CAPITOLO II : LA LEGGE 67/2014 E L’ESTENSIONE DELLA
4. I contenuti della richiesta: il programma di trattamento
I contenuti della prova sono disciplinati dall’art.168 bis commi 2 e 3 c.p.163 e dall’art.464 bis comma 4 c.p.p.: Si tratta di una disciplina nel complesso poco chiara soprattutto per quanto riguarda il concetto di “programma”, talvolta utilizzato come contenuto specifico connesso all’affidamento al servizio sociale, talaltra come “contenitore” di tutte le attività da svolgere durante la prova. Detta disciplina è inoltre caratterizzata da notevole indeterminatezza, in quanto attribuisce amplissimi margini di discrezionalità al giudice nella quantificazione del carico complessivo destinato a gravare sul soggetto, con la conseguenza che si potrebbero porre problemi di congruità, visto che comunque il disvalore del fatto commesso continua ad avere un suo significato nell’economia dell’istituto164.
Il quarto comma dell’art.464 bis c.p.p. prevede che all’istanza di sospensione del procedimento penale con messa alla prova sia allegato un programma di trattamento elaborato d’intesa con l’ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE) oppure, per il caso in cui non sia stato possibile elaborare tale programma, l’istanza deve essere munita della richiesta di elaborazione del suddetto programma165: il programma di
163 In relazione a questi due articoli, va segnalata la sentenza Corte cost., 21 febbraio 2018 (dep. 27 aprile 2018), n. 91, Pres. e Red. Lattanzi in www. penalecontemporaneo.it che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale di questi due commi sollevata in relazione all’art.25 comma 2 Cost.: secondo il Tribunale di Grosseto l’art.168 bis c.p. commi 2 e 3 prevedrebbe “l’applicazione di sanzioni penali non legalmente determinabili” in quanto le determinazioni inerenti alla qualità e alla durata del trattamento sanzionatorio applicabile sarebbero rimesse alla libera scelta dell’UEPE e poi del giudice e pertanto violerebbero il principio di tassatività e determinatezza legale delle pene di cui all’art.25 comma 2 Cost. ). La Consulta, con l’ord. 11 gennaio 2017 (dep. 10 marzo 2017), n. 54, Pres. Grossi, Est. Lattanzi in www.penalecontemporaneo.it ha ribadito come la durata massima del lavoro di pubblica utilità debba corrispondere alla durata della sospensione del procedimento mentre, con riguardo agli aspetti qualitativi, ha ritenuto inconferente il riferimento al secondo comma dell’art.25 Cost., poiché il programma di trattamento è caratterizzato da finalità specialpreventive e risocializzanti e deve perciò essere ampiamente modulabile, anche in relazione alla personalità dell’imputato: così A. CAPITTA, Messa alla prova – Corte cost. n.91 del 2018 in www.archiviopenale.it
164 Così R. BARTOLI, La sospensione del procedimento con messa alla prova: una goccia deflattiva nel mare del sovraffollamento? In Diritto e processo penale, 2014 pag. 669
165 Tale eventualità potrebbe presentarsi nel caso in cui si proceda con giudizio direttissimo, giudizio immediato non custodiale o con procedimento per decreto: in queste ipotesi, invero, mancando l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art.415 bis c.p.p., l’imputato propenso a richiedere l’ammissione alla prova si ritrova a non avere abbastanza tempo per attivare la necessaria procedura presso gli uffici competenti prima della scadenza del termine massimo previsto per la presentazione della domanda di sospensione: così Così M. MONTAGNA,
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trattamento o la richiesta di predisposizione dello stesso presentata all’ufficio di esecuzione penale esterna costituiscono requisiti necessari per la completezza della domanda di sospensione, pur non essendo comunque prevista nessuna norma che preveda effetti invalidanti per l’istanza che sia priva di questo requisito166.
Il meccanismo della sospensione con messa alla prova si fonda su un percorso di “sperimentazione” da parte dell’imputato nel cui ambito il programma di trattamento ha un ruolo essenziale. I contenuti del programma di trattamento sono previsti dal legislatore, ma si tratta di indicazioni che non devono essere intese in senso tassativo, ben potendo il giudice e l’UEPE adattare discrezionalmente le prescrizioni alle caratteristiche della persona dell’imputato167
Il secondo comma dell’art.168 bis c.p. delinea il contenuto della messa alla prova, imponendo una serie di obblighi volti, da un lato, al profilo riparativo e risarcitorio del danno ex delicto e, dall’altro, a favorire il recupero sociale dell’imputato.
Si tratta, nell’uno e nell’altro caso, di prescrizioni che integrano il contenuto necessario dell’ordinanza applicativa del beneficio, che quindi dovrà prevedere obbligatoriamente, sotto il profilo riparativo, la prestazione di condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti da reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. La discrezionalità del giudice si eserciterà sul profilo dell’adattamento delle prescrizioni al caso concreto, modulando obblighi e facoltà alla situazione familiare, personale, economica e lavorativa dell’imputato168.
La prima prescrizione riparativa che integra l’onere, posto a carico dell’imputato, di provvedere alla eliminazione delle conseguenze dannose e pericolose derivanti da reato, riproduce il primo comma dell’art.35 del D.lgs. 274/2000169: si tratta di un facere imposto
Sospensione del procedimento con messa alla prova in Le nuove norme sulla giustizia penale cit., CEDAM, 2014 pag. 388
166 Anche se la formulazione dell’art.464 bis comma 4 c.p.p.(“all’istanza è allegato”) non lascia dubbi circa la necessità del programma o della richiesta già proposta all’ufficio: così, ancora, Così M. MONTAGNA, Sospensione del
procedimento con messa alla prova in Le nuove norme sulla giustizia penale cit., CEDAM, 2014 pag. 388
167 Così M. MONTAGNA, Sospensione del procedimento con messa alla prova in Le nuove norme sulla giustizia penale cit., CEDAM, 2014 pag. 388 e F. FIORENTIN, Volontariato quale forma di “riparazione sociale” in Guida al diritto, 17 maggio 2014, n°21 pag.78
168 Con la conseguenza che, laddove il giudice disponga la sospensione del processo con la messa alla prova dell’imputato, omettendo tout court di disporre, ad esempio, l’obbligo di eliminare le conseguenze pericolose del reato, sarebbe viziato da illegittimità per violazione di legge e, sotto tale profilo, sarebbe suscettibile di annullamento: in questi termini F. FIORENTIN, Rivoluzione copernicana per la giustizia riparativa in Guida al diritto, 17 maggio 2014, n°21 pg.73
169 Disposizione che configura una causa estintiva di esplicita ispirazione riparativa, prevedendo l’estinzione del reato quando l’imputato avesse dimostrato di aver
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all’imputato che si configura come un obbligo di conseguimento del risultato identificato dalla previsione normativa. Sulle modalità concrete mediante le quali l’imputato intende assolvere all’onere riparativo de quo, la legge consente un certo margine di flessibilità all’interessato, ferma restando comunque l’esplicita indicazione nel programma di trattamento allegato all’istanza formulata dall’imputato delle “prescrizioni comportamentali e degli altri impegni specifici che l’imputato assume anche al fine di elidere o attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni (art.464 bis comma 4 lett. b) c.p.p.).
Il risarcimento del danno cagionato da reato si differenzia dalla figura di obbligo riparativo precedente per via della natura squisitamente risarcitoria, natura che rimanda al concetto di dazione pecuniaria170, e che non costituisce un mero obbligo di natura afflittiva bensì rientra nell’ambito di un percorso di responsabilizzazione del condannato rispetto all’illecito commesso e alle conseguenze derivatene, in un’ottica essenzialmente, anche se non esclusivamente, rieducativa, coerente con lo spirito del probation. La prescrizione in esame sembra caratterizzata, infatti, da un lato, da una funzione di prevenzione generale, ma anche da istanze specialpreventive, che sembrano ispirare l’intera disciplina della messa alla prova dell’imputato adulto: la scelta di imporre il risarcimento dei danni arrecati pare finalizzata non solo a tutelare gli interessi della vittima ma anche a motivare il soggetto onerato a comportamenti sintomatici di una maggiore sensibilità sociale e, dunque, a favorire lo sviluppo di una revisione critica in ordine alla condotta tenuta171. Non è dunque irragionevole, da un lato, subordinare la concessione della misura all’impegno sul versante risarcitorio (art.464 bis comma 4 lett. b) c.p.p.) e, dall’altro, ammetterne la revoca (art.168 quater n.1 c.p.) o la declaratoria di non positivo esperimento nel caso di suo mancato adempimento che dipenda da fatto colpevole dell’imputato o da non
proceduto, prima dell’udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato, mediante la restituzione o il risarcimento: v. sul punto F. FIORENTIN, Rivoluzione copernicana per la giustizia riparativa in Guida al diritto, 17 maggio 2014, n°21 pg.73
170 Un ristoro, cioè, di tipo patrimoniale, in rapporto al danno ex delicto, assunto confermato anche dal riferimento, introdotto all’art.464 quinques c.p.p. di un possibile pagamento rateale delle somme eventualmente dovute a titolo di risarcimento del danno: così F. FIORENTIN, Risarcire la vittima è condizione imprescindibile in Guida al diritto, 17 maggio 2014, n°21 pag.75
171 Analogamente alla funzione svolta, in ambito penitenziario, dal trattamento rieducativo previsto dall’art.27 c.1 Dpr 230/2000, che dovrebbe stimolare il condannato ad una “riflessione sulle condotte antigiuridiche poste in essere”: così in questi termini F. FIORENTIN, Risarcire la vittima è condizione imprescindibile in Guida al diritto, 17 maggio 2014, n°21 pag.75
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giustificata indisponibilità ad assolvere a questa dazione (art.464 septies comma 2 c.p.p.).172
I profili problematici attengono semmai alla quantificazione del danno da risarcire e alla esigibilità della prestazione risarcitoria sotto il profilo soggettivo e oggettivo. Per quanto concerne il primo aspetto, si pone anzitutto la necessità che detta quantificazione tenga conto di tutti gli elementi che compongono il danno subito dalla vittima, quindi sia l’elemento patrimoniale che il danno morale ed esistenziale nelle sue varie sfumature: sarà dunque necessaria una delicata opera di mediazione, da parte degli assistenti dell’Uepe, tra imputato e persona offesa così da giungere ad una valutazione del danno il più possibile condivisa ed equilibrata173.
Per quanto riguarda invece il profilo della esigibilità in concreto della prestazione, un elemento di significativo rilievo è suggerito dalla dizione normativa secondo cui il risarcimento è dovuto “se possibile”. Si tratterebbe dunque di una prescrizione risarcitoria obbligatoria ex lege quanto al suo inserimento nel programma di trattamento ma subordinata ad una valutazione di “esigibilità in concreto” con riguardo alla singola situazione considerata, sia sul piano soggettivo che su quello oggettivo: è dunque necessaria una parametrazione dell’obbligazione risarcitoria alle concrete condizioni economiche e personali dell’imputato, escludendosi una formulazione della medesima in termini di incondizionato e assoluto obbligo al risarcimento integrale dei danni174. Un’altra delicata questione, sempre in ordine alla quantificazione del danno cagionato da reato, riguarda l’ipotesi in cui sia in corso una causa civile, la cui prevedibile durata sia di gran lunga superiore alla misura
172 Ancora F. FIORENTIN, Risarcire la vittima è condizione imprescindibile in Guida al diritto, 17 maggio 2014, n°21 pag.75
173 In ogni caso, l’UEPE deve indicare nella relazione di accompagnamento al programma di trattamento se la quantificazione del danno proposta è frutto di un accordo, indicando, in caso contrario, le ragioni per le quali non è stato possibile addivenire ad una soluzione condivisa: così, ancora, F. FIORENTIN, Risarcire la vittima è condizione imprescindibile in Guida al diritto, 17 maggio 2014, n°21 pag.76 ss
174 In questi termini, ancora, F. FIORENTIN, Risarcire la vittima è condizione imprescindibile in Guida al diritto, 17 maggio 2014, n°21 pag.76, secondo cui sotto il profilo oggettivo ricorre una causa di inesigibilità con riferimento al titolo di reato una violazione di carattere formale della norma penale oppure una fattispecie che non abbia comportato un danno o un pregiudizio quantificabile (detenzione di sostanze stupefacenti). In questi casi il risarcimento non sarà oggettivamente configurabile né esigibile e l’UEPE potrebbe limitarsi a segnalare, nel programma di trattamento e nella relazione allegata, tale inesigibilità oggettiva, omettendo di dettagliare la proposta risarcitoria. La dimensione riparativa dell’illecito quale danno sociale viene considerata dal legislatore nel momento in cui prevede l’effettuazione di un lavoro di pubblica utilità o di un’attività di volontariato. Altra ipotesi di risarcimento oggettivamente inesigibile è data dalla irreperibilità della persona offesa o degli aventi diritto o il suo rifiuto, espresso anche per facta, ad ogni contatto con l’imputato
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della sospensione del processo con messa alla prova, con conseguente impossibilità per l’imputato di provvedere al risarcimento prima della conclusione della probation. Sicuramente la mera resistenza in giudizio alle pretese del danneggiato non può essere stigmatizzata come atteggiamento contrario alla volontà di risarcire, in assenza di elementi che consentano di qualificare come pretestuosa o temeraria la difesa. La soluzione potrebbe essere quella di prevedere una forma di prestazione risarcitoria, magari nella forma della provvisionale, immediatamente liquida ed esigibile a carico dell’imputato per essere ammesso alla prova175.
In definitiva, è sempre richiesto all’imputato un tentativo diligente di operare il suddetto risarcimento, poiché il mancato adempimento da parte dell’interessato del dovere di adempiere alle obbligazioni ex delicto viene valutato dal giudice ai fini del giudizio in ordine all’esito della messa alla prova. Ai fini della eventuale giustificazione del mancato adempimento dell’obbligazione risarcitoria a favore della persona offesa occorre accertare se il debito sia liquido e concretamente esigibile e le ragioni dell’eventuale inadempimento176
La disciplina, però, pecca di chiarezza: alla facoltatività dell’attività risarcitoria denotata dalla locuzione “ove possibile” si unisce l’incerto tenore della legge dal momento che il secondo comma dell’art.168 bis c.p. alla eliminazione delle conseguenze del reato il risarcimento del danno, prospettando due diverse attività mentre il comma 4 lett. b) dell’art.464 bis c.p.p. sembra non prevedere più due distinte condotte, in quanto si ritiene che risarcimento, riparazione e restituzione possano, di per sé, elidere le conseguenze del reato. Dall’esperienza dell’art. 35 d.lgs. n. 274/2000, si evince che non sempre le condotte riparatorie sono idonee ad eliminare gli effetti pericolosi e dannosi del reato e pertanto sarebbe opportuno mantenere separate le due condotte177. E inoltre la previsione che subordina la concessione della messa alla prova all’impegno risarcitorio dell’imputato ovvero ne prescrive la revoca o la declaratoria di esito negativo in caso di inadempimento induce a ritenere che il risarcimento del danno sia contenuto imprescindibile, non alternativo ma congiunto alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose178.
Pur ammettendo la possibilità che il comportamento risarcitorio non si concretizzi per ragioni di oggettiva impossibilità o perché non è
175 Ancora F. FIORENTIN, Risarcire la vittima è condizione imprescindibile in Guida al diritto, 17 maggio 2014, n°21 pag.77
176 Ancora F. FIORENTIN, Risarcire la vittima è condizione imprescindibile in Guida al diritto, 17 maggio 2014, n°21 pag.77
177 In questi termini O. Murro, Le nuove dimensioni del probation per l’imputato adulto in www.treccani.it
178 Così G. TABASCO, La sospensione del procedimento con messa alla prova degli imputati adulti in archiviopenale.it, 2015 pag.21
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concepito come satisfattivo dalla vittima, il legislatore lo incoraggia attraverso la previsione obbligatoria del “sondaggio” sulla possibilità di mediazione nonché attraverso disposizioni volte a conciliarne l’attuazione con altre prescrizioni del programma179
La seconda attività in cui deve consistere la messa alla prova è l’affidamento dell’imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di rilievo sociale o l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, al divieto di frequentare determinati locali180. Tale attività di rilievo sociale dovrebbe essere sempre prescritta quando l’imputato non sia stato in grado, per incapienza patrimoniale o per altre cause oggettive di giustificazione, di risarcire il danno derivante da reato, configurandosi in dette ipotesi il volontariato come forma di riparazione sociale del danno causato dal soggetto alla società civile con la propria condotta illecita181. Sorge il dubbio se possano essere imposte prescrizioni atipiche, che limitano diritti diversi da quelli oggetto delle prescrizioni tipiche oppure comprimono beni oggetto delle prescrizioni tipiche, ma con modalità differenti182. La seconda prescrizione, di cui al comma 2 dell’art.168 bis c.p., sembra essere invece eccessivamente indeterminata nella sostanza a carattere esemplificativo. Ai sensi dell’art.464 bis comma 4 lett. a)
179 V. sul punto L. PULITO, Presupposti applicativi e contenuti della misura in N. TRIGGIANI (a cura di), La deflazione giudiziaria: messa alla prova degli adulti e proscioglimento per tenuità del fatto, 2014, pag.96
180 Così F. FIORENTIN, Volontariato quale forma di “riparazione sociale” in Guida al diritto, 17 maggio 2014, n°21 pag.78 e G. TABASCO, La sospensione del procedimento con messa alla prova degli imputati adulti in archiviopenale.it, 2015 pag.22 secondo cui le prescrizioni a cui fa riferimento la norma hanno carattere meramente esemplificativo di modo che ulteriori prescrizioni potranno essere inserite nel programma, come ad esempio il divieto di detenere o portare armi, di frequentare persone come pregiudicati, tossicodipendenti o comunque persone che possano offrire occasioni di recidiva.
181 Ancora F. FIORENTIN, Volontariato quale forma di “riparazione sociale” in Guida al diritto, 17 maggio 2014, n°21 pag.78
182 V. sul punto G. TABASCO, La sospensione del procedimento con messa alla prova degli imputati adulti in archiviopenale.it, 2015 pag.22 secondo cui vi rientrerebbero, in tema di libertà di comunicazione, il divieto di comunicazione a mezzo di telefoni cellulari oppure, in tema di patrimonio, le oblazioni imposte a favore di enti aventi scopi istituzionali connessi al reato
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c.p.p. Il programma deve inoltre prevedere le modalità di coinvolgimento dell’imputato, nonché del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita, nel processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario e possibile. La norma, abbastanza indeterminata, sembra essere soprattutto rivolta all’eventuale coinvolgimento del nucleo familiare nel processo di reinserimento sociale che il meccanismo della messa alla prova contempla per un positivo esito della stessa. Da notare come il legislatore, tracciando la possibilità di un coinvolgimento dei familiari o dell’ambiente di riferimento dell’imputato, colleghi tale allargamento dei soggetti da includere come protagonisti, sempre non primari, nel programma di trattamento alla duplice condizione che ciò sia “necessario” e “possibile”183.
Pur ammettendo la possibilità che il comportamento risarcitorio non si concretizzi per ragioni di oggettiva impossibilità o perché non è concepito come satisfattivo dalla vittima, il legislatore lo incoraggia attraverso la previsione obbligatoria del “sondaggio” sulla possibilità di mediazione nonché attraverso disposizioni volte a conciliarne l’attuazione con altre prescrizioni del programma184
Costituisce contenuto indefettibile a cui è subordinata la concessione della misura la prestazione di lavoro di pubblica utilità185 del quale
183 In questi termini R. BARTOLI, La sospensione del procedimento con messa alla prova: una goccia deflattiva nel mare del sovraffollamento? In Diritto e processo penale, 2014 pag. 669-670 e M. MONTAGNA, Sospensione del procedimento con messa alla prova in Le nuove norme sulla giustizia penale cit., CEDAM, 2014 pag. 389, secondo cui vi potranno anche essere casi in cui detto coinvolgimento non si profili come necessario, ipotesi nelle quali i contorni familiari potrebbero essere “pregiudizievoli” per il percorso rieducativo che l’imputato si propone di svolgere. 184 V. sul punto L. PULITO, Presupposti applicativi e contenuti della misura in N. TRIGGIANI (a cura di), La deflazione giudiziaria: messa alla prova degli adulti e proscioglimento per tenuità del fatto, 2014, pag.96
185 Da intendersi quale prestazione non retribuita, determinata anche in ragione delle specifiche competenze e delle attitudini lavorative dell’imputato, da svolgersi per un periodo di tempo non inferiore a dieci giorni (anche non cumulativi) presso lo Stato, le regioni, gli enti locali, le aziende sanitarie o presso enti internazionali che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato: sul punto M.S. CALABRETTA e A. MARI, opera cit., pag.19. È configurato all’art.1 lett. i) e lett. l) della l. 67/2014di Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie quale sanzione per determinati reati. Inizialmente prevista come eventuale e facoltativa, è divenuta obbligatoria a seguito degli emendamenti apportati dal Senato: così A. MARANDOLA, La messa alla prova dell’imputato adulto: ombre e
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l’art.168 bis comma 3 c.p. fornisce una definizione mutuata da quelle già contenute in disposizioni vigenti che contemplano la misura quale pena sostitutiva186 o quale obbligo correlato alla sospensione condizionale della pena187. Tra il modello “archetipo” e il “nuovo” lavoro di pubblica utilità correlato alla sospensione del processo con messa alla prova vi sono molteplici affinità, prima tra tutte la pre-condizione costituita dal necessario consenso dell’imputato, cristallizzato nell’istanza rivolta al giudice cui è allegato il programma di trattamento comprensivo delle prescrizioni al lavoro al lavoro di pubblica utilità ex art.464 comma 4 lett.b) c.p.p. e che lo pone in linea con il divieto di “lavori forzati” espressamente previsto dai commi 2 e 3 dell’art.4 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali188.
Rispetto al lavoro di pubblica utilità, la discrezionalità del giudice risulta amplissima, ponendosi seri problemi di determinatezza che fanno