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PARTE PRIMA

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lagrimeme'ldicono.Venite,venite

meco

a riconfortar-vi,e ricomporvi.

— E

cosidicendoavviavasi versola por-ta,dondeera uscito,efacevamicennodi seguirlo.Io stettialquantoin forse

,

ma

fidandonelnolnlee pacifico iispetlodeH’incogaito,glitenni dietro. Salitelescale,e giunti in

una

modestasalaio

mi

fermai,edegli,voltosi indietro,ripetea,seguitemi. Allora in sulepestedilui passai per piùstanzenettetuttee decenti,

ma

con poca erozza suppellettile.

Giungemmo

alfine in

una

sala,ove trovaiacceso

un

focolare

,edun vecchio servidoreche davasestoagrossitizzi.

A

questovolgendosiil padrone diceva:cportateacqua,biancheria, e vesti nella stanza contigua».Ilfamih'areandava, edegli fissavasu

me

due occhi penetrantie sereni, edicevami:<Coraggio,amico!

Coraggio!Questopovero albergoèsuccedutoallegrandi edorate salepienedi avitememorie.

Una

volta foree na-scondeva infamie,oraèsoggiornodiriposo. Riposate

adunque

ilvostro spirito».Siffatteparole, cosi disinvolte e cosi gravi,scendevanosino al

mio

cuore,e vi

mettea-no

pace.Tornavaintantoilservoadavvisaredessergià eseguitoilcomando.

Andate conlui,ripigliavail pa-drone,rassettatevi:usateliberamente.

Io

non

osava oppormi aquelsolenneparlare,epassando pienodi con-fusione nella vicina stanza, faceva quiviilpiacere dell’in-cognito.Tornavadipoi alcamino,ed erami immanti-nenteportato

un

acconciodesinare.

Mangiate,diceva

ilmioospite;ediomangiava. Levatomidellamensa,

mo-vealaparola per conoscerelambteriosa persona che

mi

stavaafianco,e cheteneagliocchi fissamentevoltisula mia,quasiperindagarneipensieriegliaffanni.

A

quel

mio

attodiparlareintesiintuonarmiall’orecchio

una

gra-vevoce,chedissemi;candate ora

a

dormire. CoraggioI*

Ed

ioentravanellaassegnalastanza,e

mi

adagiavasopra

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IL

RACCONTO

S6

morbidoIcllo,dove benprestoverme soavemente a po-sarsisulemiepupille dolcissimosonno, chefu raddolci-mentoa'miei mali.

Allo svegliarmi,parvemidiesserrinato,edilprimo sentimentochedestossi nell’animo,fu quellodella gra-titudineverso chi era cosigenerosocon

me.

Usciiquindi dallastanza,e trovai in quellacontiguail

mio

benefatto-re,ilquale sorridendo dicevami: Avete dormito?

Oh

silo veggioall’aspettopiù sereno.

Non

cerco già lacagionedel vostro disordine e dei vostri affanni.

Lo

so

;lavitaè se-minatadi tribolazioni e di patimenti,iquali piùo

meno

sisomiglianotra di loro.

Che

importa

dunque

a

me

di sa-peredi quale specie sienoivostri?Coraggio! Queglièpiù forte,chesa sopportarlemiserie. Piegatevi al destino sen-za infrangerl’animo....

Ma, Signore,ioallorasciamai conaltavoce,spinta fuori dalmio cuore commosso,chi siete voi,cuitantodebbo?

— Non

curate di saperlo.

Ma

qual raccomandazione m’ebbiiopresso divoi?

Ai-ta,imponente,vergatadiproprio

pugno

da

una

dignità piùcheregia,la dignità della sventura.

E

guaiachi

non

ubbidisce,ed

ha

ilcuorechiusoaquestasanta voce!

Io restava attonitoaquell’ insolitoequasisovrumano lin-guaggio.Voleadire parole diringraziamento,

ma

quegli intcrrompevami

,e lasciavami,annunziandomi chetra breve

dovevamo

discendereal sottoposto villaggio.

Quincia pococi

ponemmo

in

cammino

perangusta

ma comoda

via,parlandocoserelative ailuoghiguasti dallanotturna tempesta, periqualipassavamo.

Eh

oh!

diquantedolorosescenefuiiospettatore!11povero cul-torepiangevaalvederemancatelesuesperanzeecon quelleilpanede’suoifigliuoli.

La

consorte intanto, que-sto dolce conforto nellasventura,

premendo

l’interno af-fanno,amorosaloconsolavaofferendogliillavoro delle

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PARTE PIUMA S7

SUOmani.Ifigliuoliinnoccnlimulistavansi cmelanconici aquelladomestica ambascia,

ma

ignari del loromale tornavanoaifanciulleschitrastulli.Tutti in varii

modi

lamentavanolavaria lorosciagura;e quelgeneroso

mio

o.spiteatuttiporgevadiversamanieradi conforti.Verso sera

giungemmo

alla riva di

un

Iago;e quiuna

comoda

barchettacon

un

giovine e robustorematoresiaccostòa noi.Posticidentro,

andavamo

verso l’oppostasponda do-ve sorge

un

Villaggio,sopraslatoda

un

montearido e sabbioso, sulquale siedonoacavalierogliavanzidi

un

veeebiocastello.Illago era sparso di paliscalmi,che tra-ghettavanoalvillaggioicontadini reduci dallafatica,ed udivasi di lontanoilcantodiallegra villanella,ilquale

rompea

quelsilenzioimponente, edera ripetuto dall’eco.

La

lunaera vicina altramonto;isuoiraggi frangevansi nelleincrespaleacquedellago,c su di esse ripercuoten-dosil’ombradellecase delpaese

, parcasorgervidentro altroVillaggio,

ma

instabileemal fermo

come

lamobile onda.L’aspetto delle quali cose ridestando in

me

piùvivo ilpensiero della

mia

Adelina,

arrivammo

all’altrasponda.

Messo piede aterra,ci

portammo

percorta via io

una

casadecentemente ornata,e quivi

sedemmo

innanzi

un

belfuoco perristorareleirrigidite

membra.

Cercai novel-lamentedisapereil

nome

deU’incognitoSignore;

ma

in-vano.Egli interruppelemieparole, ecominciò:cIo nac-quie dimorainellametropoli dellaFrancia;ebbionori ecariche;vissinellegrandi ragunate,inmezzo a convi-ti

,afeste:conobbigliuomini,e nestudiailenature

,

sempredissimiglianlie svariate.Ahi quanto

mi

parvero tristinelcommerciarsociale1Malagevoleè governarli;

diffìcilecontentarli.

La

parolabene pubblico va perla boccaditulli,

ma

nissuno sarinunziaread uninteresse privato, nissuno spogliarsid’una passione,e l’egoismo

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ILRACCOiNTO SS

prende sempreleformedellepiù belle utopie.

A

3o anni m’annoiavano^iàimolti vuoti favellatori,era infastidito di coloroellesonvani,perchèsciocchi,od

hanno

la scem-piagginedi voler apparireun granfatto.Rideva all’aspet-to dell’oziusitàaffaccendata;sdegnaval’impertinenzadel bon-ion; odiavaimalvagi,e soprattutto quegl’infami si-mulatori,che nascondonoilveleno delcuoreconilmele dellabbro.

A

4o aoniParigiaveva perdutoagliocchi mieilesueefìmere bellezze.Parevamiquello

un

viverea contrasto,acaricatura,a maschera,contrario ai senti-mentigenerosi, cheavevami ingeneratonatura.Cercai allorala

compngnia

de’pochiuomini d’animoonesto e di forteintelletto,e giuntoa Soanni,cedendoalbisogno della tranquillitàe del riposo,venniastareinquesta Vil-la,dove sonolemie maggioripossessioni.

Ma

lacorruzionehapenetratopertutto.Udite cosa or-renda edincredibile!

Appena

fuigiunto,cessava di vi-vere

un

vecchioed opulento borghese,e lasciavailsuo riccopatrimonioalla 'pubblicabeneficenza,destinando parte di quello alla costruzione di

un

ospedale, e partead altre pieopere.Nei

momenti

, chequell’infermoera sul rendere l’animaalSignore,iparenti unironsi

a

consiglio, pertrovar

modo

aricuperarel’eredità,cheagognavano, e che vedeansi scapparedi

mano.

11

modo

fu trovalo,

un

testamentofalso. Ilnotaro erapur pronto,

a

condizione diassolverloda

un

grosso debito,ed

un

sacerdoteacui

non

assistevaillumedell'intellettoallacondizione mede-sima quietavalecoscienze,purchél’avere fosse diviso egualmentetracoloroche stimavanoavercidiritto. 11

mo-ribondointanto spirava,

ma

ciòtenuesìocculto

Gn

chela falsitàfuconsumala.11credereste!aquest’opera d’inferno facevasi servir di suggelloancheilDiodella veritàe della giustizia.Tremate1Eranoleore22,evociferavasi

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PARTE

PRIMA £9 si

,dopofalloiltestaincuto,aggra\aloilmaledeirinfer*

mo. Suonava

la

campana

dellaparrocchia, eidivoti cor-revanoad accompagnareilVialico.

Un

ministro dell’al-tareaprivailsanto tabernacolo(e tuDiodigiustiziail permettestiI)Presalasacrapisside

,portavaiaacasa del trapassalo,egiuntoallastanza,ove giacevalafrede spoglia, fu vietatoaifedeliloingresso,ancheai cheri-ci,solitiadassistereaquell’augusla etremenda cerimo-nia.Mormorateleusateparole,ilsacerdote usciva,e la gentesospettosa

,profferendo preci collabbro,fissavagli occhi in faccia al ministroche portaval'impronla dei ri-morso.Eglidaquelgiorno

non

ebbepiùpace:ibeni passaronoaifalsieredi;

ma

Dioè giusto,edè eterno, e

non

sonvaniappoluiilamentideU’umanilàsventurataII

A

questa istoria raccapricciai,inorridii.

Oh

che fero-cissimabelvaèl’uomo1iodiceva,

quando un

fante an-nunziavaesserprontalacena;intantocominciai

a

dir qualchecosa dei casi miei,e manifestaiildesiderio di ri-condurmi aParigi.Ilmioospiteesortavami arestar qual-chealtrogiornoconse;

ma

persuasodelle ragioni,che inducevanolamiacontraria ostinazione, dièordine,che fossertenute pronte alladimane duevetture

,

una

per

me,

el’altraper

un uomo

,ch’eidestinavaad accompagnar-mi, Eranoleorecinquedellanotte,e l’incognito bene-fattorem’invitavaalriposo.Dimani,eglidiceva, noi

non

ci

vedremo

,poichélavostrapartenzasarà mattutina.

Troveretetuttoilbisognevole pel viaggio,edunalettera, che pregovidiconsegnarevoi stessoad

un mio

vecchio umico.Allora io,

commosso,

insistevaneldesiderio di conoscereil

nome

di tanto benefattore,enon sapeadire paroleopportune

a

significarglil’immensa

mia gratitudi-ne —

Niente, niente,soggiungevaegli.Sevoleteavermi a memoria,ricordatevidiquestemieparole.Temete

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60 IL

RACCONTO

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