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L’analogia nel codice penale sovietico

CAPITOLO II L’analogia logica

4.4 L’analogia nel codice penale sovietico

La rivoluzione d’ottobre del 1917 che conteneva nel proprio programma come fine ultimo il completo annientamento di quegli strati della società(c.d. classi borghesi),che avevano provveduto ad instaurare un regime capitalistico e classista, escludendo cioè dalla proprietà dei mezzi di produzione coloro i quali con tali mezzi lavoravano e producevano(classi lavoratrici) e procedendo così al loro sfruttamento, condizionò fortemente i momenti di produzione, di interpretazione e di applicazione delle norme giuridiche.

Nella futura società comunista ogni norma non avrebbe avuto ragione di essere in quanto ognuno avrebbe saputo cosa fare e cosa non fare; quindi in costanza di dittatura del proletariato, le norme giuridiche vennero subordinate al rafforzamento dell’ancora fragile regime ed al conseguimento di ciò che sarebbe ancora dovuto divenire, cioè il comunismo realizzato. A corollario di tale impostazione, gli studiosi sovietici ritennero che il rispetto formale del dettato normativo avrebbe dovuto essere abbandonato qualora l’organo incaricato di interpretare e di applicare le leggi (quindi il giudice) avesse ritenuto più idonea al conseguimento degli obiettivi indicati dalla dottrina del comunismo l’adozione di una soluzione divergente da quanto in esse previsto, oppure di una soluzione non normativamente codificata. In presenza di tali situazioni, il limitarsi all’applicazione formale delle norme venne difatti ritenuta espressione di una “legalità borghese” tesa piuttosto a conservare l’esistente, mentre ad essa avrebbe dovuto sostituirsi un concetto più dinamico

e creativo di legalità, la c.d. “legalità rivoluzionaria”, in base al quale l’adozione di soluzioni non disciplinate dalle norme in vigore o addirittura da esse difformi, ma ritenute in concreto più confacentesi agli scopi rivoluzionari avrebbe dovuto essere preferita all’applicazione formale delle norme stesse. Quindi i giudici sovietici avrebbero dovuto abbandonare l’osservanza del contenuto letterale della norma qualora, illuminati dalla propria “coscienza giuridica socialista”, avessero valutato, in ossequio ai principi ispiratori dell’ideologia comunista, concretamente più rispondente ad essi una soluzione diversa da quella indicata dalla legge in vigore.

L’impiego dello strumento normativo in funzione esclusivamente politica trovò espressione, in materia penale, nell’adozione di particolari istituti giuridici. Tra essi, l’estensione analogica delle norme penali ricoprì un ruolo di primaria importanza. L’analogia in materia penale venne introdotta con il codice del 1922 (art. 10) ed il codice del 1926 la confermò in vigore158. Essa venne introdotta allo scopo di far fronte all’assoluta inadeguatezza delle fattispecie penali pre-sovietiche a ricomprendere tutte le nuove tipologie di comportamenti che, considerati leciti in epoca “borghese”, gli esponenti bolscevichi ritenevano ora contrastanti la realizzazione del comunismo.

158 Art.16:” per qualsiasi azione ritenuta socialmente pericolosa ma non prevista dal presente codice, il fondamento dei limiti della responsabilità si desumono dagli artt. Del detto codice che prevedono delitti di indole analoga” traduzione di T.Napolitano.

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