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PREMESSA: LE PECULIARITA’ DELL’AZIENDA FERROVIARIA

CAUSE DI CRISI TIPOLOGIE DI RISANAMENTO Crisi da inefficienza • Riduzione dei costi

V. LA CRISI DELLE FERROVIE DELLO STATO

V.1. PREMESSA: LE PECULIARITA’ DELL’AZIENDA FERROVIARIA

Lo scopo di questo capitolo è quello di analizzare le cause economiche, organizzative e politiche che hanno provocato la crisi di una delle più grandi aziende di servizio pubblico italiana: le Ferrovie dello Stato. Le nostre ricerche metteranno in evidenza come sia le cause di origine interna che quelle di origine esterna del dissesto finanziario delle FS abbiamo radici solide e profonde, frutto di errori gestionali e non, che si sono susseguiti durante tutto l’arco di vita di questa azienda.

Alla luce di ciò, reputiamo opportuno descrivere brevemente la storia delle FS, analizzando i diversi modelli di gestione, che si sono succeduti in 160 anni di storia, in modo da poter meglio mettere in evidenza quelle variabili critiche indispensabili per comprendere in maniera più esaustiva le vere origini di questa crisi. In proposito, in base ai nostri studi, riteniamo di poter dividere la storia delle Ferrovie dello Stato in quattro periodi: una prima fase, che va dalla nascita dell’azienda fino alla fine della II Guerra Mondiale, in cui si afferma gradualmente il modello pubblico; un secondo periodo, fino al 1985 data della creazione dell’Ente pubblico, durante il quale emergono e maturano tutti gli elementi della crisi; un terzo intervallo di tempo, caratterizzato dalla creazione della società per azioni e poi dalla realizzazione delle ASA, in cui si susseguono tentativi, peraltro poco fruttuosi, tesi a introdurre elementi di mercato nelle strategie e nell’organizzazione dell’azienda; un' ultima fase, che parte dalla

"Direttiva Prodi" del 1997, nella quale assistiamo ad uno dei più imponenti turnaround nella storia dell’industria italiana.

Prima di sviluppare quest’analisi però, crediamo sia necessario riflettere su alcune specificità che differenziano le FS, come le altre azienda di servizio pubblico, rispetto agli enti privati. Tali valutazioni si giustificano dal fatto che, come vedremo, queste caratteristiche influenzano profondamente le scelte strategico-organizzative dell’azienda ferroviaria. Tre sono le principali peculiarità a cui ci stiamo riferendo: l’importanza pubblica che riveste il servizio di trasporto ferroviario, il carattere di monopolio naturale di tale servizio, e la presenza di un forte sindacalismo autonomo.

1) Un primo elemento che indiscutibilmente incide sulle leve gestionali è la rilevanza pubblica che riveste, in una nazione sviluppata, il trasporto ferroviario. Esso rappresenta, infatti, una componente fondamentale nel sistema del trasporto pubblico, facendo si che un’azienda ferroviaria acquisisca una connotazione pubblica per l’attuazione di politiche di intervento di interesse collettivo. Ciò, in pratica, significa che il management di un’impresa ferroviaria deve operare non solo in modo da combinare in maniera ottimale i fattori che derivano dalla sua presenza sul mercato, ma tenendo conto anche di quei fattori istituzionali legati alla necessità di tutelare l’interesse collettivo109. A titolo di esempio, riportiamo il Grafico 5.1., in cui viene rappresentata la concentrazione del traffico sulla rete FS. Reputiamo interessante notare come sia i viaggiatori per Km che le tonnellate per Km si concentrino interamente su circa l’80% delle rete infrastrutturale attualmente esistente. Ciò significa che le Ferrovie dello Stato, seguendo integralmente le logiche economiche, potrebbero eliminare il servizio di trasporto ferroviario sul restante 20% della rete e conseguentemente risparmiare sui costi, senza registrare alcune flessione dei ricavi da traffico. Tale operazione è, però, non realizzabile, proprio per il ruolo sociale che l’azienda ferroviaria svolge per l’intera collettività.

109 Per approfondimenti, consigliamo di consultare:

E.Borgonovi: Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche. Egea – [Milano] – 1996.

R. Saviane: Il ruolo delle ferrovie. Logistica Management, n°108, 2000.

Grafico 5.1.

Concentrazione del traffico sulla rete FS110.

Il conferimento di questo ruolo sociale al sistema ferroviario spiega, inoltre, l’esistenza dei sussidi pubblici, che hanno costituito, come si vedrà,

“croce e delizia”delle Ferrovie dello Stato.

2) Altra caratteristica, comune anche al settore del trasporto aereo e a quello della produzione e distribuzione di elettricità e gas, è rappresentato dall’esistenza di condizioni tipiche di monopolio strutturale, come, ad esempio,

110 Fonte: FS S.p.A.

l’elevata intensità di investimenti tangibili ed intangibili altamente specifici, in quanto privi di valore in ambiti diversi da quello ferroviario. La necessità di non effettuare inutili e costose duplicazione infrastrutturali, ha prodotto una concentrazione della fornitura del servizio nelle mani di un’unica impresa.

Fino a pochi anni fa, si riteneva opportuno far intervenire lo Stato, il quale estendeva le proprie azioni a qualsiasi attività collegata in maniera diretta e indiretta con il sistema ferroviario. Ma questo, come vedremo, ha determinato non pochi problemi nella gestione dell’azienda ferroviaria, primo fra tutti quello delle situazioni di monopsonio pubblico nel settore degli investimenti e delle forniture111. Recentemente, vista la disfatta della gestione pubblica delle ferrovie, si è diffusa l’idea che l’amministrazione del servizio di trasporto ferroviario possa passare dall’area pubblica a quella privata. Si ritiene, pertanto, che non vi sia alcun motivo valido per ostacolare l’apertura dei servizio ferroviario ai privati e alla competizione, anche se, attualmente, il cammino, verso la piena liberalizzazione del trasporto ferroviario, si presenta ancora lungo.

3) Ultima specificità dell’impresa ferroviaria è la sua suscettibilità alle pressioni esercitate dalle organizzazioni sindacali. L’importanza e la natura pubblica che il servizio ferroviario riveste fanno sì che qualsiasi interruzione del servizio, come lo sciopero, risulti particolarmente dannosa per l’azienda perché implica, non solo un disagio per i clienti, ma soprattutto un notevole danno economico, visto l’immaterialità del servizio e la sua conseguente impossibilità ad essere immagazzinato e venduto successivamente.

Il ruolo pubblico svolto dall’azienda ferroviaria autorizza anche un’altra forma di pressione, oltre allo sciopero: la minaccia del consenso. In tali situazioni, infatti, l’impresa ha interesse a non opporsi alle esigenze sindacali, provocando la continua ricerca di un accordo più politico che economico.

111 Con monopsonio pubblico si indica come i criteri di selezione degli investimenti e dei fornitori avvengano sulla base di principi politici anziché su criteri di reale convenienza economica per l’impresa. Per approfondimenti:

M.Ponti: Monopolio e monopsonio ferroviario: conseguenze economiche e industriali. L’industria, n°4, 1998.

Questa politica di cogestione del sistema ferroviario ha fatto prevalere una logica di scambio di favori tra le parti, che ha determinato una politica consociativa tra azienda e sindacati, il cui costo si è costantemente riversato sulla clientela. Proprio la mancanza di contrapposizione di interessi a danno della collettività è l’aspetto più caratterizzante, ma purtroppo anche più dannoso, del sistema di relazioni dell’impresa ferroviaria112.

Nel paragrafo successivo, dunque, inizierà l’analisi della storia delle FS.

Anche se il riferimento ad una matrice temporale di lungo periodo può sembrare inopportuno, crediamo che sia assolutamente necessario, per una serie di ragioni: Prima di tutto, il ciclo degli investimenti, nel settore ferroviario, appare più lungo rispetto a molte altre realtà industriali. Questa particolarità rende necessario valutarne gli effetti economici su un arco di lungo periodo. Uno studio di breve periodo, al contrario, rischia di interpretare in maniera distorta, situazioni economiche e finanziarie, che in realtà trovano giustificazioni sulla base di decisioni assunte nel passato.

Inoltre, i vari processi di trasformazione dell’azienda e il derivante cambiamento dei rapporti con lo Stato hanno costituito nel tempo un elemento fondamentale per spiegare le disastrose performance economiche registratesi durante gli anni più bui della crisi.

Infine, la ricostruzione degli avvenimenti passati, che ci apprestiamo a realizzare, può costituire, nel periodo storico che attualmente attraversa l’industria ferroviaria europea, caratterizzato da processi di liberalizzazione del settore, un efficace strumento per individuare le leve gestionali sulla quali si è intervenuto per ripristinare la competitività e l’efficienza perduta nel corso del tempo.

112 Per approfondimenti sul ruolo dei sindacati nelle politiche decisionali dell’azienda ferroviaria si consulti:

Cella – Regini: Il conflitto industriale in Italia. Il Mulino – [Bologna] – 1985.

G.Regalia: Il coordinamento difficile. Angeli – [Milano] – 1995.

V.2. NASCITA E SVILUPPO DELLE FERROVIE DELLO STATO (fino alla II guerra mondiale).

Nonostante la storia delle Ferrovie Italiane inizi nel 1839, anno in cui venne inaugurata la prima linea ferroviaria tra Napoli e Portici., già in questa prima fase è possibile individuare molti germi che poi concorreranno alla crisi delle FS nel secolo successivo. Da quella inaugurazione, le ferrovie si sono sviluppate in maniera esponenziale giungendo, subito dopo la costituzione del Regno di Italia, ad oltre 2.000 chilometri di linee. Iniziava così effettivamente la politica ferroviaria italiana.

Inizialmente operavano in Italia numerose imprese private, alcune pure finanziate da capitale straniero, titolari ciascuna di concessioni con i diversi stati pre-unitari. La prima regolamentazione del trasporto ferroviario si ebbe nel 1865 con l’individuazione di quattro grandi imprese113, ognuna con una propria struttura organizzativa e titolare di una concessione su una porzione della penisola. L’obiettivo era quello di unificare il sistema ferroviario, stabilendo le principali norme di funzionamento, le caratteristiche del servizio, le tariffe da applicare. La scelta dello Stato di non intervenire direttamente nella costruzione e nella gestione delle ferrovie era dettata dalla necessità di colmare rapidamente le lacune infrastrutturali del nostro Paese rispetto ai principali Paesi Europei (Tavola 5.1) senza gravare pesantemente sul bilancio pubblico.

Dopo venti anni, con un nuovo provvedimento legislativo, la proprietà delle strade ferrate passò allo Stato, mentre l’esercizio del trasporto ferroviaria restò, per altri vent’anni, di competenza delle aziende private titolari delle precedenti licenze.

113 Società Ferroviaria dell’Akta Italia, Società Strade Ferrate Romane, Società Italiana delle Ferrovie Meridionali, Società Anonima Vittorio Emanuele.

Tavola 5.1.

Struttura delle reti ferroviarie nei principali paesi europei al momento dell’unificazione d’Italia114

STATI Km DI LINEE IN ESERCIZIO

Gran Bretagna 14.600

Germania 11.000 Francia 9.000 Austria 3.000 Italia 2.330

I risultati che si ottennero, però, non furono soddisfacenti, per cui questo modello organizzativo privatistico garantito da risorse pubbliche si rivelò inadeguato per una serie di ragioni. Innanzitutto, lo Stato aveva cercato di finanziare la creazione della rete infrastrutturali mediante capitale privato, il quale, però, avrebbe dovuto essere remunerato solamente tramite i ricavi da traffico e sussidi chilometrici. Purtroppo la domanda di mobilità si rivelò ancora troppo bassa per garantire adeguati ritorni economici. In Gran Bretagna, invece, lo sviluppo del sistema ferroviario avvenne in concomitanza con lo scoppio della rivoluzione industriale e, quindi, le ferrovie inglesi furono realizzate lì dove vi era una forte domanda, garantendo l'equilibrio economico delle imprese.

In Italia, invece, le reti furono create prima che si sviluppasse il tessuto industriale e, addirittura, con lo scopo di concorrere all'unificazione politica della penisola. Ciò fece sì che gli investimenti effettuati dalle quattro imprese fossero eccessivamente onerosi, inducendole a tagliare le spese per l’ammodernamento, con il conseguente stato di deterioramento della rete che si venne creare.

114 Fonte: Fs s.p.a.

A queste motivazioni economiche si accostarono problemi politici, dovuti al fatto che l’azionariato delle quattro società era in gran parte nelle mani di gruppi stranieri. Ciò implicava che, da un lato tali imprese effettuassero gli acquisti di approvvigionamento all’estero, facendo venir meno lo sviluppo della filiera ferroviaria italiana, e dall’altro poteva comportare problemi di natura militare nel caso di conflitti sul territorio nazionale.

Tali questioni fecero sì che, all’inizio del nuovo secolo, il Parlamento italiano decidesse di rettificare completamente l’assetto istituzionale del settore ferroviario. Si decise di abbandonare l’uso delle concessioni ai privati e di assumere il controllo pubblico anche nella gestione dei servizi di trasporto. Le motivazioni, anche in questo caso, furono molteplici.

Il sistema ferroviario rappresenta uno strumento di politica industriale: lo Stato, da proprietario, avrebbe potuto realizzare una serie di commesse pubbliche rivolte all’industria nazionale in modo da utilizzare le ferrovie come mezzo di modernizzazione del paese. Inoltre era uno strumento di politica tariffaria vista la possibilità di favorire il trasporto delle merci, abbassando i costi di trasporto delle imprese italiane e aumentandone la competitività sui mercati internazionali.

Accanto a tali giustificazioni di origine economico-sociale, vi era anche un atteggiamento favorevole degli stakeholder. Le organizzazioni di natura sindacale ritenevano che una gestione pubblica delle ferrovie avrebbe garantito maggiore tutela e maggiori garanzie rispetto a una struttura di tipo privato; i fornitori nazionali del settore erano alla ricerca di commesse di lungo periodo;

l’opinione pubblica, in quel periodo, assegnava un ruolo sempre più importante ai servizi pubblici per il funzionamento del paese.

Il concepimento, pertanto, del settore ferroviario come strumento pubblico, in grado di perseguire obiettivi di accrescimento del benessere collettivo, portarono alla sua statalizzazione nel 1905. Nasceva L’Amministrazione Autonoma per l’Esercizio di Stato delle Ferrovie Italiane, gestita da

un’amministrazione autonoma, sotto la responsabilità del Ministero dei Lavori Pubblici. In realtà, l’attività ferroviaria godeva di un’autonomia molto ridotta, perché la decisone di nazionalizzare le ferrovie fu completamente estranea a qualsiasi logica di carattere strategico, che permettesse al sistema ferroviario di giocare un ruolo importante nello sviluppo economico italiano. In mancanza di tale identità strategica, la forza dell’impresa ferroviaria si appoggiava unicamente sul suo posizionamento monopolistico e sull’assenza, almeno in quel periodo, di una valida alternativa di trasporto.

Le nuove ferrovie dovettero effettuare una serie di provvedimenti per finanziare gli interventi necessari a ripristinare le condizioni di efficienza e di sicurezza su una rete ferroviaria che, per molti anni, non aveva subito interventi di manutenzione e reintegro.

Durante la I Guerra mondiale, il ruolo delle ferrovie fu fondamentale per le operazioni militari, ma, al termine del conflitto, la situazione ritornò critica a causa delle linee danneggiate, della scarsità di carbone e del pessimo servizio offerto.

Con l’avvento del fascismo, si ebbe una nuova riforma nel 1924, che ridusse ulteriormente l’autonomia dell’azienda; vi fu una riduzione degli organici che passarono dai 235.460 nel 1921, record assoluto di tutti i tempi, a 133.142 del 1937; l’imposizione di una gestione più disciplinata e una revisione delle tariffe. Ciò nonostante, il regime fascista rafforzò l’incertezza strategica sul ruolo delle ferrovie. Inizialmente, il regime attuò delle politiche di razionalizzazione della gestione delle risorse umane, che assunsero però i connotati di provvedimenti punitivi nei confronti di dipendenti che si erano resi protagonisti di vertenze sindacali nei primi anni Venti.

Malgrado tale attivismo, durante il regime fascista, si cominciarono a delinearsi i primi sintomi di un declino economico dell’azienda ferroviaria, la quale presentava i primi disavanzi già negli anni Trenta. Non considerando il periodo della II Guerra Mondiale, viste le sue caratteristiche di straordinarietà, i

conti economici dell’impresa ferroviaria, da allora fino al 2000, hanno sempre fatto registrare un risultato di esercizio negativo, nonostante, come vedremo, i crescenti contributi statali che le sono stati erogati sotto le forme più disparate.

Questa tendenza negativa della redditività delle Ferrovie era legata anche all’impostazione di politica economica dell’epoca, che incominciava a indirizzare il progresso produttivo italiano verso delle direzioni che si mostreranno, negli anni successivi, incompatibili ed addirittura antitetiche con l’ottenimento di un risultato positivo nella gestione del trasporto ferroviario.

A questa perdita di rilevanza delle ferrovie italiane, che pose le basi della crisi, si contrapposero i tentativi delle altre ferrovie europee di adeguare, tra molti ostacoli, le loro strutture ai cambiamenti radicali del mercato. E’ il caso della Gran Bretagna, ad esempio, dove la nazionalizzazione delle ferrovie non fu dettata, come in Italia, dalla necessità di salvaguardare gli interessi privati e della collettività, bensì portò a una vera a propria modernizzazione manageriale tramite l’introduzione di nuove tecniche di gestione e di pianificazione.

V.3. ANALISI DEGLI ELEMENTI DI CRISI DELLE FS. (fino al 1985)

La fine della II guerra mondiale ci riconsegnò una rete ferroviaria estremamente danneggiata, anche più di quanto avvenne per il sistema industriale italiano nel suo complesso. Si stima che circa il 40% dei ponti ferroviari e dei binari furono messi fuori uso. Tali distruzioni impattarono in maniera negativa, non solo sulla produzione ferroviaria, che passò dai 177,4 milioni di treni-km ai 83,9 dell’immediato dopoguerra, ma sulla stessa qualità del servizio, peggiorandola ulteriormente.

La ricostruzione delle infrastrutture ferroviarie colpite fu realizzata, in realtà, in maniera tempestiva: basti pensare che alla fine del conflitto mondiale la consistenza delle rete era di 10.648,6 Km e, solo due anni dopo, con circa 15.171,8 Km all’attivo, la ristrutturazione poteva ritenersi completata.

Purtroppo, però, si decise di ripristinare la linea ferroviaria così com’era prima del conflitto mondiale, perdendo così un’occasione storica, vista l’entità degli investimenti, per poter ammodernare l’infrastruttura, rendendola più adeguata rispetto al sistema produttivo italiano, che già presentava i primi segni di cambiamento radicale rispetto al periodo nel quale la rete ferroviaria era stata realizzata. L’Italia, infatti, si avviava al “miracolo economico” che avrebbe profondamente cambiato il nostro sistema industriale, tramite la creazione di nuovi poli di sviluppo e la rapida conversione da un modello di crescita, basato sul mercato interno e la grande dimensione industriale, a un modello di sviluppo indirizzato verso la piccola e media impresa e le esportazioni dirette e indirette come strategia di penetrazione dei mercati internazionali.

Siamo convinti, dunque, che questa scelta costituisca il punto di partenza della profonda crisi economica e di identità strategica che ha colpito le Ferrovie dello Stato in questi anni.

V.3.1. L’erosione della posizione competitiva dell’offerta ferroviaria

Gli anni successivi alla ricostruzione del secondo dopoguerra, furono caratterizzati da un susseguirsi di mancati ammodernamenti e potenziamenti della rete ferroviaria. Tuttavia, se da un lato le ferrovie lasciarono inalterata le proprie strutture, con tutti i limiti di potenzialità e di qualità che andavano via via peggiorando, dall’altro venivano realizzati ingenti investimenti per lo sviluppo della rete stradale italiana. Negli anni Cinquanta, infatti, venne realizzato uno dei più imponenti progetti autostradali della storia del nostro paese: la costruzione dell’autostrada del Sole.

Mentre la linea ferroviaria rimase invariata sia nella sua articolazione territoriale che nella sua estensione, con i circa 16.000 km di cui sopra, la rete stradale quasi raddoppiò, passando dai 170.000 km di estensione prima del II conflitto mondiale, ai circa 310.000 Km del 1997, con un incremento concentrato soprattutto negli anni Settanta, quando la rete raggiungeva un’estensione complessiva di 300.000 Km. Il confronto sull’evoluzione tra le

dotazioni infrastrutturali del sistema stradale e quello ferroviario, confronto possibile solo dal 1941, registra perciò, in 40 anni, un trend di sviluppo positivo della rete stradale, intesa come la somma tra rete autostradale, statale e provinciale, con una crescita globale nel periodo di circa 80%, mentre quella ferroviaria ha registrato una flessione del 6%.

Tavola 5.2.

Evoluzione dell’infrastruttura stradale e ferroviaria115

Anni Km STRADE Di cui autostrade Km FERROVIA Parco autovetture

1941 173.604 479 17.051 97.616

1951 170.563 479 16.336,9 425.283

1961 194.229 1.169 16.394,5 2.449.123

1965 199.999 1.736 16.139,8 5.472.591

1970 284.238 9.913 16.073 10.181.192

1980 294.710 5.900 16.1,438 17.686.236

1985 299.710 5.964 16.182,6 22.494.641

Le scelte politiche decise all’inizio degli anni cinquanta e, poi riconfermate in seguito, in merito al potenziamento e miglioramento della rete dei collegamenti stradali ed autostradali a scapito di quelli ferroviari, oltre a costituire una causa primaria della crisi di identità delle Ferrovie dello Stato, hanno rappresentato, come già evidenziato precedentemente, un’occasione mancata per una riconfigurazione e ricostruzione di un sistema ferroviario più aderente alle esigenze del paese, determinatesi in seguito alle nuove localizzazioni industriali ed ai nuovi insediamenti urbani.

115 Fonte: FS s.p.a.

Ne consegue, pertanto, una crescita impressionante del parco autovetture. Il boom dell’automobile si registra negli anni 1951-1970, con un tasso medio di sviluppo che sfiora i 20% annui.

Il confronto sull’evoluzione del parco stradale e quello ferroviario (Tavola 5.2.) riconferma la crescente importanza del ruolo svolto dalla strada nel settore dei trasporti dal dopoguerra a oggi. Inoltre si rende evidente l’intenso attacco competitivo delle altre modalità di trasporto. Queste, godendo di una vigorosa innovazione tecnologica, riducono profondamente la quota di mercato delle ferrovie. Come si può notare, il ruolo di leader è svolto dal trasporto su gomma perché in grado di garantire costi minori e migliore qualità, intesa come tempo,

Il confronto sull’evoluzione del parco stradale e quello ferroviario (Tavola 5.2.) riconferma la crescente importanza del ruolo svolto dalla strada nel settore dei trasporti dal dopoguerra a oggi. Inoltre si rende evidente l’intenso attacco competitivo delle altre modalità di trasporto. Queste, godendo di una vigorosa innovazione tecnologica, riducono profondamente la quota di mercato delle ferrovie. Come si può notare, il ruolo di leader è svolto dal trasporto su gomma perché in grado di garantire costi minori e migliore qualità, intesa come tempo,