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L’IDENTIFICAZIONE DEL PORTAFOGLIO OTTIMALE PER IL CLIENTE

Le Autorità di vigilanza italiane, nel recepimento delle direttive MiFID nell’ordinamento giuridico nazionale si sono attenute in modo piuttosto rigoroso alla normativa comunitaria,

20 Per un esempio numerico si fa riferimento al paragrafo 5.5 di “Asset Allocation Razionale”di POMANTE UGO, Bancaria Editrice, Roma, 2008

giungendo a ribadire l’importanza della conoscenza del cliente e della coerenza tra il suo profilo di rischio e la tipologia di investimento consigliato.

Come abbiamo avuto modo di osservare nel primo capitolo analizzando l’aspetto normativo, la MiFID sostiene che il consulente nel prestare il servizio di investimento deve rispettare due regole in modo particolare, know your customer e suitablity, cioè ha il dovere di acquisire delle informazioni in prevalenza di tipo qualitativo, al fine di individuare la propensione al rischio del cliente (è più corretto parlare di avversione al rischio visto il fatto stiamo parlando di una variabile negativa).

Quindi supponiamo che il consulente abbia provveduto, tramite le tecniche elencate precedentemente, alla determinazione di un insieme di portafogli efficienti da proporre alla clientela, in un secondo momento dovrà indirizzare l’investitore verso uno dei portafogli disponibili individuati dalla frontiera efficiente, si tratta di mettere in luce il portafoglio con il trade-off rendimento-rischio più adatto al cliente.

Gli strumenti utilizzati a questo fine sono in primo luogo il questionario che tuttavia non riesce ad individuare il profilo di rischio del cliente e per questo deve essere integrato con altri strumenti di financial planning.

Il questionario21 è uno strumento di natura qualitativa che si avvale di domande a risposta multipla, le risposte fornite vanno ad alimentare un punteggio che cerca di individuare il grado di rischio sopportabile dal cliente, gli strumenti di financial planning invece sono di natura quantitativa e permettono al cliente di osservare la probabilità di raggiungimento di determinati obbiettivi su orizzonti multiperiodali.

Il questionario genera uno score del profilo di rischio accettabile dall’investitore, per definizione questo punteggio sarà compreso tra un minimo ed un massimo, questo permetterà di associare i punteggi ottenuti ai portafogli evidenziati dalla frontiera efficiente.

Molte di queste considerazioni hanno un punto di partenza comune che si può individuare nella moderna teoria del portafoglio elaborata da Markovitz che ha formalizzato un

21 Il questionario è uno strumento per la conoscenza del cliente predisposto dalla normativa che abbiamo avuto modo di analizzare nel paragrafo 1.2.4; presenta diversi dubbi riguardo la sua oggettività, in base al tipo di questionario predisposto lo stesso cliente potrebbe vedersi assegnare due profili di rischio differenti a seconda dell’intermediario di riferimento poiché lo score che viene assegnato al cliente dipende sostanzialmente dall’algoritmo utilizzato per l’aggregazione dei dati.

Lo score non è altro che il punteggio che viene assegnato al cliente in funzione delle risposte fornite nel questionario relative alle tre sezioni identificate dalla CONSOB, conoscenza ed esperienza, obiettivi di investimento e situazione finanziaria del cliente.

modello matematico per il processo di ottimizzazione ideando un algoritmo che permette di risolvere il problema delle scelte di portafoglio in condizioni di incertezza.

In questo modello già analizzato brevemente abbiamo visto che è prevista una funzione di utilità da massimizzare:

U = E r

( )

−1 2λσ2

se si riuscisse a determinare con precisione il coefficiente di avversione al rischio λ si arriverebbe ad individuare il portafoglio ottimale in modo molto più preciso di quanto non accada facendo riferimento solamente al punteggio determinato dal questionario.

Se poniamo la frontiera efficiente su un piano bidimensionale dove sull’asse delle ascisse viene indicato il rischio e sull’asse delle ordinate viene espresso il valore del rendimento ci accorgiamo come la selezione del portafoglio guidata dal solo utilizzo dello score determinato dal questionario non tenga in alcun modo in considerazione il trade-off rendimento rischio che invece verrebbe opportunamente considerato dall’algoritmo proposto da Markovitz.

Il concetto di rischio utilizzato da Markovitz è quello della deviazione standard, cioè una misura statistica che va a catturare la dispersione dei rendimenti intorno al loro valore medio, nel momento in cui si comunica questo dato al cliente spesso ci si può trovare di fronte ad un fraintendimento derivante dalla tendenza di quest’ultimo a confondere il concetto di rischio con quello di perdita potenziale, la nozione di rischio in ambito finanziario è intesa come aleatorietà dei risultati, è opportuno comprendere che la deviazione standard rappresenta in una distribuzione statistica un momento successivo al primo che è rappresentato dalla media e come tale non può prescindere dal rendimento atteso.

Non fornire nessuna indicazione riguardo al rendimento di un investimento non facilita certamente la scelta dell’investitore poiché quest’ultimo non riesce a percepire se l’aleatorietà dei rendimenti futuri sia vantaggiosa o meno, se non in ragione della remunerazione prevista per ogni livello di rischio.

Un ulteriore punto a sfavore del solo questionario come metodo per la determinazione del portafoglio ottimale per il cliente come abbiamo già visto è legato alla bidimensionalità del concetto di rischio.

In primo luogo dobbiamo considerare la dimensione spaziale del rischio, e cioè che il rischio di uno strumento finanziario non è indipendente dal contesto nel quale è collocato,

in altre parole la valutazione di adeguatezza di un investimento ha un significato solamente nel momento in cui viene concepita a livello di portafoglio.

Un prassi molto diffusa attualmente nel mercato conduce ad ignorare questo principio fondamentale nella moderna teoria del portafoglio inducendo gli intermediari a ragionare in una logica di singola operazione, gli intermediari dovrebbero cercare di incorporare nei propri modelli il concetto di diversificazione non solamente nella fase di costruzione dei portafogli ma anche nella fase di valutazione della loro coerenza con il profilo di rischio del cliente.

La seconda dimensione del rischio è legata al fatto che uno strumento finanziario non è indipendente nemmeno dalla prospettiva temporale con la quale viene acquistato, il rischio di un’attività finanziaria dipende dall’orizzonte temporale utilizzato per la sua misurazione.

Una volta determinato il profilo di rischio dell’investitore tuttavia non si può avere la certezza che il cliente sia realmente in grado di accettare quel determinato trade-off rendimento-rischio poiché molte volte non riesce a comprendere realmente questi due valori statistici, in questo senso ci possiamo affidare a modelli di financial planning che permettono al soggetto di ragionare su questa coppia di valori.

Sono necessari degli strumenti che aiutino il decisore ad avere un supporto decisionale esauriente per procedere alla selezione del portafoglio ottimale, il vincolo di shortfall attribuibile a Leibowitz rappresenta uno degli strumenti più utilizzati in questo senso.

Questo vincolo intende estromettere dalla fase di selezione, quei portafogli contraddistinti da una probabilità di mancato superamento di un livello di rendimento minimo desiderato.

Il vincolo di shortfall parte dal concetto che l’investitore deve indicare il rendimento minimo richiesto e la probabilità di successo che desidera avere ovvero una ridotta probabilità di fallimento che si è disposti a tollerare.

Dal punto di vista grafico il vincolo può essere visualizzato sul classico piano cartesiano ed è individuabile in una retta della shortfall line che divide il piano in due settori che identificano nella parte superiore le situazioni compatibili con la volontà del cliente, cioè tutte le combinazioni rischio-rendimento che non violano il vincolo e nella parte inferiore del piano viceversa sono evidenziate le combinazioni rischi-rendimento che non rispettando il vincolo, rappresentando le situazioni non compatibili con la volontà dell’investitore.

Figura 1. Vincolo di shortfall con rendimento target 3% e probabilità di successo del 90%

FONTE: Elaborazioni personali

Nella figura 1 viene ipotizzato che l’investitore abbia un obiettivo di avere un rendimento sul capitale investito nel suo portafoglio del 3% e desidera una probabilità del 90% di raggiungere tale obiettivo.

Quindi, dal lato della domanda abbiamo il vincolo di shortfall che rappresenta gli obiettivi dell’investitore, e dal lato dell’offerta abbiamo la frontiera efficiente che rappresenta tutti i possibili portafogli ottimi con diversi trade-off rendimento-rischio, sovrapponendo sullo stesso piano cartesiano i due grafici possiamo quindi avere modo di restringere il campo di scelta dell’investitore.

Figura 2. Vincolo di shortfall con rendimento target 3% e probabilità di successo del 90% sovrapposto al grafico della frontiera efficiente

FONTE: Elaborazioni personali

Nel caso della figura 2 non esistono soluzioni compatibili con la volontà del cliente, per questo data la semplicità della rappresentazione grafica del vincolo di shortfall occorre ragionare sulla sensitività dello stesso a mutamenti nei parametri di rendimento minimo accettabile e di probabilità di raggiungimento dell’obbiettivo.

In questa circostanza non esistendo alcuna situazione di investimento possibile per il cliente, questo deve ragionare su queste due variabili per cercare di trovare una soluzione, ovviamente si può operare in due modi, nel primo caso si può agire sul rendimento minimo accettabile, questa variabile rappresenta l’intercetta della linea di shortfall, la sua modifica si traduce in uno slittamento parallelo della retta nella stessa direzione in cui avviene la variazione.

Figura 3. Vincolo di shortfall con rendimento target 1,5% e probabilità di successo del 90% sovrapposto al grafico della frontiera efficiente

FONTE: Elaborazioni personali

In questa figura si può osservare come la shortfall line sia traslata verso il basso in una posizione parallela alla precedente in virtù del cambiamento degli obiettivi dell’investitore che in questo caso intende avere un rendimento minimo accettabile dell’1,5% con una probabilità di raggiungimento sempre del 90%.

Nella seconda situazione si ipotizza invece di agire sulla probabilità di raggiungere quel preciso obiettivo in termini di rendimento, questo va a modificare coefficiente angolare della retta, si incide quindi sulla sua pendenza.

In questo caso come si può osservare dalla figura 4 seguente, mantenendo un obiettivo di rendimento del 3% si mira a raggiungerlo con una probabilità decisamente inferiore, a quella vista precedentemente, intorno al 75%.

In sostanza quindi la retta può essere individuata da questa equazione:

µ = M − φ−1

( )

π σ

- M : rappresenta il livello di rendimento minimo accettabile (l’intercetta della retta);

- π : è la shortfall probability cioè la probabilità di insuccesso (incide sul coefficiente angolare della retta);

Figura 4. Vincolo di shortfall con rendimento target 3% e probabilità di successo del 75% sovrapposto al grafico della frontiera efficiente

FONTE: Elaborazioni personali

Nella sostanza, ora è più intuitivo comprendere la definizione del vincolo di shortfall, e il perché necessiti dell’identificazione del livello di rendimento atteso da richiedere ad un portafoglio in ipotesi di distribuzione normale, affinché quest’ultima attribuisca ai rendimenti al di sotto del rendimento minimo accettabile una probabilità cumulata non superiore alla shortfall probability.

Tale problema ovviamente può essere risolto solamente avendo noto il grado di volatilità della distribuzione, poiché il livello di rendimento atteso dovrà essere confrontato con il rendimento atteso offerto da un portafoglio efficiente caratterizzato da una precisa deviazione standard al fine di verificare il rispetto del vincolo o meno.

Il vincolo di shortfall è uno strumento molto chiaro che porta l’investitore a ragionare solamente sulla porzione di frontiera efficiente al di sopra della retta individuata, non si giunge all’identificazione di un singolo portafoglio ammissibile, ma di un’intera area ammissibile della frontiera efficiente costituita da tutti quei portafogli che sono in grado di soddisfare il vincolo.

Il soggetto così è obbligato a prendere coscienza del fatto che il perseguimento di precise combinazioni rischio-rendimento espone all’eventualità di un mancato raggiungimento

anche del solo rendimento minimo accettabile poiché si dovrà pensare sempre di un risultato raggiungibile in termini probabilistici.

Questo ragionamento viene espresso in termini uniperiodali ma può essere esploso in un orizzonte multiperiodale.

Sebbene queste tecniche siano oggetto di critiche, è bene precisare che il loro obbiettivo ultimo non è tanto quello di fornire previsioni future puntuali, quanto piuttosto quello pedagogico di educazione del cliente a ragionare sull’incertezza ed a prefigurarsi situazioni future che potrebbero verificarsi e che saranno per definizione tanto peggiori quanto maggiore (minore) è il rischio (rendimento) associato ad ogni portafoglio.

In tal senso, un altro strumento di pianificazione finanziaria molto utile in termini commerciali è il cono di Ibbotson, si tratta di uno strumento che ha come obiettivo quello di descrivere/rappresentare la dinamica probabilistica del montante di un portafoglio non solo a scadenza ma nel continuo, consente quindi di quantificare al cliente i livelli di perdita massima, entro un preciso intervallo di confidenza, a cui si espone con le sue scelte.

Figura 5. Simulazione cono di ibbotson

Questa figura rappresenta una simulazione del cono di ibbotson dove si suppone di avere un montante di partenza di 100, il cono permette di osservare la sua evoluzione all’interno di un certo intervallo di confidenza, in questo caso del 90%, e quindi si può affermare nel