Per la prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti il nuovo assetto normativo prevede una specifica disciplina, molto più stringente rispetto al passato, che prevede una serie di obblighi informativi.
I dati normativi di partenza riguardano il Regolamento Intermediari n. 16190 del 29/10/2007, che pone precisi obblighi in capo ai soggetti autorizzati, i quali devono fornire ai propri clienti o potenziali clienti, informazioni in modo chiaro, corretto e non fuorviante (art. 27 “requisiti generali delle informazioni”).
Questi obblighi informativi possono essere scomposti in tre “categorie”, ecco allora che possiamo individuare:
• il dovere di informare il proprio cliente (know your merchandise);
• il dovere di informarsi sul cliente (know your customer);
• la valutazione di adeguatezza (suitability).
Per quanto riguarda il dovere di informare, si tratta di un obbligo particolarmente significativo nella fase pre-contrattuale, l’intermediario ha il dovere di informare il potenziale cliente/investitore sull’impresa di investimento e sui servizi che offre, sugli strumenti finanziari e le strategie di investimento adottate, sulle sedi di esecuzione del contratto, nonché sui costi ed eventuali oneri connessi.
Tali informazioni devono essere date in tempo utile, cioè prima che il cliente sia vincolato da qualsiasi contratto.
In secondo luogo il consulente deve acquisire determinate informazioni a riguardo del suo potenziale cliente, queste sono specificate dall’art. 39 del Regolamento Intermediari e attengono a tre diversi profili :
• la conoscenza e l’esperienza dell’investitore nel settore finanziario;
• la sua situazione economico-finanziaria;
• i suoi obbiettivi di investimento.
Le informazioni riguardanti le conoscenze e le esperienze del cliente o potenziale cliente nel settore di investimento includono, tenuto conto della rilevanza e pertinenza delle stesse, indicazioni relative ai tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali il cliente ha dimestichezza, la natura, il volume e la frequenza delle operazioni su strumenti finanziari realizzate dal cliente e il periodo durante il quale queste operazioni sono state
eseguite, nonché il livello di istruzione, la professione o, se rilevante, la precedente professione del cliente.
Le informazioni sulla situazione finanziaria includono, invece:
• fonte e consistenza del reddito del cliente; cioè vengono richieste al cliente la fonte principale del proprio reddito (ove il cliente sia una persona fisica) o l’attività esercitata (ove il cliente sia una persona giuridica), la sua capacità di risparmio (tenendo conto delle sue fonti di reddito) al netto delle spese e degli impegni finanziari, ed eventualmente lo sviluppo futuro atteso del suo reddito personale nei prossimi anni.
• fonte e consistenza del suo patrimonio complessivo, cioè, l’entità del patrimonio che il cliente potrà dedicare a investimenti di natura finanziaria in percentuale rispetto al suo patrimonio complessivo nonché l’entità di quest’ultimo.
• fonte e consistenza dei suoi impegni finanziari, cioè, tipologie degli eventuali impegni finanziari esistenti e a quanto ammontano detti impegni rispetto al suo patrimonio complessivo.
Per quanto riguarda le informazioni relative agli obiettivi di investimento il soggetto che presta il servizio di consulenza deve avere ben chiaro l’orizzonte temporale in cui il cliente intende realizzare i suoi obiettivi, la sua avversione (propensione) al rischio e la corrispondente aspettativa di rendimento, molto spesso gli obiettivi del cliente sono difficilmente individuabili per il semplice motivo che, spesso, nemmeno lui li ha ben chiari, il ruolo del consulente sta anche nell’essergli di ausilio al fine di consentirgli di meglio comprendere la situazione.
È bene rilevare che la valutazione di adeguatezza, prevista solamente per il servizio di consulenza e per quello di gestione di portafogli individuali, non si traduce in un’obbligazione di risultato da valutare ex-post, ma si traduce in un’obbligazione di mezzi da valutare ex-ante attraverso la predisposizione di idonee procedure di valutazione.
Il metodo più utilizzato per reperire queste informazioni è rappresentato dai questionari che gli intermediari finanziari hanno provveduto a predisporre in virtù del nuovo assetto normativo, tuttavia a seconda del tipo di questionario predisposto lo stesso cliente potrebbe vedersi assegnare due profili di rischio differenti a seconda dell’intermediario di riferimento poiché lo score che viene assegnato al cliente dipende sostanzialmente dall’algoritmo utilizzato per l’aggregazione dei dati.
Lo score non è altro che il punteggio che viene assegnato al cliente in funzione delle risposte fornite nel questionario, e rappresenta il suo profilo di rischio.
La CONSOB non fornisce alcuna indicazione riguardo il peso da fornire a ciascuna delle informazioni richieste, quindi, fondamentalmente l’aver basato la valutazione dell’adeguatezza esclusivamente su questo strumento costituisce una lacuna importante del nuovo impianto normativo post MiFID, poiché tra gli operatori si è diffusa la prassi di valutare l’adeguatezza a livello di singola operazione come preordinato dalla regolamentazione, e non a livello di portafoglio, metodo sicuramente più vicino all’evoluzione della moderna teoria di portafoglio.
In mancanza della possibilità di ottenere queste informazioni i consulenti devono astenersi dalla prestazione del servizio, tuttavia è prevista, secondo il principio di proporzionalità la possibilità di prestare un servizio commisurato al livello di dettaglio delle informazioni fornite dal cliente lasciando di fatto un ampio margine di manovra al consulente, fatto ancor più critico nel momento in cui questo soggetto sia polifunzionale e quindi autorizzato a prestare anche altri servizi di investimento come ad esempio la gestione di portafogli e il collocamento.
In ogni caso, sulla base delle informazioni (costantemente aggiornate) ricevute dal cliente, e tenuto conto della natura e delle caratteristiche del servizio fornito, gli intermediari valutano che la specifica operazione consigliata o realizzata nel quadro della prestazione del servizio di gestione di portafogli, corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente, sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all’investimento, e possieda la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all’operazione o la gestione del suo portafoglio.
Naturalmente la suitability non implica di per sé la neutralità del consulente, poiché quest’ultimo assolve correttamente gli obblighi di valutazione di adeguatezza, anche nel momento in cui si limita a suggerire al cliente solamente gli strumenti finanziari da lui distribuiti.
Il recepimento della Direttiva MIFID prevede, unitamente agli altri adempimenti, l’imposizione di una corretta classificazione della clientela (art. 35 del Regolamento CONSOB n. 16190 in materia di intermediari) allo scopo di assicurare un adeguato grado di protezione degli investitori, tale classificazione deve essere poi comunicata al cliente.
Nella strutturazione normativa antecedente la clientela veniva distinta tra operatori qualificati e operatori al dettaglio, attualmente invece esiste una tripartizione della clientela, distinguendo tra clienti al dettaglio, clienti professionali, e controparti qualificate, tale suddivisione sottende la volontà di adottare misure di protezione coerenti con ciascuna
categoria di investitore, rispettando le differenti esigenze di tutela connesse con qualità ed esperienza professionale dei medesimi.
Per clienti professionali si intendono coloro che posseggono l’esperienza, la conoscenza e la competenza necessaria per prendere le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutare correttamente i rischi che in tal modo possono assumersi16. I clienti professionali si distinguono tra quelli “di diritto” collocati nella categoria in base ad una valutazione astratta del legislatore comunitario (es. enti creditizi, imprese di investimento, imprese di assicurazione, organismi di investimento collettivo e società di gestione di tali organismi, fondi pensione e società di gestione di tali fondi, imprese di grandi dimensioni che rispettano criteri quantitativi, governi nazionali e regionali, etc.) e i soggetti che possono invece richiedere tale classificazione “su richiesta”, mediante apposita comunicazione scritta. La classificazione “su richiesta” necessita di una valutazione di carattere sostanziale da parte dell’intermediario, delle caratteristiche del cliente e della sua idoneità ad essere classificato tra i “clienti professionali”.
Altra fascia di clientela prevista dalla normativa MIFID è quella delle controparti qualificate; si tratta di una nuova categoria, definita esplicitamente clientela dal considerando 40 della Direttiva 2004/39/CE, la quale sostanzialmente rappresenta un sottotipo dei clienti professionali. Si tratta di soggetti previsti dalla normativa, vengono inquadrati in tale classificazione:
a) Banche;
b) SIM e Imprese di Investimento;
c) Imprese di Assicurazioni;
16 Tutele non applicabili ai Clienti professionali
Nei confronti dei clienti professionali gli intermediari non sono tenuti all’osservanza dei seguenti obblighi:
1.l’obbligo di osservare determinate condizioni di correttezza e trasparenza nelle informazioni, comprese le comunicazioni pubblicitarie o promozionali, fornite al cliente;
2.l’obbligo di informare i clienti sull’intermediario stesso e sui servizi svolti;
3.l’obbligo di fornire in tempo utile informazioni sui termini degli accordi contrattuali da concludere e sui relativi servizi di investimento ivi disciplinati;
4.l’obbligo di fornire informazioni su alcune misure adottate per la salvaguardia degli strumenti finanziari e dei fondi della clientela;
5.l’obbligo di fornire informazioni sui costi ed oneri gravanti sul cliente per la prestazione dei servizi e delle attività svolte;
6.l’obbligo di fornire le informazioni di cui ai precedenti punti 4 e 5 in tempo utile prima della prestazione del servizio interessato;
7.l’obbligo di concludere per iscritto i contratti con il cliente per la prestazione di servizi di investimento diversi dalla consulenza;
8.l’obbligo di fornire ai clienti informazioni sugli ordini eseguiti per loro conto entro un termine massimo;
9.l’obbligo di rendicontare entro periodi prefissati i risultati della gestione di portafogli e di includere determinate informazioni nella rendicontazione periodica, nonché altri obblighi aggiuntivi riguardanti le singole operazioni di gestione e le operazioni con passività potenziali.
d) Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio e Società di Gestione del Risparmio;
e) Fondi Pensione e Società di Gestione di tali Organismi;
f) Altre Istituzioni Finanziarie Autorizzate o Regolamentate secondo il Diritto Comunitario o il Diritto Interno di uno Stato Membro;
g) Le Imprese che Non Rientrano nell’Ambito MIFID;
h) Governi Nazionali e Corrispondenti Uffici,compresi gli Organismi Pubblici incaricati di gestire il Debito Pubblico;
i) Banche Centrali e Organizzazioni Sopranazionali a Carattere Pubblico.
Infine, l’ultima categoria è rappresentata dai clienti al dettaglio, ritenuti privi delle specifiche competenze professionali necessarie per orientare in maniera consapevole le proprie decisioni in materia di investimento. La normativa MIFID non indica in modo esplicito quali soggetti debbano essere classificati come rientranti in tale categoria; essi vengono individuati in via residuale, facendo confluire nella stessa tutti i clienti che non sono o non possono essere trattati come clienti professionali o controparti qualificate, tali clienti, più bisognosi di tutela, infatti beneficiano del più alto grado di protezione sancito dalla normativa di riferimento.
La normativa consente ad ogni cliente che sia stato inserito in una determinata categoria, di richiedere una modifica della sua posizione, sia in via generale, sia limitatamente a specifici servizi, attività, strumenti finanziari, prodotti o operazioni.
È possibile che sia i clienti professionali sia le controparti qualificate richiedano un trattamento quali clienti al dettaglio al fine di ottenere una maggiore tutela rispetto a quella loro riservata, in entrambi i casi, l’intermediario può convenire di accordare al cliente il maggior livello di protezione richiesto, in tal caso sarà necessario concludere un apposito accordo scritto, nel quale siano indicati i servizi, le operazioni, i prodotti ai quali troverà applicazione il trattamento quale cliente al dettaglio.
Ultimo punto analizzato da questo capitolo riguarda una riflessione circa la forma contrattuale prevista per il contratto di consulenza in materia di investimenti, l’art 23 del TUF è piuttosto chiaro, e stabilisce che quello in esame è l’unico servizio di investimento per il quale non è richiesta la forma scritta ai fini della validità del contratto.
Con questa decisione non si è voluto abbandonare una forma di tutela dell’investitore al dettaglio, semplicemente, si è ritenuto che i consigli forniti al potenziale cliente non implicano immediatamente delle decisioni di investimento, ma si tratta di suggerimenti che
eventualmente, e comunque in un secondo momento si potranno tradurre in delle decisioni che saranno oggetto di contratti di investimento che prevedono l’aspettativa di un rendimento ottenuto in virtù di un rischio assunto, solo in questo caso le parti saranno obbligate a vincolarsi attraverso dei contratti scritti secondo quanto disposto dall’art. 23 del TUF.
Tuttavia si può avere quantomeno il dubbio che non prevedere la forma scritta per il contratto di consulenza significhi introdurre degli elementi di incertezza nel rapporto tra il cliente e il consulente. In ragione della particolarità di questo servizio di investimento è essenziale che non vi siano incertezze sul reale contenuto del servizio di consulenza in termini di ambito ed estensione e anche per quel che concerne le eventuali limitazioni della responsabilità del consulente nei confronti del cliente per tali motivi la prassi operativa maggiormente diffusa è quella di formalizzare il rapporto consulente-cliente stipulando dei contratti in forma scritta sebbene la normativa non la preveda ne a fine di validità e ne a fini probatori.
Ora sarà doveroso provvedere ad un’analisi dettagliata riguardo la catena di creazione di valore del servizio di consulenza per avere gli elementi necessari a poter provvedere ad un’ulteriore analisi relativa ai diversi operatori visti in precedenza.