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Ruolo della giurisprudenza.

In particolare, la cooperazione tra la Commissione e le giurisdizioni nazionali.

1) Indagine e procedimento.

1.8 Ruolo della giurisprudenza.

Le sentenze del Tribunale di primo grado delle Comunità europee, competente per le impugnazioni sulle decisioni della Commissione, non si sono ad oggi ancora quasi per nulla occupate ex professo delle novità procedimentali contenute nel Regolamento n. 1/2003/Ce. Generalmente, i ricorsi depositati dopo la sua entrata in vigore non sono ancora stati decisi perché il giudice comunitario sta emanando sentenze sui procedimenti che la Commissione ha gestito prima del 2004, quindi, in applicazione del Regolamento n. 17/62Ce223.

218 Gazz.uff. n. 240, del 13 ottobre 1990. 219 Gazz.uff. n. 158, del 9 luglio 1998.

220 Gazz.uff. n. 301, S.O. n. 208, del 28 dicembre 2005 (artt. 19-22). 221 Gazz.uff. n. 186, S.O. n.183, dell’11 agosto 2006.

222www.agcm.it.

223 VOLCKER, Deveopments in EC competition law in 2005: an overview, in Comm. Mark.Law Rev., 2006,

p. 1412 ss., riassume alcune delle principali decisioni giurisprudenziali comunitarie in materia dell’anno 2005.

Molti dei principi fin qui enucleati dalla giurisprudenza comunitaria possono però essere tenuti fermi, per quello che è stato conservato delle norme previgenti nel Regolamento n.1 e per quello che le nuove disposizioni possono trarre come guida interpretativa dalla precedente casistica. La giurisprudenza sulla procedura antitrust riveste un particolare interesse ai fini di questa analisi, poiché si occupa di aspetti poco regolamentati ed i principi comunitari in materia nascono soprattutto dalla prassi applicativa.

Ad esempio, il diritto alla difesa, si è sviluppato come principio della Corte di giustizia sin dagli anni settanta, anche in assenza di specifiche previsioni normative. Il Regolamento n. 1 lo prevede succintamente all’art. 27, ma l’esperienza giurisprudenziale comunitaria è molto importante per valutare la portata di questo fondamentale diritto e di quelli ad esso collegati: il diritto ad un processo giusto224, quello al contraddittorio e ad essere sentiti, il diritto di

accesso al fascicolo225, il diritto alla riservatezza della corrispondenza con

l’avvocato e dei documenti, ecc. Il principio della difesa è assurto ad una tale importanza nel sistema comunitario da dover essere rispettato anche dalle norme secondarie sul procedimento a pena di nullità226. Il ruolo del denunciante,

di cui si parlerà più diffusamente in seguito, e di tutti i terzi al procedimento, non è di altrettanto facile definizione, ma si è arricchito anch’esso di nuove potenzialità grazie alle interpretazioni dei giudici, soprattutto nel caso di rigetto della denuncia, anche se non è pensabile che la giurisprudenza arrivi ad assimilare pienamente i diritti del terzo a quelli delle parti, né dovrebbe farlo227. I

diritti degli interessati a cui si fa particolare riferimento si riconducono a quello

224 Due process nella tradizione USA, mentre nel common law si è fatto strada il principio di c.d. natural justice, TOSATO, BELLODI, op.cit., [BELLODI], p. 137 ss.; l’art. 27 non si applica alle decisioni

procedurali, come l’ordine di esibizione documenti e indagine, o le decisioni di inizio o riapertura del procedimento. La riapertura d’ufficio o su istanza si fonda generalmente su presupposti quali: il cambiamento materiale dei fatti su cui la decisione era fondata, la violazione degli impegni, l’inesattezza o incompletezza delle informazioni che hanno fondato la decisione (art. 9 Reg. n. 1/2003/Ce).

225 Comunicazione della Commissione riguardante le regole per l’accesso al fascicolo istruttorio della

Commissione nei casi relativi all’applicazione degli artt. 81 e 82 del Trattato, in Gazz.uff.Un.eur. C 325, del 22 dicembre 2005, p. 7 ss.; WALBROEK, Le régime, op. cit., p. 48 ss.

226 GIANNAKOPOULOS, Safeguarding companies’rights in competition and anti-dumping /anti-subsides proceedings, The Hague, 2004, p. 412 ss.

227 Comunicazione della Commissione sulle procedure applicabili alle denunce, in Gazz.uff.Un.eur. C 101

del 27 aprile 2004, p. 65 ss.; FURSE, Competition law of the EC and UK, Oxford, 2006, p. 130 ss., inter

alia, sul ruolo del denunciante. In particolare, non è stato esplicitato il loro potere di invocare le garanzie di

riservatezza e anonimato, anche il diritto ad essere sentiti rimane molto debole, inoltre, col pacchetto modernizzazione è diventato difficile rientrare nella categoria dei denuncianti formali, e ne risulta ridimensionata l’estensione giurisprudenziale che aveva inserito anche soggetti non formalmente denuncianti ma titolari di particolari diritti personali.

generale che prescrive il giusto processo, nelle sue varie specificazioni individuate dalle sentenze dei giudici: 1) diritto ad essere informati dell’avvio del procedimento e degli addebiti contestati, 2) possibilità di accedere al fascicolo228

e di chiedere la segretazione di alcuni atti ed infine, 3) possibilità di difendersi ed essere sentiti, eventualmente anche in audizione orale. Questi tre momenti fondamentali garantiscono i soggetti sottoposti ad un accertamento amministrativo e ad essi è connessa strettamente la possibilità di contraddire, contestando gli atti e le risultanze dell’accertamento, eventualmente anche impugnandoli in sede giurisdizionale.

Quanto all’art. 6 della Cedu, sul giusto processo, la sua non applicabilità ai procedimenti amministrativi antitrust si è inizialmente fondata sulla natura non criminale delle sanzioni da questi previste. Anche il Regolamento n.1/2003/Ce, come già il precedente Regolamento n.17/62/Cee, esplicita la connotazione meramente amministrativa delle sanzioni comminate in materia antitrust a sostegno dell’interpretazione consolidata nella giurisprudenza comunitaria. Tuttavia, l’orientamento più recente delle giurisprudenze di Strasburgo e di Lussemburgo tende ad ammettere sempre più largamente le ragioni del diritto fondamentale di difesa nel procedimento antitrust, pur con una serie di distinguo applicativi che verranno approfonditi nel prossimo capitolo. L’importanza della guida giurisprudenziale, soprattutto comunitaria, risalta chiaramente se si pensi al nuovo ed allargato scenario applicativo delle norme

antitrust, caratterizzato da enormi differenze nei diritti e nelle garanzie

processuali dei vari stati dell’Unione. In mancanza di armonizzazione è sempre più utile il ricorso al minimo comune livello di protezione rappresentato dalla Convenzione dei diritti umani, rafforzato dai rimandi delle norme comunitarie229.

228 ROMANO, op. cit., p. 350 ss. che riconduce il diritto di accesso al fascicolo al principio di parità delle

armi, diversamente da quanto inizialmente sostenuto dalla Corte di giustizia.

229 Carta europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, cit., proclamata solennemente il 7

dicembre 2000 (non inserita nei Trattati, anche se si interpreta come se lo fosse). Prevede all’ art. 47 il giusto processo e le garanzie all’imputato penale, all’ art. 50 il c.d. ne bis in idem, all’ art. 7 e 17 la tutela di vita privata e proprietà. Questi diritti possono essere limitati solo per legge secondo l’art. 52. E’stata inclusa nella proposta di Trattato di una Costituzione europea. Il nuovo Trattato comunitario è stato approvato durante il Consiglio europeo informale di Lisbona il 17 e 18 ottobre 2007 e prevede l’obbligatorietà della Carta dei diritti fondamentali, con l’opt-out di Polonia e Gran Bretagna: Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007, in Gazz.uff.Un.eur., C 306, del 17 dicembre 2007, p. 1 ss. e Protocollo relativo all’art. 6 § 2 del Trattato dell’Unione europea sull’adesione dell’Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ivi, p. 155. Farà seguito la ratifica dei 27 membri, per un’entrata in vigore prevista entro il giugno 2009.

In particolare, uno di questi rimandi è evidente nel considerando 37° del Regolamento n.1, che contempla anche l’ipotesi della clemenza. Tale politica, per la sua importanza strategica e per la possibilità di sconto di sanzione che rappresenta per le imprese, pone nuovi ed importanti problemi di uniformità tra i vari paesi, che lentamente si stanno dotando di propri programmi nazionali, non sempre omogenei e talvolta ancora insufficienti.

Tra i molti aspetti di attenzione per la giurisprudenza, sempre rispetto al generale diritto di difesa delle parti, si segnala anche la garanzia ad un procedimento o processo in una lingua ad esse conosciuta. Le norme comunitarie non disciplinano questo aspetto in relazione ai procedimenti nazionali, ma una qualche uniforme garanzia linguistica dovrà essere offerta nei vari punti della rete perché questa possa funzionare. Gli stati potranno essere stimolati ad adeguare le proprie norme anche da interpretazioni giurisprudenziali sempre più attente. Da questo punto di vista, i giudici dovranno concentrarsi su tutti gli aspetti tecnici del meccanismo di coordinamento: l’allocazione dei casi, i poteri di indagine, la coerenza delle decisioni.

Oltre al diritto ad un giusto processo, l’ordinamento comunitario prevede ulteriori garanzie, su cui si avrà modo di tornare a breve per valutarne la compatibilità con il network antitrust, tra cui il diritto a non essere processato due volte (c.d. ne bis in idem) previsto dal Protocollo n. 7 Cedu, all’art. 4 e quello alla protezione della vita privata e della proprietà di cui all’art. 8 Cedu e Protocollo n.1, art. 1. E’importante premettere che la Cedu può ritenersi applicabile ratione materiae all’antitrust, solo se si interpreti estensivamente il concetto di procedimento penale, come si vedrà essere già ammesso dalla giurisprudenza. Tecnicamente, poi, l’Unione e la Commissione non hanno sottoscritto la Cedu, ma come già anticipato ne hanno recepito i principi fondamentali. Tuttavia, le incertezze sull’allocazione dei procedimenti, possono creare differenze di tutela anche sotto l’aspetto del grado di adesione di ogni stato alla Cedu. In particolare, il rispetto del divieto a subire un doppio procedimento si pone anche all’interno dell’Unione, in cui sono ammessi i processi paralleli sin dalla giurisprudenza Walt Wilhelm. Il problema è accentuato Anche l’art. 12 del Regolamento n.1 ammette un diverso regime di prova e di sanzione a livello nazionale e cerca di creare un meccanismo che renda ciononostante legittima la cooperazione e lo scambio di informazioni.

dal Regolamento n. 1 perché, in precedenza e nonostante fosse già possibile l’applicazione anche delle norme comunitarie antitrust, le autorità nazionali hanno quasi sempre applicato il solo diritto nazionale, evitando l’insorgenza di conflitti e duplicazioni reali. L’art. 4 del Protocollo n. 7 Cedu sembrerebbe escludere che i procedimenti paralleli siano compatibili con il divieto di bis in

idem, tuttavia, la norma si riferisce solo alle duplicazioni realizzate nello stesso

stato. Un ostacolo più solido è invece rappresentato dal corrispondente art. 50 della Carta dei diritti fondamentali, che si applica a tutta l’area dell’Unione. Il nuovo fenomeno della rete antitrust sfugge quindi alle regole finora stabilite e andrà regolato in via interpretativa, tenendo presente che il Regolamento n. 1 e l’art. 50 della Carta tendono ad estendere il ne bis in idem ai procedimenti che applicano il diritto comunitario nel network, che potranno proseguire quindi parallelamente solo finché uno dei due non sia deciso230.

Per chiarire la conformità ai principi fondamentali veduti, è necessario che la giurisprudenza o il legislatore fissino degli standard minimi di tutela, comuni a tutto il contesto non armonizzato. Questa esigenza emerge in particolare per la protezione della riservatezza, per l’indipendenza delle autorità nonostante la preminenza della Commissione e per l’esercizio del contraddittorio delle parti riguardo alle opinioni consultive rese da membri della rete (in analogia a quanto avviene con l’Avvocato generale nel processo comunitario), tanto quando questi siano autorità amministrative requirenti-giudicanti, che nei casi in cui l’organo operi con funzioni separate.

Le questioni procedurali antitrust sono state oggetto di pronunce della magistratura soprattutto in sede di impugnazione. Per l’Italia, si esamineranno in particolare le pronunce del T.A.R. Lazio, del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione. Anche questa giurisprudenza fa ancora applicazione delle norme, prevalentemente nazionali, applicate prima del Regolamento n.1 e raramente i giudici nazionali hanno richiesto la pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia su questi aspetti. Nel prossimo capitolo si terranno presenti sia la giurisprudenza comunitaria, che la casistica italiana di impugnazione amministrativa, operando una scelta condizionata dai fini e dai limiti di questo lavoro. L’analisi della giurisprudenza risulta essere un aspetto fondamentale per

230 WILS, Principles, cit., p. 78 e ss. Sottolinea che la compatibilità con il Protocollo n. 7, art. 4 non può

chiarire sia i recenti orientamenti in materia di procedimento amministrativo

antitrust (c.d. public enforcement), che la prassi dei giudizi di merito (c.d. private enforcement) di cui si tratterà nel terzo capitolo. Le decisioni su istituti

nuovi o che affrontano i problemi posti dalle norme esaminate in questo primo capitolo, saranno anch’esse specificamente oggetto di analisi e di alcune sommarie riflessioni.