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1.3 I L B RESCIANO E LA F RANCIACORTA NEL B ASSO M EDIOEVO

1.3.2 Specializzazione dell'economia

Mastodontica opera storiografica (relativa non soltanto al Bresciano, ma a tutta la Lombardia orientale) è quella condensata nel generoso affresco realizzato da François Menant e dato allo stampe nel 1993278. Attraverso un'estesa disamina delle

fonti documentarie, il medievista francese – che nel suo metodo, per la vastità degli interessi e per la scala di indagine ricorda da vicino i precedenti illustri delle storie regionali di Marc Bloch e Georges Duby – mette a fuoco i secoli tra il X e il XIII, concentrandosi sugli areali delle attuali Province di Brescia, Bergamo e Cremona e

276 BIANCHI 2011, pp. 13-19.

277 BIANCHI 2011, p. 17.

descrivendone le forme dell'habitat, l'agricoltura e le istituzioni sociali.

Per ognuno di questi ambiti, gli aspetti tratteggiati sono così dettagliati ed eterogenei che sarebbe qui impossibile – e anche inutile – fissare per ognuno anche solo i punti principali. Del resto, quest'opera è ancora oggi un punto di riferimento costante per chi si occupi della storia medievale di queste aree, anche qualora si impieghi una scala minore nella scelta del territorio d'indagine. Ad ogni modo, limitandoci alle conclusioni generali tratte da Menant sull'agricoltura, lo sviluppo generale di essa non si pone – come la convenzione vorrebbe – attorno all'anno Mille, ma un po' più avanti, parallelamente con le prime attività di bonifica e dissodamento, ma anche – in misura minore – con il potenziamento delle tecniche irrigue. È, però, proprio l'irrigazione che tra 1100 e 1130 pone le basi più solide per uno sviluppo sensibile e veloce ed è precisamente questa la fase alla quale possiamo ricondurre l'importanza dell'iniziativa monastica, come nel caso dei priorati cluniacensi in Franciacorta. Il progresso decisivo, tuttavia, è quello meglio apprezzabile nell'ultimo terzo del XII secolo, in virtù del più stretto rapporto tra lo sviluppo delle tecniche irrigue e il dissodamento dell'alta pianura. A partire all'incirca dal 1200, una nuova tappa di questo processo prende avvio con l'apporto delle istituzioni comunali che, formatesi lungo il secolo immediatamente precedente, intervengono ad ampliare e a coordinare lo sfruttamento agrario delle campagne; ciò contribuì a migliorare decisamente soprattutto la bonifica, attività che richiedeva di per sé ampie capacità di controllo e gestione della manodopera, ma anche l'attività di canalizzazione delle acque. Come sarà forse possibile immaginare, siamo di fronte a imprese ingenti, che contribuirono a modificare l'ambiente e a ridisegnare le forme del paesaggio (è a queste cronologie, ad esempio, che la foresta comincerà per la prima volta ad arretrare rispetto al terreno coltivato).

Ovviamente, la sincronia che si registra tra lo sviluppo delle strutture agrarie e le conquiste del sistema politico non è casuale e la sua natura è stata ben sintetizzata dallo stesso Menant: «A travers les mutations imposées ou permises par les pouvoirs urbains,

se traduit la demande d'un marché qui prend dans la vie rurale une place déterminant […].

L'économie rurale va désormais être conditionnée par l'approvisionnement de ces deux marchés: le marché urbain où s'approvisionne une population en croissance rapide, dont le goût se

dissocient de ces des ruraux; et le marchés plus ou moins lointains vers lesquels les commerçant de la ville expédient produits fabriqués et denrées alimentaires». I caratteri di questa ristrutturazione del paesaggio agrario sono altresì fondamentali, poiché questi supereranno pressoché indenni i secoli dell'Età moderna, giungendo alla Rivoluzione industriale praticamente immutati279.

É possibile che la controprova dell'importanza di questa “stagione agraria” della Franciacorta bassomedievale possa essere ricercata nell'interrogativo che ci siamo posti alcune pagine addietro (§ 1.2.2) e nelle persistenti difficoltà a trovarvi una risposta (§ 1.2.6) relativamente all'assoluta inesistenza di tracce di centuriazione in Franciacorta. Sebbene la nostra ipotesi, purtroppo, non possa giovarsi di studi specialistici condotti nel dettaglio per l'area di indagine, che fornirebbero una base comune sulla quale discutere, l'impressione è che proprio in età bassomedievale andrebbero collocati quei mutamenti significativi in ambito rurale che, alla lunga, contribuirono alla scomparsa dell'agro centuriato in Franciacorta. Del resto, è un adagio noto fin dai primi studi di Emilio Sereni sulla storia del paesaggio agrario quello che afferma che le forme impresse dall'uomo a questo paesaggio, se sono abbastanza forti e incisive, riescono a durare fino a quando non se ne applichino delle altre con uguali forza e incisività. I profondi interventi antropici nella Franciacorta dell'età comunale potrebbero ben collimare proprio con questo assunto.

Procedendo oltre, in virtù degli sviluppi successivi e che ancora oggi rendono famosa la Franciacorta pure a livello internazionale, l'origine e la fase medievale delle produzioni vitivinicole sono state l'argomento più trattato dalla storiografia d'ambito locale per l'economia bassomedievale. Anche in questo caso, sarà conveniente proporre un sunto dello status quaestionis280.

Attorno al 1996 Gabriele Archetti lamentava l'esiguità – se comparata alla fiorente messe di ricerche in ambito europeo – degli apporti ad uno studio storiografico

279 Ivi, pp. 385-388.

280 La bibliografia non è comunque sterminata, ma è sicuramente significativa, perché rappresenta il risultato di vere e proprie giornate di studio nel corso delle quali numerosi studiosi (non soltanto d'ambito locale) hanno avuto modo di fare luce su aspetti eterogenei delle produzioni vitivinicole franciacortine, così come del consumo del vino stesso. Si segnala, però, una presenza pressoché scarsa dell'apporto archeologico su questi temi, che in ultima analisi risulterebbe di certo significativo per gli approfondimenti relativi ai temi d'ordine produttivo e che rimane di fatto auspicabile, contestualmente a studi carpologici e palinologici.

della vitivinicoltura franciacortina medievale: i riferimenti bibliografici non mancavano di certo, ma le indagini propriamente monografiche continuavano a latitare. La documentazione in nostro possesso, sebbene permetta di appurare un'effettiva “premessa altomedievale” a questo sviluppo281, diventa nondimeno più numerosa e

fitta a partire dal XII secolo. L'iniziativa monastica è ancora centrale (come anche quella episcopale) soprattutto per i primi decenni di questo e per i priorati di Rodengo e Provaglio nello specifico è molto agevole verificare la crescente importanza economica e produttiva della vite tra il XII e la metà del XIII secolo; nondimeno, le pecie di terra coltivate esclusivamente a vite non sono ancora la maggioranza. Nell'area di Cellatica, prossima al suburbio occidentale, manteneva delle vigne anche il cenobio di S. Giulia ed è proprio nei possedimenti di questo (tutti vicini alla città, che proteggeva tra l'altro le produzioni vinicole con una legislazione specifica) che si concretizzarono le prime esperienze di colture specializzate. L'espansione dei vigneti conobbe tuttavia una battuta d'arresto dopo questo primo slancio duecentesco, a causa della congiuntura dei fattori che posero la basi per la nota “crisi del Trecento”: questa colpì soprattutto la disponibilità di manodopera, il che ne fece alzare i costi e incrinò la convenienza economica che la vite aveva rivestito sino a poco tempo prima, ma la ripresa non tardò a venire già nel corso dei primi anni del Quattrocento.

Il grande apporto del Basso Medioevo a questa specifica produzione, per quanto sembra di poter dedurre dai documenti, è che ad una distribuzione uniforme della vite sul territorio franciacortino in età altomedievale (anche in spazi non propriamente adatti dal punto di vista pedologico) fece seguito una diffusione concentrata su areali specifici, che privilegiava la fascia pedemontana tra Brescia e il fiume Oglio. In effetti, prima del Mille si registra anche una mancata corrispondenza tra la notorietà odierna delle zone ritenute “tradizionalmente privilegiate” e una viticoltura di buon livello. I risultati incrociati dello spoglio della documentazione d'archivio e delle ricerche geomorfologiche lasciano emergere come la progressiva specializzazione

281 In modo particolare il Polittico di S. Giulia ci consente di osservare come nelle curtes monastiche, accanto alla coltura dell'olivo, la vite assumesse un ruolo notevole nella produzione del dominico. Un'intensa attività vitivinicola già in età romana e tardoantica fu verosimilmente conosciuta a Cellatica, Gussago, Iseo, Rodengo, Cazzago, Coccaglio o Cologne. Si può affermare, allora, che fin dal secolo IX la Franciacorta emerga come una delle aree a più spiccata vocazione vinicola della Lombardia.

dell'agricoltura franciacortina in una direzione vitivinicola non sia stata un processo involontario, ma, anzi, volutamente perseguito, sebbene in maniera empirica. In Franciacorta, infatti, la collocazione dei centri curtensi, nei quali le fonti attestano la prassi della viticoltura, trova un perfetto riscontro con una tipologia specifica di terreni d'origine fluvioglaciale che, dati i loro caratteri pedologici e granulometrici, favorivano di molto le possibilità della vite e gli esiti della sua produzione. Questo dato, da solo, non esaurisce ovviamente le motivazioni che stanno alla base della fortuna di questo territorio come luogo privilegiato per la produzione del vino: lungi dal voler fornire un'interpretazione facilmente tacciabile di determinismo, si vuole qui mettere in luce come la predisposizione naturale dell'ambiente, implementata dall'apporto antropico, abbia infine creato un felice connubio economico-produttivo.

Circa il commercio del vino, che testimonia la buona riuscita di tale connubio, nonostante non sia possibile parlare di lungo raggio, oltre alle direttrici che incanalavano i prodotti verso il mercato urbano, direzioni di breve e medio raggio erano quelle che instradavano il vino della Franciacorta per le valli e le montagne della Valle Trompia (in direzione N-E), ma anche verso la Val Camonica e le valli bergamasche, sfruttando in questo caso anche le significative possibilità offerte dalla navigazione lacustre e fluviale. In virtù delle felici peculiarità pedologiche della Franciacorta, comuni anche alle colline moreniche che corredano a S il Benaco, la produzione non era infatti destinata al solo consumo locale, ma puntava altresì verso caratteristiche qualitative elevate e apprezzate282.

L'ambito di ricerca sulle vie percorse dal vino nell'Italia settentrionale del Medioevo tardo è stato inoltre trattato con un riguardo specifico da Gian Maria Varanini in tempi recenti. Queste considerazioni, tuttavia, sono state offerte nelle forma di 'note', dal momento che il campo d'indagine è a tal punto vasto e ricco di affondi che risulta ancora oggi difficile riuscire a tracciarne un quadro omogeneo e, per così dire, teorico. Sicuro caposaldo cronologico e tematico rimane la cosiddetta “rivoluzione dei noli” tra Trecento e Quattrocento che, diminuendo sensibilmente i costi relativi ai trasporti, ebbe l'indubbio merito di favorire in misura significativa la

commercializzazione del vino a lungo raggio e il rapporto tra vino e viabilità, per quanto il tema stesso del commercio vinicolo medievale rimanga ancora minoritario nell'ambito degli studi, emerge nondimeno come una relazione importante, tanto più per un'area che, come la Franciacorta, produceva da un lato vini di qualità e possedeva, dall'altro, importanti nodi viari283.