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46 II. RACCONTO come lago vastissimo

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,acuifacevano spondalecimedei monti.Quinci a pocousciva dimezzo

a

queivaporiilsuon gravedella

campana

delmattutino

,quasiafar fedeche

una

riunioned'uoministavaavvolta in quelladensaca>

ligine.

Dopo

qualche ora

mi

posiin viaperlacasa del*

l’amatovecchio,che riprendendoilraccontocontinuò.

Incontinuazbnedellecoseierinarratevi,furono sti-pulatiipattinuziali,edincapo

a

due mesi dovevano re-carsiadeffettolenozzediAdelinacolDuca.Ella frattan-toduravaio silenzioildolorechetaleatto leingenerava nell'anima

Un

pallore funestovenivadi

mano

in

mano a

coprireilsuobel volto;ilsorrisoelefestive parole

anda-vano a

poco

a

poco sparendodalla vezzosasuabocca. Af-fettava

non

pertanto

una

certaserenitàepacatezza,lequali mostravanodiquantavirtùeracapacequeUospirito gen-tile.Allo avvicinarsi del tertnine deidue mesi

una

lenta febbrevenne

ad

assalirla.Adelinasentivasimancaree ve-nirgiùl’esistenza,e

non

bastandoleilcuorediturbare la pace domestica, annunziavasoltanto lieve infreddatura;

ma

lanecessitàè potenzacui

non

siresiste.Adelina, ab-bandonatadi forze,

da

lentaefrequente tosse vessata,era costrettaarimanersi inletto.Destavansiallora nell’animo dei genitoriipalpiti egliaffanni dell’amore,e

ricorreva-no

a rimedidell’artesalutare,tanto pietosaquanto incer-ta. Imedici(

oh

quanto è malagevole indagarelavera sorgentedelle malattie!) arrestavansi alla idea di accatar-ramento,edifBnendo reumatica

b

febbre,ne

prometteva-no

prontalaguarigione;

ma

illoroprognostico era

lonta-no

dal vero.11male imperversava, ed erala stagione d’in-verno.Quindilenozzesidifferivano.

La madre

intantocominciava

ad

indovinarelavera cagionedelmale, che eralaviolenza fatta alcuoree al-1muocenteaffettodellabgliuola.

Non d ha

dubbio,la

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PARTE

PRIMA 47

donna

è

un

esseregentile

,pietc^ esensitiva assaipiti che

Tuomo,

ilche ne rende

non

dirado piùsottilee piùperspicace lamente,

rame

rendeincostante lasuain*

dote,mutabiliisuoiaifetti.Essa manifestòalconsortei suoidubbi,e proponeva persalvarel’infermalo sciogli*

mento

delle propostenozze;

ma

questi

non

avevatanta finezza di

animo da

vederlacosaallastessaguisa,ed era

uno

di quegliuominidiconioanticoimmutabile esaldo nesuoi proponimenti. Epperòlamoglie, disperandodi re*

carioapropri consigli,sivolse aimedici,iqualitennero linguaggio franraesincero,uniformeaH'avvisodilei;

ma

ancheciò riuscìvano,e

Giacomo re^

fermoneisuo proposito.

11

Duca

,chemostrossioltremisuraafflittodello stato deliasuafidanzata,anch’eglicominciò

a

pormentealla veraorigine delmale.L'amoreinlui

non

aveva messora*

dici cosìprofonde,chefossemalagevolelosbarbicarlo.A.

55

annila stagione diqueltenero affettoèpassata:quindi con

animo men

generosocheonesto deliberò di rinuncia-re alla

mano

di Adelina,eilfececonlaseguentelettera,

c

Amico

carissimoSig.

Giacomo

s

La

vostra

buona

evirtuosaAdelina va ognidìscapi*

>tandonella salute,lo

ho

ragiondicredere,checiòde*

s rivi inlei,da cheilsuo consensoallenostrenozze,

con-» tradetto dalcuore, sia

un

sacrifiziodifilialeobbedienza, j Così essendo,oigiorni di nostraunione sarebberotristi

»edinfelici,o potendoilmaledivenire irreparabile,giova

»opportunamente provvedere persalvare

una

vitasì ca-1ra.

E

peròsin

da

questo

momento

iorinuncio

agliobbU->ghicontratti,elasciando libera la vostra figliuola,

ed

)aprendocosì allasperanzailsuocuore,sperodi

contribui-> re dalcanto

mio a

farcheellatorni allaprimasanità.

>Ciò peraltro

non

togliech’io sia ec. >

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48 IL

RACCONTO

Questeparole,letteda

Giacomo,

'nelpunto che Ade-linaandava peggiorando,suonaronosìforteallorecchio di luie scossero

raoimo

suosifTaltamente

,chetuttoinlui tacque,e parlòsolamentelavocedell'amorpaterno. Vol-gendosi seriamenteallasalvezza della figliuola accettò la propostadel

Duca

,nè aciòsolocontento, deliberò in sè

medesimo

direnderpienamente paghiivotidilei.lo co-nosceva perfiloeperseguotaliavvenimenti;ementre sen-tiva rinascere in

me

la speranza,avea pure

un

funesto pre-sentimentod’irreparabilesciagura,chetuttiviucevai sen-timentidell’animamia.

Un

giornoil

mio

famigliare, quel-lo stessobuon vecchio cheaveteveduto,echesarà ca-gionedell’ultimomiodolore se

mi

precedenel sepolcro

,

annunziommi

il

nome

diLopez.

A

taleparolanonso dir-vi quantiaffettimisidestaronoconfusamentenell'anima;

ma

deltumultointerno nulla trasparì sulmiovolto:tanto cierano impresseletracce deldolore,tantoerano inde-lebili,tantoconaltre

non

potevanomescersi,nè confon-dersi.

Giacomo

entra,mÌ4dbbraccia, vuoldire,edilpianto glivieta laparola,Ioloabbraccio,emutolo piangoconlui.

<Vieni,salvamila figliuola, salva la tuasposa>sonole soleparoleche puòprofferire;edio cosìcom’era,salii in-siemeconesso allasuadimora.'All’entrare in quelle soglie, dovedaseimesi

non

posavailpiede,

mi

scosse

un

palpito di gioia,chegittò

un lampo

diserenitàsu l’oscurata miafron-te,eche,introdottoappenanellamestastanza, alla vista dellasventurataAdelinatostosidissipò.Squallideed infos-sateeranolesueguance con due macchiefuneste diacceso color rosato;smortelepupille

;pallideescarnele

mani

; frequente e rantolosoilrespiro,esule dianzi

vezzosissi-me

labbrainariditelerose,vedevansispuntati giàil gia-cintoe la viola.

La

cagionedelmaledi quell’infeliceera indovinata,

ma

tardo se

ne

apprestavailrimedio.11tarlo

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PARTE

PRIMA 49 cliclogoravalasuavitaavcafattatanta distruzione,da nonpotcrcisiripararecon

umani

argomenti

,edioera

chiamatonon a compiere

un

imeneo,non asalvare

una

vita,

ma

sìadessere spettatoree parte di

una

scenatre*

menda

didolore edaffanno.

Adelinaalvedermisorrise,efèpiùvivepor

un mo-

mentole

guance.—Lo

so,Alessandro,poi dissecon voce fioca,tu vienia porgermila

mano

disposo

La madre

già

me

l’hadetto...oh qnalconsolazioneèlamia!

La

mortesarà pietosa,spero. . .Vorràessaconcedermi

alme-no un momento

di riposoperla santacerimonia...Morrò poicontenta..Viveròsemprenellatua

memoria.

..Tu

mi

amerai sempre,

non

èvero?

E

quitacevagiàstancaed affannata, lo uscito di speranza,

commosso

aqueste parole, secondavaquell’innocentelusinga,e frenandoastentolo lagrime, rispondeva:

Abbiati pace,

mia

cara.

Le

no-streanime sono giàunite dallasperanza edall’amore.

Tu

saraimia,eviveraisemprenelmiocuore.

No

,

non

avrai

un momento

soltanto diriposo,

ma

guarirai del lut-to,edallorasaràcompiutoilsacroritodellenozze.

Da

quéstopunto

non

lasciaipiù quella stanza di dolo-re

;guardaiconindifferenza

me

medesimo; noncuraipiù cibo,

non

bevanda,nonriposo.

Che

giovanoiconforti della vita

ad un

infelicecheha l’animastraziata!Di

a

pochigiuraiimedici annunziarono prossimala fine del-l’inferma

,e potetecomprenderel’effettodi tale annun-zio,avvegnachépreveduto. Allorausciidiquella terri-bile stanza,edentrò inmia veceilsacerdote delDio de-gl’innocenti.Restato solo,

un

dirottissimopiantorecò qualcheconforto al

mio

affanno,

ma

poscia inaridirono lelagrime,e quellopiombòtuttosopral’oppresso

mio

cuore.

Oh

perchè

non

siruppe!Perchè

non mancò

la cir-colazionee la vita!

4

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50 ILIIACCONTO

11giornoappresso,21aprile,giornofunesto,scolpilo indelebilmente nella

mia

memoria, scoccavanogliultimi istantidella vitadi queirinfelice.Tremantem'accostai al-l’usciodellastanza,eguardando dentro,vidilamisera

madre

starsi

muta

,immobile,apiè delletto,

come

dii aspetta sulcapolamorte;ilpadregenuUessoinun an-golo inpanzi l’immaginedellaVergine,nasconderecon lepalmelasmortafacciaelelagrime; Adelina tran-quillae serena,muovere astentolearide labbra quasi rac-coglier volesseleestremeforze,mentreilpietososacerdote

rompea

quelsolenneeterribilesilenzioconlesolitepreci, l'orsigliocchidaquella vista dolorosa,

quando mi

venne aU’orecchio

una

debole etremolavoce.Era Adelina ebe parlava,econfortava gliafflittigenitori.

Vi raccoman-doAlessandro. Tenetelo inluogodime,e beneditemi, fu-ronlesueultime voci.

Dopo

qualcheistanteudii intuona-reiltremendo prqficiscere

,

ed

un

urlo di dolore

mi

dis-seche queU’animabenedettagiàvolavanelsenodella pietà sempiterna.

Inenarrabileèlaviolenza...Basta,basta, interruppi, scorgendo, cheilvecchio troppoera

commosso

ed aveva

ilcuoretremendamentestraziato.M'ingegnaidistornare lasuamente

da

quelle

amare

memorie, chelevicende ediltempo avevanoattutato,

ma

noncancellatodel tutto.

Quando mi

parvetornatoalquantosereno, presi

commia-todalui,e melanconico

mi

ridussi alla

mia

dimora.

SESTA ClOBIfATA.

Desiderosodi ascoltarelafinedi quella dolenteistoria mossiildivegnenteper l’usato luogo.Faceva tempo

bel-'lissimo;ilsole,splendendoin

un

cielosereno,infondeva allanaturaqueH’allegrezzae

qucUarmonia

,che inspira

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PARTE PRIMA 51

dolcicoseaH’animae la conforla.

Ad un

trailo

una

densa nuvoletta coprìlafaccia di quell’astro benefico,icui rag-giscappandofuoridiquellaposavansi,

uno

su la vet-tadiuncolle,l’altrosu di

una

capanna, unonelmezzo d’un piano, e via via: sicchéparevasorgesseintorno nella natura

un

contrasto di gelosia e di orgoglio,didoloree dicontento,ediomaladicevaqueH'invido velo,chepur nietteadisparità e privazione in

un

benefattopertutti.

Giuntoalsolitoriposo

,m’accolseilvecchiocon amore-volezzamaggioredell’usato,nataforsedaquelsentimento di affezione,chesidestaverso coloroche facciamo par-tecipie confidenti delle amaritudini delcuoree dei trava-glidellavita.Ripigliandoquindil’interrottanarrazione, cosi preseadire.

— Non ^ può

esprimereaparole la violenza,con che dopoilfierocaso

mi

venneassalendo ildolore. Alsolo pensarci sentoancoraagitarsilevecchie fibre, e rinver-dire lalanguidafantasia.

Oh

quantoavreipagataallora

una

lagrima!

ma

nonpoteipiangere,sìdentro impietrai.

Cosìmalconcio

come

era,con

un

vecchio mantellosule spalle

,usciifuriosamentedaquella casa,chemaipiù

non

rividi,ecorrendodaforsennatolevie di Parigi,

mi

tro-vai inbreve tempofuori dellesueporte.Presa la via della

campagna,

andaiperduegiornisenza consiglio esenza guida,passandoduenottiacielo scoperto,sempre senza riposoesenzacibo.

La

vita dei sensi eraquasimorta;

non

vedeva;

non

sentiva

;

non

aveva

memoria

del pas-sato. Alfine

mi

scossi

come

da lungo sonno,e

movendo

l’occhio riposato aU'intorno,

non

sapeva dove

mi

fossi,

chim’avesse condottoinquei luoghi,nè perchè. Tutto eradesertoe silenzio.Guardandoin alto scorsi sulla

cima

di

un

colle

un

anticoedifizio. Versoquello volsiimiei passi

,equantunquel’oscuritàdellasopraggiuntanotte

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S2 IL

RACCONTO

fossealquantodiradala dagli ultimiraggi dellaluna

,

pu-relascabrosità duisiloeilmio abbattimento rcndcvanml malagevolel’andare;sicebèperasprissime balze eper taglientirocce l’una sul’altrasollevaulesigiunsicon mol-tostentonelpropostoluogo

,quando,perdutasi laluna dietro aimonti,densi e nerinuvoloni

montavano

insU

,

spinti

da un

fierovento annunziatoredi vicina procella.

Girandoattorno di quella sdruscita fabbrica

mi

abbattei in

un

usciosenza imposte;entrai

,ed incontratomicol piedeincertostrame,vinto dalla stanchezza,

mi

vi ab-baiulonaisopra,

E

caddicomecorpomorto cade.

Lo

scoppiodi

un

tuonointantovenne a

rompermi

il sonno,s'icheio

come

personadestaperforza

mi

risccìs-si.Alle tranquilleore della notteera successa un’orribile

tempesta.Fischiavailvento; lapioggiaelagrandine ca-deano stemperatamente;ilfrequenterimliombodel

tuo-no

rendeapiùspaventosala solitudine del luogo, e la ful-gore a

quando

a

quando

rischiarava quellascena d’orro-reche parca sdegnodelcielo.Eppuretuttoinvaso dal pensiero della sventurataAdelina, guardava quell’appa-ratotremendo conindifferenza,

come

coluiche

non ha

piùnella vitacosa chelotocchi elo

commuova.

Anzi in quellosconvolgimentodellanatura

mi

parcaditrovar qualchecosa,cheal

mio

dolordisperatoaccordandosi, lo alleviasse.

La

speranza

,primogenitafigliuoladel cic-lo

,

compagna

sempredellasventura,in

me

spentaera del tutto;perIoche,fattipiù violenti gl’impeti della di-sperazione,stlegoosecinsiemetristeparole

mormorando,

tencaquasiindispregioquelperturbamentodellecose che pur segno eradellapotenza di Dio.

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PARTE

PRIMA 55 Poilornavamiinmenlelafclicilà,dieavrei{»odula conlamia Adelina;

rammentava

ildolcetempodei no-striamori

,e più smisurato

mi

siapprescntavailfantasma della

mia

sventura; chenellemiserienon v’havmaggior dolore,cheilricordarsi deitempifelici.

Or

trattoin va-neggiamentigridava:

cDov’èandatala

mia

diletta Ade-lina?Chilarapia

me

nell’auroradellavita,nella

pri-mavera

dei nostriamori?Eternità1

Tremenda

eternità!

rendimi deh! rendimiquell’angiolod’amore:rendimi con essaicarisognidell’immaginazione,e quel prestigio e quell’incanto,cheaddolcisceidoloridellavita.

Fa

ch’io sentanovellamentequei sospiriche uscivanoperlesue labbrainnamorate....

Ma

tuinesorabile, taci;ah!iltuo silenziocrudelissimoafferma,essere irreparabile la per-ditafatta;averio tuttoperdutoconessa

;nuH’altro rima-nermi,chegemeresottoilpesodiquestasciagura

,che

avevamiserbatoildestino» .

La

notte intantoavvicinavaalsuo termine,ediltempo continuavaancortempestoso.Udivasiinlontananza

un

lugubresuonodisacrobronzo,chemistoalfragor del ventolospavento accrescevacl’orrore.Erala

campana

dellaparrocchia, laqualeinvitava la sbigottitagentedel villaggioarialzarenelsuocuoreirovesciatialtari,e pla-careconleprecil’iradelSignore.Scosso daquelcupo suonovenneanchein

me

ilpensiero diDio;

ma

stolta-mente credendomi abbandonato dalui,eguardando con volgare occhio queU’avermitronco d’un colpoilcaro

sta-me

della vita delmio cuore,iononsentiva quelsoavee dolceistintodirararaollareilproprio petto, diumiliarmi innanziaidecretidellaProvvidenza,edimandar pacecol linguaggiopiùsublime,lapreghiera.

Spuntaval’aurora,eancorduravain

me

ilcontrasto tra l’amoreelapietà

,trarintcllettoedilcuore.Uscii dalla

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IL

RACCONTO

S4

malconciastanza,guardaiilsottoposto villaggio elevarie case sparseperla

campagna

dallaparte orientale del ca-stello,e

muto

andava contemplandoiguastidella tem-pesta suicampi,senzapor menteaquellichein

me

avca fattoiltempestoso

mare

degliaffetti.

Vedea

d’intorno de-nudatoilcolle,devastatoilpiano, inondatiicampi,rotte leannose querce,schiantatiiboschi,sveltelegentili piante;ovunqueera lutto e desolazione.Intantolunga trattadigented’ogni età, d’ogni sesso,

muoveva

altempio del signore,pertrovarconforto nella religione del Dio di

^

amore

e dipace;e quelluogosacro alla virtù,al racco-glimento,allapreghiera,appariva come,ilsolo asilo in quellatremendasciagura.

A

questa

commovente

vista,lelagrimericomparvero sulmioarido ciglio,ecominciavaa provareilbisogno di porre incalmailmiodisordine. Intantoodo

un

cigo-lar d’imposte;siapreunaporla,e

mi

sifainnanzi

uno

sconosciuto di nobile e dignitosoportamento avanzato ne-glianni,

ma

vigorosoeverde...Dirovvi dimaniil ri-manente.

— No

,

mio

caro,iorisposi.

Mi

spronaildesiderio

di

udirela fine di questavostraavventura.

E

senonviè grave,rimarrò convoi,edopo

mi

direteilresto.

E

così facemmo.

Dopo

d’csscrcirifocillatiad

una

modesta

mensa

e fruga-le,Alessandrosenz’altrodava cominciameutoaldiscorso.

— Immensa

è la miseria di chi

ha

perdutoilpensiero di Dio. Io

rammentando

ildisordine, incheeracaduto, scntivane vivissimavergogna;c in questopuntomisi fe-ce innanziIosconosciuto,di cuipocofaviparlava.

Chisietevoi?

mi

disse:

Sono,risposi,

un uomo

op-presso dalla sventura.

Giàloveggo:Ilvostro disor-dine,ilvostroabbattimento,ilvostro aspetto,levostre

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