CAPITOLO II : LA LEGGE 67/2014 E L’ESTENSIONE DELLA
6. La richiesta nel corso delle indagini preliminari e i rapporti con il
OBBLIGATORIETÀ DELL’AZIONE PENALE
La richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova può essere presentata anche nel corso delle indagini preliminari221. Si tratta di una disciplina che presenta qualche problema interpretativo e alcune carenze sistematiche per quanto concerne il soggetto destinatario della richiesta, il ruolo del pubblico ministero e, infine, i provvedimenti che il giudice deve adottare222. Aver esteso il nuovo meccanismo anche alla fase delle indagini preliminari palesa l’intenzione del legislatore di deflazionare il procedimento penale, ampliando la sfera procedimentale entro cui la messa alla prova può essere attivata: il modello prescelto delinea alcune affinità con l’applicazione della pena su richiesta delle parti di cui all’art.447 c.p.p. e con l’oblazione, entrambi attivabili già nella fase delle indagini preliminari.
Al fine di favorire l’attivazione del probation in questa fase, l’art. 141 bis disp. att. c.p.p. prevede che il pubblico ministero, anche prima dell’esercizio dell’azione penale, possa avvisare l’interessato, ove ne ricorrano i presupposti, della facoltà di essere ammesso alla prova ex art.168 bis c.p. e che l’esito positivo della stessa estingue il reato223. La locuzione “può” di cui al comma 1 dell’art. 141 bis disp. att. c.p.p. consente di dire che si tratta di una possibilità: sarà lo stesso organo dell’accusa a valutare se inviare l’avviso in questione, tenendo conto della complessiva situazione procedimentale e del fatto di reato da contestare all’indagato. In altre parole, laddove il pubblico ministero sia “disponibile” ad una soluzione di probation potrebbe darne avviso all’indagato anche prima che siano concluse le investigazioni224. In ogni caso, anche a prescindere da tale avviso, la persona sottoposta alle indagini deve presentare la richiesta con le forme previste dall’art.464 ter c.p.p. in quanto, per disporre la sospensione, occorre il consenso del pubblico ministero. Ma la presentazione della richiesta al giudice determina alcune (inutili) complicazioni: sarebbe più logico e sistematicamente più corretto che la richiesta venga presentata allo stesso pubblico ministero, che ha la disponibilità del fascicolo. È invece
221 Così M. MONTAGNA, Sospensione del procedimento con messa alla prova in Le nuove norme sulla giustizia penale cit., CEDAM, 2014 pag. 395 e A. DIDDI, La fase di ammissione alla prova, in N. TRIGGIANI (a cura di), La deflazione giudiziaria: messa alla prova degli adulti e proscioglimento per tenuità del fatto, 2014, pag.133 222 Così G. AMATO, La richiesta nella fase delle indagini preliminari in Guida al diritto n°21, 2014 pag.87-88
223 Lo strumento volto a garantire conoscibilità all’indagato delle possibilità difensive e processuali è simile a quello già previsto dal comma 2 dell’art.141 disp. att. c.p.p. in caso di oblazione: così 223 Così M. MONTAGNA, Sospensione del procedimento con messa alla prova cit. pag. 396
224 Ancora M. MONTAGNA, Sospensione del procedimento con messa alla prova in Le nuove norme sulla giustizia penale cit., CEDAM, 2014 pag. 396
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incomprensibile e fuori sistema è la previsione secondo cui, nel corso delle indagini preliminari, se la richiesta è presentata, è il giudice a doverne investire il pubblico ministero in quanto lo stesso non ha la disponibilità del fascicolo, di cui potrebbe anche non avere conoscenza in quanto mai investito di qualsivoglia richiesta. La previsione potrebbe avere un senso solo nei casi in cui il giudice sia stato investito di una richiesta e sia temporaneamente nella disponibilità del fascicolo ma, nella stragrande maggioranza dei casi, la richiesta non può che essere indirizzata all’autorità giudiziaria che dispone del fascicolo. La trasmissione costituisce, semmai, una formale verifica alla sua disponibilità a formulare un’imputazione, come si ricava dal comma 3 dell’art.464 ter c.p.p., disposizione che pare alludere anche ad altri atti, in suo possesso, e che devono essere trasmessi al pubblico ministero: in realtà il giudice per le indagini preliminari, fatto salvo l’eventuale fascicolo del difensore presentato ai sensi dell’art.391 octies comma 2 c.p.p., non dispone di alcun atto e, quindi, tutto ciò che lo stesso può trasmettere al PM è la richiesta dell’interessato225.
Il giudice, una volta ricevuta l’istanza, trasmette gli atti al pubblico ministero per acquisire le sue valutazioni e l’organo dell’accusa, nel termine di cinque giorni226, dovrà esprimersi adottando una serie di provvedimenti alternativi: può in primo luogo, avanzare richiesta di
225 È infatti verosimile che la richiesta nel corso delle indagini preliminari possa non essere corredata da alcun relazione dell’ufficio di esecuzione esterna: sarebbe infatti eccessivamente dispendioso pensare che l’ufficio si attivi senza conoscere la disponibilità del pubblico ministero a consentire all’introduzione del rito. inoltre, per attivare l’ufficio locale di esecuzione esterna, la persona sottoposta alle indagini dovrebbe depositare gli atti rilevanti del procedimento e l’ufficio, per individuare le condotte riparatorie e risarcitorie, dovrebbe conoscere gli esatti termini del fatto, così da poter individuare la persona offesa e verificare dette condotte. Salvo che il PM abbia già emesso l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art.415 bis c.p.p., non solo l’indagato potrebbe non disporre di nessun atto del procedimento da trasmettere all’ufficio locale di esecuzione ma potrebbe non essere ancora delineata una imputazione attorno alla quale elaborare un progetto di trattamento. Nel corso delle indagini preliminari, dunque, la richiesta è necessariamente sguarnita di alcuna allegazione, nella sostanza, si traduce in una sorta di “proposta” al pubblico ministero affinché eserciti immediatamente l’azione penale formulando l’imputazione: in questi termini A. DIDDI, La fase di ammissione alla prova cit. pag.134
226 La ratio della norma deve essere individuata nella necessità di evitare che l’istanza di messa alla prova possa essere strumentalizzata dall’indagato al solo fine di bloccare le indagini e cristallizzare l’accusa, limitandola entro i confini di una indagine ancora in fase embrionale, evitando, ad esempio, la contestazione di fatti diversi o più gravi: così M.S. CALABRETTA e A. MARI, opera cit., pag.29
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archiviazione227 oppure può prestare il proprio consenso228 o, ancora, può dissentire dalla richiesta di sospensione con messa alla prova. Tanto il consenso quanto il dissenso devono essere motivati: ai sensi dal comma 3 dell’art.464 ter c.p.p., per il consenso la motivazione può essere sintetica e deve risultare da atto scritto, affiancato dalla formulazione dell’imputazione229 e, quindi, dall’esercizio dell’azione penale230. Anche il dissenso, come prescrive il comma 4 dell’art.464 ter c.p.p., deve essere motivato, in funzione del controllo che poi potrà essere svolto dal giudice del dibattimento: in caso di dissenso, il pubblico ministero deve “enunciare le ragioni”231 e ovviamente, in questa ultima ipotesi, il
227 Così G. AMATO, La richiesta nella fase delle indagini preliminari in Guida al diritto n°21, 2014 pag.89. Secondo M. MONTAGNA, Sospensione del procedimento con messa alla prova in Le nuove norme sulla giustizia penale cit., CEDAM, 2014 pag. 398 il PM negherà il suo consenso ove reputi che sussistano i presupposti per l’archiviazione, posto che una siffatta opzione procedurale dovrà avere la priorità sulla messa alla prova (v. anche Audizione prof.ssa C. Cesari resoconto stenografico 18 in www.camera.it)
228 È ragionevole ritenere che il consenso del PM al probation verrà dato quando lo stesso riterrà che gli elementi di prova fino ad allora raccolti consentano l’esercizio dell’azione penale: così M. MONTAGNA, Sospensione del procedimento con messa alla prova in Le nuove norme sulla giustizia penale cit., CEDAM, 2014 pag. 397 229 La previsione dell’obbligo per il PM di formulare l’imputazione trova fondamento nella duplice necessità di cristallizzare l’accusa e dall’altro di valutare, a quel momento, la serietà e la concludenza delle indagini svolte. Dal punto di vista dell’organo decidente, la formulazione dell’imputazione costituisce una vera e propria “bussola” con la quale il giudice, che nulla in astratto dovrebbe conoscere delle indagini e del fatto di reato, può orientare le proprie decisioni in merito alla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova formulata dall’interessato: così M.S. CALABRETTA e A. MARI, opera cit., pag.29
230 L’esigenza che il consenso sia “sinteticamente motivato” è requisito introdotto in sede di approvazione del testo normativo da parte del Senato il 21 gennaio 2014. La necessità di supporto motivazionale, seppur conciso, si può ricondurre alla peculiarità della materia e, forse, al desiderio di coinvolgere nel meccanismo di ammissione alla messa alla prova il pubblico ministero e, soprattutto, alla necessità che la decisione di sospendere il processo e ammettere alla prova l’imputato coinvolga l’organo dell’accusa ai fini dell’esercizio dell’azione penale. In questa parte, il nuovo meccanismo di definizione del processo è simile al rito patteggiato: così A. DIDDI, La fase di ammissione alla prova cit. pag.134-135
231 Il dissenso del PM può essere giustificato valorizzando l’insussistenza dei presupposti di legge (ad esempio, il reato non rientra tra quelli “tipici” di cui all’art.168 bis comma 1 c.p. oppure ricorrono le condizioni soggettive ostative di cui all’ultimo comma dell’art.168 bis c.p.). Ritiene invece M. MONTAGNA, Sospensione del procedimento con messa alla prova in Le nuove norme sulla giustizia penale cit., CEDAM, 2014 pag. 397 che l’organo rappresentante l’accusa potrebbe negare tale consenso se ritenesse di dover svolgere ulteriori indagini preliminari (come affermato anche da Corte cost., 28 gennaio 1991, n. 88 in
www.cortecostituzionale.it) capaci di incidere sulla configurazione del reato da contestare, rendendolo tale da non rientrare tra quelli per i quali è consentito il probation
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provvedimento non è impugnabile né immediatamente sottoponibile al giudice232.
In caso di rigetto della domanda, l’imputato è nella facoltà di rinnovare la richiesta di sospensione con messa alla prova prima dell’apertura del dibattimento di primo grado e il giudice, se ritiene la richiesta fondata, provvederà in ossequio alla disciplina generale di cui all’artt. 464 quater c.p.p.233Il rinvio a questa disposizione impone comunque degli adattamenti: non è chiaro, anzitutto, a chi spetti la competenza funzionale a decidere sulla messa alla prova, e cioè se al giudice per le indagini preliminari o se al giudice del dibattimento. Tenuto conto però che prima dell’esercizio dell’azione penale, la richiesta deve essere presentata al giudice, da intendersi ex art.328 c.p.p. per le indagini preliminari, parrebbe sia quest’ultimo a dover decidere sulla richiesta di sospensione.
Inoltre, il richiamo all’art.464 quater c.p.p. in ordine alle forme che il giudice deve osservare per decidere sulla richiesta non è del tutto coerente perché quella disposizione si attaglia ad un procedimento incidentale, che va ad innestarsi su quello principale del dibattimento. Quando la richiesta è formulata nel corso delle indagini preliminari, per contro, non essendovi alcuna udienza già fissata, essa deve essere per forza individuata dal giudice per le indagini preliminari. In mancanza di una disciplina specifica, l’udienza di trattazione della richiesta di sospensione con messa alla prova deve essere costruita interamente dall’interprete234.
232 Così ancora G. AMATO, La richiesta nella fase delle indagini preliminari cit. pag.89 secondo cui è escluso il sindacato immediato del giudice sul diniego giacché, diversamente che nel caso di richiesta presentata dopo l’esercizio dell’azione penale, non è possibile che il giudice, con il dissenso del PM, possa comunque provvedere, magari accogliendo l’istanza: la disciplina dettata all’art.464 quater comma 1 c.p.p., che legittimerebbe tale conclusione, è infatti specificamente dettata per le sole ipotesi di già avvenuto esercizio dell’azione penale, come si desume dal riferimento alla “stessa udienza”, che non può riferirsi alla fase delle indagini preliminari dove non vi è “in corso” alcuna udienza
233 Si riprende qui quanto previsto nel rito patteggiato all’art.448 comma 1 c.p.p. a proposito del recupero di istanze rigettate: così M. MONTAGNA, Sospensione del procedimento con messa alla prova in Le nuove norme sulla giustizia penale cit., CEDAM, 2014 pag. 397
234 Che non può riprendere la disciplina dettata per il rito patteggiato, in quanto l’art.447 c.p.p. delinea un modello di udienza “con contraddittorio debole”, dove PM e imputato sono sentiti se compaiono e nel quale non è prevista la presenza della persona offesa, secondo dunque un modello che non risulta compatibile con quanto impone, anche alla luce del disposto di cui al comma 2 dell’art.111 Cost., il procedimento di sospensione che prevede un contraddittorio rafforzato per cui la fissazione dell’udienza va notificata a tutte le parti, in particolare alla persona offesa affinché nel corso di essa possa svolgere il confronto dialettico e sia luogo all’attivazione dell’ufficio di esecuzione esterna per l’esecuzione del programma: così A. DIDDI, La fase di ammissione alla prova cit. pag.135
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Gli esiti dell’udienza sono quelli già previsti per la richiesta presentata nel corso del processo, anche se l’eventuale diniego da parte del giudice, come detto, non consente una impugnazione immediata dell’ordinanza, in quanto l’art.464 ter comma 3 c.p.p. prevede espressamente che l’imputato possa riproporre la richiesta respinta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. Si pone qui un problema di raccordo tra questa norma e il comma 2 dell’art.464 bis c.p.p. che prevede che la richiesta di sospensione, in caso di esercizio dell’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio, debba essere presentata fino a che non siano state formulate le conclusioni ai sensi degli artt. 421 e 422 c.p.p.: è infatti evidente come, nell’ipotesi in cui il PM, dopo aver espresso il dissenso, abbia formulato richiesta di rinvio a giudizio, l’imputato, ricorrendone i presupposti oggettivi e soggettivi, dovrà presentare la richiesta di sospensione nell’ambito dell’udienza preliminare235.
Quanto agli effetti della sospensione con messa alla prova eventualmente disposta nella fase delle indagini preliminari, in mancanza di una specifica previsione derogatoria, si deve ritenere che, una volta disposta dal giudice, anch’essa determini una sospensione del termine di prescrizione del reato236. Criticità, invece, emergono con riferimento alla carenza del necessario coordinamento tra questo istituto e la disciplina dei termini delle indagini preliminari. Nella messa alla prova in fase di indagini preliminari si attribuisce un ruolo decisivo alle determinazioni del pubblico ministero in quanto, in concreto, l’accesso dell’indagato al beneficio determina una stasi praticamente definitiva delle attività investigative (fatta salva l’ipotesi di cui all’art.464 sexies c.p.p. relativa all’acquisizione delle prove non rinviabili e di quelle che possono condurre al proscioglimento.
Nulla dice, ancora, la legge in ordine al risvolto processuale della messa alla prova che si svolga positivamente nella fase delle indagini preliminari: la soluzione di questo quesito è indubbiamente rimessa all’interprete, che dovrà comunque valutare eventuali profili di criticità della soluzione che ritenga esperibile la via della richiesta e del conseguente decreto di archiviazione, con riferimento al principio di obbligatorietà dell’azione penale di cui all’art.112 Cost. Il complessivo assetto dell’istituto e le evidenti analogie con l’applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari di cui all’art.447 bis c.p.p. inducono a ritenere che nell’ipotesi di richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova nel corso delle indagini preliminari, in esito alla formulazione dell’imputazione da parte del PM che esprima il proprio consenso, si realizzi una forma di esercizio dell’azione penale, con ogni conseguenza in ordine alla successiva irretrattabilità. Ne deriva che, in caso di esito positivo della prova, il procedimento non potrà concludersi con un decreto di archiviazione, ma sempre e solo con sentenza che
235 In questi termini ancora A. DIDDI, La fase di ammissione alla prova cit. pag.135 236 Così ancora M.S. CALABRETTA e A. MARI, opera cit., pag.30
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dichiari l’estinzione del reato. Tale conclusione appare obbligata anche in considerazione della circostanza che, nell’ipotesi di sospensione del procedimento con messa alla prova, tale subprocedimento non può che concludersi con una pronuncia idonea al giudicato e tale non è il decreto di archiviazione. Quanto invece alle ipotesi di esito non positivo della prova o di revoca della sospensione, in ossequio a quanto disposto dagli artt. 464 septies e 464 octies c.p.p., il procedimento riprenderà il suo corso dal momento in cui era stato sospeso237
Il nuovo meccanismo processuale è improntato ad una certa celerità: infatti il consenso o il dissenso del pubblico ministero devono intervenire nel termine di cinque giorni, ma non è specificato dalla norma il dies a quo di decorrenza di questo termine: è ragionevole ritenere che detto termine debba decorrere da quando il pubblico ministero riceva comunicazione dell’intervenuta richiesta ed i relativi atti trasmessi dal giudice238.
7. SEGUE: LA RICHIESTA PARZIALE DI MESSA ALLA PROVA