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Come già detto, i distretti industriali rappresentano senza dubbio la spina dorsale del sistema produttivo italiano, e le loro caratteristiche peculiari, così come evi- denziato da Schilirò (2008), possono essere raggruppate in: 1) flessibilità delle pic- cole e medie imprese; 2) numerosità e alta densità territoriale per le PMI che fanno parte del distretto; 3) specializzazione produttiva nei settori tradizionali (tessile- abbigliamento, arredo-casa, meccanica leggera, agro-alimentare). Tutti questi set- tori sono più o meno direttamente legati al Made in Italy, cioè fanno parte di un sistema che realizza prodotti indissolubilmente legati ed evocativi dell’immagine dell’Italia nel mondo. Ma come può essere definito il Made in Italy? Anche se il tema verrà approfondito maggiormente nel prossimo capitolo possiamo anticipare una prima definizione proposta dal Dott. Fortis negli anni ’80, che ha individuato i principali prodotti che costituiscono il Made in Italy ne: “[…] i beni ad uso ripe- tuto della persona, i prodotti alimentari di tipo “mediterraneo”, i beni appartenenti al complesso arredo-casa, le attrezzature meccaniche o i beni strumentali legati al settore manifatturiero (es. calzature, cuoio, tessile ecc.). Secondo Fortis, gli ele- menti peculiari che legano queste attività tra loro sono “[…] il collegamento delle relative produzioni industriali con specializzazioni tradizionali di tipo artigianale, la capacità di lavorare certe materie prime e di arricchire contenuti qualitativi (dal design alla scelta dei materiali), nonché di prestazione e di servizio di tali produ- zioni” (Fortis, 2000). Inoltre sempre secondo tale autore, in Italia è stato possibile sviluppare una “moderna industria dell’indotto”, soprattutto grazie al fatto che i settori detti in precedenza sono diventati delle vere e proprie eccellenze, special- mente le realtà del settore manifatturiero.

Il distretto industriale rappresenta un ambiente composto da numerose imprese di piccola e media dimensione che organizzano, realizzano e sviluppano la loro pro- duzione in maniera efficiente, usufruendo del contesto territoriale in cui operano (Schilirò, 2008). In particolare, i distretti industriali manifatturieri sono quelli, che come accennato, sono quelli che più rappresentano il Made in Italy, e il vero traino dell’economia italiana.

Propensione all’export per divisioni del comparto manifatturiero Anni 2010 e 2013

Sappiamo bene che le esportazioni, così come evidenziato dal grafico in sovraim- pressione, hanno rappresentato per le nostre imprese – in particolare quelle del comparto manifatturiero – un’ancora di salvezza grazie alla quale è stato possibile proseguire l’attività; ma per capire, comunque, se esiste davvero una ripresa in atto, non solo nelle esportazioni ma nella crescita delle imprese distrettuali, occor- rerà attendere altri anni ancora, poiché esiste le perdurante minaccia dei paesi emergenti e in via di sviluppo, che stanno adeguandosi a velocità impressionanti per riuscire a competere ed imporsi con forza sul mercato. Lo svantaggio di costo, sopportato dalle imprese italiane, nei confronti delle imprese dei paesi emergenti e in via di sviluppo, dovuti per lo più a un basso costo della manodopera, ai bas- sissimi se non assenti costi di sostenibilità ambientale, possono essere colmati dalle nostre imprese, cosi come sostiene Rullani, continuando a puntare sempre più con

la creazione di prodotti innovativi, ricercati e qualitativamente eccellenti, aprendo nuove nicchie di mercato: l’idea di fondo deve essere quella di evitare una “bana- lizzazione del prodotto”, visto l’alta considerazione che il mercato e i consumatori sia nazionali che stranieri hanno nei confronti di ciò che viene prodotto in Italia. Oltre a questo sarà sicuramente determinante l’intreccio di idee e relazioni tra gli imprenditori, artigiani, lavoratori autonomi e dipendenti in modo da creare reti di collaborazioni per stimolare la creatività e l’innovazione. Da ultimo, ma non resi- duale, la necessità di introdurre una politica industriale del Made in Italy in grado di assecondare tali finalità”.

Secondo uno studio condotto da Censis nel 2012, nonostante i distretti italiani rie- scano ad essere competitivi sui mercati esteri, riescano ad avere elevate e specifi- che competenze e una marcata inclinazione all’innovazione di processo e di pro- dotto, molti processi interni non sono mai stati rivisti per un completo rinnova- mento. Esistono, infatti, taluni punti critici che richiedono un ampio processo di revisione e propensione all’investimento per essere davvero superati:

 Scarsa tendenza all’innovazione nel settore terziario

 Difficile rapporto banca-impresa e difficoltà nell’accesso al credito

 Competenze professionali da migliorare continuamente e non in modo in- crementale

 Mancanza di tecnologie ICT aggiornate

 Bassa efficienza organizzativa, soprattutto nelle imprese a conduzione fa- miliare

Viene perciò ad essere evidente la necessità di agire su alcune componenti fonda- mentali per favorire una ripresa delle PMI e dei distretti industriali di cui fanno parte:

 Formare competenze specializzate e proattive

 Riorganizzare politiche di finanziamento e di investimento

 Investire nei processi di innovazione e R&S sia di prodotto che di processo

 Focalizzare l’attenzione sull’alta qualità (costruttiva nelle aziende manifat- turiere) per elevare il livello del valore effettivo e percepito dei prodotti, da parte dei consumatori

Come si può notare perciò l’innovazione e la qualità rappresentano i fattori essen- ziali per costruire un processo di crescita e di ripresa, ma questo può avvenire in vari modi, tra i quali:

 Elevazione qualità dei prodotti  Maggiore efficienza nei processi  Celerità nei processi logistici

 Puntualità nel servizio ai canali distributivi  Nuove politiche di marketing

 Riorganizzazione della struttura aziendale  Accurata pianificazione strategica

 Metodologie di rendicontazione e budgeting nella programmazione

In ogni caso, di che se ne parli, negli ultimi anni, così come dimostrato anche da alcune ricerche in ambito, non sono mancati i tentativi di innovazione e riorganiz- zazione da parte di molte imprese.

Cambiamenti organizzativi delle aziende italiane per fronteggiare la crisi Anni 2010-2014

Per quanto concerne le innovazioni intraprese, la forma più diffusa risulta essere sicuramente quella del miglioramento e dell’ideazione di nuovi prodotti, macchi- nari e sistemi gestionali. In più, sempre in base alla ricerca Censis (2012), risulta

che “tra le imprese distrettuali, più che nelle altre, vi è una tendenza più profonda- mente radicata ad attivare forme di innovazione evoluta, al di là di semplici mi- glioramenti di prodotto o di processo […]”.

Inoltre dal grafico seguente, riprodotto sulla base dell’indagine sui distretti con- dotta da Censis (2012), possiamo apprezzare quali sono gli elementi su cui i di- stretti stanno puntando maggiormente per affrontare la crisi (internazionalizza- zione, incremento della qualità dei prodotti e design), così come quali sono i fattori principali che, ad opinione degli imprenditori, impediscono di poter effettuare in- vestimenti finalizzati alla crescita.

Elementi principali su cui i distretti stanno puntando per affrontare la crisi

Principali difficoltà che impediscono all’impresa distrettuale di crescere Figura 20 Fonte elaborazione su dati Censis 2012