In particolare, la cooperazione tra la Commissione e le giurisdizioni nazionali.
1) Indagine e procedimento.
1.5 Procedimento e categorie processuali.
Preliminarmente, le questioni centrali intorno alle quali ruota l’analisi processuale e procedimentale attengono strettamente alla qualificazione delle attività (istruttorie e decisorie) della Commissione, insieme alla verifica del tipo e del livello di controllo giurisdizionale che viene esercitato su di essa. Quanto al primo profilo, pare opportuno evitare di assimilare al processo un procedimento che è diverso nella lettera delle norme, nell’economia del sistema e nelle unanimi pronunce dei giudici. Escludere l’attività della Commissione dalla categoria processuale formale, non vuol però dire non riconoscerne le particolarità che le sono proprie in termini di potenzialità aggressive dei diritti soggettivi. Se pure la Commissione è al centro di un meccanismo di natura prevalentemente amministrativa, è necessario che la tutela ai diritti delle parti sia “quasi giurisdizionale” come lo sono alcuni dei tratti più tipici del
180 NAZZINI, Procedure comunitarie, cit., p. 134 s.
181 BIAVATI,Il diritto processuale e la tutela dei diritti in materia di concorrenza, in Riv.trim.dir.proc.civ.,
procedimento. In particolare, il contraddittorio e la possibilità di difesa vanno sottolineati con forza maggiore di quanto avverrebbe nella normale dialettica amministrativa, poiché sono pacifici il carattere pienamente contenzioso del procedimento e quello pesantemente afflittivo degli atti della Commissione nei confronti delle imprese oggetto di “accertamento”. Si vedrà in seguito che l’uso del termine non è casuale, in quanto si approssima molto negli strumenti, se non negli esiti, all’accertamento proprio della cognizione giurisdizionale. Anticipando alcune delle riflessioni che si trarranno più avanti nell’analisi può ritenersi che il procedimento antitrust, pur non essendo un processo, per alcune sue caratteristiche fondamentali vada considerato e controllato come se lo fosse.
A tal proposito, viene spontaneo il collegamento con il secondo elemento della premessa, ossia con la necessità che il giudice imparziale, quando finalmente interviene in sede di impugnazione, possa e debba compensare ogni eventuale deficit di tutela che sia risultato dal funzionamento del procedimento amministrativo. Servirebbe dunque una potestà di controllo piena, diversamente da quella limitata ammessa dalla giurisprudenza, per assicurare alle parti, come nel caso del rinvio pregiudiziale, un momento, seppure rinviato alla fase giudiziaria, in cui la tutela si riespande ed il loro diritto è pieno davanti al giudice. Diversamente, mantenere un procedimento inquisitorio e non processualizzato, con un successivo controllo giurisdizionale limitato, crea il risultato di sbilanciare il sistema a tutto svantaggio delle imprese, dei diritti privati, ed indirettamente, proprio di quel pubblico interesse che li riassume che le norme antitrust vorrebbero proteggere. Se il controllo giurisdizionale fosse pieno, tuttavia, il sistema verrebbe comunque minato dalla duplicazione di accertamento e valutazione, che renderebbe di fatto inutile il livello amministrativo, anzi, discriminatorio rispetto a quello giurisdizionale in cui lo stesso inadempimento verrebbe accertato pienamente e nel rispetto delle garanzie, con un valore giuridicamente e socialmente superiore. Senza anticipare conclusioni, per questa via si giunge dunque a preferire l’azione giurisdizionale, alternativa e probabilmente superiore all’attuale prevalenza amministrativa.
Nel quadro complessivo di poca armonizzazione e limitato controllo cui si è fatto riferimento emerge chiaramente l’importanza di valorizzare le categorie processuali utili alla valutazione ed alla promozione del corretto funzionamento del sistema, innanzitutto nel suo profilo amministrativo, deputato public
enforcement antitrust comunitario. L’elemento principale di questi riscontri, di
cui ci si occuperà anche in seguito sulla base delle interpretazioni giurisprudenziali, è rappresentato dal diritto di difesa, come specificato dall’ordinamento comunitario nel contesto dei diritti fondamentali e ripreso dall’art. 27 del Regolamento n.1. L’onere della prova, invece, è disciplinato in termini accusatori dall’art. 2, ma si inverte nel caso di esenzione ex art. 81, n. 3, perché la norma prevede che sia l’impresa che invoca il beneficio a doverne provare la sussistenza dei presupposti. La fondamentale categoria processuale della difesa deve operare in modo corretto a garanzia dell’equilibrio nella dialettica di accertamento dell’eventuale violazione e compatibilmente con il fine pubblico perseguito dalle autorità amministrative e dal Trattato182.
A proposito di quest’ultimo, va ricordato che non vi si enunciano criteri tecnici generali per i procedimenti amministrativi, le cui regole sono demandate alla legislazione secondaria ed alla giurisprudenza. In un tale contesto si realizzano le vedute interferenze ed interazioni tra sistemi amministrativi e giurisdizionali, nazionali e comunitari. Sarebbe quindi molto importante garantire normativamente che in un contesto molto differenziato, le “condotte
antitrust” delle parti siano sottoposte ad una valutazione imparziale, o almeno
controllabile ed equa, anche e soprattutto se questa valutazione si svolge nell’interesse pubblico. L’equidistanza nella decisione è infatti un elemento necessario in ogni caso in cui il provvedimento abbia un contenuto potenzialmente pregiudizievole per le parti. Le regole del procedimento devono anche fare sì che agli interessati (in senso ampio) sia assicurato un contraddittorio giusto, se non pieno, come manifestazione del più ampio diritto fondamentale di difesa e che sia riconosciuta tutela al loro interesse ad agire, intervenire, impugnare. Ogni procedimento deve avere una durata ragionevole, le indagini e l’istruttoria devono rispettare regole e limiti, la riservatezza va
garantita e anche sul piano decisorio vanno salvaguardate le principali cautele dovute alle parti e ai terzi nei procedimenti contenziosi183.
Fatte queste premesse sistematiche, va dato atto che nel sistema comunitario di vigilanza antitrust si realizzano condizioni di massima specialità. Il procedimento devoluto alla Commissione ed alle autorità nazionali (in larga parte, ma non tutte, amministrative) ha caratteristiche che lo distinguono fortemente da un qualsiasi altro procedimento amministrativo nazionale, pur non potendo rientrare tra i processi giurisdizionali per dottrina pacifica e per una scelta normativa precisa. In particolare, l’imparzialità dell’organo decidente pone questioni complesse anche se applicata ad autorità nazionali che non siano giudici, ma seguano il modello della Commissione o dell’Autorità garante italiana. Questo tipo di autorità, infatti, cumula le funzioni inquisitoria e giudicante, oltre che, talvolta, normativa184. Data la grande rilevanza del public enforcement, è importante analizzare le caratteristiche procedurali dell’organo
amministrativo per valutare se il sistema sia efficiente e se sia stato creato un meccanismo idoneo a bilanciare al meglio gli interessi in gioco. In questo contesto, giova ricordare che la giurisprudenza comunitaria ammette pacificamente la non imparzialità delle autorità come connaturata alla loro essenza amministrativa, riconducendole comunque tra gli organi che perseguono un interesse generale e non di parte. L’esercizio di poteri decisori e inquisitori come quelli attribuiti in materia antitrust ad organi non imparziali, pone tuttavia non poche difficoltà. Queste come si è visto, non sono fugate dalle possibilità di un riesame giurisdizionale successivo. Nel nostro ordinamento, come in quello comunitario, il ruolo dell’autorità amministrativa è in realtà il frutto complesso di un’ibridazione multipla di potere esecutivo-normativo, pubblica amministrazione, pubblico ministero e giudice.
A livello internazionale, l’istanza di imparzialità nel procedimento antitrust si traduce in una verifica della sua compatibilità con l’art. 6 della Cedu, compatibilità che può essere ammessa solo seguendo l’interpretazione della Corte di Strasburgo, che eccezionalmente ammette (per ragioni di efficienza) la concentrazione su autorità amministrative anche di attività di natura penale. La
183 ANDREANGELI, Impact of the modernisation regulation on the guarantees of due process in competition proceedings, in Eur. Law Rev., 2006, p. 342 ss.
nozione estensiva di queste ultime comprende infatti tutte le decisioni che possono recare un pregiudizio grave alle condizioni del destinatario, come nel caso dei procedimenti antitrust. La Corte europea richiede, però, che sia garantito un riesame giurisdizionale di tali decisioni in un processo rispettoso dell’art. 6 Cedu. In sostanza, si posticipa l’instaurazione di un processo imparziale alla fase conclusiva del possibile iter di accertamento, fase che si svolge davanti al giudice. Per evitare questa forzatura, la dottrina ha anche ipotizzato l’alternativa della netta separazione delle funzioni. La proposta prevede di lasciare alla Commissione la fase inquirente, rimettendo la decisione direttamente ai giudici comunitari. Plausibilmente, si è ritenuto che in tal modo l’economia processuale ne trarrebbe giovamento, insieme ai diritti delle parti185.
L’ipotesi va però valutata alla luce degli obiettivi dell’attuale sistema e della sua capacità di raggiungerli, ad esempio, con riferimento alla decisione dei casi, al numero dei provvedimenti e all’effetto deterrente di questi ultimi. Un organo che cumula su di sé la funzione di indagine e quella decisionale, senza essere un giudice, presenta il rischio evidente di eccedere in inquisitorietà. Come già evidenziato, i dati empirici non sono sufficienti a formulare questa censura nel caso della Commissione, anche perché non sono mai state redatte statistiche su campioni significativi. Tuttavia, si segnala l’alto numero di decisioni annullate dal Tribunale che ha portato recentemente a modificare la prassi della Commissione. Ogni organo che sia inquirente e giudicante allo stesso tempo rischia di agire per confermare se stesso, per giustificare la propria prassi, per cercare di dimostrare un alto livello di efficienza. I controlli interni servono a eliminare questi rischi, ma rallentano il procedimento e sono costosi come, se non più, della separazione di funzioni. La Commissione non opera in un contesto processuale, ma comunque in un procedimento fortemente contenzioso che rischia di rivolgere in senso autoritario le sue caratteristiche amministrative giustificando le riserve degli interpreti186.
Anche il controllo giurisdizionale, che solo può fugare le riserve sull’imparzialità della Commissione, si rivela incompleto e lento anche a livello
185 WILS, Principles, cit., p. 160 ss. sostiene la possibilità di effettuare questa diversa attribuzione di
funzioni senza modificare il Trattato.
186 Sul problema della difficile convivenza tra effetti sanzionatori, procedimento contenzioso e natura
formalmente amministrativa, anche per una completa ricognizione della giurisprudenza della Corte di Strasburgo si rinvia al prossimo capitolo, nella parte che esamina l’applicabiità della Cedu al procedimento
comunitario (possono trascorrere fino a 5 anni prima della decisione del Tribunale). Se davanti al giudice si operasse una revisione completa (anche di merito) e rapida della decisione amministrativa, il sistema attuale potrebbe aspirare ad essere immune dai pericoli e dai costi connessi al ruolo atipico della Commissione, evitando più complesse riforme. Inoltre, non è scontata la maggior economicità dell’esistente, rispetto al modello alternativo in cui la Commissione funzionasse da “P.M.” davanti alla Corte187. Infatti, i controlli
interni ed esterni che adesso servono a garantire la trasparenza e correttezza della decisione amministrativa hanno un peso che non va sottovalutato.Questo rilievo vale soprattutto in materia antitrust, dove, rispetto alle concentrazioni, c’è un più ampio ricorso alla revisione giurisdizionale, con conseguente ulteriore appesantimento dell’iter. Inoltre, anche se non sono provati precisi eccessi inquisitori dell’autorità amministrativa, i meccanismi di controllo interno e giurisdizionale esistenti non bastano ad eliminare del tutto i rischi in questo senso188.
Tornando ai diritti di difesa, è importante sottolineare che oltre ai problemi posti dall’allocazione dei casi, anche lo scambio di informazioni e l’utilizzo delle stesse come prove risente fortemente dell’assenza di armonizzazione processuale e procedurale tra i vari stati membri. Il criterio dell’ammissibilità delle misure di indagine è lasciato indefinito nelle norme, la Comunicazione sulla cooperazione delle autorità prevede che la prova sia utilizzabile se risulti ammissibile secondo le norme nazionali dell’autorità che la invia, indipendentemente dalle regole nazionali dell’autorità ricevente. Questo può essere un modo di superare vincoli nazionali più severi per l’ammissione delle prove dei procedimenti antitrust. Oltre a compromettere i diritti degli interessati al procedimento, si potrebbe così creare una discriminazione rispetto alle materie in cui non esiste una simile alternativa. Poiché la circolazione delle informazioni può limitare i diritti di difesa (compresi riservatezza e segreto) delle imprese, alcuni interpreti suggeriscono che, perlomeno, lo scambio delle informazioni per la riallocazione dei casi sia disposto con una decisione
187 Negli U.S.A. i costi sono alti in tutti i processi perché il giudice ha un ruolo meno attivo che nei processi
di tipo europeo.
188 WILS, Principles, cit., p. 174 ss. Sostiene che il sistema alternativo sarebbe praticabile per l’antitrust,
formale, così da poterne chiedere la revisione giurisdizionale189. Diversamente,
l’opposta e ancora prevalente posizione, condivisa anche dalla giurisprudenza, ritiene gli atti di allocazione preparatori e informali, escludendoli dal novero delle decisioni impugnabili190. Nel caso in cui la riallocazione sia decisa con decisione
dell’autorità nazionale, il sindacato sarà inevitabilmente rimesso alla legge interna, in assenza di armonizzazione191. In Italia, tale decisione è impugnabile
davanti al T.A.R., ma si discute se si rientri nella competenza generale, o in quella esclusiva del T.A.R. Lazio, come pare suggerire la natura dell’atto, riconducibile all’art. 33 l. n. 287/90. Sono legittimati al ricorso, secondo i recenti orientamenti del Consiglio di Stato, anche i concorrenti, terzi rispetto al procedimento, che lamentino la lesione di un interesse legittimo attuale, personale e concreto192. Infatti, sottrarre al sindacato del giudice questi atti
potrebbe confliggere non solo con i principi generali della difesa e del processo, ma portare addirittura ad un intervento della Corte europea di Strasburgo. La soluzione che meglio potrà salvaguardare la certezza del diritto, pare essere, anche su questo aspetto, la creazione giurisprudenziale di uno standard di tutela comune rispetto ai diritti fondamentali di difesa193. Un’analoga attenzione
all’applicazione di categorie processuali che riflettono il fondamentale diritto all’eguaglianza ed alla difesa va mantenuta rispetto ai terzi, nei loro possibili ruoli di concorrente, consumatore, alleato commerciale dell’impresa parte, anche in fase di esecuzione ed impugnazione della decisione, sedi nelle quali deve trovare spazio la possibilità di contestazione piena del provvedimento ingiusto o viziato. Il sistema di rete aumenta, naturalmente, le possibilità di compromettere questi ulteriori diritti latamente difensivi e quelle che l’eguaglianza nel giudizio non sia garantita in modo omogeneo. Se, ad esempio, una parte veda leso il proprio diritto di difesa davanti ad un determinato organo di controllo, va verificato se il pregiudizio patito possa essere validamente annullato coi rimedi previsti in sede locale, o se abbia la potenzialità di
189 Sulla circolazione delle prove antitrust nel più ampio contesto del processo comunitario v. BIAVATI, Il diritto delle prove nel quadro normativo dell’Unione europea,in riv. trim.dir.proc.civ., 2006, p. 483 ss. 190 ANDREANGELI, op. cit., p. 351.
191 NAZZINI, Procedure comunitarie e nazionali, cit., p. 109 ss.; KERSE, KHAN, op. cit., p.59 s. 192 Sentenza Cons. Stato, n. 3865/04, Motorola, su www.giustizia-amministrativa.it
193 Tranne che nei casi in cui l’atto sia della Commissione, o il procedimento da essa avocato, perchè tale
istituzione non aderisce alla Convenzione universale dei diritti umani, ma v. art. 6 Trattato; ANDREANGELI, op. cit., p. 347 ss.; RITTER, BRAUN, op. cit., p. 1031 ss.
propagarsi nel sistema ponendo le proprie conseguenze negative al di là di efficaci ed economiche forme di riparazione interna.
In questa stessa ottica possono essere valutati gli adeguamenti processuali tecnici richiesti ai sistemi nazionali dalle nuove norme antitrust. Nell’ordinamento italiano, ad esempio, si è già evidenziato come l’intervento, la richiesta di informazioni, la consulenza e la sospensione, siano tra gli istituti necessariamente da adeguare al contesto creato dal Regolamento n.1.