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LOTTA ALLA POVERTÀ E HUMAN WELLBEING OBIETTIVI DELLA COOPERAZIONE

1.2 QUALE SVILUPPO ?

1.2.2 LOTTA ALLA POVERTÀ E HUMAN WELLBEING OBIETTIVI DELLA COOPERAZIONE

A partire dagli anni Novanta, human development approach e capability approach hanno enfatizzato il ruolo delle persone quali agenti di sviluppo e promosso l’adozione di strategie di sviluppo human-centered.

A livello economico ciò ha portato alla definizione e all’implementazione di politiche di crescita inclusiva pro-poor, più o meno condivise, che focalizzano la loro attenzione su questioni cruciali quali le disuguaglianze e le pari opportunità in un mondo sempre più interconnesso e “globale”, ma non più giusto.61 In quegli anni IMF e WB rivisitano le loro strategie di sostegno ai paesi in via di sviluppo in considerazione delle specifiche realtà nazionali, ponendo attenzione alle leve di crescita economica ma anche ai fattori di welfare, a partire da un accesso più ampio ai servizi sociali di base e alle reti di protezione sociale in grado di migliorare le condizioni dei più poveri. In quegli anni alla luce dei risultati del lavoro svolto, ampiamente migliorabili, le due istituzioni rilanciano i loro sforzi nella lotta alla povertà. A partire dal 1996 le due istituzioni si impegnano nella Initiative for Heavily Indebted Poor Countries (HIPCs) e nella Multilateral Debt Relief Initiative (MDRI), riguardante i paesi che non sono in grado di sostenere il loro debito pubblico; nel 1999 la WB annuncia il Comprehensive Development Framework, uno strumento

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S. Fukuda-Parr, The Right to Development: Refraining a New Discourse for the Twenty-First Century, Social Research, Vol. 79, No. 4, Winter 2012, pp. 839-844. UNDP, Human Development Report 1990, New York, Oxford University Press 1990, pp. 9-16.

60 R. Pasca di Magliano, op. cit., 2013, p. 106.

61 A. Saad-Filho, Growth, Poverty and Inequality: From Washington Consensus to Inclusive Growth, DESA Working Paper No. 100,

ST/ESA/2010/DWP/100, November 2010. Commission on Growth and Development, The Growth Report: Strategies for Sustained Growth and

Inclusive Development, June 2008. The Barcelona Development Agenda, in N. Serra and J. E. Stiglitz, op. cit., 2008, pp. 57-60.

ODI, Pro-poor growth and Development. Linking economic growth and poverty reduction, Briefing Paper no. 33, January 2008. R. Fuentes, Poverty,

Pro-Poor Growth and Simulated Inequality Reduction, Background paper for the Human Development Report 2005, Human Development Report

43 volto a migliorare l’ownership dei paesi riceventi ed il coordinamento con i paesi donatori per un approccio olistico alla cooperazione allo sviluppo; nel 1999 WB e IMF promuovono la Poverty Reduction Strategy Papers (PRSPs) Initiative, con l’obiettivo di assistere i paesi a basso reddito nello sviluppo di strategie country-driven più efficaci nella lotta alla povertà. Nel settembre 2000, nel World Development Report 200/2001 Attacking Poverty, la WB conferma di aver fatto proprio il concetto di povertà multidimensionale e individua, capitalizzando il lavoro di Collier e Dollar (2002), un set di aspetti chiave nella definizione e nella valutazione delle politiche di crescita ed allocazione dell’aiuto internazionale riguardanti i seguenti macro-ambiti: economic management, politiche economiche strutturali, politiche per l’inclusione sociale e l’uguaglianza, governance e management delle istituzioni e del settore pubblico.62

A livello politico lo human development approach ed il capability approach hanno aperto un processo evolutivo di riflessione sugli obiettivi dello sviluppo che ha coinvolto numerosi soggetti, interessati a vario titolo e con diverse motivazioni alle dinamiche della cooperazione e che ha influenzato il riorientamento delle politiche economiche ora accennate. Proprio negli anni Novanta, la rivoluzione concettuale dell’idea di sviluppo si tradusse in una lunga serie di vertici internazionali promossi dalle Nazioni Unite, tra i quali si ricordano: la Conferenza sull’Educazione per Tutti di Jomtien ed il Summit Mondiale per i Bambini di New York nel 1990; la Conferenza Internazionale di Rio de Janeiro nel 1992 su Ambiente e Sviluppo; la Conferenza sui Diritti Umani di Vienna nel 1993; la Conferenza de Il Cairo su Popolazione e Sviluppo nel 1994; la Conferenza Mondiale sulle Donne tenutasi a Pechino e il Summit per lo Sviluppo Sociale di Copenaghen nel 1995. Questi eventi portarono all’attenzione mondiale molte tematiche fondamentali per la formulazione e l’implementazione di politiche in favore dello sviluppo umano, promuovendo l’impegno dei governi nazionali e raccogliendo l’importante impegno, nonché contributo, di ONG, fondazioni, organizzazioni filantropiche, movimenti civili e sociali, già da tempo attivi nella lotta alla povertà e nella difesa dei diritti umani in opposizione alle politiche più prettamente “economiche”.

In questa cornice, nel 1996 le Nazioni Unite – “Recognizing that poverty is a complex and multidimensional problem with origins in both the national and international domains, and that its eradication in all countries, in particular in developing countries, has become one of the priority development objectives for the 1990s in order to promote sustainable development”– celebravano

62 P. Collier, D. Dollar, Aid allocation and poverty reduction, European Economic Review 46, 2002, pp. 1475–1500. A. Evans, Poverty Reduction in the 1990s. An Evaluation of Strategy and Performance, The World Bank, Washington DC, 2000. World Bank, World Development Report 200/2001 Attacking Poverty, Oxford University Press, 2000.

44 l’Anno Internazionale per l’Eradicazione della Povertà.63 Sempre nel 1996, la comunità dei donatori OECD-DAC, con il Rapporto “Shaping the 21st Century: The Contribution of Development Cooperation”, si impegnava a lavorare per il conseguimento di 7 International Development Goals (IDGs), frutto del dibattito innescato dalle sopracitate conferenze internazionali, in tema di economia del benessere, lotta alla povertà, sviluppo sociale (educazione, salute, promozione di genere) e sostenibilità ambientale.64 Gli obiettivi delineati erano tuttavia un accordo tra i soli paesi donatori, che le Nazioni Unite utilizzarono come piattaforma sulla quale costruire il percorso di riflessione condiviso con i paesi destinatari dell’aiuto internazionale che porterà alla redazione della Dichiarazione del Millennio.65

Il processo di revisione dei termini dello sviluppo, sinteticamente descritto, ha condotto nel 2000 ad una presa di posizione epocale contro la lotta alla povertà – basata sui principi di libertà, uguaglianza (delle persone e delle nazioni), solidarietà, tolleranza, rispetto della natura, responsabilità condivisa – grazie all’adozione della Dichiarazione del Millennio, firmata da 189 paesi, a seguito di un processo di mediazione guidato dalle Agenzie Specializzate delle Nazioni Unite, dalla WB, dall’IMF e dall’OECD-DAC.

La Dichiarazione del Millennio, tradotta in 8 obiettivi (MDGs) da raggiungere entro il 201566, risulta innovativa per quattro ordini di motivi. In primo luogo, essa adotta un concetto di (lotta alla) povertà nelle sue molteplici dimensioni, ovvero: reddito minimo pro-capite, nutrizione, istruzione, uguaglianza di genere, salute materno-infantile, lotta alle pandemie, tutela e accesso alle risorse naturali, condizione abitativa, integrazione nell’economia internazionale, accesso alle nuove tecnologie, etc. In secondo luogo, la Dichiarazione rilancia l’impegno in APS della comunità dei donatori OECD-DAC, che negli anni Novanta si era sensibilmente ridotto in seguito alla fallimentare esperienza dei programmi di aggiustamento strutturale.67 In terzo luogo, la Dichiarazione del Millennio àncora gli obiettivi di sviluppo a ragioni di carattere umanitario ed

63 United Nations, General Assembly, International Year for the Eradication of Poverty, A/RES/48/183, 16 March 1994,

http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/RES/48/183.

64 I 7 IDGs sono i seguenti: i) dimezzare la popolazione che vive in estrema povertà entro il 2015; ii) raggiungere in tutti i paesi l’obiettivo di

istruzione elementare universale entro il 2015; iii) ridurre la disparità di genere nella istruzione primaria e secondaria entro il 2005; iv) ridurre entro il 2015 di due terzi la mortalità infantile sotto i 5 anni rispetto al livello del 1990; v) ridurre la mortalità materna di tre quarti nello stesso periodo; vi) consentire l’accesso, attraverso la sanità di base, ai servizi di pianificazione familiare; vii) attuare strategie nazionali di riduzione della perdita di biodiversità dal 2005 e invertire gli attuali trend di riduzione della biodiversità entro il 2015. OECD-DAC, Shaping the 21st Century: The

Contribution of Development Co-operation, OECD/OCDE, Paris, May 1996. E. Imbert, op. cit., 2013, pp. 355-388. M. Biggeri, F. Volpi, op. cit.,

2006, pp. 181-186.

65 D. Hulme, The Millennium Development Goals (MDGs): A Short History of the World’s Biggest Promise, Brooks World Poverty Institute Working

Paper No. 100, University of Manchester, 2009.

66 Per la lista dei MDGs si veda il Paragrafo 1.1.2. 67

Si precisa che tra il 1997 ed il 2001 la percentuale APS/RNL ha raggiunto i livelli più bassi di contribuzione (0,21%-0,22%). Fonte dei dati è l’OECD. OECD, Compare your country, Official Development Assistance 2016, ODA 1960-2016 Trends, webpage, http://www2.compareyourcountry.org/oda?cr=20001&cr1=oecd&lg=en&page=1. D. Hulme, op. cit., 2009, pp. 12-13. M. Biggeri, F. Volpi, op. cit., 2006, p. 76.

45 etico, più che a ragioni connesse a svantaggi storici legati all’esperienza coloniale e post-coloniale dei paesi più poveri e in via di sviluppo.68 Infine, essa prevede obiettivi globali, che impegnano in egual misura i paesi donatori e i paesi riceventi, promuovendo così endorsement e ownership del processo di sviluppo, che si sostanzia in uno sforzo collettivo e condiviso.69

Per quanto attiene questo ultimo punto, Fukuda-Parr e Hulme (2009) definiscono la Dichiarazione del Millennio e l’adozione dei MDGs un punto di non ritorno (tipping point) nella lotta alla povertà.70 Le ragioni, ampiamente condivise in letteratura, sono essenzialmente tre. La Dichiarazione del Millennio gode di una legittimazione politica senza precedenti. La formulazione dei MDGs in termini quantitativi e temporali rende chiari e misurabili i risultati che si intendono conseguire per eliminare la povertà. I MDGs, declinando con formule di impatto ogni aspetto della povertà che intendono combattere, sono facilmente comunicabili e possono essere ricordati senza sforzo anche dal grande pubblico, che di fatto è stato ampiamente sensibilizzato negli anni grazie alle campagne mediatiche realizzate, tra cui si ricorda la Campagna del Millennio “End Poverty 2015”71.72

Nonostante le critiche, che saranno di seguito illustrate, si può concordare con Fukuda-Parr e Hulme (2009) quando affermano che gli MDGs possono essere considerati come una “super- norma” che stabilisce l’impegno morale nella sconfitta della povertà, in tutte le sue forme, da parte di tutta la Comunità Internazionale.73 I due autori ricordano che: “The First, Second and Third UN Development Decades (1960s, 1970s and 1980s) were primarily focused on economic transformation, growth and industrialisation. The MDGs reflect an important normative shift and an endorsement of poverty eradication and human well being as the central objectives of development”.74 Di fatto, sebbene la Dichiarazione del Millennio sia frutto dell’accordo tra stati, i MDGs sono divenuti il punto di riferimento per tutto il variegato panorama di attori che è impegnato nella promozione dello sviluppo umano. Nel 2005, il Practical Plan to Achieve the

68 S. Fukuda-Parr, op. cit., 2011, pp. 126-128.

69 United Nations, General Assembly, Report of the Secretary-General, Road map towards the implementation of the United Nations Millennium Declaration (A/56/326), 6 September 2001, http://www.un.org/documents/ga/docs/56/a56326.pdf. United Nations, General Assembly, Resolution adopted by the General Assembly: United Nations Millennium Declaration (A/RES/55/2), 18 September 2000, http://www.un.org/millennium/declaration/ares552e.pdf.

70 S. Fukuda-Parr, D. Hulme, International Norm Dynamics and ‘the End of Poverty’: Understanding the Millennium Development Goals (MDGs),

Brooks World Poverty Institute Working Paper No. 96, University of Manchester, 2009.

71 End Poverty 2015 Millennium Campaign, website, http://www.endpoverty2015.org/.

72 K. Higgins, Reflecting on the MDGs and Making Sense of the Post - 2015 Development Agenda, NSI Research Report, May 2013, p. 9,

http://www.nsi-ins.ca/wp-content/uploads/2013/05/2013-Post-2015.pdf. E. Aryeetey et. al., Getting to Zero: Finishing the Job the MDGs Started,

Global Agenda Council on Benchmarking Progress, 2012, pp. 6-8, http://johnmcarthur.com/wp-content/uploads/2012/03/Getting-to-Zero-Final-

Draft-PDF.pdf. S. Fukuda-Parr, Should global goal setting continue, and how, in the post-2015 era?, DESA Working Paper No 117, ST/ESA/2012/DWP/117, July 2012, pp. 1-3. J. Sachs, From Millennium Development Goals to Sustainable Development Goals, The Lancet, Vol. 379, 2012, p. 2206. J. Vandemoortele, E. Delamonica, Taking the MDGs Beyond 2015: Hasten Slowly, IDS Bulletin Volume 41 Number 1, January 2010, p. 60. R. Manning, Using Indicators to Encourage Development. Lessons from the Millennium Development Goals, DIIS Report 2009:01, pp. 10-16

73 S. Fukuda-Parr, D. Hulme, op. cit., 2009. 74 Ibidem, p. 3.

46 Millennium Development Goals, elaborato dallo UN Millennium Project diretto da Sachs, indicava a chiare lettere che i MDGs erano il fulcro della politica di cooperazione internazionale.75