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VII. La lotta di tutti contro tutti nel nazionalsocialismo

VII.V Il ruolo dell’economia nella costruzione del consenso politico

La domanda decisiva cui è urgente rispondere rimane tuttavia: quali sono le forze che tengono unita la società nazionalsocialista? […] Le realizzazioni della Germania in campo economico sono stupefacenti. L’abolizione della disoccupazione, lo sviluppo di industrie per la fabbricazione di prodotti sintetici, la completa subordinazione delle attività economiche alle necessità della guerra, il sistema di razionamento prima e durante il conflitto in corso, il successo del sistema di controllo dei prezzi, sono altrettanto realizzazioni difficili da eguagliare81.

La teoria economica nazionalsocialista si basava sul raggiungimento della massima efficienza, a livello tecnologico e industriale, al fine di vincere la guerra.

Ovviamente né gli obiettivi delle potenze monopolistiche né i progetti del partito nazionalsocialista potevano essere raggiunti in un contesto politico democratico, pertanto era necessario distruggere qualsiasi elemento di controllo dal basso e qualsiasi libertà di critica. Industria e partito divennero funzionali l’una per l’altro, e in quest’ottica il governo centrale eliminò tutte le libertà economiche e politiche, trasformando l’economia tedesca in quello che Neumann definisce «capitalismo monopolistico totalitario», un’economia capitalistica privata, irreggimentata dallo stato totalitario82.

80 Ivi, pp. 236-244.

81 Ivi, p. 247. 82 Ivi, p.289.

181 Nell’epoca della concentrazione monopolistica, le nuove garanzie ausiliarie della proprietà non sono più il risultato di una contrattazione bensì un atto amministrativo: la forma che assume l’intervento dello stato. […] Chi interviene e a favore di chi diviene la questione più importante nella società moderna. Il possesso dell’apparato statale diviene così la posizione chiave attorno alla quale ruota ogni cosa. Questo è l’unico significato possibile del primato della politica sull’economia83.

In un periodo segnato dalla grande depressione, l’intervento dello Stato era l’unica soluzione per risollevare il malessere generale e la questione più importante divenne prevedere in favore di chi avrebbe operato l’apparato statale. Apparentemente il programma nazionalsocialista tendeva a proteggere le piccole e medie imprese, gli artigiani e i commercianti, ma già da quanto il partito giunse al potere il 30 giugno 1933 cominciò a soddisfare tutte le richieste dei cartelli industriali e dei magnati dell’industria, rafforzando il loro potere autocratico84.

Il 18 ottobre 1936 venne approvato il piano quadriennale85 e la politica economica nazionalsocialista venne modificata «in funzione del pieno impiego e dell’uso di tutte le risorse per la preparazione della guerra»86. L’obiettivo era quello di appoggiare le industrie più grandi e più efficienti, capaci di contribuire materialmente ai preparativi della guerra, in funzione della quale dovevano essere riorganizzate tutte le risorse. Le nuove tecnologie, per esempio, richiedevano grandi investimenti che solo le imprese più ricche e grandi potevano affrontare.

Gli investimenti richiedevano enormi capitali e comportavano grandi rischi, che i monopoli non erano disposti a correre in un sistema democratico, nel quale la loro posizione di supremazia sarebbe stata danneggiata. L’incertezza politica dunque comportava inevitabilmente una certa incertezza economica, in quanto la sicurezza e la remunerabilità degli investimenti non erano più assicurate87.

83 Ivi, pp. 288-289.

84 Ivi, p. 288-294.

85 Il piano quadriennale venne promulgato in seguito alla decisione della Germania, ormai nazionalsocialista di uscire dalla Società delle nazioni, decisione presa il 21 ottobre 1935, momento nel quale dichiarò la sua intenzione di riconquistare la sua precedente posizione internazionale persa a causa della prima guerra e dichiarando in questo modo la sua posizione e le sue ambizioni come incompatibili con le decisioni prese dalle altre potenze occidentali.

86 F. Neumann, Behemoth, cit., p.296. 87 Ivi, pp. 393-394.

182 «Il partito nazionalsocialista si preoccupa esclusivamente di instaurare un dominio duraturo, ma per realizzare questo fine non può che proteggere il sistema monopolistico, che gli fornisce la base economica per l’espansione politica»88.

La forza del sistema economico nazionalsocialista aveva alla base lo spirito imperialista della grande industria tedesca che tendeva alla massima espansione e alla ricerca del profitto.

Tali profitti in un sistema monopolistico potevano essere garantiti solo con la protezione di un potere politico autoritario, attraverso il controllo del lavoro, del mercato e dei prezzi e attraverso le misure di razionalizzazione. Questo non poteva avvenire in un sistema democratico che avrebbe messo a rischio i profitti dei monopolisti per promuovere l’industria dei beni di consumo e il benessere delle masse e pertanto il totalitarismo ebbe la funzione di stabilizzare e consolidare il sistema monopolizzato. Il partito nazionalsocialista dunque aveva il compito di regolare l’economia e concepirla in base alla sua ideologia, al fine di renderla funzionale ai propri obiettivi: gli interessi economici incontravano quelli politici89.

Non era possibile etichettare la struttura economica della Germania nazionalsocialista seguendo le strutture corporative o la dottrina del capitalismo, perché essa non seguiva nessuna di queste. Dal momento che si considerava lo stato come proprietario dei mezzi di produzione non si poteva parlare di economia capitalistica. L’unico obiettivo economico era quello di declinare tutte le attività economiche al fine di renderle più produttive possibile e rispondenti alle esigenze della guerra. Inoltre, la società non doveva essere descritta in base a categorie economiche, bensì politiche, catalogandola per esempio come «dittatura manageriale»90. Si trattava di una burocrazia manageriale o di un cosiddetto collettivismo burocratico, in cui la produzione di beni e il progresso tecnologico non erano più determinati da ragioni economiche o di profitto, bensì da una convenienza politica e dalla ricerca di potere. Il profitto restava comunque il motore che alimentava l’espansione dei monopoli e dei cartelli, ma a monte di tutto il processo bisognava considerare a quale settore era diretto l’appoggio dell’apparato statale e della politica91.

88 Ivi, p. 390.

89 Ivi, pp. 389-390. 90 Ivi, p. 250. 91 Ivi, p. 261.

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