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1 INDAGINE IN DOTTRINA, PRASSI E GIURISPRUDENZA RELATIVAMENTE ALLA COMPOSIZIONE DELL’OD

1.2 Problematiche relative alla composizione dell’organismo di vigilanza

1.2.6 Gruppi societari ed Od

Il gruppo di società è ad oggi una realtà economica molto diffusa e, nonostante questo, in ragione dell’autonomia giuridica dei soggetti che ne fanno parte, molto poco spesso considerata dal Legislatore se non in modo frammentario448. Anche nel contesto del d.lgs. n. 231/2001, nonostante i successivi aggiornamenti anche strutturali449, non si fa alcun cenno a questa realtà economica lasciando alla prassi, alla dottrina e alla giurisprudenza l’interpretazione dello stesso decreto alla luce della realtà e delle specificità del gruppo.

Le principali domande che si sono poste in dottrina sull’Organismo di vigilanza in relazione ai gruppi di società sono se l’appartenenza di una società ad un gruppo abbia una qualche incidenza nella composizione dell’Organismo di vigilanza e se la composizione possa avere delle ripercussioni in termini di attribuzione della responsabilità amministrativa dell’ente450; “le esigenze di centralizzazione e di economia spesso avvertite all’interno dei gruppi, potrebbero indurre alla costituzione di un unico organismo di vigilanza per tutto il gruppo451. Tale soluzione non appare tuttavia praticabile”452. Il dato normativo è chiaro nel richiedere che l’ente nomini un proprio Organismo, così come è chiaro che ciascuna società del gruppo debba avere un proprio modello calibrato sulle proprie caratteristiche453. La dottrina454 è sostanzialmente d’accordo nel ritenere che l’organismo sia dell’ente nel momento in cui l’Organismo è stato nominato dall’organo gestorio dell’ente, “il terminale di questo ragionamento è la considerazione che, di per sé, persino la riproposizione della stessa compagine in più di un Organismo di Vigilanza non porta necessariamente

448 Si veda a questo proposito MONTALENTI P., Organismo di vigilanza 231 e gruppi di società, Analisi

Giuridica dell’Economia, Fascicolo 3, dicembre 2009, pp. 383 - 384.

449 Si veda a tal proposito il Capitolo I, paragrafo 2.1.

450 Per le considerazioni in merito si rinvia al Capitolo I, paragrafo 2.6.

451 Soluzione sconsigliata anche in ACIERNO R., Modelli 231 a misura di controllate, Il SOLE 24 ORE, 27

ottobre 2014, p. 27.

452 VALENSISE P., L’organismo di vigilanza ex d.lgs. n. 231/01: considerazioni su poteri, composizione e responsabilità, in Analisi giuridica dell’Economia, Il Mulino, Fascicolo 2, dicembre 2009, p. 365.

453 Necessità espressa anche da CONFINDUSTRIA, Linee guida per la costruzione dei modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo, Approvate il 7 marzo 2002, Aggiornate al marzo 2014, p. 75.

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obiezione al primo requisito dell’Organismo stesso, cioè il suo essere dell’ente. Teoricamente, potremmo avere, quindi, tanti organismi identici quante sono le società del gruppo, purché gli stessi organismi siano, a loro volta, correttamente inquadrati nelle rispettive società, siano nominati dai rispettivi organi dirigenti, sorveglino i rispettivi modelli organizzativi, partecipino dei rispettivi flussi informativi e così via”455.

Contrarie alla composizione dell’Organismo con i medesimi componenti sono però le linee guida di Confindustria456, non per l’inadeguatezza in sé della scelta, ma per il pericolo di estensione della responsabilità individuata in relazione ad una società ad altre società del gruppo457. Naturalmente quella di tanti organismi tutti con gli stessi componenti è comunque una soluzione più teorica che pratica, tale impostazione ad avviso della dottrina458, infatti, potrebbe rispettare anche i requisiti di professionalità, autonomia ed indipendenza459, ma affinché possa essere rispettato anche il requisito della continuità di azione si ritiene necessario che, anche a fronte della partecipazione di soggetti che trasversalmente siano comuni ai diversi OdV nominati e che permettano un maggiore coordinamento anche a fronte della concentrazione nella capogruppo di particolari funzioni, quali ad esempio la funzione amministrativa o la funzione di controllo interno, vi debbano essere nell’Organismo anche soggetti interni che permettano l’inerenza ed il monitoraggio continuo delle attività soprattutto nei gruppi nei quali le società siano lontane geograficamente o lontane nelle aree di business.

D’altro canto nei gruppi non parrebbe però neanche necessario istituire “ODV in tutte le società senza possibilità di deroga; necessaria è invece la previsione di

455 LECIS U., L'organismo di Vigilanza nei gruppi di società, in Rivista231, 2-2006, p. 47. Ammette la possibilità

di composizione degli OdV delle singole società del gruppo con medesima compagine soggettiva, fatto salvo l’obbligo di riservatezza, MONTALENTI P., Organismo di vigilanza 231 e gruppi di società, Analisi Giuridica dell’Economia, Fascicolo 3, dicembre 2009, p. 395.

456 CONFINDUSTRIA, Linee guida per la costruzione dei modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo,

Approvate il 7 marzo 2002, aggiornate al marzo 2014, p. 75.

457 Altro aspetto che potrebbe incidere nella risalita della responsabilità è l’eventualità che le stesse persone

ricoprano più posizioni di vertice nelle società del gruppo, si veda ACIERNO R., Modelli 231 a misura di

controllate, Il SOLE 24 ORE, 27 ottobre 2014, p. 27.

458 LECIS U., L'organismo di Vigilanza nei gruppi di società, in Rivista231, 2-2006, pp. 47 - 48.

459 Importante sottolineare che il requisito di indipendenza dei componenti dell’OdV di una capogruppo deve

sussistere anche con riferimento alle società controllate e non solo rispetto alla società per la quale riveste la carica: “In ragione dei rapporti esistenti tra gli organismi di vigilanza delle società del gruppo (v. punto 7.4.3) e soprattutto dei rapporti infragruppo (disciplinati al punto 8) desta perplessità che un membro dell'organismo di vigilanza della società capogruppo, titolare di un potere di controllo sulle prestazioni di servizio effettuate dalla medesima in favore delle società appartenenti al gruppo, ricopra all'interno delle società controllate la carica di membro del consiglio di amministrazione”, G.i.p., Tribunale di Napoli, 26 giugno 2007.

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procedure di raccordo tra ODV della capogruppo e ODV delle controllate”460, quindi non è efficiente né tantomeno efficacie la costituzione di OdV in tutte le società del gruppo in modo aprioristico, ma ad esempio461 possono essere istituiti OdV collegiali nelle società più importanti da coordinarsi con l’OdV della capogruppo ed OdV monocratici nelle controllate di minor rilievo ai fini della normativa; l’OdV della capogruppo svolgerà una funzione di coordinamento (soprattutto per quanto riguarda i processi integrati che involgono l’attività di più società del gruppo o i processi dati in outsourcing ad una o più società del gruppo, nell’aspetto formativo, attraverso la condivisione delle risorse e di circolazione delle informazioni contrattualmente regolamentate) e di supporto, anche attraverso la definizione di principi comuni (attraverso la predisposizione e la condivisione di linee guida di gruppo per la predisposizione di modelli) od attraverso attività di consulenza contrattualmente regolamentata, ma non come OdV di gruppo, bensì come OdV della capogruppo che attraverso il coordinamento migliora il funzionamento degli OdV delle singole società. Tutti gli OdV dovrebbero poi considerarsi in senso paritetico sullo stesso piano.

In sostanza, ogni società è un soggetto giuridico a sé stante, con una sua realtà organizzativa propria e con propri livelli di rischio, dunque la scelta legittima sarà la scelta ponderata sulla specifica realtà che porterà a decidere in merito ad una composizione mono soggettiva piuttosto che plurisoggettiva, di un organismo completamente interno, esterno o misto, magari nella identità dei suoi componenti in parte “condiviso”. Gli organismi così costituiti dovranno considerarsi ad un livello paritetico “evitando di prevedere poteri di ingerenza e/o ispezione dell’OdV della capogruppo nei confronti dell’attività svolta dagli OdV delle società controllate”462. Infine sicuramente sarà necessario che tra tutti gli OdV nominati vi sia stretta collaborazione (ad esempio invitando le controllate ad adottare il modello, promuovendo interventi formativi, comunicando le best practies in tema di prevenzione dei reati, ma anche eventualmente prevedendo una piattaforma comune

460 MONTALENTI P., Struttura e ruolo dell’organismo di vigilanza nel quadro della riforma del diritto societario, in BIANCHINI M. – DI NOIA C., I controlli societari, molte regole nessun sistema, Milano: Egea,

2010, p. 98.

461 MONTALENTI P., Struttura e ruolo dell’organismo di vigilanza nel quadro della riforma del diritto societario, in BIANCHINI M. – DI NOIA C., I controlli societari, molte regole nessun sistema, Milano: Egea,

2010, p. 95.

462 PIROLA G. – OCCHETTA L., L'Organismo di Vigilanza, Guida ai controlli societari, Milano: Gruppo24ore,

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nella quale vengono inseriti i documenti informativi, le pronunce giurisprudenziali di interesse) per quanto attiene ai necessari profili comuni o condivisi che non sconfini mai nell’ingerenza. I cinque principi essenziali di buona prassi da seguire dunque sono: “1) un modello per ogni società del gruppo (per prevenire i reati presupposto, ogni società del gruppo è chiamata a svolgere autonomamente l’attività di predisposizione e revisione del proprio modello organizzativo; 2) un organismo per ogni società (per escludere la responsabilità amministrativa è importante che ogni società del gruppo nomini un proprio Organismo di vigilanza, ciascuno con diversi componenti; 3) funzioni apicali a soggetti diversi (per evitare una configurazione della responsabilità della società controllante per i reati commessi dalla controllata è opportuno evitare che gli stessi soggetti rivestano ruoli apicali presso più società del gruppo; 4) l’azione di impulso della holding (la holding può sollecitare l’adozione e l’attuazione da parte di tutte le società del gruppo di propri modelli organizzativi; non deve partecipare all’elaborazione o revisione dei modelli, né dare indicazioni vincolanti; 5) supporto da parte dell’Internal Audit (la funzione dell’internal auditing della capogruppo può supportare il management delle controllate promuovendo la coerenza dell’approccio 231 rispettando l’autonomia di ogni società)”. 463