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IL CAMMINO VERSO IL CONCETTO DI SVILUPPO UMANO

1.2 QUALE SVILUPPO ?

1.2.1 IL CAMMINO VERSO IL CONCETTO DI SVILUPPO UMANO

Con l’adozione dei MDGs, per la prima volta, la Comunità Internazionale ha spostato l’attenzione delle politiche per i developing countries dal sostegno alle economie nazionali tout court agli individui.

L’idea di sviluppo è stata primariamente concettualizzata come un processo lineare di trasformazione economica, modernizzazione sociale e progresso tecnologico; sebbene il benessere (welfare) sia l’obiettivo finale, è pacifico che la crescita economica sia una condizione sufficiente, nonché necessaria, per raggiungere questo obiettivo.53

Dal 1950 al 1970 le strategie di sviluppo enfatizzarono gli investimenti pubblici in quanto leve per la crescita economica ed il cambiamento sociale. Le politiche di sviluppo adottate nella fase di decolonizzazione, al fine di rendere indipendenti politicamente ed economicamente le ex colonie, si concentrarono sulla crescita del reddito nazionale, dipendente dal fattore capitale, e sull’investimento nelle public utilities da parte dei governi e dei donatori internazionali. Il mancato decollo della maggioranza delle economie dei paesi dell’allora “Terzo Mondo” fece optare, a partire dal 1980, per un approccio neoliberale allo sviluppo che enfatizzava la promozione del libero mercato. Infatti, lo sviluppo delle quattro tigri asiatiche (Corea del Sud, Taiwan, Honk Kong e Singapore), le cui economie si erano aperte al commercio internazionale, faceva riflettere sui bassi indici di crescita della maggior parte dei paesi in via di sviluppo caratterizzati da limitata produttività, stagnazione dell’agricoltura (settore produttivo primario), forti squilibri dei conti pubblici e delle bilance dei pagamenti. La crisi petrolifera degli anni Settanta e la successiva recessione economica mondiale degli anni Ottanta del Novecento, imposero ai paesi in via di sviluppo, il cui debito pubblico era divenuto insostenibile e le cui economie erano dipendenti dal sostegno di International Monetary Fund (IMF) e World Bank (WB), interventi di stabilizzazione macroeconomica basati sull’adozione di una strategia economica neoliberista di apertura al mercato internazionale, nota come “Washington Consensus”. I programmi di aggiustamento strutturale54,

53 S. Fukuda-Parr, Theory and Policy in International Development: Human Development and Capability Approach and the Millennium Development Goals, International Studies Review, 13, 2011, p. 124.

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I principi cardine dei programmi di aggiustamento strutturale erano: riduzione della spesa pubblica, eliminazione delle misure protezionistiche a tutela delle economie nazionali, liberalizzazione dei mercati interni, privatizzazione delle imprese statali, riforme tributarie, adozione di rigorose discipline fiscali, deregulation del mercato del lavoro, adozione di un adeguato regime dei diritti di proprietà, fissazione di livelli competitivi dei tassi di cambio.

41 promossi dalle due principali istituzioni finanziarie preposte alla governance dell’economia mondiale e principali finanziatrici degli interventi di aiuto dei paesi in via di sviluppo, ebbero risultati contrastanti e per lo più negativi. Di fatto essi acuirono il problema della povertà, considerato che la riduzione della spesa pubblica – demonizzata quale fonte di spreco e corruzione e non correttamente riorientata, come auspicato, verso il finanziamento di sanità, istruzione e infrastrutture – aveva di fatto ridotto l’assistenza sociale rivolta in particolare alle fasce più svantaggiate della popolazione. Gli effetti negativi dei programmi di aggiustamento indussero una riflessione importante all’interno delle organizzazioni internazionali, a partire da IMF e WB, e dell’accademia su concezione dello sviluppo e correlazione con la crescita economica. Già negli anni Settanta, l’adozione del basic needs approach, promosso dall’ILO (1976)55, implicava un’idea di sviluppo che andasse oltre la crescita del prodotto nazionale e fosse orientata alla promozione dell’occupazione e alla soddisfazione dei bisogni fondamentali della popolazione, il cui contributo ai processi di decision-making concernenti il varo di strategie nazionali ad hoc era di fondamentale importanza.56

Nel 1986 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella “Declaration on the Right to Development”, definiva lo “sviluppo”: “a comprehensive economic, social, cultural and political process, which aims at the constant improvement of the well-being of the entire population and of all individuals on the basis of their active, free and meaningful participation in development and in the fair distribution of benefits resulting therefrom”.57Tale visione si poneva in netto contrasto con la più tradizionale concezione di sviluppo, inteso come cambiamento/miglioramento economico tout court. La Dichiarazione sul Diritto allo Sviluppo anticipa il concetto di sviluppo umano promosso a partire dagli anni Novanta da Sen e dallo United Nations Development Programme (UNDP) e costruito sulla “theory of capabilities”.58 Il nuovo concetto di sviluppo include: un processo di crescita human centered; un approccio olistico che comprende le dimensioni economiche, sociali, culturali, civili e politiche in cui si dispiega l’agire dell’uomo; un sistema che prevede la partecipazione attiva dell’uomo che è allo stesso tempo participant e beneficiary; un meccanismo che innesca processi di pari opportunità e giustizia sociale. Lo human development approach individua quale obiettivo prioritario delle politiche pubbliche il miglioramento delle vite

55 International Labour Office, Follow-up of the World Employment Conference: Basic Needs, Report VII, International Labour Conference 65th

Session 1979.

56 E. Imbert, Aiuti pubblici allo sviluppo, in R. Pasca di Magliano, Percorsi dello sviluppo, Edizioni Nuova Cultura, 2013, pp. 355-388. J. Williamson, A Short History of the Washington Consensus, in N. Serra, J. E. Stiglitz, The Washington Consensus Reconsidered. Toward a New Global Governance, Oxford University Press, 2008, pp. 14-30. J. E. Stiglitz, Is there a Post-Washington Consensus Consensus?, in N. Serra, J. E. Stiglitz, op. cit., 2008, pp. 46-56. M. Biggeri, F. Volpi, Teoria e politica dell’aiuto allo sviluppo, FrancoAngeli, 2006, pp. 59-74. ODI, Basic Needs, Briefing

Paper no. 5, 1978.

57 United Nations, General Assembly, Declaration on the Right to Development, A/RES/41/128, 4 December 1986,

http://www.un.org/documents/ga/res/41/a41r128.htm.

58 A. Sen, Development as Freedom, Knopf, New York, 1999. UNDP, Human Development Reports 1990-2015, webpage,

http://hdr.undp.org/en/global-reports. I. Robeyns, The Capability Approach, The Stanford Encyclopedia of Philosophy, Winter 2016 Edition, Edward N. Zalta (Ed.), https://plato.stanford.edu/archives/win2016/entries/capability-approach.

42 umane e la misura del suo successo è data dall’empowerment delle persone, nuovi aspetti essenziali delle strategie di sviluppo.59 Con le parole di Pasca di Magliano (2013): “Perché si abbia sviluppo umano è indispensabile un’azione collettiva che abiliti le persone a beneficiare del progresso economico attraverso un aumento delle capacità individuali. Tale intervento deve mirare a fornire servizi sociali e renderli accessibili all’intera popolazione. Accesso al cibo e all’istruzione, all’assistenza sanitaria e sociale, ma anche a servizi pubblici come l’informazione e i trasporti, insieme con un’equa ridistribuzione dei redditi, rappresentano il nucleo dello sviluppo umano e della lotta contro la povertà”.60

1.2.2 LOTTA ALLA POVERTÀ E HUMAN WELLBEING OBIETTIVI DELLA COOPERAZIONE ALLO