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Il modello di Markovitz: punti di forza e di debolezza

2. LA STRATEGIA DI INVESTIMENTO

2.1 Il modello di Markovitz: punti di forza e di debolezza

H.M. Markowitz nel 1952 elaborò un modello noto con il termine di “Teoria della selezione del portafoglio”, questo rappresenta una pietra miliare per l’asset management, prima di tale modello nella costruzione dei portafogli prevaleva un approccio naive, incapace di ricondurre la costruzione del portafoglio ad un problema di ottimizzazione.

Come detto in precedenza ogni modello matematico necessita di ipotesi semplificatrici, anche se questo significa allontanarsi dalla realtà.

Il modello quindi cerca di formulare delle ipotesi riguardo il comportamento degli investitori, ipotizzando un comportamento razionale, l’investitore di Markovitz è chiamato a fare delle scelte su un piano bidimensionale, nel quale il rendimento atteso è la variabile positiva da massimizzare (l’investitore non è mai sazio) e il rischio atteso rappresentato dallo scarto quadratico medio dei rendimenti è la variabile negativa da minimizzare (l’investitore è avverso al rischio).

Altra informazione che serve per completare il profilo dell’investitore, riguarda l’orizzonte temporale dell’investimento, una volta selezionato un certo arco di tempo l’investitore rimane indifferente a tutte le possibili variazioni esterne, si tratta di un’ipotesi fondamentale poiché si tratta di un modello uniperiodale.

Unendo queste ipotesi otteniamo un principio fondamentale, noto come concetto di dominanza proprio dell’ottimizzazione media-varianza.

Utilizzando il metodo della dominanza, come parametri decisionali si considerano il rendimento atteso e la varianza del portafoglio, in questo modo quando dobbiamo scegliere tra diverse opportunità di investimento operiamo in questo modo:

1) a parità di rendimento atteso viene scelta l'opportunità meno rischiosa (dominanza per rischio);

2) a parità di varianza viene scelta l'opportunità con rendimento atteso maggiore (dominanza per rendimento);

3) nel caso in cui E(Ri) < E(Rj) e σi < σj il portafoglio j-esimo non domina il portafoglio i-esimo: in questo caso il metodo evidenzia che le possibilità con rendimento maggiore hanno maggior rischio (a maggior rendimento maggior rischio o viceversa) e in questa situazione il metodo E-V, da solo, non aiuta a scegliere, la scelta dipende dal grado di avversione al rischio dell’investitore.

L’integrazione tra il concetto di diversificazione di portafoglio e di dominanza trova traduzione operativa nel concetto di frontiera efficiente, cioè l’insieme di tutti quei portafogli che consentono per ogni livello di rischio maggiore di avere via via anche rendimenti maggiori.

Markowitz ipotizza che l’investitore ha una funzione di utilità da massimizzare:

U = E r

( )

−1 2λσ2

U rappresenta l’utilità, E(r) il rendimento atteso (expected return), σ il rischio. λ infine è il parametro che rappresenta l’avversione al rischio dell’investitore (valori elevati di questo parametro implicano una maggiore avversione al rischio).

Come abbiamo già avuto modo di evidenziare, la funzione di utilità dell’investitore dipende quindi da due sole variabili, E(r) e σ, come si può notare, l’utilità diminuisce in funzione del grado di avversione al rischio e all’aumento della volatilità.

La funzione di utilità quadratica, individua graficamente delle curve di indifferenza che vanno ad intersecare la frontiera efficiente determinata attraverso l’ottimizzazione, in modo da identificare il portafoglio più adatto all’investitore, in funzione delle sue preferenze.

Riassumendo quindi, le fasi che caratterizzano l’identificazione dei portafogli efficienti sono le seguenti:

• definizione dell’orizzonte temporale;

• identificazione dei mercati e quindi delle asset class in cui investire;

• associazione dei benchmark alle diverse asset class;

• stima dei rendimenti attesi dei mercati/asset class;

• stima dei rischi dei mercati/asset class;

• stima delle correlazioni dei mercati/asset class;

• applicazione del modello di ottimizzazione.

Questo modello pur rappresentando il riferimento teorico fondamentale per qualunque asset manager, presenta anche numerosi punti di debolezza e critiche, alcune piuttosto teoriche e altre invece di tipo operativo, che permettono di comprendere il motivo per cui il suo concreto utilizzo è piuttosto limitato.

Dal punto di vista teorico possono essere mosse delle critiche riguardo il limitato numero di variabili che riassumono le preferenze degli investitori, Markovitz propose la varianza come misura del rischio d'investimento per cui: a varianza via via più elevata si associa rischio via via più elevato17.

Il Rendimento atteso e la varianza, ovviamente, non sintetizzano tutte le informazioni contenute nella distribuzione della variabile aleatoria rendimento, salvo casi particolari come quello della distribuzione Gaussiana ed alcune altre, distribuzione di riferimento per questo modello. L’investitore potrebbe essere interessato ad altre variabili relative alla distribuzione per riassumere le sue preferenze, come per esempio il grado di simmetria della distribuzione (indice di skewness) che indica la probabilità più elevata di ottenere dei rendimenti molto migliori rispetto alla media piuttosto che inferiori, oppure potrebbe avere interesse riguardo lo spessore delle code della distribuzione (indice di curtosi) cioè l’investitore potrebbe rinunciare a rendimenti molto elevati se comportano l’assunzione di rischi importanti, in altre parole l’investitore è interessato anche alla probabilità che si manifestino risultati marcatamente negativi.

Queste informazioni aggiuntive andrebbero tuttavia ad introdurre ulteriori vincoli, complicando notevolmente l’ottimizzazione, inoltre è fondamentale sottolineare il fatto che l’investitore non è in grado di determinare valori precisi riguardo l’indice di skewness e quello di cutosi desiderati.

Un altro aspetto da considerare riguarda l’ipotesi di orizzonte temporale uniperiodale, questa rappresenta una semplificazione della realtà poiché gli investitori sono caratterizzati da una particolare attenzione ai risultati infraperiodali, la percezione che questi hanno dell’investimento è legata all’andamento del montante nel tempo, inoltre, pur operando in un contesto uniperiodale e in uno spazio di preferenze bidimensionale, vi sono perplessità anche riguardo l’utilizzo della deviazione standard quale parametro di misurazione del

17 Naturalmente, un titolo con varianza nulla è un titolo privo di rischio, cioè a rendimento certo, come nel caso di obbligazioni senza cedola a scadenza fissa, per esempio i BOT se e solo se acquistati all'emissione e detenuti fino a scadenza.

rischio, si tratta di una scelta di comodo per evitare di appesantire il processo di programmazione.

Ciononostante, i problemi più rilevanti sono quelli di carattere operativo, il primo problema è rappresentato dal fatto che l’ottimizzazione alla Markovitz restituisce portafogli irragionevoli, poco diversificati e concentrati in poche asset class, spesso si verificano situazioni in cui sono tralasciati mercati importanti a favore di mercati border line più piccoli e aggressivi, la ragione di ciò va identificata nel fatto che tra le ipotesi alla base del modello non vi è alcun riferimento alla composizione dei portafogli ottimali, per questo motivo, in assenza di vincoli ai pesi attribuiti alle singole asset class, la programmazione quadratica restituisce generalmente portafogli poco diversificati.

Il problema più serio concernete l’utilizzo pratico del modello di Markovitz, riguarda quindi l’instabilità dei portafogli ottimali (o efficienti).

Spesso sono sufficienti piccole variazioni nel set di dati utilizzato come imput nel modello per determinare ampie modifiche nella composizione della frontiera efficiente, con una visione ex-post, si arriva ad un risultato particolare, se le stime dei dati imput del modello sono corrette i portafogli sono ottimi, ma se sono stati commessi errori di stima, questi portafogli sono quelli che otterranno in assoluto i risultati peggiori18 poiché, la scarsa diversificazione dei portafogli efficienti e la programmazione quadratica, oltre che massimizzare il rendimento atteso dei portafogli tendono a massimizzare anche gli errori di stima, non deve stupire quindi, che un portafoglio costruito con una metodologia naive, cioè privo dell’ausilio di qualsiasi modello matematico possa, ex-post, rivelarsi migliore di un portafoglio efficiente costruito con il modello di Markoviz, proprio grazie alla maggiore diversificazione.

In conclusione, poiché non possiamo mai essere certi delle nostre stime la cosa più ragionevole da fare sarebbe quella di non affidarsi a questo modello puro cioè senza aver apportato alcune opportune modifiche.

Esistono diverse soluzioni che si possono adottare, la prima, già evidenziata, è quella di sviluppare modelli naive che permettono di elaborare portafogli sicuramente più diversificarti, questa soluzione tuttavia non consente di incorporare delle previsioni, per questo motivo le soluzioni più plausibili sono legate all’utilizzo di modelli matematici che

18 “Since sampling error is so large, portfolios selected according to the Markovitz criterion are likely not more efficient than an equally weighted portfolio” MARKOWITZ H.M., “Portfolio Selection”, 1952.

trovano nel modello di Markovitz il punto di partenza, e cercano di apportare le modifiche necessarie a risolvere i problemi messi in luce precedentemente.

I modelli che emergono possono essere distinti in due cetegorie, da una parte abbiamo i modelli euristici e dall’altra abbiamo i modelli bayesiani, cercheremo ora di analizzare brevemente queste soluzioni.