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Capitolo 2: Il sottotitolaggio professionale e amatoriale

2.1 Il sottotitolaggio professionale

2.1.2 Le caratteristiche del sottotitolaggio

2.1.2.4 I riferimenti culturali

Nel tradurre un prodotto audiovisivo, è molto comune trovarsi faccia a faccia con elementi che rimandano alla cultura d'origine di tale prodotto e che possono quindi presentare un problema di traduzione, determinando le varie strategie e scelte del sottotitolatore. Infatti, come afferma Ramière:

[...] language and culture are deeply intertwined, and translators obviously do not translate individual words deprived of context, but whole texts which are culturally embedded and based on a community of references predictably shared by most members of the source culture - thus creating 'moments of resistance' for translation. Since it brings cultures into contact with one another, translation for the cinema in particular, and the audiovisual world in general, raises considerable cross-cultural issues. (2006: 152-153)

È evidente che se i due sistemi culturali sono vicini tra loro la traduzione dei riferimenti culturali, intesi come quegli elementi che nei film e nei prodotti audiovisivi sono specifici al contesto socioculturale di origine e possono non essere noti alla cultura di arrivo, sarà più semplice dal caso in cui un determinato elemento non esista nella cultura d'arrivo oppure sia totalmente sconosciuto dalla maggior parte del pubblico. In questi casi, i traduttori devono trovare un'alternativa che permetta al pubblico della cultura d'arrivo di colmare il divario culturale nel modo migliore possibile. Nel farlo, però, devono anche sottostare ai limiti imposti dall'immagine e dall'audio originali, che potrebbero far capire all'utente che il concetto originale e la sua resa nella lingua d'arrivo non corrispondono, causando confusione e portandolo a dubitare dell'affidabilità e della qualità del sottotitolaggio. La scelta del sottotitolatore si colloca quindi tra il rischio di ottenere un'incomprensione del pubblico (se viene mantenuto lo stesso riferimento e il pubblico non lo conosce) e il rischio di non essere credibile (se è evidente che il prodotto appartiene a un'altra cultura e viene adattato interamente alla cultura d'arrivo). D'altra parte, se fino a oggi era pratica comune adattare gli elementi della cultura d'origine alla cultura d'arrivo, adesso sta diventando sempre più frequente l'abitudine di mantenere intatti i riferimenti culturali nei sottotitoli. Questa tendenza ha avuto origine soprattutto a partire dal fenomeno del fansubbing, che analizzeremo nel capitolo 2.2, e grazie allo sviluppo dei mass media contemporanei che hanno aumentato notevolmente la nostra conoscenza delle culture e delle società. Con ogni probabilità, quindi, il

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telespettatore medio avrà familiarità con i riferimenti culturali di una determinata cultura e non ci sarà bisogno di cambiarli (Kovačič, 1996: 300).

Da tutto ciò emerge che nel sottotitolaggio non esiste un criterio uniforme per quel che riguarda la traduzione di riferimenti culturali. Secondo Kovačič (ibid.), quello che bisogna sempre tenere a mente è la diversità dei generi e del pubblico a cui un determinato prodotto si rivolge, perché se i sottotitoli non vengono apprezzati appieno dal pubblico, non importa se di per sé siano fatti bene, in ogni caso non hanno svolto la loro funzione. Da parte sua, Ramière (2006: 157), nella sua analisi condotta su un corpus di tre film sottotitolati e doppiati in inglese, giunge alla conclusione che non esiste una tassonomia di strategia traduttive che rifletta in modo adeguato la realtà del mondo multimediale. I risultati presentati dall'autrice mettono in discussione tutti quei modelli basati su una presunta coerenza nelle procedure usate per la traduzione di riferimenti culturali e sottolineano come i sottotitolari decidano di volta in volta la migliore strategia da adottare.

Nonostante queste premesse, ai fini della nostra ricerca ci sembra doveroso fornire un elenco generale di strategie utilizzate, che ci servirà anche in seguito come base per l'analisi dei sottotitoli di Malviviendo e di Qué vida más triste. La classificazione che proponiamo è quella di Jan Pedersen nel suo articolo How is Culture Rendered in Subtitles? (2005). Pedersen distingue in linea generale sette grandi strategie, che spaziano da quella che più si avvicina alla cultura d'origine a quella che più se ne allontana:

1) equivalente ufficiale (official equivalent): è la traduzione ufficiale nella lingua di arrivo di un elemento appartenente a un'altra cultura. Più che di un procedimento a livello linguistico, si tratta di un procedimento a livello burocratico.

2) traduzione letterale (retention): è la strategia che più si avvicina alla cultura di partenza, in quanto fa sì che un elemento di un'altra cultura entri nella cultura del testo di arrivo. Ciò significa che la traduzione in questo caso corrisponde fedelmente alla versione originale.

3) specificazione (specification): questa strategia prevede che il riferimento culturale venga lasciato nella lingua di partenza ma che si aggiungano delle informazioni che non sono presenti nel testo d'origine, per aiutare il pubblico d'arrivo a comprendere il significato del riferimento. La specificazione avviene in due modi, o attraverso l'esplicitazione (explicitation), che consiste in un'espansione del testo al fine di rendere esplicito ciò che nel testo di partenza viene dato per scontato, o attraverso l'aggiunta (addition), che consiste nell'aggiungere elementi non presenti nel testo originale ma che aiutano a conservarne la carica comunicativa, in quei casi in cui i riferimenti

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culturali potrebbero causare problemi di incomprensione ma al tempo stesso sono necessari per comprendere fino in fondo ciò che viene detto.

4) traduzione diretta (direct translation): questa strategia, usata principalmente per rendere i nomi di compagnie, istituzioni ufficiali, dispositivi tecnici, ecc., si differenzia dalle strategie fin'ora analizzate in quanto la carica semantica del testo di partenza è invariata (non viene aggiunto né tolto nulla) e non si fa nessuno sforzo per cercare di trasferire le connotazioni originali o per aiutare in qualche modo il pubblico del testo di arrivo. Questa strategia si divide in due sottocategorie: il calco (calque), che è una traduzione parola per parola nella quale il riferimento culturale rimane lo stesso ma viene solo tradotto, e la cosiddetta shifted direct translation, che sta a indicare quei casi in cui la traduzione è più o meno parola per parola ma alcuni elementi della cultura d'origine sono sostituiti da elementi che sono più comuni nella cultura di arrivo. In questo modo, quest'ultima strategia può essere considerata una via di mezzo tra una strategia straniante e una addomesticante.

5) generalizzazione (generalization): in questo caso, il termine culturale viene sostituito con un termine più generale di più facile comprensione per il pubblico di arrivo. Molto spesso si utilizza un iperonimo del termine in questione.

6) sostituzione (substitution): la sostituzione consiste nel togliere il riferimento culturale d'origine e rimpiazzarlo con qualcos'altro, o con un riferimento culturale diverso o utilizzando una parafrasi, che non necessariamente include un riferimento culturale. Anche questa strategia si divide in due sottocategorie: la sostituzione culturale (cultural substitution), quando il riferimento originale viene sostituito da un altro riferimento della cultura d'origine, che si è certi il pubblico di arrivo conosce, e la parafrasi (paraphrase). A sua volta quest'ultima si suddivide in parafrasi con trasferimento del significato (paraphrase with sense transfer), che consiste nel mantenere attraverso una parafrasi il significato e le connotazioni del testo originale, e parafrasi situazionale (situational paraphrase), che si ha quando ogni parte del riferimento culturale viene rimossa e sostituita da un qualcosa che si adatta alla situazione e al contesto, indipendentemente dal significato originale del riferimento. 7) omissione (omission): in questo caso, l'elemento culturale non viene tradotto nella lingua d'arrivo, per motivi di spazio o di tempo, o per l'assenza nella lingua di arrivo del termine corrispondente.

Anche Díaz Cintas e Santamaria Guinot (in Díaz Cintas e Remael, 2007: 201) hanno proposto una tassonomia delle strategie di traduzione dei riferimenti culturali, molto simile a quella di Pedersen, ma che in più prevede la trasposizione (transposition), che consiste nel togliere il riferimento della cultura d'origine e sostituirlo con un riferimento della cultura di arrivo, tecnica che però può causare un problema nel momento in cui l'immagine o l'audio rende evidente il riferimento

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originale, e la compensazione (compensation), il cui obiettivo è quello di compensare la perdita di un determinato riferimento in un altro punto del testo.

Come afferma Pedersen (2005: 9) e come emerge dai risultati della ricerca di Ramière (2006: 157), è bene ricordare che nel sottotitolaggio queste strategie vengono spesso combinate, anche a insaputa del traduttore stesso, e risulta quindi difficile identificarle con precisione. In ogni caso, sia qual sia la strategia adottata, è inevitabile che questa influenzi il modo in cui la cultura di partenza viene percepita dalla cultura di arrivo (Olk in Ramière, 2006: 157), rafforzando stereotipi (positivi o negativi), indebolendo o mettendo in evidenzia differenze culturali, o addirittura creando incomprensioni a livello culturale (Ramière, 2006: 156).