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2.1 I NUOVI PILASTRI DELLA RIFORMA OPERATA DALLA L 125/2014

2.1.1 TRA PASSATO E FUTURO

Nel 2014 è stata varata la riforma del sistema italiano di cooperazione internazionale allo sviluppo, con la Legge 11 agosto 2014, n. 125, Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo. Suddetta legge novella in toto la previgente normativa che per 27 anni ha regolato il settore della cooperazione allo sviluppo, ovvero la Legge 26 febbraio 1987, n. 49, Nuova disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo.

Come ricordano Biggeri e Volpi (2006), il modello italiano di cooperazione ha storicamente presentato “evidenti peculiarità” e “profili contradditori e a volte paradossali”.1

82 Gli anni Ottanta hanno visto la mobilitazione di fondi cospicui sui canali della cooperazione e dell’emergenza umanitaria e attirato, per questo, l’attenzione dell’establishment politico e dell’opinione pubblica. In ragione dell’incremento sostanziale delle risorse destinate a questo settore – che costituisce un’eccezione nella storia della cooperazione italiana2 e che fu accompagnata negli anni Novata da importanti scandali oggetto di inchieste parlamentari e procedimenti giudiziari – veniva adottata L. 49/1987.

La nuova legge riformulava la disciplina nel settore e si differenziava sostanzialmente rispetto alla precedente regolamentazione, che, sulla base della politica di cooperazione intrapresa negli anni Sessanta, era legata per lo più alla promozione di relazioni economiche e alla disciplina di relazioni bilaterali con alcuni paesi di Africa (in particolare con le ex colonie italiane), America Latina e Asia, prevalentemente attraverso doni ed assistenza tecnica, anche al fine di rafforzare la posizione e l’immagine internazionale dell’Italia.

La L. 49/19873 dichiarava la cooperazione allo sviluppo parte integrante della politica estera dell’Italia, definiva le attività di cooperazione, delineava un sistema istituzionale di coordinamento istituzionale e individuava gli organi operativi responsabili dell’attuazione della politica di cooperazione.

In sintesi, come ben riassume Zupi (2015), la L. 49/1987 prevedeva:

• una Direzione dedicata presso il Ministero degli Affari Esteri (MAE), la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS), con al suo interno una Unità Tecnica Centrale (UTC) che aveva compiti di natura operativa relativi alle fasi di individuazione, istruttoria e formulazione, gestione e controllo dei programmi, delle iniziative e degli interventi di cooperazione e alla quale si aggiungevano, in alcuni paesi d’intervento, le Unità Tecniche Locali (UTL);

• un’azione di governo collegiale per indirizzare l’iniziativa italiana, attraverso il Comitato Interministeriale per la Cooperazione allo Sviluppo (CICS), abolito nel 1993 e sostituito nel 1994 dal più generale Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), e il Comitato Direzionale, con il compito più specifico di definire le direttive del CICS/CIPE;4

2 Nel periodo 1986-1993 il contributo italiano APS/RNL per la cooperazione allo sviluppo è stato superiore alla media OECD-DAC e nel 1989 ha

raggiunto il suo picco storico con una percentuale dello 0,42, pari a 5,90 miliardi di dollari (ai prezzi costanti 2015). Fonte dei dati è l’OECD. OECD, Compare your country, Official Development Assistance 2016, http://www2.compareyourcountry.org/oda?cr=20001&cr1=oecd&lg=en&page=1.

3 Alla L. 49/1987 dava esecuzione il Decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1988, n. 177 Approvazione del regolamento di esecuzione della legge 26 febbraio 1987, n. 49, sulla disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo.

4 Il CICS, inizialmente designato quale organo di programmazione e verifica dalla L. 49/1987, è stato soppresso dalle Legge 24 dicembre 1993, n. 537 Interventi correttivi di finanza pubblica. Le competenze del disciolto CICS furono trasferite al CIPE (Decreto del Presidente della Repubblica 20

83 • un ruolo specifico affidato all’allora Ministero del Tesoro (l’attuale Ministero dell’Economia e delle Finanze-MEF) per l’amministrazione dei crediti d’aiuto e alle relazioni con banche e organizzazioni multilaterali;

• una funzione di controllo affidata al Parlamento;

• la costruzione di un sistema di partenariato con il mondo delle ONG, delle imprese profit (soprattutto in riferimento all’erogazione di crediti d’aiuto e alla costituzione di imprese miste), delle regioni e degli enti locali, che inizialmente prevedeva anche un organo ad hoc di consultazione – il Comitato Consultivo – abolito nel 19935.6

Tuttavia, in breve tempo, la normativa dimostrava la sua parziale impreparazione di fronte al crescente peso internazionale delle politiche di sviluppo e criticità circa alcuni meccanismi interni di gestione.

Infatti, a livello internazionale si ampliavano i poteri di gestione diretta della cooperazione da parte dell’UE, che a partire dal 1993 inseriva tra le politiche comunitarie la cooperazione allo sviluppo (Titolo XX del Trattato sull’Unione Europea del 1992), e con essi le esigenze di coordinamento delle politiche nazionali. Inoltre, negli anni 2000 la promozione delle strategie di sviluppo legate al conseguimento dei MDGs e all’efficacia dell’aiuto ponevano sul tavolo l’esigenza di adeguare gli strumenti della Cooperazione Italiana al fine di rispondere efficientemente agli impegni internazionali. Proprio sul tema dell’efficacia, l’Italia ospitava il 23 ed il 24 febbraio 2003 il First High Level Forum on Aid Effectiveness, ovvero la prima conferenza sull’efficacia che adottava la Rome Declaration on Harmonisation, preambolo delle successive dichiarazioni sull’efficacia, che, come si è visto nel Capitolo 1, hanno ridisegnato i principi di riferimento della cooperazione allo sviluppo.

A livello interno si registravano una serie di problematiche legate in particolare all’amministrazione finanziaria della cooperazione, che per lungo tempo ha agito in assenza di procedure a bando per l’affidamento dei contratti e l’attuazione di iniziative di cooperazione, nonché con meccanismi di gestione fuori bilancio, con tutte le implicazioni connesse alla trasparenza nell’allocazione dei finanziamenti.7 Inoltre, per quanto attiene gli aspetti finanziari e gli aspetti di coordinamento – sia

5 L’organo fu abolito, così come il CICS, dalla Legge 24 dicembre 1993, n. 537 Interventi correttivi di finanza pubblica.

6 M. Zupi, La nuova normativa italiana sulla cooperazione allo sviluppo e il contesto di riferimento, CeSPI, Approfondimento per l’Osservatorio di

Politica Internazionale (Camera dei Deputati – Senato della Repubblica), 2015, p.4.

7 I problemi relativi alla gestione della cooperazione sono stati in alcuni casi al centro di vicende giudiziarie, nonché oggetto di inchiesta parlamentare

avviata nel corso della XII Legislatura e non giunta all’approvazione di una relazione conclusiva anche per l’anticipata cessazione della XIII Legislatura (Legge 17 gennaio 1994, n. 46 Istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sull'attuazione della politica di cooperazione con

i Paesi in via di sviluppo; Legge 6 novembre 1995, n. 465 Proroga del termine per la conclusione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sull’attuazione della politica di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo).

84 interministeriale sia con ONG, imprese ed enti locali – la L. 49/1987 è stata oggetto di più interventi legislativi, che hanno parzialmente svuotato il regime di specialità disegnato dalla legge stessa.8

L’impreparazione della normativa si traslava sul piano operativo in una situazione di immobilismo, dovuta al basso profilo che la Cooperazione Italiana ha adottato in quegli anni, in parte a causa degli scandali collegati alla gestione degli anni Ottanta ed in parte per limitata lungimiranza politica.

Di fatto la Cooperazione Italiana dimostrava di avere importanti aspetti critici, tra cui si ricordano: i) l’assenza di una forte leadership politica, ii) non essere in linea con gli impegni presi a livello internazionale; iii) avere un esiguo profilo di spesa, tra il 1995 ed il 2013 i livelli di contribuzione sono strati ricompresi tra lo 0,15% e lo 0,22% del RNL con due picchi dello 0,32% e dello 0,30% rispettivamente nel 2005 e nel 20089; iv) concentrare la maggioranza delle risorse sul canale multilaterale, viste le carenze gestionali-organizzative e l’esiguità dei fondi; v) la mancanza di una strategia di concentrazione delle risorse per paesi prioritari o per settori, in cui esprimere il proprio valore competitivo; vi) non attuare il principio della coerenza delle politiche; vii) non avere una politica di co-sviluppo tesa a coinvolgere le comunità migranti presenti nel paese; viii) avere un apparato burocratico lento e farraginoso e dotato di personale non sufficiente; ix) non dedicare la giusta attenzione alla sensibilizzazione ed alla promozione di una cultura della cooperazione; x) non avere una strategia di partenariato pubblico-privato.

Di contro, il paese era, ed è, caratterizzato da un importante attivismo della società civile, in primo luogo delle ONG e dei network in cui sono organizzate, del variegato mondo dell’associazionismo e delle istituzioni filantropiche, delle fondazioni private, nonché di istituzioni quali le Regioni e gli Enti Locali, le Università, le organizzazioni e le strutture socio-sanitare. Un attivismo, spesso finanziato dalla Cooperazione Italiana che tuttavia non ha sempre saputo strutturare i vantaggi comparati, che ha visto e vede: i) l’impegno in interventi ambiziosi e molto spesso “pilota”; ii) lo sviluppo di fattivi partenariati territoriali con i paesi partner di cui la cooperazione decentrata delle Regioni italiane si è fatta in particolar modo promotrice; iii) il dispiegarsi di reti di pronto intervento in caso di emergenza umanitaria; iv) la sperimentazione in tema di educazione alla cittadinanza globale; v) la diversificazione delle risorse, attraverso la promozione di una progettazione sempre

8 Ad esempio, la disposizione della L. 49/1987 che prevedeva in determinati casi il ricorso alla stipula di contratti in forma diretta e a trattativa privata

per l’attuazione di iniziative di cooperazione era abrogata da nuova disposizione (Legge 30 dicembre 1991, n. 412 Disposizioni in materia di finanza

pubblica), che rendeva obbligatorio il ricorso a gare pubbliche secondo la normativa comunitaria (ad esclusione degli interventi straordinari e delle

iniziative delle ONG, secondo deroga poi estesa al settore delle attività di formazione e di ricerca dalla Legge 16 luglio 1993, n. 255 Interpretazione

autentica dell’articolo 3, comma 3, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, in materia di attuazione delle iniziative di cooperazione allo sviluppo).

Anche il Fondo speciale per la cooperazione allo sviluppo (uno dei due strumenti finanziari previsto dalla L. 49/1987; l’altro era il Fondo rotativo presso il Mediocredito centrale) era soppresso (Legge 23 dicembre 1993, n. 559 Disciplina della soppressione delle gestioni fuori bilancio

nell’ambito delle Amministrazioni dello Stato), riconducendo questa gestione fuori bilancio allo stato di previsione del MAE.

9 Fonte dei dati è l’OECD. Compare your country, Official Development Assistance 2016, ODA 1960-2016 Trends, webpage,

85 più europea e la raccolta fondi presso privati (aziende e cittadini); vi) l’incremento della formazione sia professionale rivolta agli operatori sia universitaria; vii) il contributo al dibattito su alcuni temi centrali per la cooperazione e lo sviluppo; vii) la sensibilizzazione sui temi dello sviluppo e dei diritti di cittadinanza presso il grande pubblico e nelle scuole italiane.10

A partire dalla XIII Legislatura (1996) sono stati numerosissimi i disegni di legge proposti per riformare la L. 49/1987, ma la mancanza di un accordo politico sulla revisione della disciplina ne ha sempre troncato la riforma.11

Nel 2011 vi è però un cambiamento di rotta. Considerate le pressioni della società civile e delle ONG in particolare, viste le molteplici raccomandazioni e sollecitazioni ricevute delle peer review periodiche del sistema di cooperazione italiano da parte dell’OECD-DAC (si veda il Paragrafo 2.2.2), nella prospettiva del termine del ciclo di vita dei MDGs e delle negoziazioni sugli obiettivi di sviluppo post 2015, data la necessità di rilanciare l’immagine italiana nei fora internazionali, dove la credibilità era limitata da una cronica incapacità di rispettare gli impegni di contribuzione finanziaria alla cooperazione presi, l’allora Governo tecnico di Monti (16 novembre 2011-28 aprile 2013) istituiva un Ministero ad hoc per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione, con l’obiettivo di rilanciare la Cooperazione Italiana.

Tale obiettivo veniva perseguito con successo con l’organizzazione, promossa dall’allora Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione Andrea Riccardi, del Forum della Cooperazione Internazionale “Muovi l’Italia, cambia il mondo”, svoltosi a Milano nell’ottobre 2012. Il Forum ha coinvolto in un ampio processo di consultazione oltre 400 componenti della società civile impegnate nella cooperazione. Il dibattito ha avuto ad oggetto questioni di carattere cruciale per la successiva riforma operata dalla L. 125/2014: “i) Come l’Italia immagina lo sviluppo post 2015; ii) Dove stare? una nuova lettura geopolitica per la cooperazione italiana; iii) Cosa fare: eccellenze italiane, priorità, innovazioni; iv) Come fare? Modelli, risorse e coerenza delle politiche; v) Il

10 E. Missoni, Indirizzo politico, governo, controllo e attuazione nella riorganizzazione della Cooperazione Italiana, ActionAid, maggio 2015. M.

Zupi, op. cit., 2015. M. Zupi, Sulla pirateria e il vascello corsaro della cooperazione allo sviluppo, CeSPI, 6 febbraio 2014. G. Carbone, G. Bruno, G. P. Calchi Novati, M. Montanini, La politica dell’Italia in Africa. Contesto, interessi e scenari della presenza politica ed economica italiana

nell’Africa Subsahariana, Rapporto ISPI per il Ministero degli Affari Esteri, ISPI, 2013. E. Imbert, Aiuti pubblici allo sviluppo, in R. Pasca di

Magliano, Percorsi dello sviluppo, Edizioni Nuova Cultura, 2013, pp. 369-372. ONG Italiane, CINI, LINK 2007, la cooperazione internazionale allo

sviluppo che vogliamo, Documento per la Tavola rotonda - 20 Settembre 2012 - Piazza Monte Citorio, 123/a. A. Bazzano, P. Landoni, Cooperazione non governativa ed efficacia:principi, pratiche e condizioni abilitanti, PoliScript - Politecnico di Milano, Novembre 2011, pp. 49-54. L. Quartapelle, Effects of the decline in Italian aid and Italy’s position in the international organizations, ISPI Working Paper, N. 43 - November 2011. V. Melgari, Pubblico e Privato. Nuove Partnership per l’Aiuto allo Sviluppo Valorizzare la sussidiarietà Integrare ruoli e competenze nella cooperazione internazionale allo sviluppo, Link 2007 e Dialoghi in Cammino, 2009. A. Stocchiero, Sei personaggi in cerca d’autore, Il co-sviluppo in Italia: pratiche senza politica, CeSPI, Working Papers 60/2009, Giugno 2009. I. Viciani (a cura di), L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo. Dare credito alla ripresa, ActionAid, 2009. E. Pietrogrande, A. Stocchiero e R. Coletti, Indagine sulla cooperazione sanitaria internazionale delle Regioni italiane, CeSPI, Working Papers 50/2008, Novembre 2008.S. Piziali, V. Melgari (a cura di), Siamo ancora in tempo? L’Italia e gli Obiettivi del

Millennio, Link 2007 e Dialoghi in Cammino, 2008. A. Stocchiero, I nodi dell’evoluzione della cooperazione decentrata italiana, CeSPI, Working Papers 37/2007, Giugno 2007. M. Biggeri, F. Volpi, op. cit., 2006, pp. 44-48.

11 XVII Legislatura, Servizio Studi del Senato-Ufficio ricerche nel settore della politica estera e di difesa, Dossier del Servizio Studi sugli AA.SS. nn. 1326, 211, 558 e 1309 Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo Sviluppo, marzo 2014, n. 116.

86 ruolo dell’Italia nelle aree di crisi; vi) Il ruolo del privato profit e non profit nella cooperazione allo sviluppo; vii) Cooperazione e gratuità: volontariato, terzo settore e non profit; viii) Ruolo delle diaspore e comunità migranti nella cooperazione: oltre le rimesse; ix) Un’agenda italiana per la cooperazione multilaterale; x) Valutare e comunicare i risultati: efficacia e trasparenza”.12

Si aggiunge che nel 2010 la DGCS era stata oggetto di revisione strutturale, nell’ambito del riassetto più generale del MAE operato dalla riforma dell’organizzazione del Governo del 1999.13 La riorganizzazione della DGCS rispondeva ad alcune osservazioni dell’OECD-DAC e cercava di ottimizzare, semplificandoli, i processi amministrativi e di gestione finanziaria. In particolare, ai fini dell’analisi condotta in questa ricerca, rilevano l’attribuzione all’ufficio programmazione di una competenza specifica per la pianificazione dell’efficacia della cooperazione e della coerenza delle politiche per lo sviluppo e la costituzione di un ufficio a sé stante per la valutazione e visibilità delle iniziative.14

2.1.2 LA DISCIPLINA GENERALE SULLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO: LA L.