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I DIFETTI DELL’ENTE FS: LE AMMINISTRAZIONI STRAORDINARIE

CAUSE DI CRISI TIPOLOGIE DI RISANAMENTO Crisi da inefficienza • Riduzione dei costi

VI. LA STRADA VERSO IL RISANAMENTO

VI.2. I DIFETTI DELL’ENTE FS: LE AMMINISTRAZIONI STRAORDINARIE

Il proposito di trasformare l’Azienda in ente non era di facile realizzazione e si scontrò con una serie di errori e di ostacoli, che prima rallentarono e poi impedirono il decollo della nuova gestione.

Le maggiori responsabilità concesse non furono accompagnate da una maggiore autonomia gestionale dal potere politico, visto che la legge costitutiva

132 Fonte: FS S.p.A.

dell'Ente non modificava né i meccanismi di finanziamento, né la composizione politico-sindacale del consiglio di amministrazione.

La reazione interna al cambiamento non fu delle migliori: la nuova cultura non aveva raggiunto tutto il personale, che continuava a preferire i vecchi automatismi del passato, meno gratificanti, ma anche con minori margini di errore.

Anche l’indotto ferroviario, costituito, come detto, da una moltitudine di imprese fornitrici grandi e piccole, non era disposto a misurarsi sul mercato ed a rinunciare al regime protezionistico di cui aveva sempre goduto.

Inoltre, in questo primo tentativo di trasformazione tanto complesso come quello delle FS, dove abbiamo detto essere importante la partecipazione di tutti al processo di cambiamento, la comunicazione esterna era pressoché inesistente:

il flusso comunicativo era debole, caratterizzato da informazioni di tipo normativo, poche notizie tecnico-gestionali e assenza di indici di produttività, di proposte operative, di stimoli e suggerimenti.

La ricomposizione organizzativa, quindi, fu realizzata in maniera parziale, poiché il decentramento non fu pienamente attuato, in quanto non si realizzò una delega adeguata ai nuovi ruoli. I direttori compartimentali continuarono ad agire, seguendo una visione settoriale e non svilupparono un orientamento generale volto a conseguire risultati complessivi positivi per l’azienda. In più l’esercizio ferroviario continuava a rimanere isolato dalla commercializzazione del prodotto, conservando la sua preminente natura tecnica.

La norma, di conseguenza, si rivelò inadeguata a imprimere quello scossone strategico-gestionale necessario a risollevare le Ferrovie dello Stato dalla crisi. Questo, altresì, perché il provvedimento del 1985 non intervenne sui quei fattori che erano stati le cause del pesante declino dell’azienda ferroviaria.

Il mutamento delle aspettative dei clienti e delle imprese, le innovazioni tecnologiche, la concorrenza delle altre modalità di trasporto esigono ben altri cambiamenti nella formula imprenditoriale; devono essere modificati la

strategia, l’assetto organizzativo, la struttura operativa e soprattutto devono cambiare i criteri di gestione e gli attori che governano l’azienda.

In sostanza, riteniamo che la sola attribuzione di maggiore autonomia giuridica, patrimoniale e contabile non poteva essere sufficiente a risollevare le sorti delle FS. Tutto ciò si concretizzò in un ritardo nella crescita del sistema ferroviario, crescita che era l’obiettivo principale di questa prima riforma. La perdita del consenso da parte dell’opinione pubblica a causa di questi infruttuosi cambiamenti toccò probabilmente, nel 1988, il punto di più basso nella storia delle Ferrovie. Si comprese, per la seconda volta, la necessità di rimettere di nuovo tutto in discussione e, a tal fine, fu necessaria anche una pausa di riflessione. Da ciò l’avvento di due amministrazioni straordinarie per convogliare nelle mani di un'unica persona i mezzi necessari a mettere in atto concretamente il cambiamento.

Il consiglio di amministrazione fu sciolto ( per altro coinvolto in alcuni scandali) e al suo posto fu insediato un commissario straordinario, Mario Schimberni. Ci furono delle prime importanti innovazioni: tutti gli appalti furono bloccati e alcuni rinegoziati sulla base di rilevanti sconti; il progetto Alta Velocità fu accantonato, poichè dichiarato «non prioritario» rispetto al risanamento e alla ristrutturazione dell’Ente. La chiusura delle linee a scarso traffico fu giudicato tema troppo “politico” per aprire una vertenza e fu accantonato. Fu formulato un piano di ristrutturazione e sviluppo che per la prima volta prospettava la riduzione degli oneri di investimento ed esercizio per lo Stato. Tuttavia, a causa di contrasti con il Ministro dei Trasporti e all’ostracismo dei sindacati, Schimberni fu costretto, dopo due anni, a dimettersi.

Fu rimpiazzato da Lorenzo Necci, il quale, nella prospettiva della trasformazione in società per azioni, avviò un processo di inserimento di nuovi manager dall’esterno e di articolazione dell’ente in divisioni. Fu per la prima volta ridotto in modo consistente il personale mediante la Legge 7 giugno 1990,

n.141: recante “Criteri, modalità e requisiti per il prepensionamento volontario di una quota del personale dell’Ente Ferrovie dello Stato”, con la quale veniva avviato il programma quinquennale per la riduzione degli eccessi negli organici dell’Ente, che ha consentito, mediante nove successivi provvedimenti di prepensionamento volontario nel quinquennio 1990-95, il collocamento a riposo di circa 60.000 unità, facendo passare l’organico dell’impresa ferroviaria, da circa 185.000 unità a circa 125.000 unità complessivamente impiegate nel quinquennio considerato. Questa legge ha consentito il raggiungimento degli obiettivi di alleggerimento strutturale pianificati dall’impresa, con il ricorso ad appositi ammortizzatori sociali e senza quindi ricorrere a sistemi traumatici, però non ha migliorato la situazione dei costi del personale in quanto, a fronte di una riduzione dell’organico, vi è stato un aumento del costo unitario del lavoro.

Alla fine si comprese, dunque, che l’evoluzione manageriale auspicata con la creazione dell’Ente FS, volta a portare valori, atteggiamenti e comportamenti orientati all’efficienza, all’innovazione ed alla qualità, poteva essere realizzata solo mediante un trasferimento del potere di nomina, conseguente al passaggio di proprietà dell’azienda, oppure ad un differente modo di pensare strategicamente le ferrovie da parte del titolare pubblico. Con condizioni simili alle nostre, alcuni paesi europei, come la Gran Bretagna, scelsero la prima via;

in Italia si preferì la seconda.

VI.3. LA CREAZIONE DELLA FS S.p.A.

Nel 1992, il governo italiano decise di cambiare nuovamente l’assetto istituzionale delle FS: all’Ente Ferrovie dello Stato subentrò la FS s.p.a. , società per azioni di trasporti e servizi; un’azienda autonoma a capitale proprio controllata dallo Stato e potenzialmente accessibile al capitale privato. Tale forma giuridica venne ritenuta la più idonea per accelerare il processo di risanamento gestionale, migliorare la qualità del servizio di trasporto, sviluppare

le infrastrutture. La FS s.p.a. , infatti, fu resa autonoma nel manovrare le varie leve gestionali, come le decisioni di investimento, le politiche tariffarie e di gestione delle risorse umane ed in grado di poter perseguire l’oggetto sociale, anche mediante la costituzione di società controllate e collegate, nonché attraverso la partecipazione in altre società ritenute utili o indispensabili. Inoltre la trasformazione in s.p.a. vincolò il processo di risanamento ad un preciso programma finalizzato da un lato a ridurre in modo significativo i contributi statali e dall’altro a permettere al vettore ferroviario di competere con gli altri mezzi di trasporto concorrenti.

Alla luce di ciò, per rendere l'azienda ferroviaria più flessibile e rispondente alle esigenze di mercato, vengono create diverse società: T.A.V.

S.p.A., con lo scopo della progettazione e della realizzazione delle linee e delle infrastrutture del sistema ad alta velocità; ITALFERR-SISTAV S.p.A. con la funzione di svolgere, per conto di FS, attività di realizzazione, promozione, commercializzazione, coordinamento e amministrazione di prestazioni specialistiche di ingegneria e tecnologia ferroviaria; la METROPOLIS S.p.A., infine, per lo studio, l'analisi, la promozione e l'attuazione di operazioni indirizzate alla valorizzazione economica e alla diversificazione del patrimonio immobiliare FS133.

Le società controllate sono, invece, la Sorgin s.r.l. per il trasporto di persone tramite autobus, il Gruppo Finmare per il trasporto marittimo;

Italcontainer nel trasporto di container ed infine Cemat S.p.A., nel trasporto bimodale di casse mobili.

Ci troviamo, dunque, davanti non solo ad un processo di trasformazione dell' “involucro” giuridico delle ferrovie, come è avvenuto con la prima riforma, ma soprattutto davanti a una vera e propria metamorfosi della missione dell’azienda ferroviaria: si vuole trasformare un’impresa monomodale in

133 Buratta, op cit. 1996, pp 185 e ss.