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III. Le memorie di Victor Serge

III.V Il consenso nel sistema totalitario staliniano

Credo proprio di essere stato il primo a definire il quel documento lo Stato sovietico come uno Stato totalitario. […] Non bisogna nascondersi che il socialismo porta in sé stesso germi di reazione. […] Oggi noi siamo sempre più in presenza di uno Stato totalitario, castocratico, assoluto, ebbro della sua potenza, per cui l’uomo non conta. Questa macchina formidabile risposa su una doppia base: una polizia onnipotente che ha ripreso le tradizioni delle cancellerie segrete della fine del XVIII secolo e un “ordine” nel senso clericale della parola, burocratico, di dirigenti privilegiati. La concentrazione dei poteri economici e politici fa sì che l’individuo è tenuto attraverso il pane, il vestito, l’affitto, il lavoro a disposizione assoluta della macchina: essa permette dunque a quest’ultima di trascurare l’uomo e di non tener conto d’altro che dei grandi numeri, alla lunga. Questo regime è in contraddizione con tutto ciò che è stato detto, proclamato, voluto, pensato, durante la rivoluzione stessa»76.

In quel contesto continuavano gli arresti dettati dal regime di nuove categorie di vittime, le torture non smettevano e i suicidi di fronte alla menzogna e alla situazione erano sempre più frequenti.

Infine, la situazione politica ed economica venne aggravata dalle carestie del 1932-33.

Nonostante la malattia, la fame e l’alcolismo, la popolazione mostrava una tenace volontà di sopravvivere, ma tutto era sottomesso all’incontestabile dominio di terrore della GPU, che sadicamente si divertiva a distruggere ogni conquista di normalità, attraverso la disoccupazione, la prigionia o il mutamento verso nuove zone di deportazione.

«Il deportato viveva letteralmente alla mercé di qualche funzionario di polizia»77. La GPU incoraggiava i dissensi e i tradimenti per poi punire gli intransigenti.

Le condizioni di vita ovviamente peggioravano con l’arrivo dell’inverno e della neve e la minaccia di trovarsi accanto a un agente provocatore pronto a costruire e denunciare complotti era sempre in agguato78. «Un istante di viltà, il falso trionfava, ci potevano fucilare»79. I trucchi usati durante l’istruttoria e la facilità con cui veniva montata anche la trama più assurda erano una condanna inevitabile per i prigionieri.

76 V. Serge, Memorie di un rivoluzionario, cit., pp. 314-315. 77 Ivi, p. 340.

78 Ivi, p. 352. 79 Ivi, p. 329.

74 Contestualmente nel 1934 il regime e l’Ufficio politico stavano cercando di inaugurare un periodo di normalizzazione del terrore, decisi a dare dell’Urss un’immagine democratica nella Società delle Nazioni. Tuttavia il 1 dicembre 1934 Kyrov, importante dirigente del Partito comunista sovietico fu assassinato e la sua morte fu imputata a Nikolaev, oppositore di sinistra legato alla corrente anti staliniana. Il suo assassinio diede inizio a un periodo di panico e ferocia culminato nei grandi processi del 1936. Seguirono centinaia di esecuzioni, l’imprigionamento di tutti i membri dell’opposizione, tra cui uomini che avevano ricoperto funzioni importanti nel partito, e la deportazione di migliaia di innocenti tra la popolazione di Leningrado80.

Il dittatore aveva deciso di «farla finita con gli uomini del passato per poter meglio liquidare il passato stesso; ha deciso di annientarli nel morale e nel fisico dopo averli soppressi politicamente»81.

«Mi dicevo che aumentando leggermente i salari, permettendo ai contadini di respirare nei kolchozy, liquidando i campi di concentramento, amnistiando chiassosamente quelli tra i suoi avversari politici che non erano atro che invalidi o non chiedevano che di convertirsi senza indegnità, Stalin avrebbe potuto raggiungere immediatamente una popolarità indistruttibile»82. Al contrario continuavano le deportazioni di comunisti, ma anche di ex borghesi e persisteva inoltre la volontà da parte del regime di sopprimere tutta l’intelligencija ribelle. Aumentavano anche le esecuzioni di uomini e donne innocenti e venne consolidato l’uso della menzogna nella GPU per giustificare inutili violenze83. Le esecuzioni che facevano sparire folle nel nulla senza prima aver dato loro un processo, erano il segnale di «un penoso fallimento della coscienza moderna»84.

«Perché questo massacro mi chiedevo e non vedevo altra spiegazione che la volontà di sopprimere i gruppi di ricambio del potere alla vigilia di una guerra considerata imminente. Stalin, ne sono persuaso, non aveva strettamente premeditato il processo. Ma egli vide nella guerra civile di Spagna il principio della guerra europea»85.

80 Ivi, p. 354.

81 B. Souvarine, Stalin, cit., p. 755

82 V. Serge, Memorie, cit., p. 355.

83 Ivi, pp. 355-359. 84 Ivi, p. 375. 85 Ivi, p. 373.

75 Nel contesto storico del 1936 avanzava il complotto delle destre. Il segnale più forte fu lo scoppio della guerra civile spagnola il 18 luglio 193686 e come aveva previsto Stalin, questa guerra fu il preludio della seconda grande guerra europea e luogo simbolico di uno scontro mondiale tra fascismi e antifascismi, dal momento che le due fazioni in lotta furono più o meno apertamente sostenute da quelli che sarebbero stati gli schieramenti della seconda guerra mondiale87.

Una orribile logica ha presieduto all’ecatombe. Il potere intendeva sopprimere i gruppi di ricambio alla vigilia della guerra e a castigare dei capri espiatori per trovare responsabili della carestia, delle disorganizzazioni nei trasporti, della miseria in cui esso era responsabile. Assassinati i primi bolscevichi, bisognava evidentemente assassinare tutti gli altri, diventati testimoni incapaci di perdonare. Bisognò pure, dopo i primi processi sopprimere coloro che li avevano montati e ne conosceva i retroscena, - perché la leggenda creata diventasse credibile88.

Fu proprio l’azione dell’Unione Sovietica e di Stalin a portare al fallimento del movimento operaio e a facilitare l’ascesa del fascismo di Franco. Lo sterminio della vecchia classe rivoluzionaria aveva lasciato il paese senza alcuni dei suoi uomini migliori e aveva quindi minato anche la forza del movimento operaio spagnolo che cercava di lottare per salvare la repubblica. Quei capi rivoluzionari erano propri alleati, ma la loro morte era “necessaria” perché non erano in accordo con le posizioni di Mosca89.

L’accanita opposizione di Stalin contro la componente dissidente e anarchica in Spagna era dettata anche dalla necessità ideologica di mantenere l’Urss come unico centro di riferimento per tutti i comunisti del mondo90. Paradossalmente, il già citato patriottismo di partito era così forte da far sì che i vecchi bolscevichi fossero incapaci di compiere tradimento. Accettavano qualsiasi sorte e tortura, perché in fondo per loro il partito, sebbene deformato dalle iniziali ideologie, era ancora

86 La guerra scoppiò a causa del colpo di stato ai danni della Seconda Repubblica Spagnola per opera del movimento di estrema destra, cattolico e monarchico che mirava a restaurare il conservatorismo. Si combatté tra i nazionalisti, autori del colpo di Stato e guidati dal generale Francisco Franco, contro i repubblicani, le truppe fedeli al governo repubblicano guidato dal Fronte popolare, di ispirazione marxista.

87 Guido Formigoni, La politica internazionale del Novecento, Il Mulino, Bologna, 2007, p. 163. 88 V. Serge, Memorie di un rivoluzionario, cit., p. 375-376.

89 I comunisti staliniani riuscirono a prendere il controllo del potere politico sui membri del POUM (Partito Operaio di Unificazione Marxista, partito marxista spagnolo di posizione antistaliniana, dal 1935 al 1980 ed esiliato durante gli anni del franchismo) e sugli anarchici, con la diplomazia e con la forza anche perché avevano accesso al rifornimento di armi sovietiche.

76 tutto. Credevano ancora nella suprema missione del proprio movimento e lo perdonavano di fronte ai suoi delitti91.

Assistevamo alla nascita di psicosi collettive […] e alla formazione di una tecnica di soffocamento del senso critico così laboriosamente conquistato dall’intelligenza moderna. C’è un punto di Mein

Kampf […] sull’utilità della calunnia impiegata vigorosamente. I nuovi metodi totalitari di dominio

sullo spirito delle masse riprendono i procedimenti della grande pubblicità commerciale aggiungendovi, […] una violenza forsennata. La affermazione enorme e inattesa sorprende l’uomo medio, il quale non concepisce che si possa mentire in quel modo. La brutalità lo intimidisce […] dopotutto quella frenesia deve avere una giustificazione superiore che oltrepassa la sua comprensione. Il buon successo di simili tecniche è possibile soltanto in epoche torbide e a condizione che le minoranze coraggiose, che incarnano il senso critico, siano bene imbavagliate o ridotte all’impotenza dalla ragion di Stato e dalla mancanza di risorse materiali.

In nessun caso si tratta di convincere; si tratta in definitiva di uccidere. […] Il totalitarismo non ha nemico più pericoloso del senso critico; si accanisce a sterminarlo92.

Si era perfettamente consapevoli di essere destinati a una nuova guerra e ci si arrendeva a nuove perdite e alla manipolazione della menzogna. Si sapeva che la stampa comunista stava accusando falsamente anarchici e socialisti di essere collaboratori di Franco, Hitler e Mussolini, ma al contempo si poteva fare poco, anche perché le armi arrivavano in gran parte dai sovietici.

Era la grande politica ad avere realmente il potere, quel governo che paralizzava qualsiasi organizzazione accusandola di dissenso e lasciando la coscienza solo in mano a pochi gruppi isolati.

La maestria nell’utilizzo della demagogia per manipolare le masse raggiungeva splendidi risultati. Il regime stava uccidendo i suoi uomini migliori, i suoi giovani alleati, solo per paranoie ideologiche, proprio nel periodo di preparazione alla guerra. Era infatti impossibile eliminare la vecchia generazione rivoluzionaria senza causare gravi perdite all’esercito e ai capi e ai generali dell’Armata rossa. «Una rivista italiana scriveva che il bolscevismo stesso giungeva a fondare uno Stato di tipo fascista…»93.

91 V. Serge, Memorie di un rivoluzionario, cit., pp. 376-377. 92 Ivi, p. 382.

77 Il disastro di Spagna provocò […] una vera catastrofe morale. Il più vivace dei sentimenti socialisti, cioè dei sentimenti umani e generosi, si estinse […] Vedevo scattare il meccanismo psicologico della rimozione. […] Essendo messi in forse tutti i valori, un irrigidimento rende intollerante le minoranze, mentre le maggioranze sono disorientate. […] Ritrovavo nei perseguitati gli stessi costumi che nei persecutori. C’è una logica naturale del contagio per combattimento; la rivoluzione russa continuò così suo malgrado, certe tradizioni del dispotismo che aveva appena abbattuto. […]94.

La classe operaia e la classe media si sentivano ormai sopraffatte e senza via d’uscita. La maggiore preoccupazione era ora la guerra e pensare alla propria salvezza.

Avrebbero preferito qualsiasi soluzione all’alternativa di combattere una nuova guerra e il timore di un conflitto ineludibile spingeva alla cieca obbedienza ai comunisti, come unico rifugio, considerando anche il fatto che il potere politico all’opposizione si era indebolito e diviso in faide interne. Bisognava ora più che mai restare fedele al proprio Stato, alla propria nazione, al proprio partito.

La minaccia terrorizzava tutti e spingeva a girarsi dall’altra parte, a non ascoltare le richieste dei vinti e a ignorare le sofferenze degli altri. Gli spagnoli venivano colpevolizzati per aver perso95.

«L’intellettuale deve lottare contro le ingiustizie sociali a fianco degli sfruttati che si battono per conquistare l’uguaglianza economica, ma non deve riconoscere a nessuna dottrina il monopolio legale della verità»96.

Nel movimento dell’opposizione si assisteva a una decadenza morale e ideologica. La resistenza al totalitarismo e la lotta per la democrazia lasciavano spazio alla difesa del marxismo come una dottrina autoritaria.

Serge sottolinea come la sottomissione alla dottrina e l’eliminazione dello spirito critico favorirono la potenza dei totalitarismi, l’oppressione del regime e la sottomissione al culto del capo.

Questi sentimenti sociali si traducevano a livello di politica nazionale con l’accettazione in silenzio dell’accordo di Monaco del settembre 1938. Durante la conferenza avvenuta un anno prima della seconda guerra mondiale si assisteva alla capitolazione di fronte alle rivendicazioni naziste, che avevano come oggetto l’annessione di vasti territori della Cecoslovacchia allo stato

94 Ivi, pp. 391-395. 95 Ivi, p. 392.

78 tedesco. Si abbandonavano così i vinti della Cecoslovacchia, ma l’opinione generale, dei politici e della popolazione, era quella che non si sarebbe potuto fare nulla dato che non si era riusciti a salvare la situazione in Spagna e visto che la priorità principale era la pace, anche a costo della sofferenza di altri97.

Era l’abbandono delle democrazie minacciate dal totalitarismo, il consenso dell’Urss allo scatenamento della guerra: dal punto di vista socialista, un tradimento stupido – giacché rimaneva evidente che il Reich nazista, vittorioso nel centro dell’Europa e in Occidente, si sarebbe rivolto inevitabilmente, o presto o tardi, con tutta la sua potenza, contro la Russia isolata e compromessa di fronte a tutte le democrazie. […] si rendeva inevitabile l’invasione della Russia98.

Quella guerra che nessuno voleva arrivò e distrusse ancora una volta la stabilità del mondo. Ora il problema era avvicinarsi al più forte.

Il 2 agosto 1939, la Germania e l’Urss firmavano il patto di non aggressione Molotov -Ribbentrop. Veniva siglata la collaborazione con il III Reich di Hitler e come disse Souvarine, Stalin si dimostrò «il miglior agente che lavorava gratis al servizio della Germania»99.

Il patto germano-sovietico fu un elemento di crisi per tutta la sinistra socialista internazionale e non impedì di raggiungere nel 1941 lo scoppio della guerra tra Germania e Urss, come inevitabile scontro tra popoli e ideologie.

Serge considerava il patto come «un patto di circostanza tra nemici mortali che hanno l’uno dell’altro una paura spaventosa»100 e considerava tutt’altro che probabile un rivolgimento di interesse da parte di Hitler per i territori dell’Unione Sovietica.

La popolazione confusa e senza più ideali fu stravolta da quella guerra e non capiva perché si sarebbe dovuto lottare per la Polonia se non si erano ancora recuperate le forze dopo la fine del primo conflitto mondiale.

Le classi ricche non volevano combattere contro i fascismi perché li preferivano ai comunisti, mentre la classe operaia e la classe media si sentiva tradita dal governo, che appoggiava il nemico tradizionale.

97 V. Serge, Memorie, cit., pp. 390-396. 98 Ivi, p. 398.

99 B. Souvarine, Stalin, op. cit., p. 807. 100 V. Serge, Memorie, cit., p. 398.

79 Il mondo si stava facendo travolgere dalla corruzione morale, dall’egoismo e dall’obbedienza, da quella che Serge chiama l’«usura morale»101.

«Nessuno credeva più in nulla, perché in realtà nulla vi era più possibile: Ora è finito, […] Sarà nero e terribile, ma coloro che sopravvivranno vedranno il mondo rinascere»102.

«Ho scorto subito nella rivoluzione russa i germi di mali profondi come l’intolleranza e l’inclinazione a perseguitare i dissidenti. Essi provenivano da un sentimento assoluto di possesso della verità, innestato sulla rigidezza dottrinale»103.

Serge riconosce come i fattori economico-storici abbiano avuto un ruolo rilevante nella definizione dei totalitarismi, ma si concentra sull’analisi del fattore umano, quello che aveva spinto le masse a seguire e sostenere tali regimi. Riconosce che già dal tempo della rivoluzione russa c’era stata il fallimento di un possibile accordo tra l’intransigenza a seguire le proprie convinzioni o i propri obbiettivi e il rispetto delle convinzioni diverse. La burocrazia e la dottrina si erano imposte pesantemente su tutto, avevano manipolato l’educazione e avevano soffocato il senso critico, libertà di pensiero e la tolleranza, strumenti essenziali per poter evitare che da simili contesti scaturiscano totalitarismi.

I rivoluzionari avevano creato la potente macchina statale che adesso, diventata un’indistruttibile dispotismo, si stava rivoltando contro di loro in un’«Europa totalitaria»104.

101 Ivi, p. 412.

102 Ivi, pp. 405-406. 103 Ivi, p. 425. 104 Ivi, pp. 425-428.

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