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1.2 L' ASSETTO PRECASTRENSE : LA F RANCIACORTA TRA T ARDOANTICO E M EDIOEVO

1.2.3 L'insediamento nel Tardoantico

Passando a considerare l'assetto territoriale tardoantico (compito che risulterà meno gravoso, data l'ampia trattazione degli antefatti), anche in questo caso prendiamo spunto dai rinvenimenti attribuibili a questa cronologia specifica. Nondimeno, v'è una prima considerazione preliminare da fare, dal momento che non sembra che il Tardoantico rivestisse una sua peculiarità storico-cronologica all'epoca della redazione della Carta archeologica della Provincia di Brescia,. In effetti, tutti i rinvenimenti da noi accolti quali tardoantichi sono stati così definiti da noi, poiché la Carta, nella maggior parte dei casi, trovandosi in imbarazzo nel non poter attribuire alle emergenze una datazione sicura o all'età romana o a quella altomedievale, preferiva cassare la questione affermando semplicemente che reperti, strutture o materiali sono «databili fra età romana e altomedievale»129, mentre provava quanto meno a classificare altri

rinvenimenti come tardoromani.

Posta questa premessa, la distribuzione dei siti di tarda età romana o attribuibili in via preliminare al Tardoantico (che noi concepiremo come periodo storico fissabile – per comodità – tra la fine della cosiddetta “anarchia militare” – 284 – e l'invasione longobarda - 568/569) si colloca in maniera significativa nel contesto della Franciacorta occidentale. Ad ogni modo, così come abbiamo fatto occupandoci per l'età romana, procediamo innanzitutto dalla considerazione dei siti per tipologie.

Iniziando dalle ville, due sono i siti ed entrambi sono nostre “vecchie conoscenze”. Si tratta infatti di ville di età romana, che sulla base dei materiali e delle tracce sulle strutture possono essere considerate a buon diritto degli edifici a continuità

129 Evitiamo di riferire tutte le singole evenienze bibliografiche. Tuttavia, prendendo spunto dai contesti posti sotto la categoria “tardoantico” nell'Appendice I e andando a confrontare coi riferimenti a ROSSI 1991, il lettore potrà

agevolmente rendersi conto da solo di questo stato di fatto. Aggrava comunque questa situazione anche il carattere completamente inedito di molti di questi ritrovamenti, il che non ha concesso – come è ovvio – che i materiali venissero anche in seguito studiati con la dovuta attenzione e cronologizzati.

di vita tra l'età antica e il Tardoantico. Il primo è quello di Cazzago S. Martino130, del

quale ci limitiamo a ricordare i rinvenimenti ceramici relativi alla cisterna (che permettono appunto di ritenere una frequentazione del contesto anche per l'età tardoantica e altomedievale, in particolare fino almeno al VI secolo), nonché la sua connessione con una necropoli. Anche la villa di Clusane131 mostrerebbe una cesura nel

corso dell'età tardoantica (in modo particolare, fra III e IV secolo), ma in questo caso la natura delle tracce rilevate è quanto mai significativa per comprendere anche la qualità della defunzionalizzazione delle strutture: abbiamo già visto come, a seguito di una fase di abbandono (collocabile tra IV e V secolo sulla scorta degli strati di demolizione e riempimento relativi a questo intervallo cronologico), succedano delle brevi rioccupazioni, testimoniate però solo da semplici tracce di focolari. Pochi altri sono gli elementi che potrebbero documentare direttamente l'insediamento tardoantico in Franciacorta; tuttavia, alcuni elementi sarebbero – secondo il nostro sentire – notevolmente significativi.

Strutture relative a edifici di cronologia tardoantica sono state rintracciate anche a Iseo132, Rodengo133 e Saiano134 e in tutti e tre questi casi i dati offerti in una

prospettiva diacronica e spaziale sono notevoli ai fini della comprensione delle dinamiche insediative. Nel caso iseano, le murature e le pavimentazioni (da porre in connessione con due edifici) sono state rinvenute nei pressi della pieve di S. Andrea, in un'area che ancora oggi è parte del centro storico dell'abitato. A Rodengo, poi, sempre strutture murarie e pavimentali sono state intercettate nel sito oggi occupato dal sagrato della chiesa di S. Nicola dell'Abbazia degli Olivetani: in questo caso, siamo di fronte a rinvenimenti che possono essere datati con sufficiente sicurezza ad un lasso cronologico anteriore al VI secolo, giacché, nella sequenza stratigrafica, vi si sovrappongono altre strutture murarie databili al VI-VII secolo in virtù dei materiali ceramici rinvenuti in corrispondenza di esse. Infine, indagini recentemente condotte nel contesto della chiesa della Trasfigurazione di Saiano (che costituisce oggi Comune unico insieme a Rodengo)

130 ROSSI 1991, 335. MANCASSOLA - SAGGIORO 1991 e VENTURINI 2002b.

131 PORTULANO 2001.

132 ROSSI 1991, p. 94, 790.

133 Ivi, p. 177, 1440.

hanno riconosciuto tracce parziali di due ambienti contigui a carattere residenziale e caratterizzati da tecniche costruttive rustiche e da reimpiego di materiale d'età romana. Gli spunti forniti dalle caratteristiche tipologiche e strutturali consentirebbero di fissare questo edificio al V-VI secolo. Interessante in questo caso è anche la connessione con un'area cimiteriale che almeno in parte venne ad occupare i due ambienti rintracciati e che non sembra segnalare relazioni con un eventuale edificio di culto, il quale sorgerà solo successivamente135.

In virtù dell'indagine ben condotta nel caso di Saiano, questo contesto può ben essere considerato illuminante per molti aspetti, dato anche l'ampio spaccato offerto in una prospettiva diacronica. Nell'ottica della nostra disamina – al momento incentrata sulla considerazione della “fase delle ville” - non possiamo non sottolineare in questo caso almeno un aspetto in particolare. Infatti, la relazione di scavo segnala che l'esplorazione del vano B ha documentato un reimpiego di «massicci blocchi lavorati quasi

sicuramente d'età romana. La presenza di questi materiali e un consistente accumulo di tessere per pavimento a mosaico, rinvenuto subito all'esterno del vano A lasciano supporre la preesistenza nelle immediate vicinanze del sito di una villa signorile romana nel cui sedime potrebbe essere sorta la nuova e più rustica costruzione»136. A nostro giudizio, l'esempio

fornito da Saiano potrebbe allora offrire una casistica diversa e complementare rispetto a quella segnalata nel caso della villa di Cazzago, dove l'edificio d'età romana sarebbe rimasto in uso fino all'età altomedievale e dove, accanto ad esso, trovò posto una necropoli. Nel caso poc'anzi considerato avremmo invece indizio non solo di una destrutturazione del paesaggio romano delle ville, ma anche di una destrutturazione propriamente materiale delle ville stesse, i cui materiali risultarono utili per nuove tipologie abitative, le quali rifletterebbero anche una nuova concezione di edilizia e di occupazione del territorio. Purtroppo, il caso di Saiano – sul piano del metodo e dei risultati – rimane isolato.

135 Chi ha curato lo scavo ha tenuto separate le fasi costituite, da un lato, dall'edificio tardoantico (fase I), dall'altro, dall'area cimiteriale (fase II). Questa seconda fase è stata cronologicamente fissata tra il termine ante quem della fase I (VI sec.) e il post quem della fase III (relativa all'edificio di culto che sorse entro il secolo XI). Tuttavia, all'epoca dello scavo si attendevano i risultati delle analisi di termoluminescenza condotti sui materiali rinvenuti nel contesto di un grande focolare relativo all'edificio tardoantico.

Oltre alle necropoli di Saiano e Cazzago, si segnalano però altri contesti cimiteriali, localizzati anche in aree “nuove”. Se, da un lato, ne troviamo in territori che risultano già importanti in età romana, come Ospitaletto137 e Palazzolo138, dall'altro ne

emergono di nuovi, come Adro139 e Capriolo140. In almeno due casi, i rinvenimenti

hanno fornito dati cronologici. A Ospitaletto, presso la chiesa di S. Maria di Lovernato, le monete dei corredi (rinvenute in una necropoli a inumazione con tombe alla cappuccina) hanno permesso una datazione al IV secolo141 e una medesima indicazione

è stata desunta dai corredi monetali restituiti dalla necropoli dell'orto del Convento della Madonna della Neve di Adro; anche in questo caso, si tratta di sepolture a inumazione. Altre necropoli – come accennato – sono state poi rinvenute a Palazzolo, in località S. Pancrazio (sepolture a inumazione, a cassa e alcune con corredo), e a Capriolo e qui, sfortunatamente, i dati a disposizione sono pressoché nulli (si conosce solo la tipologia: a inumazione e alla cappuccina). Inoltre altri nuclei di sepolture sono stati ritrovati in misura consistente a Sale Marasino 142, centro che, sulla base delle

nostre considerazioni precedenti, doveva comunque rappresentare una tappa importante lungo la via del Nord; a questi nuclei si aggiunge poi una sepoltura singola a inumazione, databile tra il IV e il V secolo sulla scorta del corredo143. Infine, sepolture

isolate si segnalano a Rovato144 e sul Monte Orfano145.

Senza soffermarci troppo su alcune tipologie di rinvenimenti, o perché già trattati – come nel caso dei cippi miliari146 – o perché poco indicativi nel ricostruire la

maglia insediativa – ovvero contesti di materiali (soprattutto ceramici) sparsi147, ultimi

137 ROSSI 1991, p. 154, 1175.

138 Ivi, p. 158, 1218. 139 Ivi, p. 21, 16. 140 Ivi, p. 48, 297.

141 È stata qui rinvenuta, oltre alle sepolture di età romana, una tomba a cassa d'epoca altomedievale.

142 ROSSI 1991, p. 179, 1465 e 1466 e p. 180, 1471. Tutte a inumazione e a cassa, ma mentre le sepolture di

frazione Conche (1465) impiegano il laterizio, quelle di Via Mazzini (1466) adoperano la pietra. 143 Ivi, p. 180, 1472.

144 Ivi, p. 178, 1452. A inumazione, a cassa e con corredo in località S. Fermo.

145 Ivi, p. 178, 1451. A inumazione e in prossimità di strutture murarie nel campo presso il Convento dell'Annunciata.

146 Si ricordino Erbusco (ROSSI 1991, 578; III-IV secolo), Palazzolo (ROSSI 1991, 1221; seconda metà del IV

secolo) e Rodengo (ROSSI 1991, 1436; 327-328), trattati anche da BOSIO 1991. Per il resto, si rimanda alla

trattazione della viabilità romana (§ 1.2.2).

147 Notevole, comunque, è che essi siano tutti concentrati nell'attuale territorio comunale di Coccaglio. Vedi ROSSI

ritrovamenti degni di nota, dal momento che contribuiscono a precisare le cronologie del Tardoantico franciacortino, sono quelli della cisterna di Palazzolo e della fornace per ceramica di Adro.

Il rinvenimento di Palazzolo si colloca nell'ambito dei lavori di rifacimento del pavimento della chiesa di S. Antonio e S. Anna in località Riva, eseguiti attorno al 1988. Contestualmente venne messa in luce una vasca d'età romana dalle superfici intonacate in cocciopesto rustico, il quale rivestiva un secondo strato di malta agente pure da legante per i muri della vasca veri e propri, costituiti da pietre di diversa grandezza e intercalate da materiali in laterizio. Datata e interpretata sulla base dei confronti tipologici, la vasca avrebbe poi visto mutare la sua funzione venendo adoperata come discarica per rifiuti in età tardoromana e tardoantica. Per la precisione, materiali di diversa natura (ma soprattutto ceramici) permettono di circoscrivere un lasso cronologico che va dal II al VI secolo148.

Notevole, anche per lo sguardo che ci permette di gettare sulle produzioni di queste epoche, è poi il contesto della fornace di Adro. Al momento d'intraprendere alcuni lavori di scasso per la posa di un vigneto nel 1991, ne sono state infatti rinvenute le strutture interrate, quindi relative alla camera di combustione a doppio cunicolo e al condotto di caricamento del combustibile. L'attività di scavo ha permesso in primo luogo di definire la natura delle sue produzioni, per la maggior parte ascrivibili a laterizi ordinari da muro e da tetto, anche se non mancano tracce di altre tipologie (mattoni da colonna e da pozzo, elementi di decorazione architettonica, per comignoli e di suspensurae) che segnalerebbero così un campionario abbastanza variegato. In secondo luogo, le ceramiche rinvenute e raccolte (per lo più vasellame domestico) stabiliscono un ampio arco cronologico compreso tra il I e il VI secolo; tuttavia, la datazione è stata ulteriormente precisata e ristretta, dato che i reperti più antichi sono stati raccolti in superficie insieme a ceramiche tardoromane, e i materiali ritrovati in connessione col sedimento delle ceneri del praefurnium sono databili soltanto tra IV e VI secolo (datazione per altro confermata dalle analisi di termoluminescenza, condotte sui campioni costituiti dai laterizi della struttura della fornace e dai materiali provenienti

dalla discarica più prossima)149.

Passando ora a considerazioni a carattere più propriamente spaziale, la distribuzione di testimonianze materiali del Tardoantico in Franciacorta pare concentrarsi, da un lato, attorno a centri già noti e importanti in età romana, dall'altro, attorno a nuovi o emergenti nuclei demici. Nella prima categoria, tra i siti con più numerose attestazioni troviamo Coccaglio (anche se si tratta di soli materiali erratici) e Sale Marasino (quattro); seguono Palazzolo (tre) e il territorio di Iseo (due); infine, Cazzago, Erbusco e Ospitaletto (una attestazione a testa). Invece, in qualità di centri emergenti, si segnalano Rovato (tre contesti), Adro e Rodengo (due), quindi Capriolo e Saiano.

Riprendendo ora le file del discorso che abbiamo iniziato a dispiegare quando abbiamo sottolineato la concentrazione di contesti tardoantichi nella Franciacorta occidentale, i dati a disposizione sembrano indicare un'occupazione diffusa del paesaggio rurale. Ad ogni modo, sulla base di quanto finora considerato bisognerebbe valutare il popolamento franciacortino di età romana e tardoantica come due momenti distinti cronologicamente, ma costituenti un'unica grande fase insediativa in virtù della relazione tra rinvenimenti principali e assi viari.

Su di un piano oggettivo, la sovrapposizione dei buffer (che potremmo definire come delle “aree di rispetto” attorno ad alcuni oggetti specifici in un ambiente GIS) relativi ai nuclei demici archeologicamente individuati per l'età romana e l'età tardoantica ci porta a non sottovalutare alcuni elementi: ovvero, la ricerca condotta nella totale assenza di un programma di valutazione della risorsa archeologica e di un progetto operativo, così come – di conseguenza – la casualità dei rinvenimenti e la scarsa attenzione alle cronologie post-classiche. I dati relativi all'insediamento tra Tardoantico e Alto Medioevo, così come visualizzati dai buffer elaborati, sembrano tuttavia suggerire un insediamento diffuso. É vero che quanto tradotto graficamente attraverso il geoprocessing pare suggerire un movimento verso l'occupazione di nuove aree (si veda il territorio tra Capriolo, Adro e Corte Franca) e il depopolamento di altre (come nei casi di Passirano e Gussago) nel corso della Tarda Antichità; ciò nonostante,

dato che i nuovi areali demici – esattamente come i precedenti – s'impostano sulla rete viaria d'età romana, sarà allora più facile credere che questa situazione sia suggerita più dal mancato riscontro di tracce archeologiche piuttosto che dalla totale ed effettiva assenza delle stesse.

Purtroppo, quello che pare di capire è che, rispetto al campione di cui potevamo disporre per l'età romana, quello adoperabile per il Tardoantico non risulta abbastanza cospicuo allo stato attuale della ricerca; ovvero, non risulta sufficiente per comprendere le dinamiche insediative proprie di questa scansione cronologica e capirne il peso specifico. D'altro canto, gli indizi in nostro possesso sembrano suggerire casistiche eterogenee, non ascrivibili a semplici processi di mera continuità o discontinuità. Nei casi più significativi150 quella che, tempo fa, sarebbe stata bollata

come una rottura sotto l'aspetto insediativo, andrebbe meglio considerata come una rottura più che altro sul piano funzionale, dato che le tracce, lungi dal segnalare una assenza demica, indicano piuttosto una riconversione di spazi e ambienti, ma non un abbandono di essi (il quale può tuttavia essere stato parziale, ma mai completo).

Per concludere, ritorniamo per un momento al dibattito relativo ad una “età delle ville”, seguita da una loro “agonia”. La cesura a livello cronologico – lo ricordiamo – è stata collocata dagli studi di Mancassola e Saggioro tra l'ultimo decennio del IV secolo e la prima metà del V; diversamente, Brogiolo la poneva tra la metà del V e la fine del VI secolo. Tenendo presente entrambe le proposte, dato che non è questo il luogo – né v'è l'intenzione – per giudicare la bontà dell'una a discapito dell'altra, consideriamo allora le cronologie rese dai contesti significativi. Nello specifico, la villa di Cazzago è ancora frequentata in maniera importante nel VI secolo, quella di Clusane conosce un momento di “stallo” a partire dal IV, a Bornato l'ultima fase edilizia si attesta tra IV e V secolo, infine Rodengo attesta una villa rustica in uso tra I e IV secolo ed è questo il lasso cronologico definibile attraverso i dati ricavati negli altri contesti: del resto, l'edificio di Saiano (che sarebbe da porre in relazione alla dismissione di una villa) si colloca tra i secoli V e VI e indicazioni simili provengono anche dalla cisterna di

150 La necropoli in prossimità della villa di Cazzago, gli strati di demolizione e riempimento della villa di Clusane, il reimpiego negli ambienti della chiesa della Trasfigurazione a Saiano e l'utilizzo della cisterna di Palazzolo come discarica.

Palazzolo (che ha restituito materiali fino al V secolo) e dalla fornace di Adro (attiva ancora durante il IV secolo).