CAPITOLO II L’analogia logica
3.1 Tarello : l’interpretazione del diritto e della legge.
La locuzione “interpretazione del diritto”108 è quella il cui uso è più legato ad usi e a concezioni premoderne, e che sin dall’origine costituisce traduzione idonea della locuzione latina “interpretatio iuris”. Essa designa originariamente l’operazione che permette di individuare, ritrovare la disciplina giuridica di un comportamento o di un conflitto. Questa operazione può essere concepita, e storicamente è stata concepita, in due modi diversi: in un primo modo, come avente ad oggetto l’entità diritto, cui si tratta di dare un senso relativamente al comportamento o al conflitto; in un secondo modo, come avente ad oggetto i documenti che del diritto costituiscono fonti di cognizione, cui si tratta di dare un senso che è appunto ciò che si chiama “il diritto”.
Nel primo modo di concepire l’interpretazione “del diritto”, per cui essa ha per oggetto il diritto, essa ha per fine il ritrovamento della concreta disciplina del comportamento o del conflitto di cui trattasi, e si estrinseca in un giudizio
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Di cui si trovano corrispondenti adeguati in quasi tutte le lingue moderne. Così nelle lingue romanze, es.: “interpretation du droit” (franc.). “interpretaciòn del derecho” (castigl.); interpretaçao do direito” (portogh.). Così in tedesco : “Rechtsauslegung”, “Rechtsinterpretation”. Così nelle lingue neoslave, es.: “interpretacie prawa” (pol.). In inglese “interpretazione del diritto” si traduce con “interpretation of law”, ma non sempre vale l’inverso, dato che “law” ha un’area semantica che include sia quella di “diritto” che quella di “legge”; “legal interpretation” può riferirsi, poi, a qualunque tipo di interpretazione nel diritto.
individuale pratico; di solito, quando l’interpretazione è concepita in questo primo modo, si ritiene che operatore possa esserne chi ha una particolare intrinseca qualità, vuoi di poter (esser legittimato a) conoscere il diritto come entità presupposta, vuoi di poter (esser legittimato a) porre, creare, il diritto. In questo senso, l’interpretazione è indissolubilmente collegata alla applicazione del diritto, e i legittimati ad interpretare sono coloro che sono chiamati ad “applicare” il diritto. Nel secondo modo di concepire l’interpretazione “del diritto”, in cui essa ha per oggetto dei documenti, l’interpretazione ha per fine il diritto stesso nel senso oggettivo, e si estrinseca in una asserzione o descrizione di quest’ultimo; di solito, quando l’interpretazione del diritto è concepita in questo secondo modo, si ritiene che operatore possa esserne chiunque (o chiunque ne abbia le capacità tecniche), salva la diversa efficacia
che l’operazione acquista in relazione alla sua posizione istituzionale. Nel secondo modo di concepirla, l’interpretazione del diritto può tendere a
coincidere con l’interpretazione delle leggi, allorquando si ritenga che la legge sia l’unica, o quantomeno la preminente, fonte di cognizione del diritto oggettivo; ma va rilevato che la locuzione “interpretazione del diritto”, anche in questo caso, richiama la concezione che il “diritto” sia entità a sé, ulteriore e distinta dal documento della legge che ne è fonte appunto di cognizione, e perciò il suo uso è contrastante in chi ritiene, e nelle culture giuridiche in cui generalmente si ritiene, che “il diritto” non sia una entità separata e distinta dalla formula della legge; da parte di questi ultimi, e in queste ultime culture,
si preferisce la locuzione “interpretazione della legge” usandola in modo generalizzante al posto di “interpretazione del diritto”; per converso la locuzione “interpretazione del diritto” è preferita talvolta da coloro che ritengono il complesso delle leggi necessariamente lacunoso e bisognoso di integrazione: sovente, però, anche questi non ricorrono alla locuzione “interpretazione del diritto” – che, a causa del significato moderno di “interpretazione”, non sarebbe in simile contesto idonea – bensì a locuzioni quali “ricerca del diritto”, “integrazione della legge”, “individuazione della norma” o “della regola di diritto” e simili. Come già si è detto, con la locuzione “interpretazione della legge” nell’uso più estensivo e con la locuzione (più tradizionale e più imprecisa) “interpretazione del diritto” nei suoi usi moderni, si intende l’insieme di tutte le attività e di tutti i risultati dell’apprendimento e dell’uso di un diritto vigente o storico. Soffermiamo l’attenzione su un punto: e cioè che le attività di apprendimento di un diritto oggettivo, che costituiscono il designatum della locuzione “interpretazione della legge” nel suo uso più estensivo, sono intuitivamente molto più complesse della mera operazione di attribuire un significato ad un documento di legge o anche a tutti i documenti delle leggi di quel diritto; l’insieme delle attività di apprendimento di un diritto include l’attribuzione di significato ai documenti delle leggi, ma non si risolve in essa. Certo è stata nel secolo scorso, e tuttora è, ideologia peculiare del ceto dei giuristi quella del c.d. positivismo giuridico, secondo cui tutto il diritto scaturisce solo da tutte le
leggi109; ma tale ideologia ha funzionato e funziona come guida d’azione, nel senso di rendere sempre più ristretti i margini del ricorso a fonti extra- legislative di diritto, senza però occultare il fatto che non tutta la disciplina del vivere sociale può reperirsi nell’insieme delle leggi di un diritto.
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Sugli usi della locuzione “positivismo giuridico” cfr. M.A. CATTANEO, Il positivismo
giuridico e la separazione tra diritto e morale (Rend.Ist. Lomb., 1960); ID., Positivismo giuridico,
voce del Novissimo Digesto italiano; U. Scarpelli, Cos’è il positivismo giuridico; G.TARELLO,
Diritto, enunciati, usi, Pt.I, cap. II e IV. Sulla nozione di “diritto positivo” nella nostra cultura
giuridica cfr. G.Tarello, La nozione di diritto positivo nella cultura giuridica italiana (Soc.dir. IV, 1977, pp. 1767-1771)
3.2 “Interpretazione” Significato : l’attività di chi interpreta e i documenti del suo risultato : interpretazione-attività e interpretazione- prodotto.
La prima accezione di “interpretazione” è quella per cui questo vocabolo funge da nome dell’attività designata dal verbo “interpretare”; in questa accezione, “l’interpretazione” è sinonimo di “l’interpretare”, e si riferisce primariamente a un fenomeno mentale, come l’attribuire un significato a un documento. La seconda accezione di “interpretazione” è quella per cui questo vocabolo funge da nome del prodotto dell’attività designata dal verbo interpretare; in questa accezione, “l’interpretazione” è sinonimo non tanto di “l’aver interpretato” quanto di “il risultato dell’aver interpretato”; tale risultato è, per il fatto stesso di essere conosciuto, incorporato in un documento.
3.2 Motivazione e argomentazione dell’interpretazione
Il controllo, da parte della società, delle decisioni e delle proposte circa l’attribuzione di significato a quei documenti che esprimono le norme regolatrici della vita sociale, si esercita tra l’altro mediante il controllo sui procedimenti intellettuali che conducono alla decisione e sui ragionamenti che sostengono la proposta. In altre parole, il controllo sociale specifico delle attività di interpretazione ed applicazione si manifesta solo in quelle società in cui vi è una distinzione di ruoli – anche se non necessariamente una distinzione rigida – tra chi formula le norme e chi le applica, le interpreta,
propone applicazioni : una distinzione cioè – anche se non rigida – tra il ruolo del legislatore ed il ruolo delle varie categorie più o meno tipicizzate di applicatori, o interpreti.
Nelle culture giuridiche moderne, e in particolare nella nostra, quasi tutte le decisioni eteronome di autorità istituzionali relative all’attribuzione di significato a documenti normativi preesistenti – ed in particolare a leggi – sono obbligatoriamente motivate in senso tecnico110. Da ciò una delle ragioni per le quali nell’ambito delle culture giuridiche moderne, ed in particolar modo nella nostra, si ritiene generalmente che sussista uno stretto collegamento tra i modi dell’interpretazione della legge (e degli altri documenti oggetto di interpretazione) e le tecniche della motivazione delle decisioni sulla interpretazione in sede di “applicazione” del diritto111. Alcuni ritengono che questo collegamento sia meramente formale, nel senso che le tecniche di motivazione sono argomentazioni sull’interpretazione giustapposte a una decisione presa indipendentemente da esse e per altri motivi; altri ritengono che invece il collegamento sia sostanziale, e le decisioni avvengano
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Ciò non significa che attraverso la regola di motivazione un controllo sociale (comunque inteso) si eserciti effettivamente, né vuol dire che possa esservi simmetria perfetta tra motivazione da un lato e deliberazione sul significato o giudizio dall’altro lato. Che la motivazione realizzi un qualche controllo sociale, e che una simmetria siffatta vi possa essere, sono idee o ideologie operanti nella cultura giuridica moderna; ma esse sono largamente contestate dall’analisi teorica).
111 Questa è una delle ragioni per le quali molti ritengono che l’interpretazione autentica del legislatore, cioè le cosiddette “leggi interpretative”, non siano atti di interpretazione: si tratta, infatti, di decisioni non motivate sul significato di preesistenti enunciati normativi.
in base ad argomenti112: si tratta di un problema di fatto, che non si può risolvere in sede di teoria descrittiva, ma solo in sede di ricerca empirica; comunque, formale o sostanziale, questo collegamento è ritenuto sussistente in tutta la cultura giuridica moderna.
Tutte le proposte di attribuire un significato a documenti normativi preesistenti che operatori giuridici tipici e non tipici rivolgono ad organi di applicazioni del diritto 113 sono fondate su argomentazioni, le quali si presentano come modelli di motivazioni interpretative114. Il controllo sociale sui procedimenti intellettuali dell’interprete si realizza, nella misura in cui (anch’essa variabile), attraverso uno strumento che deriva dalla cultura giuridica di ciascuna società, e che è perciò storicamente mutevole in rapporto alle società storiche e – entro ciascuna società – può essere più o meno unanimisticamente accettato e può diversamente atteggiarsi in relazione al grado di coesione e di divisione culturale all’interno della società. Questo strumento che deriva dalla cultura giuridica è quello che si chiama abitualmente “il ragionamento giuridico”. Le decisioni che
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la discussione si è centrata soprattutto sulla decisione giudiziaria, ed il problema è stato sovente fraseggiato nei termini “se e quanto il dispositivo sia determinato dalla motivazione”. In questi termini, però, si è presentato come problema “di teoria” un doppio problema: un problema empirico ed un problema relativo al funzionamento di talune organizzazioni giudiziarie in rapporto al diritto positivo. Vedi ancora M.TARUFFO, La motivazione, cap. V)
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Le proposte rivolte al legislatore di fare una data legge interpretativa, possono essere anch’esse argomentate, ma la argomentazione segue gli schemi propri delle proposte de iure condendo che non coincidono con quelle che si adoperano quando si fanno proposte de iure condito.
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In un ordine di considerazioni sostanzialmente simili, pur con una diversa angolazione, si inoltra G.GAVAZZI, Topica giuridica, in Nss. dig. it., s.h.v. (1972), par.4.
attribuiscono a documenti normativi un particolare significato sono rispettivamente motivate e argomentate sulla base di schemi di ragionamento giuridico che - nell’ambito della cultura di cui trattasi – sono ritenuti corretti. Le regole accreditate del corretto ragionare giuridico sono, nella nostra cultura, molte e costituiscono una lunga lista; però non tutte le regole che compongono la lista sono state elaborate nella nostra cultura attuale e sono nate nella nostra attuale e vigente organizzazione giuridica : tal chè di molte regole siffatte, per sé stesse prese, può farsi una storia procedendo molto all’indietro nel tempo e spostandosi ugualmente non poco nello spazio. In altre parole, le regole del corretto ragionare giuridico sono di per sé oggetto di derivazioni e di prestiti da una cultura all’altra e da una organizzazione all’altra, anche se, in ultima analisi, il loro significato operativo è funzione di ciascuna singola organizzazione sociale. La lunga lista delle regole del corretto ragionare giuridico che sono accreditate nella nostra cultura giuridica, comprende dunque regole di diversa provenienza, e funzionali originariamente a diversi tipi di organizzazione giuridica; ma queste regole così diverse per origine e funzione derivano la loro attuale portata, e funzionano come strumenti di controllo sociale, nella misura in cui rientrano nella lista delle regole ora accettate, e in ragione della loro accettazione. Ciò significa che vi sono due problemi aperti: quanto le diverse regole, per il fatto di essere congiuntamente e contemporaneamente accettate e
accreditate, trovino una qualche composizione di fatto, e quanto – per contro – esse confliggano.
Questi due problemi sono problemi di fatto. Per quanto riguarda il problema della composizione delle disparate regole del corretto ragionare giuridico, emergono di fatto due linee di soluzione del problema, entrambe non decisive. La prima linea di soluzione si manifesta a livello della cultura, e la seconda a livello della organizzazione giuridica positiva. A livello della cultura possiamo constatare che opera fortemente, presso tutti gli operatori giuridici attivi nella nostra organizzazione giuridica vigente, l’ideologia giuridica chiamata “positivismo giuridico”; in base a questa ideologia, il punto di partenza o premessa di ogni ragionamento giuridico è costituito da un enunciato normativo costituito da un documento formale di legislazione, dal documento formale di grado più elevato nella gerarchia delle fonti. A livello del diritto positivo, notiamo che l’impiego di talune regole è imposto o vietato per taluni operatori e/o per talune materie, e cioè vi è una disciplina legale – incompleta ed essa stessa bisognosa di interpretazione – dell’interpretazione e applicazione del diritto.
Per quanto riguarda il problema di quanto le regole del corretto ragionare giuridico confliggano, si nota una effettiva possibilità, da parte degli operatori nella nostra organizzazione positiva, di avvalersi molto frequentemente, a scelta, di una o di un’altra regola di motivazione e di argomentazione, che rispettivamente portano all’attribuzione al documento oggetto di
interpretazione di due significati tra loro incompatibili. Ciò dà luogo alla possibilità, per gli operatori dell’interpretazione, di avvalersi di procedimenti accettati per perseguire, nei singoli casi, la propria politica del diritto. Dove le regole di ragionamento non soccorrono, e dove il controllo sociale è affidato solo ai fenomeni dell’imitazione di precedenti applicazioni-prodotto, è il momento della individuazione del documento da cui estrarre una qualche premessa normativa; sul rapporto tra fatto e norma il margine di incertezza è altissimo; qui vale solo il porsi di scelte passate, come modello, e l’imitazione di precedenti viene talvolta costruita come regola di ragionamento.