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UN’ISTANTANEA DEI PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA DELLA COOPERAZIONE

3.2 PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA DEGLI INTERVENTI FINANZIATI DALLA

3.2.2 UN’ISTANTANEA DEI PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA DELLA COOPERAZIONE

La dettagliata disamina di elementi di successo e criticità di programmi e progetti di cooperazione allo sviluppo consente di sintetizzare come segue i punti di forza e di debolezza della Cooperazione Italiana.

I punti di forza possono essere così riassunti.

La Cooperazione Italiana promuove progettualità che hanno una rilevanza significativa rispetto alle problematiche e alle necessità dei paesi partner e dei beneficiari ultimi. Le iniziative sono allineate con le strategie ed i piani di sviluppo nazionali e coerenti con le politiche internazionali.

La collaborazione con le istituzioni nazionali ed i partner locali è fattiva e basata su rapporti stabili, consolidati e di reciproca fiducia, alimentati da un dialogo costante e costruttivo. Degno di nota è il lavoro di creazione di reti e relazioni di partenariato da parte delle ONG italiane, che costituisce un elemento di successo dell’efficacia delle iniziative da loro promosse.

La Cooperazione Italiana è in grado di promuovere interventi innovativi, mettendo a valore le proprie expertise e coinvolgendo personale qualificato e motivato. Tra i settori di eccellenza in cui si dispiega l’efficacia dell’azione italiana vi sono: l’institutional capacity building, l’assistenza tecnica in svariati settori, l’educazione e la formazione, il sostegno ai gruppi vulnerabili, la sanità, il decentramento locale.

L’azione di cooperazione allo sviluppo pone una particolare attenzione al coinvolgimento attivo di partner e beneficiari nella realizzazione delle iniziative che li riguardano, rendendoli protagonisti del cambiamento.

I principali punti di debolezza riguardano aspetti tecnici, procedurali e di coordinamento che incidono sull’efficacia finale degli interventi.

Le progettualità presentano delle strategie di intervento deboli in relazione alla definizione quali- quantitativa del cambiamento che intendono produrre. Le logiche degli interventi non si basano su accurati studi di contesto e di fattibilità; esse non ricostruiscono con precisione lo scenario in cui andranno ad intervenire e non si preoccupano di definire attraverso baseline quali-quantitative attendibili i problemi specifici per i quali si è deciso di promuovere l’iniziativa (ad esempio: basso reddito, mortalità infantile, scarso accesso all’acqua, scarsa alfabetizzazione, etc.). I quadri logici mancano spesso della necessaria consequenzialità logica (nesso di causa-effetto) tra obiettivo generale, obiettivi specifici, risultati attesi e non individuano in maniera pertinente indicatori di

160 risultato misurabili e verificabili. Per lo più forniscono indicatori di attività, non funzionali al fine di stimare il cambiamento generato dall’intervento. Le strategie non dedicano la necessaria attenzione all’analisi delle condizioni esterne che potrebbero incidere sul positivo esito dell’intervento, pertanto esse non sono corredate da piani di gestione dei rischi in cui sono delineate le possibili contromisure da adottare in caso di criticità.

Per i programmi che prevedono un’assistenza tecnica fornita dalla Cooperazione Italiana, si aggiunge che tale attività non viene declinata in obiettivi, risultati attesi ed indicatori di successo e non viene ricompresa nella più ampia strategia dell’intervento. Si aggiunge che l’assistenza tecnica erogata da esperti e funzionari della Cooperazione Italiana non dispone delle sufficienti risorse umane e delle sufficienti risorse finanziarie, inoltre sconta spesso le conseguenze negative di un alto turn over del personale. L’assistenza tecnica della Cooperazione Italiana incontra l’apprezzamento dei partner, ma gli elementi ora descritti ne indeboliscono fortemente l’efficacia.

Gli interventi non sono monitorati e valutati accuratamente. Le progettualità non predispongono sistemi interni all’uopo e la DGCS non ha attivato in questi anni modalità efficaci di controllo dell’andamento e dei risultati delle iniziative. Essi si concentrano per lo più su una reportistica narrativa nella quale si indica lo stato di avanzamento delle attività, trascurando tutti gli altri aspetti chiave che costituiscono il valore sostanziale di un intervento di sviluppo. Si precisa che progettazioni di massima, o che presentano le lacune tecniche già illustrate, lasciano ampi margini alla discrezionalità in fase esecutiva, rendono difficile l’azione di monitoraggio e valutazione, e soprattutto non consentono di stimare efficacia ed impatto degli interventi. Strategie di progetto opportunamente strutturate e definite sono lo strumento fondamentale per garantire una gestione ed una verifica puntuale delle iniziative, sia da parte dei soggetti implementatori sia da parte del donatore. Sapere cosa si è fatto, come lo si è fatto e quali risultati si sono prodotti, sono informazioni necessarie per capire: i) se si sta rispondendo efficacemente ai bisogni dei beneficiari; ii) se si stanno realizzando le giuste azioni nell’ambito di strategie di sviluppo più complesse; iii) come migliorarsi.

A blandi monitoraggi dei progetti corrispondono, talora, sistemi di reportistica e rendicontazione finanziaria non adeguati, poco precisi e in alcuni casi non predisposti né nelle tempistiche richieste né sulla corretta modulistica. Anche i sistemi di audit in alcune occasioni non si rivelano qualitativamente soddisfacenti.

In media le iniziative valutate hanno registrato considerevoli ritardi nell’implementazione delle attività. Molteplici sono gli elementi che potrebbero ovviare a questa criticità “cronica”. In primo luogo, una opportuna stima dei tempi necessari per la realizzazione delle iniziative; in secondo luogo, la predisposizione dei già citati piani di gestione dei rischi; in terzo luogo, la previsione di

161 monitoraggi sistematici – nonché di valutazioni in itinere per i programmi più complessi e di lungo periodo – che sappiano individuare le cause dei ritardi ed agire in contromisura.

In generale le procedure amministrative e finanziarie della Cooperazione Italiana sono considerate poco snelle e burocratiche. Esse non facilitano l’azione sul campo, in particolare se sommate ai farraginosi procedimenti amministrativi dei paesi d’intervento. Le procedure amministrative della Cooperazione Italiana si sono dimostrate particolarmente lente in fase di approvazione e avvio delle progettualità. L’avvio di iniziative dopo anni dalla presentazione delle stesse – nonché il mancato aggiornamento delle analisi di contesto, dei quadri logici e dei piani finanziari – ha costituito un fattore a forte discapito del loro management e del loro buon esito. Per quanto attiene i progetti promossi ONG, l’introduzione della procedura a bando a partire dal 2013 (infra), ha consentito un’approvazione nettamente più veloce dei progetti, così come un loro avvio più tempestivo.

Un aspetto cui le progettualità hanno dedicato poco peso è la sostenibilità delle iniziative. Sostenibilità significa garantire che un intervento continui a produrre i suoi benefici anche dopo la sua conclusione, attivando a tal fine gli opportuni meccanismi istituzionali, economici, socio- culturali e di tutela ambientale durante la sua implementazione. Scarsa ownership istituzionale, mancanza di accordi definiti di presa in carico di beni e servizi da parte delle autorità nazionali e locali, assenza di business plan di accompagnamento delle attività generatrici di reddito avviate: queste sono le principali criticità afferenti la limitata sostenibilità degli interventi valutati. Così come i progetti mancano di un piano dei rischi, mancano anche di una strategia di sostenibilità sin dalla loro proposizione.

Un altro aspetto ritenuto debole è la promozione del partenariato pubblico-privato nelle iniziative per le quali sarebbe possibile coinvolgere anche stakeholder privati, nella prospettiva di rendere più solidi i risultati raggiunti e favorire le azioni di sostenibilità ed exit strategy. Come si è visto, il coinvolgimento degli attori profit è da ritenersi non privo di contraddizioni anche nel settore dei crediti d’aiuto.

Le valutazioni hanno messo in luce una limitata attenzione degli interventi alla questione di genere e alla promozione dei diritti umani, fatta eccezione per i progetti espressamente dedicati alla tutela dei gruppi vulnerabili. Un approccio trasversale a questi due temi risulta pertanto essere un punto di debolezza della Cooperazione Italiana.

Le progettualità valutate hanno fatto emergere l’assenza di coordinamento tra i differenti interventi finanziati dalla Cooperazione Italiana in un paese/area geografica, limitando così lo sviluppo di azioni sinergiche e complementari.

Si è riscontrata una limitata capitalizzazione e diffusione delle lezioni apprese e delle buone pratiche generate dalle iniziative. Le valutazioni hanno registrato che le UTL avrebbero potuto

162 svolgere in proposito un ruolo più significativo e pro-attivo. Le iniziative finanziate dalla Cooperazione Italiana non hanno solitamente un piano di visibilità e ciò rappresenta un punto a sfavore della conoscenza del contributo italiano allo sviluppo. Altri due elementi passibili di miglioramento, che si associano alla visibilità, sono la mutual accountability tra i partner, e l’accountability nei riguardi dei beneficiari delle iniziative di sviluppo e dei cittadini che hanno contribuito a sostenere tali iniziative con fondi pubblici. In sintesi, si può affermare che la Cooperazione Italiana non cura nella debita misura gli aspetti di valorizzazione dei risultati conseguiti, visibilità e rendicontazione degli stessi.

A conclusione di questo bilancio sui punti di forza e di debolezza degli interventi oggetto di valutazione, si ricorda che a partire dal 2010 la Cooperazione Italiana si è dotata per l’assessment delle iniziative bilaterali e multi-bilaterali anche di un marker di efficacia (Capitolo 2, Paragrafo 2.2.1). Dopo una prima versione più sintetica del marker, tesa a verificare alcuni aspetti più formali dei progetti attinenti alcuni aspetti dei criteri internazionali di efficacia, nel 2013 è stato approvato un nuovo marker che valuta le proposte progettuali a tutto tondo sugli aspetti di: ownership, alignment, harmonisation, managing for development results, mutual accountability, inclusive partnership, poverty reduction, gender equality, environment sustainability, untying. La valutazione di questi elementi, sulla base delle domande contenute nel marker, è stata anche estesa alla valutazione ex ante dei progetti promossi ONG.47

Il marker di efficacia non è stato utilizzato per la valutazione ex ante della maggioranza dei progetti valutati, che sono stati approvati prima dell’adozione del marker. Tuttavia, visti gli aspetti in esso considerati, molti dei quali rientrano tra i punti deboli delle iniziative finanziate della Cooperazione Italiana si ritiene interessante riportare il giudizio espresso da coloro che utilizzano il marker. L’utilità dello strumento è controversa, per alcuni il marker aiuta ad esaminare attentamente le proposte e a formulare interessanti raccomandazioni; altri non lo ritengono valido al fine preposto e lo giudicano un adempimento burocratico. Si ritiene che nell’utilizzo del marker la differenza sia fatta dalla sua stessa compilazione. In altre parole, rispondere “sì” o “no” alla checklist proposta non è di per sé funzionale, se non ad una revisione sommaria di alcuni requisiti; diversamente un’attenta ponderazione dei quesiti seguita dall’elaborazione di commenti specifici – come richiesto – fa del marker uno strumento, per alcuni migliorabile, ma di buon livello per l’assessment delle progettualità. A parere di chi scrive un’ulteriore differenza, di importanza cruciale, è data dalla

47 Il primo marker di efficacia è stato adottato in seguito al 1° Piano programmatico nazionale per l’efficacia degli aiuti, mentre il secondo marker è

contenuto nel 3° Terzo Piano programmatico nazionale per l’efficacia degli aiuti. Ministero degli Affari Esteri – Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo Ufficio VIII, Nota informativa per il Comitato Direzionale. Documenti Programmatici per l’Efficacia dell’Aiuto allo Sviluppo “Piano

Efficacia 3”, dicembre 2012. MAECI, Cooperazione Italiana allo Sviluppo, Efficacia degli aiuti, webpage, http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/index.php?option=com_content&view=article&id=818&Itemid=489.

163 misura in cui le raccomandazioni espresse nel marker sono poi integrate nei disegni progettuali. Su questo ultimo punto, tuttavia, non sono state fornite indicazioni univoche.

I commenti dell’OECD-DAC sul marker di efficacia confermano questa analisi: “While the aid effectiveness marker has the potential to increase awareness of the aid effectiveness principles, it could further complicate the approval process for Italy’s interventions and may require a clear division of responsibilities among the staff involved. A network of users could be set up to share experiences with the marker and report potential problems, for example to DGCS’s working group on aid effectiveness. Ultimately, Italy’s commitment to the development effectiveness agenda will be measured against its ability to act on the information that the marker will generate. It is thus important that the marker stimulates corrective action throughout Italy’s development co- operation”.48