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I criteri di acquisto e perdita della cittadinanza.

I criteri di acquisto e perdita della cittadinanza sono stabiliti dal legislatore nazionale, senza che questo possa essere vincolato a degli standard previsti a livello internazionale. Nonostante questo, nel caso in cui, un singolo Stato, nel definire questi criteri, leda il principio di effettività o la sovranità di un altro Stato, entrano in gioco meccanismi particolari di risoluzione del problema. I principali criteri di acquisto della cittadinanza originari, se così li vogliamo

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definire, sono quelli dello ius soli29 e dello ius sanguinis30. Nel corso del tempo,

questo binomio ha assunto sfaccettature diverse, mostrando caratteri di alternatività o sussidiarietà tra i due criteri. In un primo tempo il criterio prevalente era quello dello ius sanguinis che ha iniziato ad essere oscurato nel periodo del feudalesimo, quando la società ha cominciato a dare un’importanza preminente alla terra31, al possesso di essa come valore irrinunciabile per la

dignità dell’individuo. Da qui i due criteri hanno cominciato a diffondersi in maniera diversa, nelle varie aree geografiche; in una prospettiva extra europea, nel periodo della colonizzazione, lo ius soli era il criterio prescelto in America Latina, in quanto lo scopo di questo popolo era quello di affermare una sorta di

“primato nazionale”.

I modelli sociali, i modelli politici ed modelli governativi mutano in continuazione ed anche i criteri di acquisto della cittadinanza sono influenzati principalmente da questi cambiamenti. Il fattore delle migrazioni ha, anch’esso, un ruolo decisivo per l’adozione di questi criteri, i quali sono determinanti per la crescita della popolazione in un determinato paese o per un arresto del

medesimo fenomeno.

Gli interventi dell’Institute de droit international acquistano un peso determinante nella rivalutazione dello ius soli e nell’opera di contemperamento tra i due criteri. Nella stessa direzione, l’art. 3 della Convenzione sulla cittadinanza del 1929 della Harvard Law School ed i rapporti predisposti dalla Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite. Dando uno sguardo al livello mondiale possiamo parlare di uno ius soli legato soprattutto alla cultura anglosassone e di uno ius sanguinis, a quella francese. C’erano paesi nei quali la legislazione prevedeva l’utilizzo esclusivo o del criterio dello ius sanguinis o di quello dello ius soli, ma questo orientamento è totalmente mutato nel corso del tempo, avvalorando e concretizzando l’idea di una complementarietà dei due criteri, che hanno acquisito un valore di dignità

29 Acquista la cittadinanza chi nasce sul territorio dello Stato. 30 Acquista la cittadinanza dello Stato il figlio del cittadino. 31 BISCOTTINI, Cittadinanza, Enciclopedia del diritto, 1960, p. 141.

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paritario. Nell’evoluzione del rapporto tra i due criteri di attribuzione della cittadinanza dalla nascita, si è riscontrato anche un evolversi dei due concetti singolarmente considerati. Quando oggi si parla di ius soli, ad esempio, è importante non solo, il dato fattuale per cui quel determinato individuo sia nato nello Stato medesimo, ma anche il modo in cui questo ha mantenuto i rapporti con la società ed il tipo di formazione sia scolastico che professionale che ha ricevuto.

Quando parliamo di un rapporto concreto ed effettivo tra il soggetto singolo e lo Stato, sappiamo che si tratta di una determinazione che non può essere fatta a priori: l’individuo può essere titolare di più situazioni giuridiche in collegamento con diverse società organizzate. Sono queste situazione mutevoli, che non possono essere fissate con predeterminazione. La cittadinanza può essere acquisita anche attraverso il riconoscimento o la legittimazione del figlio naturale. Il riferimento è all’art. 16 della Convenzione dell’Aja del 1930; fondamentale la regola per la quale il figlio perde la sua cittadinanza, solo se ne acquista una nuova. Anche la Convenzione di New York del 1961 all’art. 5 n.2 prevede una disposizione simile; infatti in caso di perdita della cittadinanza, per effetto del riconoscimento, al soggetto deve essere data la possibilità di acquistarne una nuova. Queste disposizioni mirano a ridurre il più possibile i casi di apolidia.

35 CAPITOLO II

Famiglia e cittadinanza nell’ordinamento giuridico italiano 2.1 L’evoluzione della disciplina nazionale in materia di cittadinanza

La materia della cittadinanza, per l’ordinamento italiano, rimane fino all’anno 1992, disciplinata dalla legge n.555 del 1912, riflesso di norme contenute nel codice civile del 1865. Un codice civile ispirato al contenuto di quello francese del 1804, dove erano state inserite norme sulla cittadinanza32. Proprio il codice

del 1865 è stato oggetto di numerose critiche relative al libro I «Della cittadinanza e del godimento dei diritti civili»; le norme ivi contenute, infatti, si riteneva, sia in Parlamento che nel panorama scientifico, non fossero di per sé fonte di diritti civili e che avrebbero trovato, quindi, una migliore collocazione

in una legge “politica”33.

Il codice contemplava sia modi di acquisto automatici della cittadinanza che eventuali ipotesi di rinuncia alla cittadinanza, sia metodi di attribuzione per elezione o naturalità della cittadinanza sia, infine, modi di perdita della

cittadinanza stessa.

Caposaldo del codice, di chiara ispirazione romanistica, è l’idea della prevalenza dello status civitatis del coniuge o del genitore di sesso maschile, in materia di attribuzione della cittadinanza. Questa impostazione, però, mira anche a riconoscere degli “spazi” di favor per la condizione giuridica della donna maritata, attraverso norme ad hoc: all’art. 14, il codice, prevedeva per la donna, la perdita della cittadinanza nel caso di matrimonio con cittadino straniero, solo, però, previo acquisto effettivo della nuova cittadinanza del marito. Questo ed i codici antecedenti, prescrivevano anche l’ipotesi di riacquisto della

32 E’ stato il codice francese il primo esempio di codice contenente un prima forma di norme

organiche sulla cittadinanza, anche se integrato, all’inizio, da norme antecedenti. Tale modello ha ispirato non solo i codici preunitari, ma anche quelli successivi come nel caso dell’Olanda nel 1838, del Portogallo nel 1867 e della Spagna nel 1889. Un’esegesi delle norme è fornita da parte di SECHI, Cittadinanza, p. 224 s.

33 SECHI, Cittadinanza, Diritto italiano e legislazione comparata, in Digesto, VII, parteII, 1897-

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cittadinanza da parte della vedova, nel caso essa stessa mantenesse o trasferisse il domicilio nello Stato di origine. Ancora, come coronamento di tutti questi principi, vi sono delle disposizioni relative alla trasmissione automatica da parte dello straniero, della cittadinanza italiana, eventualmente ottenuta, alla moglie ed ai figli34(art. 10, comma quarto); di converso, una perdita della

cittadinanza da parte del marito, prevedeva la stessa sorte anche per la moglie

e per i figli (art. 11, comma secondo e terzo).

La disciplina sulla cittadinanza, come delineata nel codice del 1865, ad un certo punto, risulta inadeguata rispetto all’evolversi della realtà sociale e politica del Regno d’Italia. Le persone cominciano a spostarsi da e verso l’Italia, chiedono la naturalizzazione italiana35 ed esodi e migrazioni si intensificano man mano;

anche gli altri paesi si avviano verso nuove riforme in materia ed il Senato del Regno esorta il governo a presentare disegni di legge, per un adeguamento della disciplina, al mutamento della società. Fondamentale è la legge 17 maggio 1906 n.217 (c.d. legge Sonnino), con l’introduzione di una nuova procedura di naturalizzazione; erano previsti, per prima cosa, nuovi requisiti per la concessione della cittadinanza, poi un decreto reale con parere favorevole del Consiglio di Stato, al termine del procedimento e, ancora, l’attribuzione di diritti politici, come risultato finale del procedimento medesimo (ad eccezione di alcune limitazioni36).

2.1.1 Il principio di unicità della cittadinanza in seno alla famiglia e la