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1.2 QUALE SVILUPPO ?

1.2.5 LA NUOVA FRONTIERA: I SDGs

La fine del ciclo di implementazione dei MDGs ha generato un’ampia riflessione sui punti di forza e di debolezza di questi obiettivi che, a prescindere dai risultati conseguiti, hanno rivoluzionato il concetto di sviluppo. Il dibattito, come già illustrato nel Paragrafo 1.1.3, ha coinvolto il complesso panorama di attori che oggi sono attivi nella cooperazione e cercato di concentrarsi sulle questioni politiche ed economiche cruciali nell’attuale scenario internazionale: i) cambiamento climatico e minacce ambientali; ii) incremento demografico e sicurezza alimentare, iii) crescita economica ed inclusione sociale; iv) governance dello sviluppo sostenibile (Sachs 2012).94

Se la rivoluzione degli anni Novanta si è fondata sul riconoscimento della realtà multidimensionale della povertà e sull’adozione di human development approach e capability approach quali nuovi paradigmi dello sviluppo dei paesi più poveri, l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile si basa su promozione dei diritti umani e uguaglianza di opportunità per tutti i cittadini del mondo, nonché tutela dei beni comuni (es. servizi di base, educazione, assistenza sanitaria e protezione sociale, sicurezza, servizi pubblici, infrastrutture, clima, biodiversità, risorse naturali, tecnologia, conoscenza scientifica, informazione, patrimonio culturale, istituzioni rappresentative e partecipative, etc.). Questi tre elementi si legano indissolubilmente alle cinque parole chiave su cui, come già indicato nel Paragrafo 1.1.3, la strategia post MDGs è incardinata – People, Planet, Prosperity, Peace, Partnership – e rinnovano l’impegno per la promozione di libertà, uguaglianza, solidarietà, tolleranza, rispetto della natura, responsabilità condivisa – già sanciti nel 2000 nella Dichiarazione del Millennio – cui si aggiunge con forza la promozione della dignità umana.

I Sustainable Development Goals (SDGs) rilanciano altresì la multi-stakeholder partnership per lo sviluppo globale, coinvolgendo operativamente tutti gli attori che animano lo scenario della cooperazione e non solo. Infatti, il valore universale dei nuovi obiettivi, che intendono lavorare per ridurre le ineguaglianze che permeano anche i paesi più avanzanti, di fatto coinvolgerà nella sfida per lo sviluppo sostenibile, e non più solo per una cooperazione allo sviluppo sostenibile, un numero di soggetti ancor più ampio.

55 Nonostante il declino della povertà nella maggior parte dei paesi registrata negli ultimi venti anni, i livelli di disuguaglianza hanno subito cambiamenti modesti e larghe differenze permangono tra e all’interno di regioni e stati.95

Un recente rapporto di Oxfam (Hardoon 2017) sottolinea quanto il fenomeno della disuguaglianza sembri inarrestabile in ogni parte del mondo: “Dal 2015 l’1% più ricco dell’umanità possiede più ricchezza netta del resto del pianeta. Oggi otto persone possiedono tanto quanto la metà più povera dell’umanità. […] Tra il 1988 e il 2011 i redditi del 10% più povero dell’umanità sono aumentati di meno di 3 dollari all’anno mentre quelli dell’1% più ricco sono aumentati 182 volte tanto. […] Negli Stati Uniti, secondo le nuove ricerche condotte dall’economista Thomas Piketty, negli ultimi 30 anni i redditi del 50% più povero sono cresciuti dello 0%, mentre quelli dell’1% più ricco sono aumentati del 300%. In Vietnam la persona più ricca del Paese guadagna in un solo giorno più di quanto la persona più povera guadagna in 10 anni”.96

Chiaramente la disuguaglianza non investe il solo aspetto economico. Stiglitz (2014) evidenzia che per lo più la disuguaglianza osservata nel mondo è associata all’appropriazione di rendite di posizione, come l’esercizio di un potere monopolistico, che compromettono l’efficienza economica. L’autorevole economista, riassumendo l’evoluzione che ha caratterizzato i concetti di uguaglianza e sviluppo umano, nota come la caratteristica più preoccupante dell’ineguaglianza sia la mancanza di pari opportunità, causa e conseguenza delle disparità di outcomes (es. reddito, nutrizione, educazione, salute, etc.), che provoca inefficienza economica e minore sviluppo perché la maggior parte delle persone non vive al livello delle proprie potenzialità. Così come la povertà, la disuguaglianza è multidimensionale e dipende dagli assetti economici tanto quanto dalle scelte politiche e dagli investimenti sociali. Paesi con alti tassi di disuguaglianza investono meno in quei beni pubblici (infrastrutture, tecnologia, educazione, etc.) che contribuiscono alla prosperità ed alla crescita di lungo periodo. Ridurre la disuguaglianza “has clear economic as well as social benefits. It strengthens people’s sense that society is fair; improves social cohesion and mobility, making it more likely that more citizens live up to their potential; and broadens support for growth initiatives. Policies that aim for growth but ignore inequality may ultimately be self-defeating, whereas policies that decrease inequality by, for example, boosting employment and education have beneficial effects on the human capital that modern economies increasingly need”.97

95 World Bank, Poverty and Shared Prosperity 2016: Taking on Inequality, Washington, DC: World Bank, 2016. IMF Staff Discussion Note, From Ambition to Execution: Policies in Support of Sustainable Development Goals, September 2015, SDN/15/18. C. Melamed, E. Samman, Equity, Inequality and Human Development in a Post-2015 Framework, Research Paper, Human Development Report Office, UNDP, February 2013. 96 D. Hardoon , Un’Economia per il 99%, Oxfam Briefing Paper, Oxfam International, Gennaio 2017, p. 2.

56 Pertanto, partendo dal presupposto che la disuguaglianza estrema ostacola la crescita economica e mina la parità politica e la stabilità sociale, in un circolo vizioso in cui la disuguaglianza genera altra disuguaglianza, l’obiettivo è promuovere e garantire la disponibilità di beni e servizi pubblici e tutelare al contempo l’esercizio dei diritti umani che consentono di accedervi.

Questo è l’impegno che è stato preso con l’adozione dei SDGs.

Se, come già illustrato nel Paragrafo 1.2.3, i MDGs sono stati deficitari sul versante della lotta alle disparità, i SDGs fanno proprio questo concetto98 ed il motto che li accompagna – “Leaving no one behind” – sintetizza l’importanza per ogni individuo (del Sud e del Nord del mondo) di disporre di pari opportunità: “The leave no one behind concept is, therefore, about whether a person’s characteristics (inherent or perceived) exclude them from the opportunities enjoyed by others. These characteristics may fuel each other. A woman with disabilities who lives in a rural area, for example, may well suffer from intersecting forms of inequality” (Stuart et al. 2016).99

L’Agenda 2030 non solo individua un obiettivo specifico per contrastare l’ineguaglianza – SDG10 “Reduce inequality within and among countries” – ma incentra su questo principio tutti i SDGs. Gli SDGs, ed i target in cui sono declinati, propongono una visione olistica dello sviluppo sostenibile focalizzata su: i) eradicazione della povertà; ii) resilienza economica, sociale ed ambientale, iii) sicurezza alimentare; iv) salute; v) crescita economica, occupazione e lavoro dignitoso, vi) educazione; vii) uguaglianza di genere; viii) lotta al cambiamento climatico, tutela dell’ambiente e utilizzo sostenibile delle sue risorse; ix) innovazione e ricerca; x) giustizia e stato di diritto; xi) trasparenza e informazione; xii) libertà e diritti fondamentali; xiii) good governance; xiv) pace. Due target esemplificano la portata del cambiamento che l’Agenda per lo Sviluppo vuole produrre: i) entro il 2030 sradicare la povertà estrema per tutte le persone in tutto il mondo, attualmente misurata sulla base di coloro che vivono con meno di 1,90 dollari al giorno (SDG1-Target 1.1); ii) entro il 2030 raggiungere progressivamente e sostenere la crescita del reddito del 40% della popolazione nello strato sociale più basso ad un tasso superiore rispetto alla media nazionale (SDG10-Target 1.10).

Gli SDGs, memori delle criticità che hanno caratterizzato i MDGs, propongono un framework generale di sviluppo che integra una pluralità di dimensioni tra loro trasversali e la cui

98 K. Watkins, Leaving no one behind: an agenda for equity, The Lancet, Vol. 384, 2014, pp. 2248–2255.

99 E. Stuart et al., Leaving no one behind. A critical path for the 1,000 days of the Sustainable Development Goals, London, Overseas Development

57 bontà – in termini politici, sociali ed economici – sarà possibile valutare solo negli anni futuri. L’Agenda 2030, a differenza della Dichiarazione del Millennio, racchiude in sé obiettivi, target e una strategia generale di crescita inclusiva. Essa consegna ai singoli governi il compito di traslare le priorità universali a tutela di eguaglianza, diritti fondamentali e beni comuni in piani nazionali ad hoc, riconoscendo loro il primato nella definizione delle politiche e dei modelli di cui si doteranno, sebbene in coerenza e coordinamento con quanto concordato a livello internazionale. La sfida sarà quella di mettere in campo politiche che implementino quelle che Sen (1999) ha definito libertà strumentali – libertà politiche, infrastrutture economiche, occasioni sociali, garanzie di trasparenza, sicurezza protettiva – in modo tale che società più eque ed inclusive diventino una realtà.100

Dal successo di questi piani nazionali dipenderà il successo dei SDGs: “Only Governments can establish inclusive and secure legal, administrative and regulatory environments at the national and local levels; they possess the mandate and resources to provide services and infrastructure on the scale needed. Action by Governments is also crucial in curtailing the excessive concentration of power and influence that ultimately results in exclusion”.101

L’apporto che i governi riceveranno da società civile, settore privato, sistema delle Nazioni Unite e altri attori (migranti inclusi, ad essi l’Agenda si riferisce più volte quali agenti di sviluppo), nonché la mobilizzazione di risorse pubbliche e private saranno gli elementi chiave che potranno facilitare il conseguimento dei nuovi obiettivi. Il sostegno che i paesi meno sviluppati riceveranno dai paesi più avanzati sarà decisivo.

A tal proposito si nota come la configurazione del nuovo partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile e dei suoi strumenti operativi sia pensata in maniera profondamente diversa rispetto a quella dei MDGs, in sintesi il nuovo partenariato rispecchia e propone la valorizzazione delle risorse finanziarie e delle expertise del variegato mondo della cooperazione allo sviluppo (si veda il Paragrafo 1.2.4).

Il SDG17 “Strengthen the means of implementation and revitalize the Global Partnership for Sustainable Development” promuove la cooperazione in 4 settori strategici.

1. Finanza. In questo ambito si riconosce la complessità degli strumenti a disposizione: risorse interne, APS, strumenti concessionali, sostenibilità del debito, investimenti esteri, ulteriori risorse economiche (es. rimesse dei migranti). In relazione all’APS si precisa che i paesi industrializzati, e non solo dei donatori classici OECD-DAC, si impegnano a rispettare gli impegni internazionali di contribuzione stabiliti a Monterrey (2002),

100 A. Sen, op. cit., 1999.

101 UNDESA, Leaving no one behind. The Imperative of Inclusive Development. Report on the World Social Situation 2016, ST/ESA/362 United

58 2. Tecnologia. Scienza, tecnologia e innovazione sono elementi imprescindibili per una crescita sostenibile, nonché possibile per tutti i paesi, compresi quelli con minori risorse e più vulnerabili.

3. Capacità di sviluppo. Azioni di assistenza tecnica e capacity for development verso i paesi meno sviluppati sono fondamentali per garantire la realizzazione dei piani nazionali di attuazione dei SDGs di questi paesi.

4. Commercio. Il SDGs rilancia apertura e regolamentazione dei mercati sotto l’egida della World Trade Organisation (WTO), al fine di consentire anche la crescita dei mercati emergenti e dei paesi meno sviluppati.

La cooperazione nei sopraelencati settori riconosce il ruolo essenziale della cooperazione Nord-Sud, Sud-Sud e triangolare, ai livelli regionale ed internazionale, nonché la valenza strategica di partenariati pubblici, pubblico-privato e nella società civile che capitalizzino esperienze di successo e la capacità di mobilizzare risorse.

La partnership nuova per lo sviluppo globale riconosce altresì nell’implementazione dell’Agenda 2030 l’importanza della coerenza politica ed istituzionale e di programmi di cooperazione pluriennale, nonché la necessità di rafforzare i sistemi statistici nazionali e l’utilizzo delle ICTs per la raccolta e l’elaborazione di dati significativi e disaggregati per monitorare i progressi dello sviluppo sostenibile.

Target ed indicatori di successo relative ai 4 settori in cui si dovrà dispiegare la partnership globale per lo sviluppo sono trasversalmente integrati in ogni SDG. Pertanto, la sfida del nuovo partenariato si giocherà sul campo.102

La Addis Ababa Action Agenda on Financing for Development (settembre 2015) e lo United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) sono parte integrante degli strumenti di attuazione e promozione del partenariato globale per lo sviluppo (si veda il Paragrafo 1.1.3). Circa la finanza per lo sviluppo, ad Addis Abeba è stato proposto di iniziare a misurare il Total Official Support for Sustainable Development (TOSSD), ovvero “all officially-supported resource flows to promote sustainable development in developing countries and to support development enablers or address global challenges at regional or global levels”. Questa nuova

102 R. Kambur, E. Patel, J. Stiglitz, Sustainable Development Goals and Measurement of Economic and Social Progress, Paper prepared for

forthcoming report of the OECD High Level Expert Group on the Measurement of Economic and Social Progress, Version 24 March, 2016, http://policydialogue.org/files/events/Ravi_Kanbur.pdf.

United Nations, Transforming our world. The 2030 Agenda for Sustainable Development, A/RES/70/1, 2015, https://sustainabledevelopment.un.org/content/documents/21252030%20Agenda%20for%20Sustainable%20Development%20web.pdf. K. Watkins,

op. cit., 2014. J. Vandemoortele, Post-2015 agenda: mission impossible?, Development Studies Research, 1(1), 2014, pp. 223-232. J. Sachs, op. cit.,

59 stima, che non sostituisce né l’APS né gli impegni che i paesi donatori hanno preso in relazione all’APS, consentirà di incrementare la trasparenza e l’accountability degli strumenti pubblici e privati per lo sviluppo ufficialmente attivate dal complesso scenario degli attori che operano nella cooperazione.103

In relazione alla strategia di contrasto ai cambiamenti climatici, il recentissimo ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi104, entrato in vigore nel dicembre 2016, pone al centro del dibattito politico le difficoltà insite nel rilancio della partnership globale per lo sviluppo, già messa alla prova dalla situazione di instabilità internazionale legata alla minaccia terroristica del sedicente Stato Islamico, dal conflitto in Siria che si protrae dal 2011 e dall’emergenza migranti e rifugiati in Medio-Oriente, Nord Africa, Cormo d’Africa e Europa105.

L’Agenda 2030 propone un’idea di sviluppo visionaria, che va oltre il mandato di terminare il lavoro iniziato con gli MDGs. La sua essenza trasformativa (transformative) implica che si applichi un efficace approccio integrato alle strategie di sviluppo.

Lo UNDP (2016), interpretando la filosofia che sottende i SDGs, segnala che se con i MDGs la domanda era “quali sono gli obiettivi che sono in ritardo, quali sono le lacune e come possiamo colmarle?, con gli SDG, la domanda diventa “quali sono le azioni che ci porteranno avanti più rapidamente attraverso una vasta gamma di obiettivi interconnessi?”. Infatti, eliminare la povertà (SDG1 “End poverty in all its forms everywhere”) è ben diverso dal ridurre la povertà (MDG1 “Eradicate extreme poverty and hunger”).106

I SDGs declinano la strategia per l’eliminazione della povertà, lo sviluppo e la lotta alle ineguaglianze in un complesso sistema di obiettivi, target ed indicatori. Molti obiettivi sono a loro volta una strategia e, in molti casi, target ed indicatori sono dichiarazioni di intenti, non formulati in termini quali-quantitativi e temporali. Vandemoortele (2016) mette in dubbio la praticabilità di un’Agenda che risulta essere molto ampia e talora confusa, priva di indicazioni puntuali per la sua messa in opera; egli segnala che solo 30 target su 169 sono concreti e misurabili. Vandemoortele obietta anche che l’Agenda 2030 per i suoi contenuti non può definirsi universale, perché la maggioranza dei SDGs è pensata più per i paesi in via di sviluppo o i paesi più poveri che per i paesi avanzati, pertanto essa promuove una strategia globale per lo sviluppo che prosegue il lavoro

103 OECD-DAC, TOSSD: A new statistical measure for the SDG Era, https://www.oecd.org/dac/financing-sustainable-development/development-

finance-standards/TOSSD%20Flyer%20crops.pdf. United Nations, General Assembly, Resolution adopted by the General Assembly on 27 July 2015:

Addis Ababa Action Agenda of the Third International Conference on Financing for Development (Addis Ababa Action Agenda) (A/RES/69/313), 17

August 2015, par. 55, http://www.un.org/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/RES/69/313. OECD-DAC, What is total official support for sustainable

development (TOSSD)?, webpage, http://www.oecd.org/dac/financing-sustainable-development/tossd.htm.

104 UNFCCC, UNFCCC Statement on the US Decision to Withdraw from the Paris Agreement Statement / 01. JUN, 2017,

http://newsroom.unfccc.int/unfccc-newsroom/unfccc-statement-on-the-us-decision-to-withdraw-from-paris-agreement.

105 IOM, Global Migration Trends Factsheet, http://gmdac.iom.int/global-migration-trends-factsheet.

106 UNDP, UNDP support to the implementation of the 2030 Agenda for Sustainable Development, UNDP Policy and Programme Brief, January

60 dei MDGs, ma senza quelle caratteristiche di sinteticità e concretezza che hanno permesso ai MDGs di conseguire importanti risultati nella lotta alla povertà. Si ritiene che i commenti di uno degli architetti dei MDGs circa eccessiva estensione di contenuti, numerosità, vaghezza e confusione dei SDGs e dei suoi target siano più che pertinenti. Tuttavia, come sempre osservato da Vandemoortele gli SDGs offrono un inquadramento generale migliore rispetto ai MDGs, ma la traduzione in realtà del loro potenziale per tutti i paesi richiederà un lavoro decisamente più considerevole: “Among the several steps that must be taken, the most important one is for each and every country to select from of the global agenda those aspects that are most relevant to the local context and, if necessary, adapt them”.107 Il compito che l’Agenda 2030 affida ai governi di “ogni” paese è complicato e gravoso; esso richiederà tutto il sostegno che la new global partnership for development potrà fornire, attivando scambi proficui tra tutti gli attori che vorranno effettivamente adoperarsi per avviare strategie nazionali di contrasto a povertà e disuguaglianza. La messa in pratica dei SDGs richiede obiettivi nazionali precisi, declinati in target ed indicatori SMART (Specific, Measurable, Achievable, Relevant, Time-bound).

A due anni circa dal lancio dei SDGs è ora di agire ed accelerare il percorso per il loro conseguimento, il tempo è prezioso e più tempo passa più gli sforzi per l’implementazione dell’Agenda 2030 dovranno essere intensificati: i primi mille giorni per la messa a punto di piani nazionali, meccanismi di rilevazione/monitoraggio di dati, e di partenariati funzionali alla lotta alle ineguaglianze saranno cruciali.108 La stessa WB invita a moltiplicare le energie per sostenere la crescita economia e ridurre in particolare le disuguaglianze all’interno dei paesi, specialmente in quelli dove i poveri sono la maggioranza.109

107 J. Vandemoortele, SDGs: the tyranny of an acronym?, Impakter, September 13, 2016, http://impakter.com/sdgs-tyranny-acronym/. 108 E. Stuart et al., op. cit., 2016.

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