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L’analogia nel diritto penale

CAPITOLO II L’analogia logica

4.2 L’analogia nel diritto penale

Nel nostro diritto penale il divieto di analogia è stabilito dall’art. 1 del codice e ribadito dall’art. 14 delle preleggi.

L’art. 1 codifica infatti il ben noto principio garantistico del nullum crimen

nulla pena sine lege stabilendo un limite tradizionalmente ritenuto invalicabile

per l’interprete. Se infatti l’analogia viene ammessa negli altri ambiti giuridici, in quello penale è preclusa in quanto verrebbe a vanificare il principio stesso di legalità ed i relativi corollari della riserva di legge e di tassatività.144

La dottrina ritiene che sia preclusa l’analogia – sia legis, in rapporto dunque a singole disposizioni che regolino casi simili a quello considerato, sia iuris, in rapporto ai principi generali dell’ordinamento, nei confronti di norme incriminatici e comunque sfavorevoli. Tale preclusione discende dall’art. 25 2 comma della Costituzione, sia perché il ricorso al procedimento analogico, implicando l’eliminazione di una pretesa lacuna, costituisce un’integrazione normativa dell’ordinamento in contrasto con il monopolio del legislatore in materia penale, sia perché la ratio garantistica della determinatezza risulterebbe svilita dalla possibilità di applicare norme sfavorevoli – anche se dal contenuto rigorosamente definito – ad ipotesi non riconducibili al loro ambito semantico.

Mentre non si rilevano dubbi circa l’affermazione di principio, alquanto meno certa risulta la sua traduzione pratica. Il confine tra interpretazione estensiva

144 Vds. al riguardo MANTOVANI F., Manuale di diritto penale, Cedati 1979 PADOVANI T., Diritto penale, Giuffrè 1998

intrinsecamente consentita ed analogia in malam partem, necessariamente preclusa, è sempre stato controverso. In realtà l’interpretazione estensiva è pur sempre collegata al senso delle parole normativamente espresse anche se non si tratta di un senso strettamente letterale, ma ispirato ad un criterio ermeneutico di diversa natura.145

L’analogia presuppone invece che l’ipotesi concreta non sia in alcun modo riconducibile all’ambito semantico della norma, ma risulti “affine” ad un caso da essa contemplato, sulla base di una similitudine sufficiente a postulare l’esigenza di ricorrere ad una medesima disciplina.

Alla distinzione teorica corrisponde tuttavia una prassi giurisprudenziale che tende a giustificare come interpretazione estensiva soluzioni ermeneutiche che parrebbero invece costituire vere e proprie operazioni analogiche.146

Si tratta di ipotesi in cui sussiste un’esigenza di tutela ed una sostanziale affinità del caso concreto con quelli disciplinati dalle norme di volta in volta rilevanti; ma il divieto di analogia in malam partem dovrebbe per l’appunto impedire estensioni applicative che appare arduo se non artificioso riportare nell’ambito dell’interpretazione estensiva.

145 PADOVANI T., Diritto penale, Giuffrè, 1998, p. 41. Egli pone l’esempio a tal uopo dello scopo dell’incriminazione; così si ritiene comunemente che amministratore, ai fini dei reati societari di cui agli artt. 2621 ss. C.c., sia anche il soggetto che di fatto esercita le funzioni relative, pur se sprovvisto di una nomina regolare dal punto di vista del diritto civile.

146 Sempre il prof. Padovani in Diritto penale, op. cit., p. 42 cita che si è ritenuto applicabile l’art. 171, lett.a della L. n. 633/1941 sulla protezione del diritto d’autore, alla riproduzione abusiva del software, anche prima che una apposita modifica legislativa (art. 1 D.lgs. 518/1992) lo includesse espressamente tra le opere protette; e ancora , si è ritenuto applicabile l’art. 641 c.p. all’omesso pagamento del pedaggio, da parte di chi si sia immesso in autostrada con il proposito di non adempiere, nonostante il difetto di dissimulazione del proprio stato di insolvenza (che in realtà non sussiste neppure)

Proprio la difficoltà di distinguere in concreto tra interpretazione estensiva ed analogia è alla base della scelta, operata in alcuni ordinamenti – soprattutto latino –americani – di estendere anche alla prima il divieto che investe la seconda.147

Dall’art. 25 2 comma della Costituzione è deducibile soltanto il divieto di analogia in malam partem.

Parte della dottrina è propensa ad ammettere l’analogia c.d. in bonam partem, dunque quella favorevole al reo.148

Evidenzia infatti tale dottrina come la ratio delle norme che prevedono il principio di legalità inteso in senso formale e il divieto di garanzia è una ratio garantistica. Orbene tale ratio non sarebbe contraddetta dal fatto di consentire un’estensione analogica di norme favorevoli al reo. Il divieto di analogia riguarderebbe dunque solo le leggi penali sfavorevoli o incriminatici, perché solo esse colpiscono la libertà personale, prospettandone un trattamento deteriore.

Parte della dottrina ritiene che tuttavia tale esigenza garantistica sia già compiutamente soddisfatta dall’art. 25 2 comma della Costituzione e dunque si possa ragionevolmente supporre che l’art. 14 delle disposizioni preliminari corrisponda in realtà a una esigenza di certezza e pertanto intenda assicurare, nell’ambito dei rapporti di rilevanza penale, il massimo grado di sicurezza giuridica, escludendo ogni possibile estensione analogica. Da questo punto di

147 PADOVANI T., Diritto penale , op. cit., p. 43 148 Favorevole in tal senso MANTOVANI F.,

vista, si dovrebbe concludere che il divieto di analogia investa anche le norme favorevoli.149

Peraltro tale dottrina appare minoritaria, infatti la dottrina prevalente e la giurisprudenza ritengono estensibili analogicamente le cause di giustificazione, le cause di esclusione dell’imputabilità.

Anche la dottrina prevalente ammette comunque l’analogia in bonam partem, ponendo alla stessa notevoli limitazioni.

In particolare essa sottostà a tre limiti rappresentati: dal dovere innanzitutto di desumere rigorosamente la eadem ratio dal diritto scritto, di cui l’analogia costituisce un logico sviluppo, senza possibilità di alimentarla da quello fonti sostanziali che costituiscono il vero polmone dell’analogia; dal fatto che anche le disposizioni a favore del reo devono presentare, in ossequio al principio di tassatività, un necessario grado di determinatezza che ne delimita la ratio e consente di individuare con sufficiente precisione e certezza quel rapporto di similitudine che diventerebbe più evanescente ed incerto se ancorato a disposizioni vaghe ed indeterminate; dal divieto di analogia delle norme eccezionali, che ne costituisce un ulteriore argine contro utilizzazioni arbitrarie e discriminatorie.

Stretta tra tali limiti dunque l’analogia in bonam partem resta circoscritta ad ipotesi marginali, quali appunto le scriminanti. In realtà peraltro è stato

149

PADOVANI T., Diritto penale, op. cit. l, p. 44 Padovani afferma che il divieto di analogia sancito dall’art. 14 delle Preleggi si riferisce alle leggi penali in una accezione che – nonostante il contrario avviso della dottrina dominante – sembra coprire l’intera gamma delle norme comunque rilevanti per la definizione della responsabilità penale.

osservato come l’analogia è possibile solo rispetto a quelle scriminanti che non escludono già a priori la possibilità di un ragionamento analogico, che non sono cioè già previste dalla legge nella loro massima portata logica come ad esempio l’esercizio del diritto previsto dall’art. 51 c.p., o che non sono comunque formulate in termini tali da precludere che altre ipotesi extra legali siano riconducibili alla ratio della scriminante, come il consenso dell’avente diritto, previsto dall’art. 50 c.p.150

E così è stato ritenuto estensibile analogicamente l’art. 52 c.p. alla cosiddetta “legittima difesa anticipata”, che pure in assenza della attualità del pericolo, ne presenta la eadem ratio, siccome sussistono la verosimile certezza di una offesa ingiusta in un prossimo futuro, l’impossibilità di un intervento difensivo statale e la necessità difensiva attuale del soggetto, poiché l’attendere l’insorgenza del pericolo renderebbe poi impossibile la difesa.151

Così nel caso della giovane chiusa nella stanza, che uccide il bruto dormiente per non sottostare al suo risveglio ad altra preannunciata violenza carnale. O dei partigiani costretti a sopprimere le spie nazifasciste prima della delazione, poiché poi non avrebbero potuto più sottrarsi alla persecuzione. O del sequestrato che uccide il guardiano per fuggire, sapendo che presto sarà ucciso non essendo stato pagato il prezzo del riscatto. O di chi porta senza licenza

150 MANTOVANI F., Diritto penale, op. cit., p. 109 151 MANTOVANI F., Diritto penale, op. cit., p. 109

l’arma fuori dalla propria abitazione per difendersi contro il leone fuggito dallo zoo o contro l’altrui cane idrofobo.152

Per difetto della c.d. eadem ratio non appare invece estensibile l’art. 54 c.p. allo stato di necessità extra legale, relativo a beni meramente patrimoniali. Esso è invece estensibile al c.d. stato di necessità anticipato. Così nel caso dell’inferiore che esegua un ordine superiore, socialmente criminoso ma legittimo per il diritto interno, per non sottostare alle gravi sanzioni della disubbidienza. Oppure nel caso di occupazione delle case sfitte della speculazione edilizia da parte dei senza tetto. La eventuale assenza di un pericolo attuale di uno specifico danno personale grave (posto che tale non sia già di per sé la assoluta mancanza di una casa) è surrogata, ai fini della eadem

ratio, dal fatto che l’attendere una siffatta situazione si attui (es. malattia

grave), renderebbe poi impossibile o difficile salvarsi dal danno (es. per la vita o la salute).

Quanto alla in imputabilità, di analogia iuris sembra possa parlarsi rispetto ai soggetti incapaci di intendere i valori della nostra civiltà, ma non rientranti nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, perché non minorenni, non infermi di mente, non intossicati, non sordomuti. Sono i casi del selvaggio, o dei c.d. uomini lupo, portati improvvisamente a contatto con la nostra civiltà, o quelli meno scolastici dei soggetti tenuti in segregazione fin dall’infanzia, che acquistano poi la libertà.

152

Non estensibili analogicamente, perché eccezionali, sono invece le norme sulle immunità. Infatti in rapporto alla comune materia delle conseguenze del reato, esse contraddicono alla regola della punizione del reato, vietando di punire fatti che altrimenti la legge comanda di sottoporre a pena.

Non eccezionale ma al più speciale è invece la norma dell’art. 81 2 c. del c.p. concernente il reato continuato, in quanto in materi di pluralità di reati, prevede una disciplina diversa ma non antitetica rispetto a quella del concorso dei reati. Essa è pertanto estensibile analogicamente alle ipotesi di violazioni plurime di legge, esecutive del medesimo disegno criminoso, ma ad opera di una sola condotta.153