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Giurisprudenza comunitaria sul public enforcement antitrust.

In particolare, la cooperazione tra la Commissione e le giurisdizioni nazionali.

II. SINDACATO GIURISDIZIONALE E PUBLIC ENFORCEMENT

2.1 Giurisprudenza comunitaria sul public enforcement antitrust.

private enforcement) di cui si tratterà nel terzo capitolo. Le decisioni su istituti

nuovi o che affrontano i problemi posti dalle norme esaminate in questo primo capitolo, saranno anch’esse specificamente oggetto di analisi e di alcune sommarie riflessioni.

II. SINDACATO GIURISDIZIONALE E PUBLIC ENFORCEMENT

2.1 Giurisprudenza comunitaria sul public enforcement

antitrust.

Le interpretazioni giurisprudenziali sul procedimento di enforcement amministrativo antitrust davanti alla Commissione sono state all’origine di molte delle evoluzioni normative esaminate nel precedente capitolo. I giudici comunitari hanno anche contribuito a precisare i contorni di molti degli istituti previsti già prima del regolamento n.1 e ancora in vigore231. Analogamente,

sono molto attese le ulteriori evoluzioni ed interpretazioni delle sentenze che verranno emanate in applicazione del regolamento soprattutto per quanto riguarda le novità che esso introduce ed i problemi irrisolti, che l’allargamento del sistema amplifica. L’analisi che segue verte soprattutto sui principali

231 Per approfondimenti sulle rassegne giurisprudenziali v. VOGELAAR, The European Competition rules, landmark cases of the European Courts and the Commission, Bruxelles, 2007, p. 318 ss.; VOGEL, Droit européen de la concurrence, II, Parigi, 2006, p. 1343 ss.; VAN DER WOUDE, JONES, EC competition law handbook, 2005-2006, Londra, 2005, p. 210 ss.

orientamenti sugli aspetti procedurali dell’enforcement antitrust comunitario. Gli argomenti saranno presentati suddivisi per questioni ed ordinati, tendenzialmente, in ordine cronologico secondo lo svolgimento del procedimento. A corollario di quanto già anticipato, l’esame delle decisioni sarà integrato con cenni teorici generali in materia di diritti fondamentali, politiche di deterrenza antitrust e clemenza, le principali tendenze evolutive che hanno recentemente interessato il sistema.

La maggior parte delle sentenze finora pubblicate dai giudici comunitari in materia antitrust sono state rese in applicazione del regolamento n. 17/62/Ce, perchè i procedimenti amministrativi oggetto dei ricorsi decisi erano precedenti al 2004. Tuttavia, visto che molti degli istituti procedimentali non sono stati modificati dal regolamento n. 1 del 2003, la precedente giurisprudenza continua ad offrire interpretazioni valide ed utili all’analisi. Va comunque rilevato, che negli oltre quaranta anni di vigenza del regolamento n. 17/62/Ce i giudici comunitari si sono moderatamente interessati della tecnica del procedimento, dimostrando una cautela ad interpretare il funzionamento dell’attività della Commissione dovuta sia alla tendenziale esaustività delle norme, sia ad una forma di deferenza per la discrezionalità ed autonomia amministrativa e, forse, anche ad una reale omogeneità di vedute e condotta con essa. Il sistema centrale del controllo antitrust gestito dalla Commissione è stato quindi ampiamente legittimato dalla giurisprudenza. Sia nelle fasi iniziali del loro controllo sull’attività amministrativa antitrust, che più recentemente, i giudici hanno comunque sottolineato le esigenze di tutela connesse al procedimento amministrativo, pur senza arrivare mai ad assimilarlo al processo od ai suoi standard. Le sentenze che hanno interpretato aspetti procedurali sono tendenzialmente seguite da una modifica nella prassi della Commissione, che recepisce le censure, talvolta promuovendo un’evoluzione delle norme.

Come si è detto, la giurisprudenza si è ulteriormente evoluta man mano che si sono decentrati a livello nazionale molti dei procedimenti di indagine e sanzione, alterando l’iniziale sistema monolitico, le cui procedure erano più facilmente standardizzabili, anche perchè l’istituzione deputata all’applicazione della norma e quella che tale norma aveva emanato coincidevano. Quando è culminato nell’adozione del regolamento n.1/2003/Ce, il decentramento

applicativo era stato introdotto nel sistema da tempo. La nuova disciplina ha soprattutto aperto la strada ad ulteriori potenzialità interpretative del diritto procedimentale antitrust, anche grazie all’intervento diretto di istituzioni nazionali con sensibilità, tradizioni e sistemi procedurali molto differenti. Infatti, anche se le autorità decentrate operano sostanzialmente con modalità ricalcate su quelle comunitarie, l’applicazione diretta delle norme da parte loro comporta una costante reinterpretazione delle stesse, che si aggiunge a quella dei giudici nazionali e richiede un costante riferimento nella giurisprudenza comunitaria come parametro di riferimento. L’ampliamento della rete di controllo, come non ci si stanca di sottolineare, trasferisce sul livello locale anche molte delle incoerenze ed incertezze di quello centrale. In particolare, l’irrisolta questione della natura del procedimento davanti alla Commissione, amministrativo nella forma e quasi giudiziale negli effetti e nella sostanza, comporta naturalmente un effetto domino sugli stati membri sia laddove si ispirino al modello comunitario nello strutturare i loro sistemi nazionali di controllo (come l’Italia), ma anche semplicemente in una prospettiva di equivalenza della tutela, che non può essere tale tra, ad es. un’autorità nazionale-giurisdizione, che accerta l’illecito

antitrust in un processo, e la Commissione europea, che lo fa coi modi ed i limiti

del sistema amministrativo.

Come si è visto nel precedente capitolo, specularmente al decentramento le competenze della Commissione sono state esplicitamente ricondotte al vertice del controllo comunitario perché si occupi solo delle questioni di particolare rilevanza economica o giuridica. Inoltre, la Commissione ha un’essenziale funzione uniformatrice dell’applicazione del diritto europeo che penetra anche i procedimenti nazionali, con facoltà di intervento, allocazione, avocazione e verifica. Sotto il diverso profilo del miglioramento dell’efficacia inquirente della Commissione, con il regolamento n.1 le sono stati forniti nuovi e più potenti strumenti di inchiesta e decisione. A livello sanzionatorio l’innalzamento delle ammende, con possibili aperture in direzione penalistica, insieme al ricorso ad incentivi per le azioni civili sul modello americano, sono stati accompagnati dall’adozione di programmi di clemenza per premiare la collaborazione delle imprese nell’accertamento degli illeciti. In questa evoluzione, anche i diritti delle parti e dei terzi del procedimento amministrativo

comunitario antitrust assumono un ruolo diverso nell’interpretazione dei giudici, con auspicabili estensioni di un approccio processualistico in senso ampio, soprattutto in termini di tutela e garanzie. Se tale tendenza si confermerà, sarà attraverso le impugnazioni delle decisioni della Commissione che accoglieranno le nuove istanze dei ricorrenti, in particolare, davanti al Tribunale di primo grado.

Va tenuto presente che il tasso di accoglimento delle impugnazioni avverso decisioni della Commissione (ex artt. 229 e 230 del trattato) dimostra che dal punto di vista dell’annullamento della decisione o dell’accoglimento delle obiezioni in diritto, la probabilità di successo per gli appellanti è finora stata bassa232. Ciononostante, è ancora molto alto il numero di ricorsi al

Tribunale nella più ragionevole prospettiva di una riduzione della sanzione. I motivi di impugnazione che qui interessano si sono concentrati essenzialmente sulla insufficienza probatoria o sui vizi nel procedimento (in particolare, per lesioni del diritto di difesa e di accesso, o abuso dei poteri di indagine). Questa seconda categoria ha avuto un trend di accoglimento calante in anni recenti, anche perché la Commissione ha modificato la prassi verso una maggior correttezza procedimentale.

Molto spesso le imprese soccombenti in primo grado percorrono anche l’ulteriore impugnazione di secondo grado avanti alla Corte, con una probabilità di accoglimento estremamente bassa. Il risultato è un enorme dispendio di energie, che nella migliore delle ipotesi si giustifica con l’aspettativa di una ulteriore riduzione dell’importo della sanzione e la conferma della sostanziale correttezza del procedimento amministrativo. L’alto numero di impugnazioni sconta inoltre l’elevato tasso di litigiosità delle parti coinvolte nei procedimenti

antitrust, quasi sempre disposte a sostenere un contenzioso anche lungo ed

oneroso233.

Dal punto di vista dell’indagine che qui ci occupa, è opportuno considerare che la casistica giurisprudenziale rivela alcune caratteristiche di interesse generale, sulle quali ci si sofferma prima di procedere analiticamente. I giudici hanno contribuito ad interpretare le forme procedimentali intervenendo

232 HARDING, GIBBS, Why go to court in Europe? An analysis of cartel appeals 1995-2004, in Eur.law rev., 2005, p. 349 ss.

in sede di impugnazione sulle decisioni della Commissione. Questa circostanza ha fatto sì che emergessero chiaramente i limiti del sistema riguardo all’interazione tra processo e procedimento, che dialogano in modo non sempre efficiente anche a livello comunitario. Se la natura amministrativa e politica di esercizio riconosciuta alla Commissione comporta la possibilità di utilizzare poteri e discrezionalità che superano i contorni del potere giurisdizionale e se il potere giurisdizionale si arresta proprio di fronte alle manifestazioni di tale natura amministrativa, necessariamente, la tutela piena dei diritti degli interessati è compressa e limitata. La parte di un procedimento antitrust ha, infatti, la possibilità di ottenere un contraddittorio pieno e di godere di diritti difensivi propri solo in sede di impugnazione davanti al Tribunale di primo grado. Tuttavia, laddove questo organo avalli implicitamente o esplicitamente la disparità di poteri che caratterizza il procedimento amministrativo, in particolare, limitando il proprio sindacato ai profili di eventuale illegittimità dell’atto, alla parte interessata vengono sottratti definitivamente una sede di giustizia per la sua opposizione piena ed un controllo effettivo ed imparziale sull’illecito e sul procedimento amministrativo che lo abbia o meno accertato.

Come si vedrà meglio a proposito del sistema italiano, che ha sviluppato un approfondito dibattito sui problemi del controllo giurisdizionale sull’atto amministrativo, è invece importante che, se pure non sarebbe corretto forzare le norme fino ad assumere la natura pienamente giurisdizionale dell’autorità

antitrust, è essenziale almeno che il controllo del giudice si espanda anche al

merito, per garantire alle parti un momento di processualità effettiva. Fortunatamente la giurisprudenza comunitaria è in costante evoluzione e forse anche l’introduzione delle nuove norme promuoverà ulteriori progressi interpretativi. In particolare, mentre i diritti di difesa nel procedimento vengono introdotti con la necessaria cautela, i limiti al sindacato giurisdizionale sembrano orientati, almeno nella prassi, verso una contrazione che lasci al giudice di impugnazione un maggior controllo sul merito delle valutazioni amministrative della Commissione. Questo tipo di evoluzione, da incoraggiare per ragioni di giustizia sostanziale, comporterebbe un riassetto negli equilibri istituzionali non di poco conto e dovrà essere valutata con attenzione in tutti i suoi possibili effetti, tra cui anche il ridimensionamento del ruolo della Commissione, da

sempre unica depositaria del controllo antitrust. Trasferire al Tribunale un sindacato pieno sull’operato della Commissione vorrebbe dire, infatti, che quella diventerebbe la sede interpretativa ed applicativa prioritaria dei divieti nel sistema comunitario di enforcement, effetto che per molte ragioni si è voluto finora evitare.

A parere di chi scrive, la graduale processualizzazione del procedimento per via giurisprudenziale, produce effetti pratici analoghi al pieno sindacato del giudice sul merito della violazione antitrust, ma rappresenta l’opzione opposta dal punto di vista concettuale. Infatti, si tratta di un’operazione completamente diversa, che interviene internamente al procedimento forzandone la natura e non in una sede sopraordinata a questo, come avviene ampliando il sindacato dell’impugnazione, ma al contrario, potenziandone i caratteri propri nel pieno rispetto della reciproca autonomia. Il motivo per cui la giurisprudenza sta intervenendo su entrambi i fronti è probabilmente quello della difficoltà di intervenire sui ruoli di Commissione e Tribunale. La situazione rende a dir poco sconsigliabile una radicale riforma in un senso o nell’altro, soprattutto inattuabile attraverso lo strumento giurisprudenziale. Per questo motivo, con gradualità, i giudici hanno man mano introdotto sia elementi di garanzia processuale all’interno del procedimento, cercando di non forzarne la natura amministrativa, sia sono intervenuti ad allargare lentamente l’ambito del proprio potere di controllo in sede di impugnazione, verso una tutela più piena per le parti. I tempi necessari ad un’ulteriore sviluppo ed i limiti sistematici che lo contrastano fanno pensare che in assenza di un intervento normativo non sarà comunque possibile a breve raggiungere l’auspicato obiettivo di dare alle parti una sede in cui poter esercitare un ruolo processuale proprio nel contrastare l’accertamento

antitrust.

In attesa che i giudici si occupino ex professo delle, poche, novità procedimentali introdotte dal regolamento n. 1, si tengono presenti gli orientamenti precedentemente elaborati, in gran parte ancora validi in quanto non superati da una prassi contraria. Ad esempio, per i motivi già anticipati, legati alla natura del procedimento, da tempo le parti ed i denuncianti fanno largo uso di argomenti di doglianza quali: la lesione del diritto di difesa, il mancato rispetto dei doveri di informazione della Commissione, la violazione

del contraddittorio, la mancata protezione della riservatezza, od il superamento dei limiti ai poteri di indagine, desumibili dai principi generali dell’ordinamento. In particolare, le modalità di esercizio del potere inquisitorio della Commissione sono, quindi, non solo molto discusse in dottrina e ben presenti alle pratiche imprenditoriali, ma sono anche uno dei principali motivi addotti a sostegno delle impugnazioni al giudice comunitario. Gli argomenti di doglianza sul procedimento, che verranno di seguito esaminati, ruotano comunque quasi tutti intorno alle possibili compressioni del diritto di difesa nella dialettica amministrativa. Alcune contestazioni hanno carattere più marcatamente amministrativo, altre sono più simili a quelle note alle difese processuali contenziose, anche penali. La giurisprudenza si è anche occupata di delineare ruoli e poteri delle parti in sede di impugnazione e con queste pronunce si chiuderà l’analisi. Necessariamente, verranno esaminate solo alcune delle decisioni più rappresentative senza pretese di completezza.