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Guastini : la duplice indeterminatezza del diritto

CAPITOLO II L’analogia logica

3.4 Guastini : la duplice indeterminatezza del diritto

Il diritto, abbiamo detto, è duplicemente indeterminato. L’indeterminatezza concerne : per un verso, l’ordinamento giuridico in quanto tale; per un altro

verso, ciascuno dei suoi componenti, ossia ciascuna norma per sé presa118. L’equivocità dei testi normativi. – L’ordinamento giuridico è indeterminato

nel senso che è dubbio quali norme “esistano” in esso, quali norme appartengano ad esso, o siano in esso vigenti119. E ciò dipende dalla equivocità dei testi normativi, dal fatto cioè che ogni testo normativo ammette una pluralità di interpretazioni ed è perciò soggetto a (possibili) controversie interpretative120.

Le fonti dell’equivocità. – E’ importante capire che l’equivocità dei testi normativi dipende non soltanto – e non tanto – da certi difetti “oggettivi” della loro formulazione (intrinseca oscurità, ambiguità semantiche e sintattiche, etc.), ma anche – anzi: soprattutto – da altre cose, quali interessi confliggenti degli interpreti, diversi sentimenti di giustizia degli interpreti, molteplicità di metodi interpretativi, costruzioni dogmatiche.

118

M.C.REDONDO, “Teorìas del derecho e indeterminaciòn normativa”, in Doxa. Cuadernos de filosofia del derecho, 20, 1997, p. 177 ss.

119

Nel seguito faccio astrazione da quelle forme di indeterminatezza dell’ordinamento che derivano da antinomie e da lacune (ne diremo a tempo debito, nella seconda parte.

120

Vedi la pionieristica analisi (che qui non riproduco) di G. TARELLO, L’interpretazione della legge, Milano 1980, p.117-146.L’equivocità, di cui qui si discorre, include l’ambiguità, ma – come emergerà dagli esempi – non si riduce ad essa. Sull’ambiguità si possono vedere ad es.: J.EVANS, Statutory

interpretation. problems of communication, Auckland, 1988, cap. IV; A.ROSS, On law and justice,

I “problemi” di interpretazione – si noti – possono essere raffigurati in almeno due modi diversi, a seconda del punto di vista prescelto. Dal punto di vista del giudice “fedele alla legge”, l’interpretazione si presenta come un’attività di conoscenza: interpretare è “accertare” il “vero” significato delle leggi e/o la “vera” intenzione del legislatore. I problemi di interpretazione, a loro volta, si presentano perciò come fonti o motivi di dubbio intorno al significato della legge o all’intenzione del legislatore. Dal punto di vista dell’”uomo cattivo” – o, più semplicemente, dell’avvocato o, ancora, del giudice devoto non alla legge ma ad un suo proprio orientamento politico – l’interpretazione si presenta non come “accertamento”, ma come valutazione, scelta, e decisione: interpretare è individuare i diversi possibili significati di un testo, valutare di ciascuno i possibili esiti pratici, e scegliere il più opportuno in vista di un fine prestabilito. I problemi di interpretazione, a loro volta, si presentano perciò non come motivi di dubbio, ma piuttosto come spazi o margini di discrezionalità.

Interessi confliggenti. Che gli interessi pratici – delle parti processuali, dei loro difensori e consulenti, della maggioranza e, rispettivamente, dell’opposizione in parlamento, etc. – condizionino le scelte interpretative è troppo ovvio perché occorra insistervi. E’ semplicemente naturale che la pubblica accusa e, rispettivamente, la difesa dell’imputato tendano ad offrire interpretazioni diverse di una stessa legge penale; è naturale che, in caso di

lite, i contraenti e i loro avvocati propongano interpretazioni discordanti della legge civile e/o del contratto. Sentimenti di giustizia. Non meno ovvio è il condizionamento esercitato sulle decisioni interpretative dai sentimenti di giustizia121 – ossia le preferenze etico-politiche122 – degli interpreti. Si pensi solo a questo semplice esempio. L’art. 48 cost.: sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Un giurista pregiudizialmente ostile all’immigrazione (cioè agli immigrati) interpreterà presumibilmente nel senso che la costituzione, riferendosi ai soli cittadini, positivamente (ancorchè implicitamente) escluda che gli immigrati abbiano diritto di voto (sicchè sarebbe incostituzionale una legge ordinaria che pretendesse di conferirlo loro). Un giurista non affetto da siffatti pregiudizi potrebbe invece interpretare nel senso che la costituzione, menzionando solo i cittadini, nulla dica sugli immigrati (e quindi nulla osti a che il legislatore ordinario estenda anche ad essi il diritto di voto)123.

Metodi interpretativi. Nella maggior parte dei casi (se non sempre), un enunciato normativo esprime significati diversi a seconda che sia sottoposto all’uno o all’altro metodo interpretativo. Per esempio : prendiamo nuovamente

121

I sentimenti (le idee) di giustizia degli interpreti spesso restano sottaciuti, ma talora si manifestano sotto forma di espliciti giudizi di valore.

122

è appena il caso di notare che le preferenze etico-politiche degli interpreti sono, a loro volta, fatalmente condizionate non solo dalle loro convinzioni ideologiche, ma anche dai loro interessi pratici, di cui si diceva al punto precedente.

123

Come abbiamo visto sopra, queste due interpretazioni alternative sono frutto di due usi diversi di un medesimo argomento interpretativo: l’argomento a contrario.

una disposizione costituzionale che si riferisca ai “cittadini”, quale l’art.49 (“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti […]”)124

. Argomento a contrario: la disposizione in questione non menziona altri soggetti che i cittadini; pertanto deve essere intesa nel senso che si applichi solo ai cittadini ( e non agli stranieri e agli apolidi). L’esito di questo

argomento è una interpretazione letterale125, e precisamente non-estensiva. Argomento sistematico: il diritto di associazione politica, conferito da questa

disposizione, è uno dei diritti fondamentali inviolabili, di cui all’art.2 cost.126; ma, d’altro canto, l’art.2, usando l’espressione “diritti inviolabili dell’uomo”, riferisce i diritti inviolabili non ai soli cittadini, bensì agli uomini in genere; pertanto la disposizione in esame deve essere intesa, malgrado il suo tenore letterale, nel senso che conferisca il diritto in questione non solo ai cittadini in senso tecnico-giuridico, ma agli uomini tutti. L’esito di questo argomento è una interpretazione estensiva.

Argomento della dissociazione (combinato con l’argomento a contrario e con l’argomento sistematico): la classe dei cittadini include due sottoclassi, i cittadini di sesso maschile e quelli di sesso femminile, alle quali non necessariamente si applica la medesima disciplina giuridica; d’altro canto, la

124

Sugli argomenti interpretativi qui di seguito appena menzionati torneremo a tempo debito nella parte terza di questo volume.

125

Ma, come sappiamo da un esempio precedente, resta impregiudicata la questione: se la costituzione nulla disponga intorno a stranieri ed apolidi, o se invece la costituzione tacitamente escluda stranieri ed apolidi dal diritto di associarsi in partiti.

126

L’assunzione dogmatica, cui si alludeva, è precisamente questa: che il diritto di associazione politica sia uno dei diritti inviolabili di cui all’art.2.

costituzione qui non menziona espressamente (come altrove: art.51, comma 1) i “cittadini dell’uno e dell’altro sesso”; se i costituenti avessero voluto riferirsi ai cittadini di entrambi i sessi, l’avrebbero fatto (come hanno fatto nel redigere l’art.51, comma 1); pertanto la disposizione deve essere intesa nel senso che si applichi solo ai cittadini di sesso maschile (non alle cittadine). L’esito di questo argomento127 è una interpretazione restrittiva.

Dogmatica. Ogni interprete si accosta ai testi normativi provvisto di una serie di presupposizioni “teoriche”, che fatalmente condizionano la sua interpretazione 128. Tali presupposizioni non sono altro che le costruzioni dogmatiche – concetti e teorie - elaborate dai giuristi in un momento logicamente antecedente a, e indipendente da, l’interpretazione di qualunque specifico enunciato normativo129. Si pensi, per fare un classico esempio, alla la dottrina formulata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel caso Marbury (1803), secondo cui ogni costituzione scritta implica il principio che qualunque legge contraria alla costituzione sia nulla (e che la sua nullità possa essere dichiarata dai giudici).

3.5 La vaghezza delle norme

127

Che nella nostra cultura giuridica, probabilmente, nessuno mai oserebbe avanzare… 128

Scrive giustamente F.MODUGNO, Interpretazione giuridica, Padova, 2009, p.180: ”ogni tesi interpretativa suppone […] una tesi dogmatica”.

129

In verità, negli esempi che seguono non è facile distinguere la interpretazione propriamente detta dalla costruzione giuridica.