CRONOLOGIA: ante XIV (?) - XV secolo.
PRIMAATTESTAZIONE: 1325.
BIBLIOGRAFIA: Lechi 1973, p. 116; Villari 1989, p. 129; Raffaglio 1992; Mometti 2003, pp.
235-238.
La rocca di S. Giorgio alla Corna (così intitolata per via di un'effigie del Santo che vi sarebbe stata apposta), oggi all'interno di una proprietà privata, si colloca sulla sommità della collina che sovrasta Iseo a N, lungo la riviera orientale dell'omonimo lago e a margine della strada che dal centro lacustre si dirige verso le alture dell'entroterra in direzione di Polaveno e Brione.
Ciò che rimane del fortilizio, ovvero i poderosi muri esterni che delineano un impianto grosso modo rettangolare con cinque torri, è attribuibile alla personalità di Giacomo Oldofredi, che fece edificare la struttura menzionata, oltre che nel trattato
Monimenti istoriali dell'antico e nobile castello di Iseo di Padre Fulgenzio de' Rinaldi (1685), anche nell'epigrafe funeraria dell'Oldofredi (collocata – lo ricordiamo – insieme all'arca sulla facciata della pieve iseana di S. Andrea): questa, che fissa la morte del signore di Iseo nel 1325, narra che Giacomo «Bosinarum arcem fortissimam / cum Divi Crucifixi
castelo condidit inde turrim eminentissimam».
L'impianto sarebbe pertanto da ricondursi alla volontà degli Isei-Oldofredi di controllare non solo gli accessi via terra alla Val Trompia, ma anche la navigazione lacustre sul Sebino, ma, in un periodo successivo al bando della famiglia (1411), vi si installò una comunità di frati, che riattò quanto rimaneva a seguito dell'incendio della struttura appiccato dopo la cacciata degli Oldofredi. Resti di questa distruzione, insieme a frammenti di armi e armature, furono rinvenuti durante un intervento di
pulizia dell'area nel corso degli anni Sessanta e altri ritrovamenti fortuiti di fondi di capanne (i cui materiali, secondo alcune ipotesi, risalirebbero al 1200 a.C. circa) e avanzi di castellieri preistorici (collocabili nei pressi del castello e più in basso lungo le pendici) lasciano supporre che il sito fosse abitato già in epoca molto più antica, ma fino ad oggi l'attenzione alle strutture materiali è stata pressoché nulla.
Ciò nonostante, ci sentiamo di avanzare alcune considerazione sorte nel corso di un primo sopralluogo da noi condotto nell'estate del 2011350. Se consideriamo il
perimetro, sia le torri rotonde sia i muri perimetrali sono chiaramente identificabili e caratterizzati da una medesima tecnica costruttiva, la quale sembra però divergere da quella che Luciano Raffaglio, in un suo breve articolo, ha definito “struttura quadrangolare”, situata anch'essa all'interno dei perimetrali e, nello specifico, nell'area occidentale del complesso: infatti, se le mura orientali impiegano grossi ciottoli e conci di dimensioni medio-grandi posti in corsi lineari e regolarizzati da inserti lapidei posti di taglio, quelle del corpo di fabbrica rettangolare pongono in opera materiali meno lavorati e, oltre alle schegge di pietra, adoperano frammenti di laterizi per compattare il materiale tenuto insieme da calce, ma il paramento differisce anche per una messa in opera abbastanza grossolana e poco curata. Si tratta di differenze che potrebbero essere addebitate, di primo acchito e almeno in parte, all'opera di riattamento attuato dai monaci succeduti agli Oldofredi sull'altura. Prima, però, bisogna anche rilevare che, per lo meno sui perimetrali orientale e meridionale, mura e torri sono impostate su una base scarpata artificiale, ottenuta con un accumulo di grossi ciottoli e terra. Una prima analisi materiale degli elevati ci permette, in sostanza, di collocare questo sito all'interno del più vasto contesto geografico e tecnico del Sebino controllato dagli Oldofredi nel XIV secolo, senza aggiungere qualche particolare in più a quanto le scarne informazioni storiche già ci riferiscono.
Non è il caso di addentrarci in considerazioni di archeologia dell'architettura che non porterebbero a nulla di concreto, poiché il sopralluogo condotto non si estese a tutta l'area della rocca, ma solo ad una porzione di essa (nello specifico, quella
350 Per questo, anche se a due anni di distanza, ringraziamo il signor Giovanni Raffaglio, il quale, con generosa disponibilità, ci ha aperto le porte della sua proprietà, consentendoci di fare alcune fotografie delle emergenze in elevato che pubblicammo già in occasione del nostro elaborato di Laurea triennale.
orientale). Tuttavia, su di un piano specificamente topografico, considerando i caratteri formali delle sussistenze de visu e dall'alto – attraverso la fotografia satellitare –, non si può non rimanere colpiti dalla somiglianza in pianta tra questo complesso e quello di Provaglio d'Iseo. Esattamente come quest'ultimo, S. Giorgio conosce uno sviluppo in lunghezza per sfruttare l'intera estensione del crinale, possiede un mastio (o comunque un ridotto ulteriormente fortificato) in corrispondenza dell'ingresso e pure una chiesa all'interno del perimetro, la quale, data la pianta asimmetrica all'apparenza limitata dalla presenza della cortina, potrebbe addirittura essere stata edificata successivamente al castello.
Sappiamo dalla ricerche archeologiche che a Provaglio gli ampliamenti dell'area castellana e i rafforzamenti delle difese procedettero assieme in almeno due riprese, fissate, la prima, tra XII e XIII secolo e, la seconda, nel corso del XIV. Le analogie nella conformazione degli impianti, anche senza muovere necessariamente dalla sola epigrafe di Giacomo Oldofredi, indicherebbero allora un'edificazione trecentesca delle emergenze visibili in elevato a S. Giorgio alla Corna, nonché la possibilità di trovarsi di fronte ad un paio di indizi che segnalerebbero un vero e proprio programma di costruzioni e ampliamenti castrensi intrapreso dagli Oldofredi a queste date. D'altro canto, se la presenza di questo casato non è completamente certa a Provaglio, lo è invece per il “castello del Divino Crocifisso” e questi elementi potrebbero confermare di riflesso la connessione tra Provaglio e gli Oldofredi. Rimane da capire, in conclusione, se anche a S. Giorgio la fase di XIV secolo fece seguito ad una più lunga frequentazione insediativa e se essa, a dispetto di quanto fatto incidere da Giacomo Oldofredi sulla sua lapide, sia effettivamente una edificazione ex novo o piuttosto un ampliamento di emergenze preesistenti: il dubbio è forte, ma per il momento rimarrà tale, poiché solo uno scavo stratigrafico potrebbe darci una risposta in merito.