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1.2 L' ASSETTO PRECASTRENSE : LA F RANCIACORTA TRA T ARDOANTICO E M EDIOEVO

1.2.5 Pievi, monasteri e curtes

Occupandoci di aree di sepoltura ed edifici religiosi, abbiamo finora lasciato sullo sfondo l'importante tema della cristianizzazione delle campagne, che agì con forza non solo nell'attività strettamente intesa di evangelizzazione degli abitati rurali, ma anche nell'organizzazione spaziale e gerarchica di essi. Nonostante l'importanza dell'argomento, risulta ancora oggi difficile delineare un discorso organico relativo all'apporto archeologico, non fosse altro che per un duplice ordine di motivi rappresentati, da un lato, dal fatto che i contesti noti costituiscono ancora dei casi singoli e isolati (per questo difficilmente coordinabili all'interno di un modello interpretativo generale), dall'altro, perché i modelli storiografici stessi relativamente a questi processi storici e socio-culturali si trovano tuttora in un momento di riconsiderazione e ripensamento181.

È comunque ben comprensibile il peso che taluni centri assunsero all'interno del sistema pievano qualora questo trovò una sua forma stabile. La pieve – come è noto – era un edificio religioso al quale venne demandato il compito di amministrare sacramenti importanti del rito cristiano, il battesimo nella fattispecie: si trattava di un luogo di riferimento all'interno di più grandi circoscrizioni ecclesiastiche e che, in quanto tale, fu legittimato ad esercitare per la comunità che vi gravitava attorno

(comprendente tutti coloro che vi avevano ricevuto il battesimo e che costituivano la

plebs propriamente detta) quell'insieme di funzioni che viene solitamente indicato sotto l'espressione onnicomprensiva di “cura animarum” (ovvero, “cura d'anime”). Data la funzione assolta all'interno del panorama rurale, la pieve necessitava di entrate economiche che garantissero il sostentamento dei suoi sacerdoti: in virtù di ciò si spiega allora sia l'istituzione della decima a suo favore sia il ruolo di centro “collettore” di beni e risorse che essa svolse, così come il patrimonio di beni col quale veniva inizialmente dotata da parte dell'autorità episcopale alla quale la pieve era legata.

La complessità e l'importanza del rapporto tra pievi, cappelle (sorte come fondazioni private182) e insediamenti rurali non è un fatto nuovo per chi si occupa di

storia del popolamento: «per studiare in modo adeguato i rapporti dinamici che la posizione

delle chiese ha avuto, nell'alto medioevo, con il popolamento rurale, occorrerebbe innanzitutto disporre di un quadro chiaro e completo delle forme di insediamento e quindi osservarne, per quanto possibile, i mutamenti via via intervenuti in relazione con l'avvicendarsi di numerosi fattori che sul popolamento incidono». Oltremodo fondamentale, infatti, risulta l'elemento dinamico, in quanto esso caratterizza anche i diritti stessi esercitati dalle pievi (in questo caso in concorrenza con le chiese e gli oratori privati, alla lunga vincenti), diritti che, lungi dall'essere sanciti una volta per tutte, furono un patrimonio continuamente rinegoziato183 almeno fino al XIII secolo, quando lo smembramento del sistema

gravitante attorno alle chiese pievane è ormai inesorabilmente in atto e già sancito dalla decretale Ad audentiam nostram di papa Alessandro III (1159-1181), che fissò i presupposti per l'organizzazione delle circoscrizioni di tipo parrocchiale.

Su di un piano specificamente archeologico, tuttavia, scavi di contesti religiosi ubicati nelle campagne hanno contribuito a rivedere alcune idee tradizionali e a mettere in forse certi modelli ritenuti ricorrenti: «l'evidenza archeologica permette […], se

non di negare completamente, perlomeno di sminuire il ruolo dei privati nella cristianizzazione delle campagne e soprattutto di smentire la subalternità che recentemente è stata attribuita ai vescovi in questo processo. […] D'altra parte, e al contrario di quella che è stata l'opinione più

182 L'edificazione delle quali rappresenta «in molte regioni europee [...] uno dei fenomeni più importanti, non solo

per il VII e l'VIII secolo, ma sicuramente anche per l'epoca carolingia». Vedi CHAVARRÍA ARNAU 2009, p. 168.

diffusa negli ultimi anni, sono poche le chiese di V secolo, oggetto di scavi recenti, che si possa dimostrare siano state effettivamente costruite nell'ambito di ville tardoantiche ancora in uso e quindi interpretabili come chiese costruite da parte di un ricco proprietario nella sua residenza

[…]. Nella maggior parte dei casi, quando venne costruita la chiesa (in genere a partire dal VI

secolo) le ville erano state abbandonate o riusate per nuove attività di tipo artigianale o presentavano tracce di rioccupazione abitativa povera. In altri casi risulta poco chiara la funzione di questi edifici: sono identificati come chiese o cappelle anche se spesso si può dimostrare fossero mausolei che solo in epoca successiva acquisirono funzioni liturgiche, o persino che non furono mai usate come chiese»184.

Le fonti scritte ci danno le prime notizie di chiese rurali nel VII secolo185, ma,

per quanto riguarda la Franciacorta, le tracce più antiche di chiese importanti – intendendo quindi quelle relative agli edifici che su base archeologica possono essere collocati in un momento precedente l'invasione longobarda –, sebbene non propriamente rurali, si localizzano a Iseo (pieve di S. Andrea, tuttora esistente nonostante i rifacimenti delle epoche successive)186 e a Palazzolo (pieve di S. Maria

Assunta in località definita, appunto, Chiesa Vecchia o Pieve Antica, di fronte all'attuale Parrocchiale)187.

La pieve di Iseo era il centro di riferimento per la circoscrizione che comprendeva centri quali Polaveno, Brione, Ome, Monticelli, Provezze, Provaglio, Timoline, Colombaro, Clusane, Pilzone e Isola San Paolo188. Qui le indagini

archeologiche, sono state condotte a più riprese e hanno interessato non solo la pieve propriamente detta, ma anche l'area del sagrato. La prima di esse, svolta nel 1982, fu un sondaggio aperto all'interno del campanile (inquadrabile nella tipologia del westwerk) che rivelò fasi di epoca tardoantica sottostanti a quelle d'età romanica. Nel 1989 seguì poi una serie di saggi intesi a indagare le facciate dei palazzetti episcopali che prospettavano sull'area del sagrato. Gli ultimi interventi, infine, necessitati da un'opera di riqualificazione dell'area e anch'essi svolti nella forma del saggio, hanno permesso di

184 CHAVARRÍA ARNAU 2009, pp. 157-158.

185 Ivi, p. 445.

186 ARCHETTI 2007b e LEONI 2007.

187 ROSSI 1991, p. 158, 1219.

accertare ulteriormente come l'intera area del sagrato sia sorta su uno spazio limitrofo ai rinvenimenti di età romana e al di sopra di livelli attribuibili al Tardoantico. E' questo un luogo che, sicuramente nel corso del Basso Medioevo189, doveva svolgere un ruolo

anche itinerario significativo, dove la presenza della pieve era implementata dalla connessione, nelle immediate vicinanze, con la porta settentrionale (detta “del Porciolo”) delle mura urbane. Secondo la tradizione storiografica, che pone la nascita di questa pieve in diretta connessione con l'attività evangelizzatrice condotta dal vescovo di Brescia Vigilio (vissuto nella seconda metà del V secolo), le vicende ecclesiastiche iseane sarebbero da collegare strettamente con gli interessi della mensa episcopale, i quali – sulla base di dati documentari – si mostrano ancora forti tra il XII e il XIII secolo190 (relazione peraltro rimarcata a livello archeologico dall'indagine condotta sui

palazzetti vescovili). Altro contesto franciacortino dalle cronologie presumibilmente alte è poi Palazzolo, dove «la rilettura dei dati di scavo sui resti della chiesa matrice di Santa

Maria ha evidenziato l'esistenza di una prima aula absidata con la presenza dei sedili (synthronos) per il clero lungo il perimetro interno dell'esedra, secondo un uso delle chiese tardo antiche, bene attestato in Lombardia e nel Bresciano»191.

Poco dopo, a partire dal VII secolo, si troverebbe accanto a questi primi esempi anche la pieve di S. Bartolomeo a Bornato, indagata archeologicamente in tempi recenti192 e non più in funzione come luogo di culto. Questa raggruppava attorno a sé i

territori odierni di Cazzago, Monterotondo, Ospitaletto, Lovernato, Passirano, Camignone e Paderno193. Abbiamo già considerato questo sito, precisamente perché la

stratificazione relativa prende le mosse da una villa d'età romana, la cui “vita” si arresterebbe tra IV e V secolo, e conosce successivamente un insediamento in strutture povere da porsi tra la seconda metà del VI secolo e i primi anni del VII, che i saggi

189 L'epigrafe funeraria e commemorativa del signore di Iseo Giacomo Oldofredi (conservatasi in situ e corredata dal monumento insistente sulla facciata della pieve stessa), che menziona tra le varie attività svolte in vita anche la costruzione della cinta muraria dell'abitato, consente di dare a questo intervento fortificatorio un sicuro termine ante quem: Giacomo morì infatti nel 1325. Avremo modo di ritornarci.

190 Basterà qui ricordare gli sforzi organizzativi e inventariali testimoniati dal Designamentum terrarum (compilato attorno al 1296 ai tempi dell'episcopio di Berardo Maggi), che era stato preceduto dal Liber fictorum del vescovo Guala (1244) e da un apposito registro di Martino da Gavardo (1275). Vedi ARCHETTI 2007b, pp. 39-40.

191 ARCHETTI 2007b, p. 14.

192 BREDA - VENTURINI 2007.

condotti nella navata e nell'annesso meridionale hanno intercettato ad una profondità di più di due metri dal pavimento d'età barocca. Il luogo di culto medievale, ad ogni modo, quando venne eretto nel VII secolo, andò a ricalcare in parte i perimetri murari della villa romana che, come sembra abbastanza chiaro, non doveva comunque essere più in funzione. Ad essa fece seguito l'edificio bassomedievale, collegabile ad una fase edilizia d'età romanica, quindi la chiesa rinascimentale. Nello specifico, la chiesa altomedievale constava di una pianta ad aula unica monoabsidata, corredata da due annessi laterali e da un atrio tripartito. «Tale impianto, che nell'Italia settentrionale appare

discretamente diffuso con numerose varianti tra V e IX secolo, trova stretto riscontro in altre pievi e chiese tardoantiche ed altomedievali di recente scavate nel bresciano»; tra queste, troviamo la pieve di S. Maria di Palazzolo, con la quale S. Bartolomeo condivide – almeno in una prima fase – un sedile semicircolare nell'abside per il clero194.

Nel secolo VIII – forse – nuove pievi sorgono a Gussago e a Erbusco ed è proprio la fase che si colloca a partire da detto secolo quella del sistema pievano pienamente vigente, da porre in relazione con lo sforzo organizzativo promosso dalla monarchia franca in Italia all'indomani della caduta del regno longobardo (774). Degli edifici menzionati Gussago difetta tuttora di indagini archeologiche, ma in entrambi i casi si ripropone il problema della datazione e dell'identificazione di una pieve sulla sola base degli elementi architettonici reimpiegati che, su base stilistica, segnalano una chiara alterità rispetto all'edificio in cui sono inseriti195.

Relativamente a Gussago, le sole informazioni di cui disponiamo provengono unicamente dalla scheda della Carta archeologica196, che segnala

semplicemente la presenza in loco di materiali architettonico-scultorei datati da Panazza e Tagliaferri al secolo VIII, ma la chiesa, nella sua veste attuale, viene posta in una data prossima al 1470 e c'è chi congettura che l'impianto preesistente presentasse una pianta a tre navate197. La sua giurisdizione si estendeva sulle località di Ronco, Sale,

Civine, Cellatica, Saiano, Rodengo, Brione e Castegnato198.

194 Ivi, p. 42.

195 CHAVARRÍA ARNAU 2009, p. 198.

196 ROSSI 1991, p. 92, 767.

197 AA. VV. 2000, p. 36.

Anche a Erbusco inizialmente “il condizionale è stato d'obbligo”, dal momento che le prime ipotesi avanzate nel 1999199 non potevano ancora fondarsi su dati

di scavo. La datazione proposta in quella sede rimaneva allora un'impressione scaturita da considerazioni inerenti i caratteri materiali e architettonici dell'edificio. La possibilità di una riedificazione, condotta dopo il XII secolo a margine di un edificio probabilmente già esistente ed edificato tra VIII e X secolo, poteva ad ogni modo già essere supportata da alcuni elementi: non solo la presenza di arredi scultorei reimpiegati nelle strutture dell'attuale edificio (e datati, appunto, da Panazza e Tagliaferri tra i secoli VIII e X), ma anche l'osservazione dei paramenti murari osservabili dall'esterno. Mentre la zona absidale impiega il marmo, i perimetrali ad essa connessi rivelano ben altre tecniche e materiali, giacché si pongono in opera ciottoli murati a secco200. Questa tecnica trova riscontro in altri due edifici religiosi che fecero

parte della giurisdizione erbuscana e che si datano al X secolo: si tratta delle chiese del castello di Torbiato e di S. Michele sul Monte Orfano; la giurisdizione erbuscana comprendeva poi i territori di Zocco, Villa, Pedergnano, Adro, Torbiato, Capriolo, Nigoline, Borgonato e S. Pancrazio201.

Fortunatamente hanno fatto seguito i primi saggi conoscitivi in prossimità dei perimetrali N e S nel settembre del 2000, che in occasione di lavori di rifacimento di Piazza Castello misero in luce alcune strutture murarie di notevole consistenza, interpretate come facciate delle navate minori della chiesa romanica, demolite nel XV secolo202. Tuttavia, ancora più notevoli furono i dati offerti dalle esplorazioni del 2011.

Il controllo archeologico preliminare alla posa dei sottoservizi, in particolare il saggio operato a N della pieve e in corrispondenza dello squadro absidale, ha permesso infatti di articolare una sequenza che prende le mosse da un insediamento abitativo precedente l'edificio ecclesiastico: qui il piano d'uso di questo conteneva cenere, resti di pasto e frammenti di pietra ollare associati ad un piano in cocciopesto molto povero e non meglio databile se non tra la Tarda Antichità e l'Alto Medioevo. Al

199 VISCARDI 1999.

200 Ibidem. 201 Infra, nota 170.

202 Archivio Topografico della Soprintendenza (ATS) di Brescia, comunicazione Ardovino del 27.10.2000 e relazione Feroldi - Lorenzini del marzo 2001.

di sopra di questo sono state quindi rinvenute tracce di un edificio di culto preromanico, la cui presenza è ipotizzata per deduzione dal rinvenimento di sepolture in lastre calcaree in virtù d'una plausibile associazione. Le tombe sono tra l'altro coperte da strati di intonaco dipinto (forse formatisi a seguito di una demolizione solo parziale della struttura) e su di questi si imposta anche una traccia ulteriore rappresentata da un pilastro posto a N dell'attuale abside203. Quel che è certo è che l'importanza della pieve

cresce nel corso del Basso Medioevo e i rapporti con l'autorità episcopale si fanno sicuramente più stretti a partire dal XIV secolo204.

Con Coccaglio si chiude l'elenco plebano per l'Alto Medioevo205, ma

l'imbarazzo è notevole. Gli unici dati archeologici sono quelli ricavati da una serie di cinque sondaggi realizzati in occasione del rifacimento dei servizi promosso dal Comune, ma le condizioni difficili in cui l'intervento si è svolto non hanno consentito interpretazioni raffinate. I materiali restituiti da questi modesti interventi assommano consistenti strati di ossa umane (rimaneggiamento di una possibile attività di bonifica dell'area in età postmedievale) e di frammenti di laterizi, coppi e ceramiche (quest'ultime di plausibile cronologia romana), nonché strutture edilizie206 e parte

dell'area cimiteriale sicuramente pertinente alla pieve. Per la precisione, di questa sono state messe in luce due sepolture: la prima, più alta in quota, con copertura di lastre lapidee; la seconda, parzialmente tagliata dalla precedente, alla cappuccina e con reimpiego di sesquipedali. Essa tagliava un livello di concotto, quindi precedente sia al cimitero sia alla chiesa, ma di datazione non meglio precisabile. Infine, altre tombe medievali sono state messe in luce a ridosso del fianco S della pieve207. La sua

circoscrizione comprendeva Rovato e Cologne in Franciacorta e, a S di questa, anche Chiari, Castelcovati e Castrezzato208.

Oltre a questi, altri edifici di culto sono stati documentati dalle ricerche

203 ATS Brescia, relazione Venturini del marzo 2011. 204 Ivi, p. 17.

205 Nell'area indagata, ma successivamente, si aggiungerà al novero anche la pieve di Sale Marasino.

206 Ad un muro in blocchi di conglomerato sono pertinenti un battuto e un acciottolato (d'età imperiale, sulla base dei materiali ceramici), nonché una sepoltura altomedievale che taglia il muro stesso. Si aggiunge una muratura ulteriore, indicata dalla traccia della sola fondazione.

207 GALLINA 2001.

archeologiche in Franciacorta. Contesto notevole, già visto in virtù della sua ampia area cimiteriale, è quello della chiesa di S. Vitale di Borgonato: pertanto, rimandiamo a quanto già detto (§ 1.2.4) e ci limitiamo a ricordare che in connessione con l'area funeraria esisterebbe un edificio di culto, la cui edificazione va collocata in un lasso di tempo abbastanza ampio (VI-X secolo). In virtù delle trasformazioni occorse a più riprese alla chiesa e, soprattutto, a motivo della frequentazione di lunga durata del cimitero, non riteniamo si possa escludere la relazione di quest'area con un nucleo demico di dimensioni considerevoli.

Le informazioni relative a quest'ultima, così come ad altre chiese esplorate, sembrano fornire elementi sul popolamento dell'area di indagine soprattutto a partire dall'epoca carolingia o, tutt'al più, dalla tarda età longobarda. Le indicazioni cronologiche ricavate attraverso le fonti sia materiali sia scritte sembrano infatti suggerire di non poterci spingere più in là dell'VIII secolo. Questo è probabilmente da imputarsi, innanzitutto, al fatto che lo sforzo organizzativo del sistema plebano si realizzò soprattutto sotto la dinastia carolingia, ma anche alla circostanza per la quale, in secondo luogo, parallelamente a questo processo, si avviò materialmente un'importante fase di edilizia ecclesiastica tra IX e XI secolo, che trovò un suo potenziamento e una sua sanzione con le nuove direttive liturgiche dettate dalla riforma dell'XI secolo: tracce di questo fervore edificatorio sono riscontrabili a Iseo, Sale Marasino, Bornato, Erbusco, Coccaglio e Palazzolo, così come nelle cappelle rurali sorte a servizio dei centri curtensi209.

Tra i poli plebani che, tra VIII e IX secolo, hanno restituito altri edifici ecclesiali, compare in primo luogo Iseo. Una prima chiesa, intitolata a S. Stefano e oggi scomparsa al di sotto di quella dedicata alla Madonna della Neve, insisteva in questa stessa area dove le ricerche archeologiche avevano rinvenuto piani pavimentali pertinenti alla villa romana di via Madonna della Neve, alla quale la chiesa si sovrappose, seppure non integralmente. L'antichità di questo edificio è specialmente suggerita dall'intitolazione a S. Stefano Protomartire, ma non esistono fonti che permettano di stabilire con sicurezza se essa vada ricondotta al Tardo Antico piuttosto

che all'Alto Medioevo210. Al contrario, l'intitolazione della chiesa (ad aula unica

monoabsidata con campanile) di S. Martino in Prada, collocata nell'entroterra e lungo la strada che dalla costa si inerpicava verso la montagna in direzione di Polaveno, spinge a porla durante gli anni della dominazione franca, sebbene le forme attuali suggeriscano una collocazione in età specificamente romanica. Gli scavi, più che aver permesso di retrodatarne la costruzione211, inizialmente posta attorno all'XI secolo,

hanno invece concesso di verificare che il sito era interessato da un'occupazione antropica già prima della presenza della chiesa, ma pesa l'assenza totale di reperti datanti. Ad ogni modo, forme di insediamento sono indicate dal rinvenimento di murature a secco, che nulla hanno a che vedere con l'edificio di culto, erette in pietrame e laterizi.

Anche a Gussago, oltre alla pieve, era presente una chiesa ancora oggi esistente e intitolata a S. Lorenzo. Le indagini archeologiche spingono, in questo caso, a sottolineare soprattutto la connessione con un'area cimiteriale: lo scavo ha infatti documentato per la prima fase un cimitero da porre in una data anteriore al X secolo. In questo primo momento si registrano tre sepolture a inumazione in assenza – a quanto pare – di un edificio di culto: si ipotizza dunque la presenza di una prima cappella di ridotte dimensioni, ma allo stato attuale non ve n'è traccia. Mentre l'edificio attuale è il risultato di interventi ultimati nel 1492, le prime fasi archeologicamente documentate di esso sono poste in maniera confusa nella bibliografia edita: sia il rapporto di scavo sia la pubblicazione specifica, propongono una datazione sulla base dei confronti tipologici con i profili absidali delle chiese di S. Benedetto a Brescia, di S. Salvatore a Sirmione e di S. Giorgio a Montichiari, ma mentre nel primo la datazione desunta è un'attribuzione alla tarda età longobarda, la seconda la pone al X secolo212.

Ultimo centro pievano dotato di una chiesa ulteriore è Coccaglio, dove un'indagine del 1985 ha documentato i resti di strutture murarie probabilmente pertinenti alla fase altomedievale della chiesetta di S. Pietro, ma cronologie e dettagli

210 BREDA 1995b.

211 La costruzione è posta poco dopo il 774, in virtù di una donazione di ampie aree dell'arco alpino concessa da Carlo Magno ai monaci di S. Martino di Tours proprio in quell'anno.

sono praticamente sconosciuti213.

Relativamente alle aree insediate prive di sedi plebane, durante l'Alto Medioevo possedevano una chiesa gli attuali territori di Torbiato, di Nigoline e di Colombaro. Innanzitutto, la chiesa di S. Maria di Colombaro, in virtù del reimpiego di alcuni rilievi precedentemente considerati214, potrebbe risalire ai secoli VIII o IX, ma lo

scavo effettuato in occasione di alcuni lavori di restauro ha consentito di precisare