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I requisiti soggettivi: giudizio prognostico e il problema della

CAPITOLO II : LA LEGGE 67/2014 E L’ESTENSIONE DELLA

3. I requisiti soggettivi: giudizio prognostico e il problema della

Se i limiti oggettivi sono riferibili ai reati per cui si procede, quelli soggettivi valgono ad escludere dalla misura i soggetti che si reputano, evidentemente, portatori di un certo tasso di pericolosità perché delinquenti o contravventori abituali ovvero delinquenti per tendenza. Non vi sarebbero apparenti preclusioni per coloro che sono soggetti a misura cautelare, ma si ritiene che i presupposti della prova siano, logicamente, incompatibili con la sussistenza di esigenze cautelari. Il comma 5 dell’art.168 bis c.p. prevede che la sospensione del

Tutte queste considerazioni vengono poi enunciate in un principio di diritto dalle sezioni unite Sorcinelli, secondo le quali “ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina della sospensione con messa alla prova, il richiamo contenuto nell’art.168 bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni deve essere riferito alla pena massima prevista per la fattispecie base, non assumendo a tale fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese quelle ad effetto speciale per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato” (così Cassaz., Sez. Un. Sorcinelli, in motivazione, pag.12). Sul punto I. GUERINI, In claris (non) fit interpretatio? Le sezioni unite in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova in Diritto penale contemporaneo, pag.6 e seguenti

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procedimento con messa alla prova non si applica nei casi previsti dagli articoli 102, 103, 104, 105 e 108 c.p.: non possono essere ammessi dunque alla sospensione del procedimento con messa alla prova i soggetti che siano stati dichiarati delinquenti o contravventori abituali o professionali o per tendenza159. La norma conterrebbe, dunque, due preclusioni insuperabili, che presuppongono una connotazione episodica del fatto nello stile di vita dell’imputato, tanto con riferimento alla circostanza che la sospensione con messa alla prova non può essere concessa più di una volta, quanto in ragione della prevista inapplicabilità dell’istituto nei confronti di soggetti che siano stati dichiarati delinquenti o contravventori abituali, professionali o per tendenza. Fatta questa premessa, sebbene la legge non dica nulla con riferimento all’ipotesi di imputato recidivo, è evidente che il giudice, ai fini del giudizio prognostico, dovrà comunque tenere conto del comportamento tenuto dall’imputato in epoca anteriore alla commissione del fatto o comunque antecedente al contesto processuale, quale risultante anche dai suoi precedenti penali. Ne discende che l’eventuale recidiva rileva ai fini della valutazione prognostica e, pur in assenza di una preclusione legale assoluta, determina la necessità di una più approfondita valutazione da parte del giudice, che costituisca altresì oggetto di specifica motivazione. In assenza di uno specifico riferimento in proposito, quindi, l’interprete è chiamato a verificare quale sia la proiezione temporale del giudizio prognostico demandato al giudice in sede di emissione della ordinanza di sospensione: se cioè la prognosi debba essere fatta con esclusivo riferimento al momento di commissione del fatto o se possa essere riferita alla personalità dell’imputato quale potenzialmente modificatasi

159 In particolare, la sospensione del procedimento con messa alla prova non è ammessa nei casi di abitualità presunta dalla legge (art.102 c.p.), abitualità ritenuta dal giudice (art.103 c.p.), abitualità nelle contravvenzioni (art.104 c.p.), professionalità nel reato (art.105 c.p.) e tendenza a delinquere (art.108 c.p.). La legge richiama, come si può vedere, tutte le ipotesi di delinquenza “qualificata”, cui viene evidentemente annessa una valutazione legale di pericolosità sociale tale da non risultare compatibile con l’accesso alla probation: v. sul punto FIORENTIN, Rivoluzione copernicana per la giustizia riparativa in Guida dir., 2014, 21, 71

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all’esito della prova160. Tra le ipotesi “ostative” è compresa la delinquenza abituale, di cui all’art.103 c.p.: sotto questo profilo, si osserva come la preclusione in esame mantiene la sua natura assoluta ai fini della misura, anche qualora la relativa declaratoria sia risalente nel tempo e, per questo motivo, possa non corrispondere (più) ad una pericolosità soggettiva concreta ed attuale. Questa constatazione fa rilevare una distonia della disciplina della messa alla prova sul piano della razionalità delle preclusioni, considerato che non appare irragionevole ritenere che il decorso del tempo e l’eventuale percorso di recupero sociale possano avere medio tempore ridotto o, addirittura, esaurito la carica antisociale dell’interessando, sterilizzandone quindi la relativa pericolosità soggettiva161. Offre poi interessanti spunti di riflessione in merito all’ambito applicativo dell’istituto della messa alla prova l’ordinanza del Tribunale di Milano del 27 marzo 2017, che ha respinto l’istanza presentata dalla difesa di una S.r.l. escludendo che l’istituto possa trovare applicazione anche nei confronti degli enti. Il Tribunale prende Il Tribunale prende le mosse del proprio ragionamento, constatando, in prima battuta, che né agli artt. 168 bis c.p., 464-bis c.p.p. né all’interno del D.lgs. 231/2001 è previsto espressamente che l’ente possa giovarsi dell’istituto in esame e che, quindi, l’unica strada ermeneutica per sciogliere la questione riguarda la possibilità di un’applicazione analogica dell’istituto.

Date tali premesse, il Tribunale si sofferma quindi sulla natura della messa alla prova e, in particolare, analizza se la stessa abbia natura di diritto processuale – che non sarebbe di alcun ostacolo a eventuali interpretazioni analogiche – o di diritto sostanziale, che (al contrario) escluderebbe ogni possibilità di estensione dell’istituto in malam partem, stante il principio costituzionale della riserva di legge. Prendendo spunto dalle recenti conclusioni a cui erano pervenute le

160 Nell’analogo istituto del processo minorile, la legge espressamente prevede che “il giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la sospensione del processo quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all’esito della prova” (art.28 D.p.r. 448/88)

161 V. sul punto FIORENTIN, Rivoluzione copernicana per la giustizia riparativa in Guida dir., 2014, 21, pagine 71 e 72

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Sezioni Unite (cfr. Cass. SS.UU., 31 marzo 2016, n. 36272), il Tribunale riconosce che la messa alla prova ha una dimensione prettamente ibrida e racchiude in sé sia profili di diritto processuale che aspetti più schiettamente sostanziali. In particolare, la natura processuale della messa alla prova “la colloca nell’ambito dei procedimenti speciali alternativi al giudizio” (p. 2) e “realizza una rinuncia statuale alla potestà punitiva condizionata al buon esito di un periodo di prova controllata e assistita” (p. 2). Ma il Tribunale le riconosce anche e “soprattutto, la natura sostanziale”, in quanto “persegue scopi socialpreventivi in una fase anticipata, in cui viene “infranta” la sequenza cognizione- esecuzione della pena in funzione del raggiungimento della risocializzazione del soggetto” (p. 2).

Ciò posto, stante la dimensione (anche e soprattutto) di diritto sostanziale della messa alla prova, il Tribunale fa richiamo ai corollari del principio di legalità ex art. 25, comma 2 Cost. in materia penalistica, ricordando l’insegnamento della recente giurisprudenza costituzionale (Corte Cost., 230/2012 in www.cortecostituzionale.it), in forza del quale il potere di normazione di materia penalistica – in quanto incidente sui diritti fondamentali dell’individuo e, in particolare, sulla sua libertà personale – è riservato all’organo legislativo e alle fonti primarie. Precisa poi il Tribunale: “mentre il principio della riserva di legge può, a certe precise e limitate condizioni, essere relativo quanto alla descrizione del precetto, esso ha carattere assoluto quanto all’individuazione della pena” (p. 2). Ne consegue così che “la sanzione da applicare ad una fattispecie che ne sia priva non può essere rinvenuta attraverso l’interpretazione analogica. Quindi , prosegue il Tribunale, “in assenza, de jure condito, di una normativa di raccordo che renda applicabile la disciplina di cui agli artt. 168 bis e seguenti c.p. alla categoria degli enti, ne deriva che l’istituto in esame, in ossequio al principio di riserva di legge, non risulta applicabile ai casi non espressamente previsti, e quindi alle società imputate ai sensi del D.lgs. n. 231/2001” 162

162In questi termini M. MIGLIO, La sospensione del procedimento con messa alla prova non si applica alle persone giuridiche in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 9

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4. I CONTENUTI DELLA RICHIESTA: IL PROGRAMMA DI