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Il ruolo della logica nell’interpretazione e nell’applicazione del diritto

CAPITOLO II L’analogia logica

3.3 Il ruolo della logica nell’interpretazione e nell’applicazione del diritto

– Si è parlato di “regole del corretto ragionare” accettate in una data cultura giuridica come criteri per decidere sull’attribuzione di un significato ad un documento normativo e per motivare tale decisione, nonché per proporre siffatte decisioni e per argomentare tali proposte. E’ lecito quindi chiedersi se tra queste regole del corretto ragionare non debba annoverarsi – e in prima posizione – quel complesso di regole del ragionamento che va sotto il nome di “logica”: tanto più è lecito, per il fatto che si fa gran parlare e gran scrivere di “logica giuridica” e di “logica dei giuristi”, con il che si provocano le domande se la “logica giuridica” sia la “logica” senza aggettivi, ovvero se nell’ambito dei ragionamenti giuridici valga per avventura una “logica” speciale e diversa dalla logica che vale in tutti gli altri ragionamenti.

Chiariamo adesso con la massima semplicità possibile, i seguenti punti: la scienza logica è stata elaborata nell’antichità in funzione di controllo di ragionamenti diversi da quelli che si compiono e si compivano allora da parte degli operatori giuridici; successive elaborazioni della scienza logica si sono rivelate adatte ad essere usate in funzione di controllo di alcuni ragionamenti praticati da alcuni operatori giuridici; recentemente si sono elaborate teorie in logica, e sistemi di logica, funzionali ad essere interpretati come forme di alcuni ragionamenti propri di alcuni tipi di operatori giuridici; nessuna teoria e nessun sistema logico fornisce regole per il ragionamento dell’interprete in quanto tale, per il ragionamento volto ad accreditare – motivando o

proponendo – l’attribuzione di un particolare significato ad un documento precostituito, di cui si sa che esprime una norma, ma non si sa ancora (e si tratta di deciderlo o di proporlo) quale norma sia; il ragionamento dell’interprete segue regole argomentative, regole di argomentazione retorica che possono essere eventualmente imposte o vietate, a tutti gli operatori o ad alcuni di essi, da delle norme di diritto positivo. Per logica si intende l’insieme dei rapporti formali che collegano proposizioni, e si intende la scienza che studia questi rapporti formali. Possiamo far cominciare l’elaborazione della scienza logica con Aristotele. Aristotele traccia una grande distinzione tra due tipi di collegamento intercorrenti tra una proposizione che funge da premessa e una proposizione che funge da conseguenza: il collegamento “analitico” e il collegamento “dialettico”. Parallelamente, egli distingue tra due tipi di ragionamento, cioè di procedimento che serve a passare da una proposizione-premessa ad una proposizione-conseguenza; il ragionamento apodittico e il ragionamento dialettico. Ragionamento apodittico è quello che, partendo da proposizioni prime vere, perviene, mediante un sillogismo o catene di sillogismi, a conclusioni che sono necessariamente e formalmente vere per ragioni analitiche115; ragionamento dialettico è quello che partendo da proposizioni

115 Ad esempio : data la premessa maggiore “Tutti gli uomini sono mortali” (che è una proposizione vera), e data la premessa minore “Socrate è un uomo” (che è anch’essa una proposizione vera), si perviene alla conclusione “Socrate è mortale”, che è vera necessariamente, e per ragioni analitiche, in base allo schema di ragionamento logico: “Se tutti gli enti A hanno la qualità Z, e se l’ente C è un A, allora C ha la qualità Z”

fondate sull’opinione (perciò non sicuramente vere, ma opinabili), le consolida mediante “argomenti”, cioè mediante la persuasione e la retorica, e li svolge mediante sillogismi le cui conclusioni non sono necessariamente e formalmente vere, bensì sono anch’esse opinabili. La “logica” è l’insieme dei collegamenti formali tra proposizioni, per cui se le premesse sono vere, sono vere anche le conseguenze; collegamenti che si possono stabilire anche tra premesse e conseguenze opinabili, nel qual caso la opinabilità delle conseguenze non deriva dal collegamento formale con le premesse, bensì dal fatto che le premesse sono opinabili.

La logica formale moderna è divenuta uno strumento potente e utile di una ideologia del diritto e di una tecnica di organizzazione sociale – il positivismo giuridico – che ha dominato e domina la cultura giuridica europea. Il positivismo giuridico è quella concezione del diritto per cui diritto è solo quello, e tutto quello, che è prodotto da autorità riconosciute che costituiscono il sistema delle fonti del diritto; tali fonti sono tra loro coordinate, hanno un’unica origine nella sovranità, e tutte le produzioni normative fanno perciò parte di un corpo unico; l’applicazione del diritto non è produttiva di diritto nuovo (cioè gli organi dell’applicazione non fanno parte del sistema delle fonti), ma è semplice e automatica applicazione della legislazione ai casi concreti; l’applicazione è semplice e automatica perché consiste di meri sillogismi; si tratta del sillogismo pratico, che ha per premessa maggiore una norma (una disposizione di legge), per premessa minore un’asserzione di fatto

e per conseguenza o conclusione la dichiarazione imperativa del diritto nel caso concreto (la sentenza). Nella sua forma primitiva e più semplice il positivismo giuridico presupponeva a) che tutta la legislazione fosse chiara e non richiedesse particolare attività di “interpretazione”116; b) che la legislazione fosse coerente, cioè che non vi fossero disposizioni di legge tra loro confliggenti, che richiedessero da parte dell’organo dell’applicazione una scelta.

L’esposizione precedente mira a suggerire che “la logica” ha un ruolo nell’applicazione del diritto; mira a suggerire che questo ruolo esiste, è fondamentale, ma ha un campo molto circoscritto. In tutte le culture giuridiche moderne, e in particolare nella nostra, l’accettazione dell’ideologia positivistica ha comportato non solo l’accettazione – in linea di massima – del principio secondo cui tutto il diritto è individuabile solo nell’insieme di tutte le leggi secondo la gerarchia delle fonti che la legge stessa stabilisce, ma ha comportato anche l’accettazione – sempre in linea di massima – che il discorso del legislatore va sviluppato mediante tutte le inferenze logiche teoricamente possibili. In questo senso può ben dirsi che nella cultura giuridica moderna, e in particolare nella cultura giuridica dei paesi dell’Europa continentale a diritto codificato, come è il nostro, le regole della inferenza logica sono incluse tra le norme che disciplinano il comportamento degli organi della

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Nelle sue versioni più antiche – almeno nell’Europa continentale – stava l’idea che, nel caso di oscurità della legge, si dovesse, anziché applicarla previa interpretazione, richiedere all’organo legislativo una nuova formulazione più chiara.

applicazione della legge. Tuttavia il campo dell’interferenza logica – nell’effettivo operare di tali organi e perciò nell’effettivo operare anche di quei soggetti che a tali organi rivolgono proposte – è un campo molto circoscritto a causa del fatto che tutte le operazioni di attribuzione di significato ai documenti che costituiscono il discorso della legge si sottraggono alla “logica”, il cui impiego anzi presuppone che tali operazioni già siano state compiute.

Il ragionamento giuridico viene così assunto a modello generale di ragionamento pratico, o del ragionamento non-teorico e non-logico. La contrapposizione è la seguente: a) il ragionamento logico dipende da assiomi, mentre il ragionamento giuridico dipende da presunzioni e da norme precedenti; b) il ragionamento logico ha come dogma la coerenza, mentre il ragionamento giuridico ha come dogma la completezza (perché il giudice ha l’obbligo di rendere sempre la decisione); c) un argomento logico è corretto o scorretto, mentre un argomento giuridico è forte o debole117.

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