali, specialmente in campo poetico, anche Zanichelli fu costretta a cedere parte della propria società123.

119 Cfr. Alberto Cadioli, “Aspetti editoriali e trasmissione del testo nel Novecento”, in Emilio Cecchi e

Natalino Sapegno (a cura di), Storia della letteratura italiana. Il Novecento, cit., p. 732.

120

Enrico Decleva, “Un panorama in evoluzione”, in Gabriele Turi (a cura di), Storia dell’editoria

nell’Italia contemporanea, cit., p. 237.

121 Paola Caccia, “Baldini e Castoldi: due artigiani dell’editoria”, in Ada Gigli Marchetti e Luisa Finocchi

(a cura di), Stampa e piccola editoria tra le due guerre, cit., p. 32.

122

Operavano a Torino Loescher, UTET e Paravia, per approfondimenti si veda Enrico Decleva, “Un panorama in evoluzione” in Gabriele Turi (a cura di), Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, cit., pp. 247-252.

123 Cfr. Alberto Cadioli, “Aspetti editoriali e trasmissione del testo nel Novecento”, in Emilio Cecchi e

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Maggiore fortuna ebbe un’altra casa editrice emiliana, sempre votata alla produzione non commerciale che fu fondata a Modena nel 1908 da Angelo Fortunato Formiggini. L’intelligente editore unì la sua passione per la filosofia, campo in cui si era laureato, alla sua spiccata vena ironica dando vita a delle brillanti collane come la “Biblioteca di filosofia e di pedagogia”, anche se quella a cui più spesso sarà associato il nome di Formiggini è “I classici del ridere” che ebbe il merito di far rileggere molte opere canonizzate come classiche, il Decameron e il Satyricon sono un esempio, sotto un’originale chiave comica124

.

Firenze era il centro editoriale che presentava il panorama più vario, al suo interno coesistevano le vecchie glorie dell’editoria ottocentesca ormai ridotte alla riproduzione di sistemi consolidati senza più dinamismo (Le Monnier, Barbéra e Sansoni) e le nuove imprese che si affacciavano alla scena editoriale novecentesca con l’obiettivo di creare un’alternativa editoriale-letteraria al modello orientato al consumo125, il cui esempio più rimarcabile è costituito dai letterati gravitanti intorno alla rivista «La Voce».

Divisi fra la missione letteraria e la necessità economica, tra la Musa e la Sirena per dirla con Cadioli126, ancor prima della nascita della rivista era sorta in alcuni dei protagonisti dell’avanguardia fiorentina la necessità di impegnarsi attivamente nell’impresa editoriale127

. Il progetto si concretizzò solo nel 1911 con i “Quaderni della Voce” inaugurati dal Lemmonio Boero di Soffici che uscivano come sorta di rivista mensile della Casa editrice Italiana di proprietà di Antonio Quattrini. Non soddisfatto del lanciamento dell’editore, Prezzolini finì per fondare la Società Anonima Cooperativa La Voce (novembre 1911).

Osservando il catalogo delle pubblicazioni si ha la misura della linea editoriale vociana: Un uomo finito, Il mio Carso, Lemmonio Boero, Il peccato, Resultanze in

merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi sono chiari segnali dell’intento di

124 Per approfondire la figura di Formiggini si rimanda a Luigi Balsamo e Renzo Cremante (a cura di), A.F. Formiggini. Un editore del Novecento, cit.

125 Cfr. Enrico Decleva, “Un panorama in evoluzione” in Gabriele Turi (a cura di), Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, cit., pp. 254-262.

126 Cfr. Cadioli, Letterati editori, cit., p. 31.

127 Sin dal 1907 Papini proponeva a Prezzolini – che aveva già un’esperienza editoriale come direttore di

collana per la Libreria Editrice Lombarda e per la Ricciardi di Napoli – di dar vita ad una casa editrice che desse spazio ad opere che nessun altro editore accetterebbe. Il progetto non decollò e i due si impiegarono indipendentemente nel settore editoriale. Prezzolini continuò a dirigere la collana “Poetae Philosophi et Philosophi minores” e Papini divenne direttore di una collana per Carabba di Lanciano, “La cultura dell’anima” che tra l’altro entrava in concorrenza con quella prezzoliniana. Si veda Alberto Cadioli, Letterati editori, cit., pp. 36-42.

49 proporre un nuovo modello di romanzo, fondato sull’esperienza intellettuale, sulla memoria privata e sull’autobiografismo nella ricerca di una nuova dimensione esistenziale, in netta opposizione rispetto a quello di intrattenimento all’ora in auge128. La stessa apertura è dimostrata anche sul fronte della poesia, Sbarbaro, Saba, Rebora e Govoni sono alcuni dei poeti che trovarono in Prezzolini e soci i primi editori.

Dal focolaio vociano prenderanno piede altre due esperienze editoriali, una – concomitante alle edizioni fiorentine – è la collaborazione editoriale di Papini alla Carabba di Lanciano grazie all’amicizia con Gino, il primo figlio di Rocco Carabba, che era attivo nei circoli fiorentini dell’epoca129

; l’altra è la casa editrice Vallecchi, fondata da Attilio Vallecchi che era stato tipografo del «Leonardo» e di «Lacerba», e presso il quale, finita l’esperienza vociana, continueranno a pubblicare i vari Papini, Soffici e Prezzolini, dando vita ad un’attività editoriale e culturale che si concluderà solo negli anni ‘70130

.

A Bari operava Laterza, una casa editrice nata dal dinamismo primonovecentesco così come era avvenuto per La Voce, Formiggini, Vallecchi e le imprese di Mario Puccini. Fondata nel 1901, dopo un esordio editoriale senza alcun progetto preciso, si affidò presto alla consulenza di Francesco Saverio Nitti, professore di Scienza della finanza a Napoli, poi a quella di Benedetto Croce nel tentativo di individuare criteri editoriali più sicuri ed organici che ponessero fine all’occasionalità delle prime uscite. La collaborazione fra l’editore e il filosofo abruzzese fu vantaggiosa per entrambi: in Croce Laterza trovò un ispiratore serio e attentissimo nella scelta dei testi e delle collane, dal canto suo il filosofo potè ricavarsi uno spazio di diffusione da cui esercitare la sua funzione di direttore culturale ed educatore nazionale. Come ebbe modo di sottolineare Eugenio Garin, «Croce non influì attraverso scolari, giornali, istituti, ma attraverso una vasta produzione editoriale, che, a un certo momento, indicò agli italiani quali classici leggere, e come; quali filosofi, quali storici, quali critici

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Ivi, p. 63.

129 Papini diresse per Carabba due progetti editoriali. Uno era la collana filosofica “La cultura dell’anima”

e l’altro, “Scrittori nostri” fu invece una collezione letteraria che, in aperta concorrenza con la collana crociana “Scrittori d’Italia” edita da Laterza, voleva dare ampia circolazione a tesi ignoti o quasi, contemplati al massimo dagli specialisti, senza la mediazione né del sistema scolastico né dello storicismo crociano. Si veda: Giovanni Ragone, “Due modelli nell’editoria di cultura: Papini vs Croce”, in Id., Un secolo di libri, cit., p. 87-100.

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condizionando gran parte della produzione di tutto un vasto settore delle discipline “morali”»131

.

L’interessante stagione editoriale giolittiana conobbe un brusco epilogo con l’avvento della guerra mondiale, alla quale seguì, quasi come atto culminante della fine di un’epoca, la morte di Emilio Treves avvenuta nel 1916. L’inarrestabile aumento del prezzo della carta congiuntamente alla crisi economica che colpì il settore editoriale fece lievitare i costi di produzione – si registra per il 1921 un aumento del 800 per cento e oltre – e bruscamente calare l’indice di produzione. Dal 1914 al ’19 la produzione libraria cala oltre il 50 per cento (da oltre 11000 titoli annui si passa a meno di 5000) e si attesta su livelli bassi per tutta la prima metà degli anni ’20. Fu soltanto negli ultimi anni del secondo decennio del Novecento che l’editoria riuscì a darsi un nuovo assetto superando la faticosa fase di riorganizzazione del Primo dopoguerra132.

131 Eugenio Garin, Editori italiani tra Otto e Novecento, Laterza, Roma-Bari, 1991, p. 11. Sul rapporto

Croce-Laterza si rimanda a Daniela Coli, Croce, Laterza e la cultura Europea, Il Mulino, Bologna, 1983.

132 Giovanni Ragone, “Editoria, Letteratura e comunicazione”, in Alberto Asor Rosa (a cura di), Letteratura Italiana. Storia e Geografia, vol. III: L’età contemporanea, Einaudi, Torino, 1989, pp.

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Capitolo 2

L’avventura editoriale di Mario Puccini: l’evoluzione del letterato-editore

Ma io obbedivo prima che ad una passione, ad una tradizione: anche mio padre oltreché editore era stato libraio.

[…] Io, malato di lettere fino al collo non solo, ma, come ho detto, già compromesso nell’ingrato mestiere di scrivere.

(Mario Puccini, Milano, cara Milano!...)