La simulazione o cono di Ibbotson
6. IL MONITORAGGIO E IL CONTROLLO DEL RISCHIO
6.2 Il ribilanciamento del portafoglio finanziario
TEV = σε
( )p = σR
( )p 1 − ρP,B2 dove:
σ(Rp) = volatilità totale dei rendimenti del portafoglio gestito;
ρP,B = correlazione lineare tra i rendimenti di portafoglio gestito e del benchmark.
Pur essendo espresse in modo diverso entrambe le formule descrivono un rischio attinente alla performance attiva del portafoglio, tuttavia non sono in grado di riflettere il rischio dell’attuale portafoglio rispetto al benchmark con riguardo ad un preciso orizzonte temporale, e per tali motivazioni non possono essere considerate come misure di rischio forward looking.
L’attenzione alle performance rispetto al benchmark non può essere rivolta solo al passato, occorre stimare le ripercussioni prospettiche dell’assunzione di scostamenti rispetto al benchmark.
La metodologia del relative VaR (ReVaR) può essere una soluzione, è una misura di rischio forward looking ed esprime la massima perdita potenziale rispetto al benchmark che il portafoglio potrà subire su un certo orizzonte temporale futuro con un predefinito livello di confidenza nel momento in cui sono state compiute delle scelte attive, rappresenta il VaR del portafoglio differenziale25 cioè il portafoglio la cui struttura dipende dagli scostamenti del portafoglio effettivo (dovuti a modifiche tattiche) dal portafoglio in benchmark definito in sede di asset allocation strategica.
6.2 Il ribilanciamento del portafoglio finanziario
Con questa espressione si identifica il processo di ricomposizione periodica del portafoglio finalizzato ad allineare le proporzioni dei singoli asset, all’asset allocation target originaria.
Il ribilanciamento del portafoglio si rende indispensabile anche solo per effetto dello spontaneo allontanamento nel tempo del portafoglio dal suo mix strategico in funzione del comportamento delle diverse asset class che possono dare luogo a posizioni fortemente
25 Esempio numerico per individuare il concetto di portafoglio differenziale:
Composizione del
portafoglio Asset allocation strategica Asset allocation tattica Portafoglio differenziale
Asset 1 35% 38% +3%
Asset 2 25% 24% -1%
Asset 3 40% 38% -2%
incoerenti e contrastanti con il tempo e gli sforzi profusi per applicare e affinare le tecniche di ottimizzazione media-varianza al fine di ottenere portafogli ben diversificati.
Il ribilanciamento del portafoglio è un argomento piuttosto complesso, la risposta tradizionale teorizzata in ambito finanziario prende il nome di constant mix, questa particolare strategia ha l’obiettivo di ricondurre le proporzioni delle singole asset class al livello previsto dall’originaria composizione strategica del portafoglio, si propone quindi di mantenere fissa in termini di pesi relativi la struttura del portafoglio stesso.
La strategia constant mix funziona bene solo nelle fasi in cui i mercati non hanno una direzione molto marcata (cosiddette fasi laterali), ma è penalizzata sia quando i mercati vanno molto bene, sia (ed è la cosa peggiore) quando i mercati vanno molto male, magari per diversi mesi o qualche anno (per esempio negli anni successivi al 2000).
Ad ogni modo il processo di asset allocation rebalancing implica la necessità di assumere delle decisioni rilevanti riguardo diversi aspetti:
- quando ribilanciare;
- quali margini/gradi di flessibilità ammettere;
- come effettuare le transazioni imposte dal ribilanciamento.
L’insieme delle decisioni prese riguardo ciascuno di questi aspetti individuano diverse strategie alternative che si possono adottare al fine di ribilanciare il portafoglio, che sono comunque in sintonia con l’approccio tradizionale enunciato precedentemente, è possibile infatti distinguere diverse forme di ribilanciamento.
La prima soluzione definita ribilanciamento periodico, consiste nel riportare i pesi delle singole asset class al livello strategico con una frequenza temporale predefinita, in questo caso la decisione critica ricade dunque sulla periodicità con la quale intraprendere tali operazioni.
Una seconda possibile soluzione è individuabile nel ribilanciamento per intervalli o bande di oscillazioni, che presuppone un monitoraggio continuo del portafoglio, si tratta in sostanza di mirare alla corrispondenza tra portafoglio effettivo e portafoglio strategico mediante opportune operazioni di acquisto e vendita, nel momento in cui si verifica che la componente assegnata alle asset class si discosta da quella originariamente prevista in misura eccedente alla soglia prefissata.
Un’ultima soluzione che condivide l’idea di fondo precedente, consiste nel ribilanciamento entro un range consentito, e permette quindi delle oscillazioni che consentono di evitare l’ imposizione ad un continuo e forzato ritorno all’asset mix
strategico, queste ultime due logiche differiscono per un diverso grado di rigidità nel perseguimento dell’obbiettivo.
Le logiche descritte fino a qui, tuttavia presentano degli aspetti problematici, nonché l’assunzione di decisioni critiche come per esempio la decisione dell’ampiezza degli intervalli di tempo tra un ribilanciamento e il successivo, periodo di tempo nel quale si possono verificare situazioni tali per cui il portafoglio può assumere delle posizioni estreme, oppure decisioni in merito all’ampiezza delle bande di oscillazione, la difficoltà in questo caso è rappresentata dalle numerose possibilità di scelta tra le diverse alternative possibili, bande di oscillazioni omogenee o eterogenee tra le diverse asset class?, fisse o variabili nel tempo?, è evidente che la scelta più semplice è quella di adottare bande di oscillazione omogenee e fisse, ma è anche la scelta più rigida.
Queste modalità di agire operativamente sul portafoglio si basano tutte sullo stesso principio di fondo che è quello di ancorare ciascuna asset class al peso strategico determinato nella fase iniziale di costruzione del portafoglio, pertanto si può affermare che questa logica (in tutte le sue varianti) definita constant mix secondo la terminologia anglosassone adotta la prospettiva tradizionale dell’asset allocation.
Una risposta innovativa al bisogno di ribilanciamento dei portafogli può essere individuata adottando una prospettiva diversa da quella tradizionale, e questa è ravvisabile nella prospettiva di risk allocation che consente di introdurre una filosofia alternativa e sicuramente più innovativa.
Tale logica si propone di gestire il problema dei ribilanciamenti con l’obiettivo di assicurare la stabilità dell’esposizione al rischio del portafoglio e non la stabilità delle singole asset class, questo testimonia la sempre maggiore influenza degli strumenti di gestione e controllo del rischio, nel comparto dell’asset management, e della misurazione del rischio non attraverso il classico parametro statistico della deviazione standard, ma attraverso una misura value at risk26.
In altre parole questa metodologia di ribilanciamento vuole far si che la massima perdita potenziale a cui l’investitore è esposto durante l’orizzonte temporale dell’investimento risulti coerente con quella che originariamente si era dichiarato disposto a tollerare.
È facile comprendere che a causa della profonda diversità che sta dietro a queste due logiche vi sono dello diversità notevoli anche sul piano pratico delle differenze riguardo il
26 Ad ogni portafoglio presente sulla frontiera efficiente è possibile associare una misura di Var, essendo nota la combinazione rischio-rendimento ex-ante di ciascuno di essi e l’esplicitazione del livello di confidenza prescelto.
momento di intervento, mentre nella prospettiva di asset allocation il ribilanciamento viene attuato quando in occasione del monitoraggio si riscontra una deviazione delle posizione per effetto delle fluttuazioni dei rendimenti dai loro livelli originari, nella prospettiva del risk allocation invece il ribilanciamento è implementato quando in fase di monitoraggio si riscontra una divergenza del value at risk del portafoglio da un livello target precedentemente individuato, tale spostamento va individuato nel comportamento time-varying dei parametri.
Un vantaggio importante che è possibile riscontrare in quest’ultima metodologia è la maggiore attitudine a considerare il portafoglio nel suo insieme e non come assemblaggio di singole asset class.
In ogni caso da osservazioni empiriche si può affermare che il ribilanciamento risulta essere uno strumento in grado di ridurre il rischio del portafoglio, al di sotto del livello di rischio che caratterizza il portafoglio non ribilanciato.