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Il «raptus delle traduzioni» e l’editoria nell’Edad de la Plata

Gli anni dell’Edad de la Plata, che vanno grossomodo dall’ultimo ventennio del XIX secolo sino alla Guerra Civile, furono caratterizzati da un profondo spirito d’apertura all’Europa che proveniva alla Spagna dall’ambiente del Kraussismo529

. La società spagnola, in particolare la media borghesia, fu pervasa dalla necessità della regeneración del paese che si tradusse in un’ansia di accoglienza e apertura nei confronti di quanto di nuovo venisse prodotto nel continente europeo. A ciò si sommò la ricerca avviata dagli scrittori già dalla fine del XIX secolo di acquisire un riconoscimento sociale della loro figura professionale e di riuscire nella difficilissima impresa di vivir de la pluma530 che spinse le tre generazioni di letterati – del ’98, del ‘14 e del ‘27 – compresenti in quel mentre, a dedicarsi alla traduzione.

527 Mariano José de Larra, Horas de verano, in Id., Obras, Edición de Carlos Seco Serrano, vol. II, Atlas,

Madrid, 1960, p. 289.

528

Miguel Gallego Roca, “De las vanguardias a la Guerra Civil”, in Francisco Lafarga y Luis Pegenaute (a cura di), Historia de la traducción en España, cit., p. 482.

529 Miguel Ángel Vega, “El Krausismo traductor y traducido”, in Luis Pegenaute (a cura di), La tradución en la Edad de la Plata, cit., pp. 313-331.

530

L’espressione non a caso è anche il titolo di una monografia di Jesús A. Martínez Martín alla quale rimandiamo per approfondire tutte le tappe percorse dagli scrittori spagnoli nel loro lungo cammino verso la professionalizzazione: Jesús A. Martínez Martín, Vivir de la pluma. La profesionalización del

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I due fattori fecero dell’Edad de la Plata il momento d’oro delle traduzioni, come puntualizza Miguel Ángel Vega: «en la historia cultural de nuestro país podemos decir que en el principio de la nueva era, la que hemos dado en llamar Edad de la Plata, está el verbo, el verbo traducido»531. Tuttavia le cose sarebbero andate diversamente senza l’incremento della domanda di lettura e il conseguente sviluppo del settore editoriale.

Nel giro di cinquant’anni la Spagna conobbe un enorme aumento demografico che di riflesso incrementò il pubblico lettore. Dalla fine dell’Ottocento al primo quarto del Novecento i lettori passarono da un 6 a un 40%532. Il significativo incremento della domanda di lettura influì positivamente nello sviluppo dell’editoria che, nel corso del XX secolo, consolidò un processo di crescita e di industrializzazione avviato fin dal secolo precedente533. Pertanto gli anni dell’Edad de la Plata saranno anche quelli del lungo periodo di costituzione del tempo degli editori e della socializzazione della lettura che sarà interrotto nel 1936 dallo scoppio della Guerra Civile534.

L’industria editoriale non era presente in tutto il territorio, anche qui, come in Italia, si può parlare di una geografia editoriale che si consoliderà nel corso del nuovo secolo seguendo orientamenti già evidenti dall’Ottocento.

Come anche all’inizio del XXI secolo, i centri dell’editoria saranno essenzialmente due: Madrid e Barcellona. Gradualmente Madrid superò la concorrente catalana poiché essendo la capitale aveva una più alta capacità di attirare il capitale umano535.

Nel corso del primo Novecento in città si riversò un’enorme quantità di intellettuali, scrittori e aspiranti tali in cerca di prestigio e di riconoscimento sociale. Oltre che a vivere dei compensi scaturiti dalla proprie pubblicazioni, molti trovarono impiego e sicurezza economica nelle numerose testate giornalistiche della capitale. Una buona parte dei letterati riuscì a collaborare con riviste specialistiche che si distanziarono dall’originaria funzione politica della stampa dando luogo a testate di

531 Miguel Ángel Vega, “El Krausismo traductor y traducido”, in Luis Pegenaute (a cura di), La tradución en la Edad de la Plata, cit., p. 313.

532 Assumpta Camps, La recepción literaria, PPU, Barcellona, 2002, p. 144. 533

Per avere un quadro dello sviluppo editoriale nel XIX secolo si rimanda a Jesús A. Martínez Martín, “La edición artesanal y la construcción del mercado”, in Id. (a cura di), Historia de la edicíon en

España, Marcial Pons Historia, Madrid, 2001, p. 29-71. 534 Ivi, p. 11.

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179 letteratura, poesia teatro e non solo. Madrid fu il centro per eccellenza anche di questa produzione, sui 680 titoli di stampa non politica 300 si pubblicavano a Madrid536.

L’enorme numero di letterari impiegati nella stampa periodica fece aumentare il tasso di letterarietà di questa, anche testate non dedicate alla letteratura inaugurarono rubriche su di essa o un giorno alla settimana convertirono il periodico in rivista letteraria. Fu il caso de «El Imparcial» che il lunedì diveniva letterario e usciva con il titolo de «Los Lunes de El Imparcial»537. La presenza di letteratura nel giornale era tale che a principio del XX secolo si scatenò addirittura un dibattito sul fatto che questa potesse costituire o no un genere letterario proprio538.

Fosse o no un genere letterario autonomo, di sicuro il giornale rappresentò un mezzo di diffusione e di presentazione della letteratura nel suo farsi oltre che una vetrina per gli scrittori539. Molte opere conobbero una edizione prima su rivista e solo in un secondo momento divennero libro. Era una prassi così consolidata che Guillermo de Torre, riportando una frase di Valery Larbaud, afferma che «las revistas jóvenes son lo borradores de la literatura de mañana»540.

Non tutti trovarono la fortuna che cercavano a Madrid, per alcuni la capitale rappresentò il porto in cui naufragarono tutte le illusioni di gloria. Il destino di questi giovani disillusi è lucidamente raccontato da Sánchez Rojas, il quale fa trapelare, tra le righe, anche una buona dose di autobiografismo, in un articolo uscito su «La Lectura» nel 1910:

Llega un bravo mozo de provincia a Madrid, con la cartera menos repletas de dinero que el cerebro de ideas nobles y de grandes proyectos. [...] Quiere vivir de su pluma. […] Y comienza a colaborar en periódicos oscuros que le pagan mal o no le pagan nunca. [...]Y el joven de provincia, al cambiar de ambiente, advierte con dolor que el periodismo, que era arte, espontaneidad, frescura en el periodiquito de su casino, se convierte ahora en algo ñoño, anodino, retórico, en este alcázar de las desilusiones que llamamos Madrid541.

536 Ivi, p. 181.

537

Cecilio Alonso, “La lectura de cada día”, in Víctor Infantes de Miguel (a cura di), Historia de la

edición y de la lectura en España (1475-1914), Fundación Germán Sánchez Ruipéperz, Madrid, 2003,

p. 572.

538 María del Carmen Delgado Sosa, La literatura en el periódico: el artículo de opinión, Bubok,

Badajoz, 2009, pp. 10-13.

539 Juan Domingo Vera Méndez, Del Modernismo al Novecentismo a través de la revistas literarias, cit.,

p. 5.

540 Guillermo de Torre, Del ‘98 al Barroco, Gredos, Madrid, 1969, p. 5 541

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Anche grazie alle riviste, che concorsero a diffondere la pratica della lettura, il settore editoriale si andò modernizzando gradualmente. Una base d’appoggio per la sua evoluzione in senso moderno gli venne dalle nuove normative. Il Código di Comercio del 1885 fece sì che molte case editrici da imprese familiari si convertissero in società collettive. Anche se il modello dell’azienda a conduzione familiare rimaneva il maggioritario, è esemplificativo della modernizzazione in atto il fatto che nel 1925 Espasa-Calpe si costituisca direttamente in società anonima, scegliendo dunque il modello industriale che caratterizzerà l’età successiva542

.

Ad un nuovo assetto societario corrispose una nuova figura di editore che finalmente, alla volta del secolo, si era emancipato dal libraio e dallo stampatore, anche se queste due continuavano ad essere attività complementari alla sua. Egli non fu più soltanto colui che pubblicava un’opera a sue spese, divenne il vero protagonista della produzione del libro: progettava le collane, incaricava traduzioni, e talvolta persino le opere, decideva la forma materiale del testo e la strategia di diffusione543.

Gli autori dovettero ridefinire il loro ruolo in relazione al nuovo assetto globale. Per evitare di cadere in vecchie forme di clientelismo, essi avevano avviato un processo di professionalizzazione che li aveva portati a trovare nelle pubblicazioni periodiche, in secondo luogo nelle traduzioni e per alcuni anche nella docenza, le loro fonti di sostentamento economico e dunque la base della propria autonomia544.

Anche se il processo di professionalizzazione dello scrittore maturò durante i primi decenni del XX secolo, un sostanziale contributo alla battaglia autoriale venne dalla Ley de Propriedad Intelectual (1879) e dal successivo decreto che la mise in vigore (1880): questa sanciva che gli editori non possedevano la proprietà intellettuale delle opere la quale rimaneva agli autori e, alla morte di questi, passava agli eredi fino al compimento di ottant’anni. La proprietà acquisita dagli editori con il contratto di edizione durava fino alla morte dell’autore e se questi moriva senza eredi, si prolungava per venticinque anni, altrimenti ritornava in possesso degli eredi per cinquantacinque

542 Jesús A. Martínez Martín, “La edición moderna”, in Id. (a cura di), Historia de la edicíon en España,

op. cit., pp. 181-190.

543 Id., Vivir de la pluma. La profesionalización del escritor, 1836-1936, cit., p. 168. 544

181 anni545. Nel 1886, con la Convenzione di Berna, si regolamentò anche la questione delle traduzioni e si chiarì a livello mondiale l’entità giuridica del diritto d’autore546

.

Se il sistema legislativo aveva in parte chiarito degli aspetti nelle relazioni tra autore ed editore, il costituirsi di un pubblico di massa mise i due attori della produzione libraria davanti a un bivio: accondiscendere ai gusti del pubblico o orientarli.

Le case editrici si divisero grossomodo in due categorie, da una parte vi erano gli editori più sensibili all’aspetto della produttività d’azienda e dall’altra quelli più impegnati sul fronte intellettuale, senza che ciò implicasse il fallimento dell’impresa547

. A questi due modelli corrisposero altrettanti modelli d’autore; ci furono i Felipe Trigo che scrissero per guadagnare e quelli che lo fecero, sempre nel rispetto delle richieste editoriali, prestando più orecchio alla propria Musa.

Il quadro tracciato corrisponde ad una sintetizzazione di massima di un panorama complesso e proteiforme, ovviamente oltre ai toni estremi, vi furono anche delle sfumature, come il caso di Renacimiento, che orientata più verso il versante intellettuale, fu infatti la prima casa editrice a servirsi di un direttore letterario (Martínez Sierra), seppe circondarsi di autori di elevata caratura e nel contempo di discreto successo, riuscendo a mettere sul mercato testi di buona qualità a prezzo contenuto548.

In un sì fatto panorama editoriale, anche il settore delle traduzioni venne implicato dall’incremento del pubblico lettore. Gli editori in parte per rispondere alla domanda di lettura, in parte per modernizzare la cultura spagnola e in parte per il proprio tornaconto economico incentivarono con buoni e sicuri compensi le traduzioni.

Quasi tutte le case editrici si dotarono di una collana di opere straniere e nel XX secolo il mercato delle lettere venne preso da una sorta di “raptus traduttorio”549. La presenza delle opere inglesi e francesi, sebbene restò la maggioritaria, venne affiancata da opere tedesche, russe, italiane e perfino arabe.

La Spagna si apriva così alla letteratura straniera. Ci furono case editrici che dovettero la loro fama alle traduzioni, come ad esempio Biblioteca Nueva e Editorial

545 Id., Vivir de la pluma. La profesionalización del escritor, 1836-1936, cit., pp. 70-71.

546 Pedro Pascual, Escritores y editores en la Restauración Canovista (1875-1923), vol. I, Ediciones de la

Torre, Madrid, 1994, p. 25.

547

Id., “La edición moderna”, in Jesús A. Martínez Martín (a cura di), Historia de la ediccíon en España, cit., p. 175.

548 Ivi, p. 197.

549 Miguel Gallego Roca, “De las vanguardias a la Guerra Civil”, in Jesús A. Martínez Martín (a cura di), Historia de la traducción en España, cit., p. 483.

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America550. La prima riconosce in una traduzione uno dei suoi pilastri economici, secondo quanto ammette lo stesso editore nelle sue memorie: nel 1917 Biblioteca Nueva, sotto consiglio di Ortega y Gasset, inizia a pubblicare la traduzione delle opere complete di Sigmund Freud, era la prima volta che l’opera si traduceva ad un’altra lingua551. La seconda invece nasce proprio dal progetto di diffondere la letteratura straniera come racconta Cansinos Assens riportando le parole dell’editore Fombona:

Ya sabe que he logrado un contracto estupendo con la Sociedad General Española de Librería552..., me tomarán todos los libros que publique..., así que vamos a trabajar de firme...Pienso publicar libros de historia Americana, la bibliografia de Bolívar, crónicas de los discubridores, libros de versos de poetas americanos casi desconocidos aquí, precursores del modernismo, y tambièn traducciones...para todo ello cuento con usted y con Andresito...de los demás no me fio... ¡Son unos pendejos!...traditori, no traduttori553.

Entrambe le esperienze rendono bene il doppio volto della traduzione; essa da un lato introduce nuova linfa in un sistema culturale e dall’altro è anche il frutto di interessi economici editoriali che nell’Edad de la Plata coincisero nei fatti con lo spirito modernizzante ed europeista del Kraussismo. Da questa sinergia si originò l’incremento delle traduzioni nel mercato editoriale.

Anche la letteratura italiana conobbe in quegli anni, e particolarmente negli anni Venti del Novecento, una maggiore diffusione. Il panorama degli autori e delle opere tradotte si ampliò notevolmente, da episodiche comparse in riviste letterarie specializzate, si pubblicarono intere opere in traduzione. Infatti, a parte i consacrati

550 Il modello si queste case editrici più aperte nei confronti della traduzione si può individuare

nell’attività di España Moderna diretta da Lázaro Galdiano che, proprio per questa sua apertura al mercato delle traduzioni, si deve considerare l’editore che maggiormente anticipa l’affermarsi di certe tendenze del XX secolo. Nella Casa editrice si pubblicarono 608 volumi, dando molto spazio alle traduzioni e riconoscendo nell’apertura verso le letterature e le scienze europee un decisivo fattore di modernità. Galdiano, inoltre, non aspettava gli autori per la pubblicazione, ma gli cercava, incaricava loro le opere e selezionava i testi dall’estero per rimediare alle mancanze della produzione intellettuale spagnola, come si legge in Jesús Martínez Martín, “La edición artesanal y la construcción del mercado”, in Id. (a cura di), Historia de la ediccíon en España, cit., pp. 68-69.

551 José Ruiz-Castillo Basala, Memorias de un editor. El apasionante mundo del libro, Fundación Germán

Sánchez Ruipérez, Madrid, 1986, pp. 112-129.

552 La natura del contratto viene raccontata in un altro brano che riportiamo per ragioni di chiarezza:

«Blanco-Fombona, hombre mundano y hábil, logró sacarle en el curso de unas cenas alegres un contrato estupendo a ese alemán llamado Muller, director de la Sociedad Español de Librería [...]. Esa sociedad que no edita, limitándose a administrar las obras que le presentan ya editadas, se compromete por ese contrato a tomarle a Fombona en firme cuantos libros edite cada mes. Así pues, a editar traduciones que no paguen derechos» in Rafael Cansinos Assens, “La Editorial América”, in Id., La

novela de un literato, vol. II, cit., p. 98-99. 553

183 Leopardi, Manzoni, De Amicis – di cui già si è detto – autori, e di prima fila per giunta, come Fogazzaro, Carducci, D’Annunzio, Deledda conobbero una diffusione solo su rivista fino almeno al primo decennio del Novecento554. Tra il primo e il secondo decennio le sorti della letteratura italiana in traduzione iniziarono a cambiare, compaiono libri di Papini, Croce, De Sanctis, Verga, Capuana, Pirandello e Puccini.

Alla luce di ciò appare opportuno ridimensionare i giudizi negativi di Rojas e Canedo sulla diffusione della letteratura italiana: questa era sicuramente in svantaggio rispetto alle altre letterature europee di consolidata tradizione, ma in netta crescita, in comparazione con le epoche passate dei sui trascorsi editoriali.

Posto che nel Rinascimento l’Italia conobbe il momento d’oro della sua diffusione, e non solo in ambito spagnolo – tant’è che c’è chi ha definito il petrarchismo un genere europeo555 – si può affermare che i primi trent’anni del Novecento rappresentarono per l’Italia la sua Edad de la Plata nella traduzione ad opera della nazione sorella.

554

Cfr. Miguel Gallego Roca, “De las vanguardias a la Guerra Civil”, in Jesús A. Martínez Martín (a cura di), Historia de la traducción en España, cit., pp. 426-428.

555 Gardini Nicola, “Generi letterari. Un genere europeo: il petrarchismo”, in Enrico Malato (a cura di), Storia della letteratura italiana. La cultura italiana fuori dall’Italia, cit., pp. 343-345.

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Capitolo 2

Mario Puccini mediatore della letteratura italiana in Spagna

Il nome di Mario Puccini iniziò a circolare negli ambienti letterari spagnoli a partire dagli anni Venti del Novecento. Egli vi entrò per la porta principale e scortato dalla mano di Miguel de Unamuno. La sua presenza nelle riviste e nei cataloghi editoriali durò circa un decennio; già al principio del Trenta il suo nome non si leggeva più e molti amici spagnoli scomparvero dal suo epistolario556.

Dalle lettere considerate – Araquistain, Azaña, Baroja, Cansinos Assens, Amerigo Castro, Díez Canedo, Eugenio D’Ors, Gómez de la Serna, Ibañez, Palacio Váldes, Pérez de Ayala, Rivas Cherif, Salverría, Unamuno – si evince che il periodo di massimo contatto con la Spagna Puccini lo ebbe fra il 1920 e il 1924. Gli ultimi anni del Venti la presenza degli spagnoli nel FMP inizia a diradare. La maggior parte di questi carteggi, per quello che possiamo dedurre da quanto è conservato, non arrivano neppure alla metà degli anni Trenta.

A chiudergli definitivamente le porte di questa sua seconda stagione di vita giunse di nuovo la guerra, questa volta quella Civile spagnola. La Spagna sorta nel ’39 non lo ricorderà già più. Quella di Puccini in Spagna fu una comparsa fugace, ma non per questo poco significativa. Alla sua mediazione si devono molte traduzioni; la sua critica incentivò il passaggio dal dannunzianesimo al pirandellismo: i due “ismi” che dominarono la storia della ricezione della letteratura italiana di quegli anni.

Sarebbe interessante approfondire il legame che Puccini ebbe con la letteratura ispanoamerina, ricerca che ci auguriamo di poter fare in un secondo momento. Pare, stando alle date dei carteggi, che anche Puccini, come la Spagna, dopo la Guerra civile rivolgesse il suo sguardo all’America.

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Nel FMP si contano 52 corrispondenti spagnoli e ispanici. Poiché la ricerca è incentrata sull’approfondimento del ruolo di Puccini in Spagna, molti di questi non sono stati contemplati, ma ci auguriamo di poterne dire in seguito. In ultimo precisiamo che non tutte le lettere considerate saranno citate, per ragioni di diritti d’autore, ma che tutte hanno concorso a chiarire la dimensione dell’operato di Puccini in Spagna, oggetto di questo capitolo.

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