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Il concetto di qualità per i prodotti agroalimentari

Capitolo 2: La politica della qualità

2.3. Il concetto di qualità per i prodotti agroalimentari

Il tema della qualità ha assunto negli anni un ruolo sempre più importante per tutti gli operatori del mercato, produttori e consumatori, poiché la crescente cultura alimentare e l’evoluzione dei modelli di consumo hanno fatto si che la domanda sia sempre più articolata ed orientata alla richiesta di prodotti in grado di soddisfare le più diversificate e specifiche esigenze dei consumatori in termini qualitativi (Belletti G, Marescotti A., 2007).

È importante chiarire sin dal principio il significato della parola “qualità” per quanto concerne i prodotti agroalimentari, un concetto abbastanza complesso che si è evoluto nel tempo. Secondo la norma ISO 8402 del 1986, data dall’International Standard Organization, la qualità è “l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto o di un servizio che conferiscono ad esso la capacità di soddisfare esigenze espresse od implicite dei consumatori”. Questa definizione coinvolge due aspetti

relativamente al mondo dell’agroalimentare, uno oggettivo riguardante gli attributi e le proprietà fisiche dei prodotti ed un altro soggettivo riguardante invece i giudizi sulla percezione di superiorità ed eccellenza degli stessi. Per quanto concerne l’aspetto oggettivo, la qualità si specifica mediante un vettore di attributi riconducibili a due categorie: attributi di natura cardinale e ordinale4.

I principali attributi qualitativi, che nel complesso originano la qualità del prodotto agroalimentare, sono ben delineati da Pilati L. (2004):

• qualità nutrizionale: qualificata come attributo cardinale, riguarda la composizione degli alimenti, ovvero tutti quei macronutrienti essenziali per il nutrimento e l’energia di cui l’uomo necessita. È proprio il diverso contenuto nutrizionale dei prodotti alimentari che li rende tra loro sostituibili, indipendenti o complementari; • qualità igienico-sanitaria: coinvolge una serie di attributi, anch’essi cardinali, che

possono incidere negativamente sulla salute del consumatore. Risultano avere un’importanza prioritaria poiché rappresentano un pre-requisito della qualità che deve essere garantito. Per questo motivo devono essere severamente monitorati gli elementi chimici e batteriologici che possono causare danni all’organismo. Per alcuni è un attributo molto importante e di forte impatto emotivo, poiché non esiste la possibilità di ottenere immediate informazioni in merito;

• qualità organolettica: essendo un attributo di natura ordinale, è lo stesso interessato a dare un giudizio soggettivo in merito alle caratteristiche organolettiche del prodotto, come freschezza, sapore, profumo, colore ecc. Ritroviamo quindi tutta quella serie di attributi che determinano il grado di soddisfazione del consumatore, difficilmente misurabile data la forte componente individuale;

• qualità d’uso: si esprime nella capacità di un prodotto a soddisfare tutte quelle esigenze del consumatore in termini di attitudine alla conservazione, comodità di impiego e capacità di fornire informazioni (etichetta);

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Per attributi di natura cardinale si intendono tutti quegli attributi del prodotto che possono essere misurati, come il peso, il volume e il contenuto di determinati nutrienti. Mentre per gli attributi di natura

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• qualità psicosociali: ritroviamo tutti quegli attributi che riguardano lo stile di vita del consumatore. Per alcuni, infatti, il consumo di un prodotto rispetto ad un altro può avvenire oltre che per le sue caratteristiche intrinseche, anche perché segno di distinzione sociale. Un esempio chiaro di questo aspetto può essere dato dalla marca, elemento fondamentale di differenziazione.

Per quanto concerne invece l’aspetto soggettivo della qualità, come detto inizialmente si va a indicare l’eccellenza o la superiorità di qualche cosa, nel caso specifico di un prodotto agroalimentare. In questo caso il giudizio sulla qualità “dipende dall’importanza che il soggetto assegna ad ogni attributo del prodotto, all’interno del suo orientamento delle preferenze” (Pilati L., 2004). Come si può ben intuire, però, risulta molto complicato per gli operatori del settore identificare e valutare quelle che sono le componenti soggettive della qualità, ma è di fondamentale importanza investire tempo e risorse poiché sono proprio tali preferenze a rendere un prodotto superiore rispetto ad altri nel pensiero dei consumatori, nonché a rappresentare un’importante opportunità di sviluppo economico per la stessa azienda (Canali G., 2010). Si tratta di valutazioni soggettive variabili nel tempo e nello spazio, poiché in luoghi diversi si possono avere preferenze diverse. Sotto questo punto di vista, il concetto di qualità può essere osservato secondo tre grandi attori principali: produttori agricoli, trasformatori industriali e commercianti, consumatori. Questi tre gruppi, nonostante possano presentare delle similitudini riguardo al concetto di qualità, il più delle volte divergeranno proprio perché diversi sono gli interessi riguardo al prodotto. Ad esempio, per un produttore agricolo la qualità si determina dalla resa del prodotto nonché dalla sua resistenza a trattamenti chimici. Per un consumatore, invece, la qualità può essere connessa alle caratteristiche organolettiche, alla facilità d’acquisto, alla conservazione e rapidità di preparazione. Mentre, per il trasformatore industriale e commerciante la qualità può essere correlata ad un prodotto facile da trasformare, stoccare, trasportare e vendere. Questo dimostra come ciò che può determinarsi di forte rilevanza per un attore della filiera agroalimentare, possa non coincidere con gli interessi di altri.

Un ulteriore aspetto da non sottovalutare riguarda la capacità di dare una valutazione soggettiva sotto il profilo qualitativo agli attributi del prodotto

agroalimentare. Basti pensare che per molti prodotti non può essere dato un giudizio a determinati attributi “ex ante”, ma “ex post”, ovvero a seguito del consumo o comunque del suo utilizzo, e in certi casi nemmeno dopo di esso. Per questo è utile tenere in considerazione la tipica classificazione dei beni alimentari in tre grandi macro categorie, ovvero: experience goods, credence goods e search goods (Nelson P., 1970). Nella prima categoria ritroviamo tutti quei prodotti per i quali è possibile dare una valutazione del livello qualitativo solamente dopo l’esperienza di consumo. Naturalmente in questo caso possono e devono svolgere un ruolo fondamentale le informazioni presenti nell’etichetta del prodotto. La seconda categoria racchiude invece quei prodotti per i quali non è possibile dare una valutazione soggettiva a determinati attributi qualitativi (basti pensare alla presenza di additivi, conservanti, rispetto di determinate tecniche di produzione, etc.) neanche dopo l’esperienza di consumo. In tale situazione risulta molto importante la fiducia che ripone il consumatore nella marca, o in altre informazioni, in termini di garanzia qualitativa del prodotto, attraverso cui il consumatore è in grado di semplificare la propria scelta di acquisto. L’ultima categoria comprende invece quei prodotti le cui caratteristiche qualitative sono facilmente identificabili e valutabili già al momento dell’acquisto. Naturalmente, un prodotto agroalimentare potrà avere una serie di attributi qualitativi che lo faranno rientrare in più di una categoria.

Infine, un aspetto strettamente collegato alla dimensione oggettiva e soggettiva della qualità si riversa nel concetto di differenziazione nell’agroalimentare. È chiaro che se tutte le caratteristiche qualitative di un prodotto sono oggettivamente superiori e percepite in maniera tale dai consumatori, si potrà parlare di “superiorità” e di differenziazione verticale. Ma se, come avviene nella maggior parte dei casi, non tutte le caratteristiche sono misurabili, unitamente al fatto che per un prodotto comunque si avranno alcune caratteristiche che lo distinguono in senso migliorativo ed altre no, ne consegue che la differenziazione è collegata alla percezione soggettiva che ha un consumatore verso determinati attributi qualitativi (ISMEA, 2006). Per questi motivi nel mondo agroalimentare è sbagliato e riduttivo parlare di differenziazione solamente nel senso di un prodotto qualitativamente migliore di un altro, ma piuttosto di prodotti con caratteristiche e qualità differenti, per le quali sono gli stessi consumatori a dare una

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“classifica” soggettiva in base al proprio orientamento delle preferenze. È importante sottolineare questo aspetto perché se da un lato, come descritto precedentemente, il concetto di qualità è una variabile parzialmente soggettiva e quindi difficilmente riscontrabile a priori, è anche vero che può rappresentare, attraverso adeguate strategie di marketing, una forte opportunità economica. Basti pensare che la stessa natura soggettiva determina un’instabilità nel tempo, il che potrebbe portare un prodotto con date caratteristiche a trovare un maggiore apprezzamento e successo in un futuro prossimo, grazie all’evolversi delle preferenze di taluni consumatori.