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Capitolo 4: La produzione tipica

4.2. Analisi Swot

4.2.4. Minacce (Threats)

In ultima analisi ritroviamo tutti quegli aspetti che possono presentarsi come minacce per il mercato delle produzioni tipiche.

Tabella 4.4: Occupati in agricoltura (valori assoluti ×1.000) e variazione percentuale su anno precedente

OCCUPAZIONE Dipendenti Indipendenti Totale Var.%

2009 415 459 874 - 2010 429 462 891 1,95% 2011 413 438 851 -4,49% 2012 428 421 849 -0,24% 2013 408 406 814 -4,12% 2014 406 406 812 -0,25%

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Oltre ad una causa legata alla dinamica dell’economia mondiale come la crisi economica, da cui non può che essere derivata una diminuzione dell’occupazione e della spesa anche per il settore agroalimentare (Tabelle 4.4 e 4.5), ritroviamo problematiche connesse agli stessi produttori nonché consumatori, come il rischio di banalizzazione del concetto di tipicità, l’asimmetria informativa ed una scarsa educazione del consumatore stesso.

Tabella 4.5: incidenza % della spesa alimentare delle famiglie sulla spesa totale (euro)

Alimentare Totale % 2007 466 2.480 18,79% 2008 475 2.485 19,11% 2009 461 2.442 18,88% 2010 467 2.453 19,04% 2011 477 2.488 19,17% 2012 468 2.419 19,35% 2013 461 2.359 19,54%

Fonte: Elaborazione C.S. Confagricoltura su dati ISTAT

Consolidato che le produzioni tipiche stanno prendendo sempre più piede nell’economia moderna sia per il passaggio da un modello di consumo legato alla quantità ad uno legato alla qualità sia per l’esistenza di una probabile componente di tendenza, è plausibile considerare un rischio di banalizzazione del concetto di tipicità. Con questo termine devono essere contrassegnati solamente quei prodotti con determinati attributi qualitativi e contraddistinti da uno stretto legame con il territorio di appartenenza, altrimenti ne deriveranno solamente che conseguenze negative per tale mercato a vantaggio di altri prodotti non aventi alcune delle caratteristiche fondamentali per essere definiti tipici (Nomisma, Palomba P., 2009). Tale aspetto va poi a pari passo con un ulteriore problema legato alla scarsa educazione del consumatore relativamente alle peculiarità, normative e quindi al concetto in sé di prodotto tipico. Secondo diversi studi svolti negli anni, molti sono infatti i consumatori che nonostante siano attratti da

prodotti caratteristici di un territorio, non possiedono quelle conoscenze basiche necessarie per distinguere i pregi degli stessi rispetto a prodotti simili ma con caratteristiche qualitative e organolettiche ben differenti. Inoltre, l’evoluzione dei modelli di consumo nella società moderna ha portato, tra l’altro, alla ricerca di prodotti sempre più elaborati e con un’alta componente di servizio per il minor tempo a disposizione alla preparazione dei pasti (cosiddetti prodotti “time-saving”), il che può portare i consumatori a collegare il concetto di qualità in maggior misura ad attributi soggettivi, come il risparmio di tempo e la velocità di preparazione, rispetto a quelle che sono le reali caratteristiche organolettiche dello stesso.

In conclusione si evidenzia un’altra minaccia legata al mercato delle produzioni tipiche, ma non solo: l’asimmetria informativa. Questa situazione si manifesta nel momento in cui c’è una sorta d’incertezza di acquisto da parte dei consumatori poiché non dispongono di tutte le informazioni necessarie, il che può far tendere il produttore completamente informato ad attuare comportamenti opportunistici non corretti proponendo un prodotto per quello che in realtà non è. Tale comportamento, se non controllato e contrastato, può determinare una rilevante perdita di benessere sociale a danno di tutti i componenti del mercato, consumatori e produttori. I primi vengono danneggiati in quanto rischiano di non acquistare ciò che effettivamente desiderano in termini di qualità, proprio per la mancanza di informazioni e la difficoltà di reperire le stesse. Mentre i produttori, ed il loro beni di qualità superiore, rischiano di uscire dal mercato poiché danneggiati a vantaggio di coloro che offrono un prodotto con caratteristiche qualitative differenti e inferiori (ISMEA, 2006). Secondo Akerlof, premio nobel per l’economia nel 2001, in presenza di asimmetria informativa c’è addirittura il rischio di un fallimento del mercato stesso, con la logica scomparsa di determinate categorie di prodotti ed un conseguente livellamento verso il basso degli standard qualitativi (Akerlof G., 1970). I consumatori non potendo valutare l’effettiva qualità dei prodotti e tenendo in considerazione il potenziale comportamento negativo del venditore, non potranno che arrivare a considerare il prodotto come di media qualità. Ciò comporta che tutti i beni di qualità superiore saranno esclusi dal mercato poiché nessun consumatore sarà disposto a pagare un giusto prezzo superiore se la qualità del

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prodotto non è oggettivamente identificabile, caratteristica rilevante connessa alle produzioni tipiche. Tutto questo può far ben capire la complessità che denota il sistema agroalimentare nella gestione delle informazioni.

Quando però si parla di asimmetria informativa, emergono un’ulteriore serie di problemi legati alla gestione delle informazioni, ovvero (Pilati L., 2004):

• informazione incompleta9: la conoscenza della qualità di un prodotto da parte del consumatore risulta per lo più imperfetta, poiché non tutti gli attributi sono immediatamente identificabili e altri neanche “ex post”;

• razionalità limitata: il consumatore medio non è in grado di raccogliere tutte quelle informazioni necessarie al fine di scegliere l’alternativa migliore tra i prodotti a disposizione;

• comportamenti opportunistici: ulteriore complessità dettata da un comportamento scorretto degli operatori economici interessati, i quali approfittano del deficit informativo dei consumatori per guadagnare a loro discapito.

Questa serie di problemi cognitivi determina altri due fenomeni comportamentali strettamente connessi a ciò descritto precedentemente: “Moral Hazard” e “Adverse Selection”. Il primo si ha nel momento in cui un operatore mette in atto intenzionalmente comportamenti scorretti e ignoti alla controparte, elencando al consumatore una serie di caratteristiche qualitative del prodotto o del metodo di produzione che non corrispondono a verità. Si parla di un comportamento che viene per lo più effettuato nel momento in cui l’operatore sa che non sarà facile dimostrare il contrario relativamente alle informazioni da lui fornite. Il secondo fenomeno invece consiste nella scelta del consumatore di minimizzare i costi, data la difficoltà di ottenere informazioni qualitative veritiere in merito ad un prodotto e la consapevolezza dei suddetti comportamenti opportunistici della controparte. Oltre a ciò non sono da sottovalutare tutte quelle conseguenze negative derivanti dalla mancanza di

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Anche se molto simili, tale concetto non è da non confondere con l’asimmetria informativa, con la quale si indica invece un soggetto completamente informato rispetto ad un altro (informazioni sulla qualità del prodotto, distribuzione dei prezzi etc.).

informazione, come un rischio igienico sanitario, psicologico (il prodotto non possiede le caratteristiche che mi aspettavo), finanziario (acquisto di un’alternativa meno conveniente) e un rischio di oscillazione dei prezzi.

Infine, un ulteriore rischio da considerare è legato alla possibile perdita di tempo10 derivante dall’acquisto un prodotto che poi non risulta conforme alle aspettative, poiché tale aspetto ha contribuito all’odierna tendenza del consumatore ad adottare delle “scorciatoie” al fine di colmarne la propria lacuna informativa11 (Pilati, L., 2004).

Per tutti questi motivi è importante che l’Unione Europea sostenga la tutela delle produzioni tipiche anche attraverso politiche legate ad una gestione chiara e corretta del sistema di circolo delle informazioni, al fine di bloccare tutte quelle situazioni che a lungo andare porteranno solamente un danno a l’intero sistema agroalimentare di qualità.