• Non ci sono risultati.

IL CONSULENTE PERSONA FISICA INDIPENDENTE

La simulazione o cono di Ibbotson

3. IL CONSULENTE PERSONA FISICA INDIPENDENTE

Sembra opportuno cercare di descrivere meglio questa nuova figura che si è venuta a delineare con il recepimento della normativa comunitaria da parte del legislatore nazionale.

Come riportato dalla maggiore associazione di categoria, NAFOP, il consulente persona fisica indipendente è un professionista remunerato esclusivamente dal cliente che, quindi, è privo di qualsiasi conflitto di interesse e si distingue per tre tratti fondamentali:

• Indipendenza: Il consulente fee only lavora solo per i propri clienti. Questo garantisce l'imparzialità della sua consulenza e lo distingue nettamente dal promotore finanziario/venditore sul piano dell'indipendenza e dell’assenza di qualsiasi conflitto di interessi. Percepisce direttamente dal cliente un compenso per la sua prestazione professionale, compenso assimilabile all'onorario di un avvocato o di un commercialista.

• Competenza: Il consulente fee only associato NAFOP ha seguito un percorso formativo personalizzato di elevato livello, strutturato tramite l'acquisizione di strumenti e modelli innovativi provenienti dai paesi finanziariamente più evoluti. Di fondamentale importanza il costante aggiornamento sulle tematiche proprie della professione.

• Integrità professionale: Il consulente fee only associato NAFOP ha a cuore l'intera situazione patrimoniale e finanziaria del suo cliente ed è attento non solo ai ritorni sugli investimenti e ai risparmi sui costi inutili o esagerati ma soprattutto a proteggere il cliente dai consigli interessati e viziati dal conflitto di interesse.

Per l’esercizio legale della professione di consulente finanziario sarà necessaria l’iscrizione presso l’Albo delle persone fisiche consulenti finanziari istituito ai sensi dell’art. 18-bis del TUF, alla tenuta dell’Albo provvederà un organismo i cui rappresentanti sono nominati con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze sentite la Banca d’Italia e la Consob.

Nella seguente tabella sono riportati schematicamente i requisiti richiesti per l’esercizio della professione.

Tabella 3. Requisiti per l’iscrizione al futuro albo dei consulenti finanziari

Requisiti per l’iscrizione all’Albo delle persone fisiche consulenti finanziari di cui all’art. 18-bis comma 2 del d.lgs 24 febbraio 1998 n.58

Diploma di scuola media superiore quinquennale.

Superamento di una prova valutativa indetta dall’Organismo incaricato della tenuta dell’Albo

Nessun rapporto con emittenti o intermediari tali da condizionare l’indipendenza di giudizio

Nessuna remunerazione da soggetti diversi dal cliente

Sottoscrizione di una polizza RC professionale che copra 1 milione di euro per ciascuna richiesta di indennizzo e in ogni caso di 1,5 milioni di euro all’anno

Esonero dalla prova valutativa per i consulenti indipendenti, promotori finanziari e bancari con almeno due anni di esperienza nel corso dell’ultimo triennio

L’Organismo incaricato della tenuta dell’Albo valuterà ogni singolo caso specifico FONTE: DECRETO 24 dicembre 2008 , n. 206

In Italia la figura del consulente indipendente è ancora alle fasi iniziali del suo sviluppo, oggi la maggior parte degli investitori intrattiene rapporti con i cosiddetti operatori tradizionali rappresentati da promotori finanziari, agenti assicurativi, dipendenti bancari e dipendenti postali; questo avviene poiché il cliente si relaziona con questi soggetti considerandoli a tutti gli effetti consulenti, quando questi in realtà, non sono altro che un anello facente parte della catena di vendita/distribuzione di prodotti finanziari. Ovviamente in quanto venditori/distributori, essi sono interessati alla sottoscrizione dei prodotti o strumenti finanziari presenti nel proprio listino, anche se spesso non sono quelli più efficienti reperibili nel mercato.

Le asimmetrie informative28 contribuiscono ad alimentare l’opacità che contraddistingue gran parte dei prodotti finanziari collocati sul mercato e, spesso, non consentono agli investitori di comprendere che cosa realmente stiano acquistando e quali siano gli oneri cui stanno andando incontro.

28 L' asimmetria informativa è una condizione in cui un'informazione non è condivisa integralmente fra gli individui facenti parte del processo economico, dunque una parte degli agenti interessati ha maggiori informazioni rispetto al resto dei partecipanti e può trarre un vantaggio da questa configurazione.

Se le informazioni rilevanti per la formazione di un atto di scambio sono asimmetricamente distribuite tra le parti, allora una di esse gode di un vantaggio conoscitivo sull’altra parte. La consapevolezza del vantaggio conoscitivo può dar luogo ad un comportamento opportunistico da parte del contraente che gode del vantaggio conoscitivo.I comportamenti opportunistici possono generare equilibri inefficienti.

La presenza di asimmetrie informative spiega quindi, per esempio perché i risparmiatori preferiscono ricorrere ai servizi di investimento offerti dalle banche benché siano costosi; rispetto ai risparmiatori, le banche possiedono infatti informazioni migliori su un maggior numero di possibili investimenti. La minore conoscenza da parte del risparmiatore lo induce quindi a ricorrere a un operatore specializzato nella raccolta e nell'elaborazione delle informazioni circa i possibili modi di investire il denaro.

L’asimmetria informativa è tanto più elevata quanto maggiore è la complessità del bene, servizio o prodotto oggetto dello scambio e può generare situazioni di opportunismo a scapito di una delle controparti generando sostanzialmente due problemi: il primo noto come “adverse selection” si presenta alla stipula del contratto, momento in cui il venditore può comunicare all’acquirente solo alcune informazioni in suo possesso conducendolo a effettuare scelte inefficienti; il secondo invece è noto come “moral hazard” e si presenta dopo la stipula del contratto e riguarda la difficoltà di osservare il comportamento del venditore che potrebbe sfruttare a proprio favore tutti i possibili spazi di libertà.

Legata a questa situazione si riscontrano sistematicamente casi in cui la distruzione di valore non è così evidente e non viene percepita pienamente dall’investitore che la subisce.

Nelle fasi iniziali della prestazione del servizio di consulenza fee only, il consulente deve intraprendere un’analisi del portafoglio dell’investitore per comprendere in modo dettagliato la situazione finanziaria in essere, con particolare attenzione all’analisi dell’efficienza degli strumenti utilizzati. Un aspetto rilevante consiste nella determinazione dei costi prelevati in modo automatico dal patrimonio in gestione, la cosiddetta “parcella occulta” dei prodotti del risparmio gestito che deriva da una moltitudine di cause, per esempio da situazioni dichiarate nel prospetto non corrispondenti alla realtà, dall’emergere di aspetti non quantificati come possono essere le commissioni di acquisto e di vendita dei titoli, il rigiro del portafoglio, o l’utilizzo di benchmark non adatti.

Tabella 4. La parcella occulta dei prodotti del risparmio gestito

TIPLOGIA PARCELLA OCCULTA ANNUA

FONDI E SICAV 3,0 %

GESTIONI PATRIMONIALI IN FONDI 3,5 %

GESTIONI PATRIMOIALI MOBILIARI 3,0 %

GESTIONI ASSICURATIVE 5,0 %

HEDGE FUND, PRIVATE EQUIY FONDI IMMOBILIARI

4,0 %

FONTE: elaborazione Ufficio studi Consultique SIM Spa (agli stessi risultati sono pervenuti Virginia Tech, University of Virginia, Boston College)

Nella maggior parte dei casi questi studi oltre a mettere in evidenza il costo reale di ogni singolo prodotto in portafoglio, mostrano l’eventuale inefficienza dei risultati nei confronti del benchmark di riferimento, quindi, qualora fosse necessario il consulente provvederà a consigliare prodotti/strumenti più efficienti che andranno a sostituire quelli detenuti

dall’investitore, nel momento in cui quest’ultimo superate le asimmetrie informative e alla luce della situazione reale del suo patrimonio lo ritenesse opportuno.

Il consulente dovrebbe quindi aiutare il proprio cliente a prendere coscienza della situazione in cui si trova, in un secondo momento il soggetto avrebbe poi la possibilità di valutare e decidere (le raccomandazioni personalizzate fornite dal consulente non sono vincolanti) senza che vi siano condizionamenti o che le proprie scelte vengano indirizzate da altri operatori che lavorando in una situazione di conflitto di interesse dovuta principalmente alle tipologie di remunerazione sottolineate precedentemente sono portati a consigliare le soluzioni più remunerative in termini di commissioni di collocamento.

La difficoltà principale per i consulenti indipendenti è quella di far percepire ai clienti l’esigenza dei propri servizi, molti di questi nuovi operatori provengono dalle reti di collocamento e per questo motivo si rendono conto perfettamente di come la vendita di un servizio che presuppone la focalizzazione esclusivamente sull’interesse dell’investitore sia sicuramente più complesso dell’adattare un prodotto a quest’ultimo.

La complessità del servizio di consulenza (già evidenziata nel capitolo 2), deriva dalla diversità delle competenze necessarie per intraprendere questa professione, è lecito pensare che una persona fisica non può occuparsi di tutti i servizi che un professionista può erogare e perciò in primo luogo deve necessariamente specializzarsi e in secondo luogo deve avvalersi di supporti, software e servizi reperibili nel mercato per delegare le funzioni più complesse a società di analisi indipendenti.

L’avviamento della professione di consulente finanziario da parte di una persona fisica comporta inoltre un insieme di incombenze:

- Inquadramento dell’attività;

- Predisposizione dei contratti per i clienti;

- Avviamento della contabilità;

- Messa a punto delle tariffe e degli onorari;

- Aggiornamento riguardo regimi contabili, fiscali e previdenziali.

Si può notare come non sia affatto semplice e immediato l’ingresso nel mercato, una forte semplificazione si avrebbe nel caso in cui il soggetto decidesse di aderire ad un network affidandosi alla partnership di una società specializzata nell’offerta di tali servizi.

In questo momento la società leader nell’offerta di questi servizi in Italia è Consultique SIM Spa, società autorizzata da CONSOB e Banca d’Italia alla prestazione del solo servizio di consulenza in materia di investimenti, che è stata di fondamentale importanza

per la creazione dell’associazione di categoria di riferimento: NAFOP (acronimo di National Association Fee Only Planners).

I servizi che possono essere messi a disposizione dei consulenti indipendenti sono piuttosto rilevanti per diversi motivi, difficilmente una persona fisica da sola sarebbe in grado di sopportare la mole di lavoro necessaria a prestare nel migliore dei modi il servizio.

I consulenti fee only prestano diverse tipologie di servizi, che partendo da un livello base può arrivare fino alla completa pianificazione finanziaria. I servizi di consulenza ai privati possono essere così riassunti:

• Analisi dell’efficienza delle banche fisiche e/o on-line ed altri intermediari.

• Analisi qualitativa del portafoglio del cliente (privato, azienda, istituzionale), incidenza dei costi ed efficienza dei risultati (valutazione dei gestori cui si è affidato il patrimonio).

• Analisi completa dei singoli prodotti che compongono il portafoglio con quantificazione dei costi trattenuti dalle banche con sportello e/o on-line, SGR, Compagnie di assicurazione, ecc. in termini di commissioni di gestione, performance, negoziazione, costi amministrativi, banca depositaria ed altro.

• Rinegoziazione di tutte le condizioni applicate al cliente dalla propria banca (commissioni di acquisto/vendita, deposito titoli, tasso attivo e passivo, commissione di massimo scoperto, valute, ecc.).

• Creazione dell’asset allocation con l’utilizzo di strumenti efficienti ed il supporto di Uffici Studi e Ricerche sullo scenario macroeconomico globale, intermarket e settoriale.

• Monitoraggio nel tempo dell’asset allocation e produzione di reportistica periodica e personalizzata.

• Mutui e finanziamenti: valutazione ed eventuale sostituzione o rinegoziazione (riduzione della rata mensile).

• Pianificazione previdenziale, assicurativa ed ottimizzazione fiscale.

• Pianificazione finanziaria e patrimoniale.

Servizi aggiuntivi derivanti dal supporto di un ufficio studi indipendente:

• Analisi in materia di derivati/strutturati (aziende, comuni, altri enti locali).

• Supporto aziende per interventi su Rating Basilea 2.

• Gestione dei rapporti con le banche.

• Ottimizzazione di portafogli aziendali.

• Consulenza previdenza e TFR.

• Servizi ad clienti istituzionali (ad es. banche locali).

• Analisi e pianificazione previdenziale, fiscale e assicurativa.

• Analisi e reportistica di portafogli istituzionali.

• Perizie tecniche su portafogli e prodotti (di privati, aziende, istituzionali).

• CTP per contenziosi di carattere finanziario, assicurativo e previdenziale.

I servizi elencati sono rivolti prevalentemente ad una clientela target ben definita, che è emersa da studi di marketing elaborati da NAFOP in collaborazione con lo studio di P.R.

Community di Milano (specializzato nella comunicazione finanziaria), si tratta in ogni caso di informazioni di massima per avere un primo orientamento sulla situazione del settore. È stato individuato un target di 531.000 clienti potenziali, molti dei quali, probabilmente di età superiore a 50 anni, si tratta di imprenditori, liberi professionisti, dirigenti, negozianti e artigiani che nel nostro paese rappresentano circa 5,3 milioni di unità con un potenziale di investimento finanziario superiore ai 500.000 € e con un reddito familiare/mensile maggiore di 5.000 €.

3.1 Il “falso problema” dell’offerta fuori sede

Il recente regolamento di attuazione degli articoli 18-bis e 18-ter approvato da Consob nelle prime settimane del 2010 fa emergere apparentemente un importante limite per i soggetti persone fisiche che prestano questo servizio, all’art. 13 del presente, è riportato chiaramente che l’attività di consulente finanziario è incompatibile con l’esercizio dell’attività di promotore finanziario.

Va ricordato che il promotore finanziario è l’unico soggetto autorizzato ad esercitare professionalmente l’offerta fuori sede, da ciò si ricava che, allo stato, i consulenti finanziari persone fisiche, non potrebbero promuovere o collocare fuori sede il servizio di consulenza in materia di investimenti. Si tratta evidentemente di una restrizione piuttosto rilevante se pensiamo al servizio di cui stiamo parlando.

Forse per questo motivo anche se in prima battuta la posizione assunta sul punto dall’Authority è stata netta, dal momento che ha escluso che i consulenti finanziari potessero svolgere l’offerta fuori sede dei propri servizi; al termine della seconda consultazione è stato approvato nuovo orientamento manifestato dalla Consob, che questa volta, pur non mutando sostanzialmente indirizzo ed evitando toni improntati e divieti

categorici, ha diplomaticamente preso posizione in questi termini: “premesso che, ai sensi dell’art. 30, comma 4, del TUF, possono effettuare l’offerta fuori sede dei propri servizi e attività di investimento esclusivamente le imprese di investimento, le banche, gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’art. 107 del T.U. bancario, le SGR e le società di gestione armonizzate, si osserva che il consulente finanziario può svolgere fuori sede ogni attività esecutiva afferente a contratti già conclusi che non si risolva in un’attività promozionale o diretta al perfezionamento di nuovi contratti relativi al servizio di consulenza in materia di investimenti. Si rappresenta inoltre che, ai sensi dell’art. 30, comma 2, del TUF non costituisce offerta fuori sede quella effettuata nei confronti dei clienti professionali”.

Appare opportuno iniziare il ragionamento partendo da una premessa fondamentale, che concerne la qualificazione del consulente finanziario. Costui, né tanto meno le società di consulenza finanziaria, in virtù dell’opzione esercitata dal legislatore nazionale nel recepire la MiFID (art. 3 direttiva 2004/39/CE), non sono qualificabili come imprese di investimento e, come tali non sono tenuti all’applicazione della citata direttiva comunitaria.

Essi sono esonerati dall’applicazione della normativa comunitaria in ragione tanto dell’attività esercitata quanto delle limitazioni operative prescritte: come già sottolineato più volte non sono autorizzati a prestare servizi di investimento ad eccezione della consulenza in materia di investimenti, purché venga esercitata senza detenzione di fondi o titoli appartenenti alla clientela. Quest’ultimo particolare risulta piuttosto rilevante poiché, se per un verso non comporta l’assunzione di rischi in proprio, per un altro verso, come evidenziato dallo stesso legislatore comunitario, esclude per detti soggetti ogni possibilità di trovarsi in condizioni di debito con i loro clienti.

I consulenti finanziari, quindi, a differenza degli intermediari finanziari in senso proprio, non collocano alcun prodotto finanziario e non intermediano alcunché. L’attività di consulenza si esaurisce nella formulazione di raccomandazioni personalizzate adeguate al profilo di rischio ed alle caratteristiche del cliente.

In sostanza, i consulenti prestano la propria opera, in maniera analoga ad ogni altro professionista intellettuale che eserciti una professione, subordinata all’iscrizione presso un Albo professionale.

Così, come viene concesso ad altri professionisti intellettuali anche il consulente finanziario, in ragione della medesima qualificazione, dovrebbe poter usufruire di spazi differenti dal proprio studio professionale per meglio conoscere il proprio cliente e poter

conseguentemente formulare quelle raccomandazioni personalizzate che rappresentano il contenuto dell’attività di consulenza. Diversamente, impedendo al consulente di raggiungere il cliente, paradossalmente, si otterrebbe proprio l’effetto inverso, intaccando il versante della tutela del cliente, quest’ultimo è, e dovrebbe rimanere libero di scegliere un consulente piuttosto che un altro sulla base di un solido rapporto fiduciario.

In definitiva, alla luce delle considerazioni esposte, “La Finanza Indipendente” Periodico a cura della direzione marketing di Consultique SIM Spa, propone una lettura differente dell’attività di consulenza esercitata dal consulente finanziario al di fuori delle mura del proprio studio professionale. In particolare, capovolgendo l’angolo visuale, la problematica discussa potrebbe essere impostata in questi termini: la disciplina dell’offerta fuori sede non trova applicazione nei confronti dei consulenti finanziari non perché questi ultimi non possano considerarsi imprese di investimento - nei confronti delle quali l’art. 30 trova esclusiva applicazione - quanto piuttosto perché quella prestata dai consulenti, in qualità di professionisti intellettuali, non andrebbe qualificata e non sarebbe quindi assimilabile sotto la denominazione di “offerta fuori sede”.

L’esercizio dell’attività professionale in luogo diverso dalla propria sede, rappresentando parte integrante dell’attività di consulenza, non mina in alcun modo la tutela del cliente, bensì sovviene alle esigenze del medesimo, qualora sia lui stesso a sollecitare un incontro con il consulente in luogo differente dallo studio professionale.

3.2 Consulente fee only VS promotore finanziario

Sebbene agli occhi del risparmiatore, promotore e consulente indipendente abbiano la sessa veste consulenziale, stiamo parlando di due profili professionali ben diversi come si può notare dai tratti distintivi del consulente fee only e soprattutto dal fatto che devono sottoporsi a discipline differenti, i primi devono sottostare alle disposizioni contenute nel Regolamento Intermediari mentre i secondi rispondono alle norme del TUF e ai Regolamenti attuativi emanati dalla Consob. Il Legislatore è molto chiaro poiché sancisce in modo limpido l’incompatibilità di una professione con l’altra, se da una parte afferma che l’attività di consulente finanziario è incompatibile, con l’esercizio delle attività di:

promotore finanziario, agente di cambio, intermediazione assicurativa, agente in attività finanziaria e con ogni ulteriore incarico o attività che si ponga in grave contrasto con il suo ordinato svolgimento, dall’altra sostiene che l’attività di promotore finanziario è

incompatibile con l’esercizio dell’attività di consulente finanziario di cui all’articolo 18-bis del Testo Unico29.

La differenza più marcata tra le due figure, forse, è riscontrabile nelle metodologie di remunerazione, mentre il consulente fee only come dice il nome viene retribuito esclusivamente dalla parcella pagata dal proprio cliente, il promotore, essendo legato da un contratto di agenzia a una società mandante ha dei precisi accordi in merito alla corresponsione dei compensi. Anche in questo caso un riferimento alla normativa chiarisce ogni dubbio, da un lato è necessario fare riferimento nuovamente all’art. 5 del decreto 206/2008 dove viene riportato quanto segue “per la prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti gli iscritti all'Albo non possono percepire alcuna forma di beneficio da soggetti diversi dal cliente al quale è reso il servizio”, situazione diametralmente opposta invece è quella riportata dall’art. 108 del Regolamento Intermediari “Il promotore non può ricevere dal cliente o dal potenziale cliente alcuna forma di compenso ovvero di finanziamento”.

Di fatto, l’attività del promotore viene remunerata attraverso provvigioni che si determinano in misura percentuale sugli affari conclusi e sul portafoglio in gestione.

Tabella 5. Provvigioni percepite dai promotori finanziari