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I. Introduzione al totalitarismo

I.III Principali somiglianze e differenze tra stalinismo e nazismo

Innanzitutto, per comprendere comunque come fu possibile che queste dittature spesso comparate si sviluppassero quasi contemporaneamente in paesi tanto diversi e dalle caratteristiche così differenti, è necessario individuare ciò che Kershaw e Lewin chiamano un «retroterra comune»: «dopo tutto, specie molto differenti tra loro fanno parte dello stesso genere»31.

Prima della guerra mondiale infatti, entrambi i paesi erano governati da monarchie autoritarie, da forti burocrazie e caratterizzati da profonde tradizioni militari. Erano due potenze imperialiste con forti ambizioni espansioniste soprattutto verso l’Europa centrale e orientale e i territori che da anni

29 Ivi, pp. 190-205.

30 Tzvetan Todorov, Utilità di un concetto, cit., p. 100.

31 Ian Kershaw e Mosche Lewin, Introduzione. Regimi e dittatori: prospettive di comparazione, in Id. (a cura di),

34 si contendevano. Nonostante una forte presenza latifondista entrambi i paesi erano interessati da una forte spinta alla modernizzazione economica e all’industrializzazione32.

I due paesi si scontrarono militarmente durante la prima guerra mondiale ed entrambi gli imperi furono sconfitti. A questo punto affrontarono la crisi con metodi diversi che portarono allo stesso risultato. In Germania la crisi della democrazia di Weimar portò a ripiegare sul nazionalismo e la paura del bolscevismo, in Urss scoppiò una guerra civile alla quale si tentò di mettere fine degradando sempre di più quelli che erano stati gli iniziali obiettivi della rivoluzione.

I paesi più sviluppati e di più forte struttura sociale e tradizione statale e intellettuale sopportarono per esempio il colpo meglio degli stati più deboli sia dal punto di vista economico-sociale che da quello etnico, e naturalmente diversa fu la sua forza tra i vincitori e gli sconfitti. […] Abbiamo anche sottolineato l’importanza giocata dalla diversa natura e psicologia dei vari tiranni e uomini forti, una volta che questi raggiunsero il potere33.

La diversità dei nuovi regimi e delle nuove dittature era definita dai differenti contesti in cui nascevano ed era caratterizzata dalle personalità dei vari tiranni, ma tuttavia bisogna riconoscere che la comparazione tra essi è il miglior strumento per un’adeguata comprensione.

Non ci si può sottrarre a un’analisi comparata perché non si può chiudere gli occhi di fronte al fatto che in Europa quasi contemporaneamente si assisté alla nascita di due sistemi opposti dal punto di vista economico, politico e ideologico, ma con metodi di sterminio e distruzione che non avevano precedenti.

Una comparazione è quindi importante per tracciare una struttura di fondo, riconoscere alcune manifestazioni di un principio comune e per non dare per scontati alcuni presupposti.

I regimi erano tanto più forti quanto più gravi erano stati i colpi e le perdite subite durante il conflitto mondiale e quanto più forti erano le ambizioni nel voler ricostruire il proprio Stato e il proprio dominio.

La Germania fu sconfitta nella prima guerra mondiale, ma ciò che non venne meno fu la sua forza economica e la fiducia nelle proprie capacità politiche. Il desiderio di rivalsa per la sconfitta e l’umiliazione di Versailles rafforzarono le ambizioni di unificazione tra la Germania e l’Austria e il

32 Ibidem.

35 desiderio di riunire tutti i tedeschi dell’Europa orientale che alimentava il retaggio imperiale. Queste aspirazioni, il desiderio di assicurare la supremazia alla razza tedesca e la soluzione finale del problema ebraico si identificarono nella personalità tirannica di Hitler, il quale non era un pazzo che prese il potere con l’inganno34, bensì il rappresentante della classe media inferiore tedesca35.

Un altro impero sconfitto dalla prima guerra mondiale fu quello russo, che subì gravi perdite territoriali e dove le strutture sociali ed economiche non furono abbastanza forti da sopportare il colpo della guerra. In questo contesto Lenin si fece portavoce di una nuova «parareligione», riuscì a rispondere alle richieste sociali dei contadini attraverso la NEP e allo stesso modo ad appoggiare le cause delle varie nazionalità, creando una federazione sovranazionale. Con il termine «parareligione» si fa riferimento alle nuove forme di fede laica che andavano a sostituire quelle vecchie ormai screditate e che nascevano dalla destabilizzazione provocata dai rapidi cambiamenti in corso. «Parareligioni perché formamelmtne estranee, quando non addirittura ostili, ai movimenti ultraterreni», ma anche perché mantenevano la forza e la spina all’adesione della religione, tanto da far sì che il «pathos religioso» si trasferisse alla politica36. In questo senso è possibile definire le parareligioni anche come «religioni politiche, ovvero ideologie laiche che sostituiscono le fedi tradizionali, adottandone i meccanismi e le forme, chiedendo ai loro discepoli un atto di fede anziché un’adesione razionale facendo ricorso a seducenti liturgie e promuovendo un misticismo collettivo di tipo religioso»37.

Lenin, «di cui sarebbe impossibile dir bene se non fosse stato seguito da Stalin»38, fu l’artefice di «uno straordinario miracolo, permesso anche dalla sua personale ambiguità. Lenin riusciva ad essere al tempo stesso favorevole alle rivendicazioni nazionali e pronto a costruire un nuovo grande potere moscovita, realmente filocontadino e capace di reprimere brutalmente ogni richiesta o aspirazione contadina, dando un unico volto a fenomeni tanto diversi»39. Come abbiamo detto infati, oltre «alla formazione dell’Urss come federazione sovranazionale composta da repubblice

34 Erich Fromm, Fuga dalla libertà, (1941), tr. it. di Cesare Mannucci, Mondadori, Milano, 2015, p. 6. 35 A. Graziosi, Guerra e rivoluzione in Europa 1905-1956, cit., pp. 206-215.

36 Ivi, pp. 115-117.

37 E. Traverso, Totalitarismo, cit., pp. 138-139. 38 Ivi, p. 220.

36 nazionali, in cui era lasciato ampio margine a quello che già allora veniva definito “nazionalcomunismo”»40, diede vita alla Nuova politica economica, un nuovo programma per le campagne costituito da concessioni economiche, tra le quali anche l’apertiura agli aiuti internazionali, accompagante da linee politiche più dure41. Questo sistema di riforme economiche nacque con lo scopo di porre rimedio ai disastri del comunismo di guerra e della guerra civile e rimase in piedi dal 1921 al 1929.

Nel campo dell’evoluzione delle forme politiche, le dinamiche del dopoguerra rafforzarono ovunque la tendenza verso l’affermarsi del nazionalsocialismo, già presente prima del conflitto ed irrobustita da esso, come forma prevalente degli sforzi di costruzione e ricostruzione statale spenceriana in atto42.

Tuttavia le tensioni che avrebbero lacerato l’Europa degli anni Venti e Trenta non erano il semplice prodotto di una cattiva pace: la guerra aveva messo in moto in tutti i paesi partecipanti al conflitto processi e forze che si nutrivano della grande quantità di energia accumulatasi nel continente nei decenni precedenti e continuamente alimentata da una esplosione demografica43.

Le grandi dinamiche del dopoguerra scoppiarono inizialmente all’interno dei paesi.

In Urss la perdita della guerra era la conferma che lo zarismo, così come le strutture autoritarie feudali e burocratiche, erano superate e che bisognava attuare un cambiamento radicale. I bolscevichi riuscirono ad imporsi grazie alla loro forza organizzativa e Stalin in quella situazione rappresentò l’idea di una forza che poteva fare tutto, come anche sbarazzarsi dei contadini, delle nazionalità e dei vertici del partito creato da lui. Stalin, doveva rispondere al senso di debolezza interiore in seguito alla sconfitta a Varsavia nel 192044 e al fallito tentativo rivoluzionario in Germania, ma soprattutto doveva creare un corpo sociale e una struttura economica che avrebbero

40 Ivi, p. 218.

41 Ivi, p. 218. 42 Ivi, p. 232. 43 Ivi, p. 225.

44 La battaglia di Varsavia conosciuta anche come Miracolo della Vistola, fu combattuta durante l’agosto del 1920 e portò all’inaspettata vittoria polacca contro l’Armata rossa. Fu la battaglia decisiva nella guerra sovietico-polacca che iniziò subito dopo la fine della prima guerra mondiale nel 1918 e finì con la Pace di Riga del 1921. La battaglia provocò numerose perdite alle truppe bolsceviche e assicurò l’indipendenza dello Stato polacco e la stabilità dei suoi confini orientali per quasi vent’anni.

37 dimostrato al mondo che il socialismo era la strada più giusta da percorrere e lo fece attraverso la dekulakizzazione, le deportazioni e le fucilazioni di massa45.

In Germania invece, la crisi del 1929 che aveva provocato un’impennata dell’inflazione quindi gravi conseguenze economiche, il bisogno di ordine e il ritorno a una società normale che era stata trasformata dalla violenza della guerra, il desiderio di rivalsa in seguito alla sconfitta contro le potenze occidentali e la conseguente divisione dei territori e la volontà di mantenere i propri privilegi, favorirono l’ascesa di Hitler.

La Germania rispose alla crisi della società borghese con il conservatorismo, la rigenerazione di una società autoritaria a l’attribuzione di colpe a specifici gruppi etnici o politici46.

L’ideologia e la personalità dei despoti li differenziavano gli uni dagli altri, ma erano comunque il frutto della stessa crisi.

Le tendenze nazionalsocialiste che si fecero strada ovunque in Europa dopo la guerra premiavano la presenza dello Stato e delle comunità nazionali dominanti, mentre le diverse forme di nazionalsocialismo dipendevano anche dal grado di intervento dello Stato, il quale però ovunque si fece carico del settore competitivo (industria pesante, industria bellica e ricerca scientifica) per poter far fronte alla guerra.

La nazionalizzazione ebbe risultati diversi nei vari paesi per via degli sforzi intrapresi, come la qualità delle risorse, la capacità di mobilitazione di esse e il maggior uso di coercizione. L’estremo sforzo di modernizzazione intrapreso da Stalin, sebbene non avesse raggiunto gli obiettivi del piano quinquennale, riuscì a portare a un sistema industriale moderno invidiato dai paesi occidentali. Nel 1929 infatti, sembrava che l’economica pianificata fosse superiore a quella di mercato47.

Graziosi ritrova nel mostruoso comportamento umano il comune denominatore tra hitlerismo e nazismo, che si diversificavano per livelli di modernizzazione, di estremismo e di mezzi a disposizione, e soprattutto si diversificavano per ideologia e contesto. Ma mentre Hitler colpiva i più deboli all’interno e le razze considerate inferiori all’esterno, dirigendo dunque la sua ferocia

45 A. Graziosi, Guerra e rivoluzione in Europa 1905-1956, cit., pp. 215-220.

46 Ulrich Herbert, Nazismo e stalinismo: possibilità e limiti di un confronto, in Marcello Flores (a cura di), Nazismo,

fascismo, comunismo, totalitarismi a confronto, cit., pp. 42-46.

38 principalmente verso altri popoli, Stalin, sebbene la dimensione etnica della repressione aumentasse sempre di più, colpiva la propria popolazione.

Le basi dell’Urss erano più deboli per via dei nemici interni presenti nei paesi conquistati. L’Urss era un impero con nazionalità diverse al suo interno, da controllare e trattare in base a criteri differenti. Stalin seguiva una logica imperiale e non nazionale, le politiche repressive avevano obiettivi etnici, ma non c’erano preferenze razziali. La Germania partiva solo da sé stessa e il principale criterio di repressione si basava sul concetto di supremazia della razza tedesca. Tuttavia bisogna sottolineare che dopo la vittoria della seconda guerra mondiale aumentava il sentimento di superiorità dei russi rispetto ai popoli caucasici ed ebraici.

Secondo Graziosi lo stalinismo era ideologicamente meno odioso e meno ingiusto dell’hitlerismo dal momento che tutti, russi compresi, potevano diventare le vittime delle repressioni e inoltre più razionale e meno primitivo. Le purghe staliniane del 1937-38 erano mirate a eliminare una possibile quinta colonna, mentre lo sterminio messo in atto da Hitler era alimentato solo dall’odio verso un popolo e la soluzione finale era autolesionista dal momento che le comunità ebraiche davano prestigio alla cultura e alla vita economica tedesca48.

Contestualmente la tendenza generale è quella di considerare lo stalinismo più “logico” in quanto animato dal raggiungimento dell’obiettivo del socialismo, a differenza del nazismo che aveva come unico scopo l’annientamento fisico di gruppi etnici e politici considerati minacciosi.

Alcune personalità influenti, come il teologo protestante Tillich e lo storico tedesco ebreo Kohn,

consideravano applicabile la categoria del totalitarismo solo ai fascismi e non al bolscevismo, in quanto consideravano quest’ultimo solo come una fase temporanea, fino al raggiungimento della “nuova società senza classi” alla quale ambiva.

Sebbene molti concordassero sull’attribuire tale primato solo alle dittature di destra, l’analisi di Enzo Traverso mostra come molti intellettuali invece, considerassero il totalitarismo come regime moderno tipico del XX secolo e come senza distinzioni tra destra e sinistra, essi riunissero i fascismi e lo stalinismo sotto la categoria di nuove dittature e tirannie dal potere totale e terrificante49.

48 Ivi, pp. 242-248.

39 Enzo Traverso cita le parole dell’intellettuale e prete italiano, oppositore del regime di Mussolini, Luigi Sturzo, il quale ritrovava nei regimi dittatoriali di destra e nella Russia bolscevica molti tratti comuni: «un’estrema centralizzazione amministrativa, la militarizzazione della società, il dirigismo economico, il controllo politico sulla scuola e sui mezzi di comunicazione. […] tendenza a una “divinizzazione dello Stato”, caratterizzando lo “Stato totalitario come la forma più chiara e più esplicita dello Stato panteista”»50.

Oltre all’utilizzo di miti e simboli e alla deificazione del capo, un aspetto importante in comunione ai diversi regimi totalitari, viene colto dallo storico e politico francese Daniel Guérin. Egli infatti identifica come il capitalismo, che i fascismi più o meno apertamente criticavano nella loro ideologia, diventò in modo perverso il cardine della loro economia51.

Paradossalmente, come riporteranno le analisi successive, la stessa Russia staliniana che avrebbe dovuto perseguire gli ideali socialisti anche a livello economico, applicò modelli capitalistici, come dimostrato dal grande potere che accumulava l’industria e dall’importanza che veniva data al credito estero privato.

Nell’analisi comparativa dei due sistemi si è inserito anche lo storico Ulrich Herbert, il quale individua i due regimi come due differenti alternative ugualmente radicali come risposta alla minaccia della società occidentale borghese.

Tra gli elementi comparativi riconosce la percezione della crisi della società borghese, la quale in seguito alla sconfitta della guerra venne considerata come qualcosa a cui trovare un’alternativa, e che dopo la prima guerra mondiale, queste “rivoluzioni”, dall’essere movimenti marginali divennero dominanti e dittatoriali. In Germania il soggetto della storia non doveva essere l’individuo, ma il popolo secondo una «definizione di sangue», mentre in Urss la protagonista doveva diventare la classe operaia.

Altri elementi comparativi sono la concezione delle élite e la funzionalità del terrore come mezzi obbligatori per il raggiungimento degli obiettivi e l’eliminazione dei nemici interni ed esterni52.

50 Ivi, pp. 37-38.

51 Ivi, p. 43.

40 Tra le differenze spiccano la diversa capacità di mobilitazione e la struttura istituzionale. Mentre «il regime staliniano fu dittatura di una minoranza che non poté appoggiarsi con fiducia su componenti precise della propria popolazione» e che quindi scatenò la sua forza terroristica proprio sul popolo, la minoranza nazista presto diventò la maggioranza che applicava le dinamiche distruttive contro gli ebrei e contro l’esterno. Mentre la Germania nazista era caratterizzata da un apparato statale differenziato ed efficiente, un apparato federale gerarchizzato e una burocrazia diversificata, in Urss tutto ciò era quasi del tutto assente e il sistema si basava su un potere centralizzato e privo di livelli gerarchici intermedi.

Nonostante queste differenze egli considera i due regimi come movimenti che giustificarono la morte di milioni di persone con il raggiungimento dei propri obiettivi53.

Sia lo stalinismo che il nazismo riveleranno una drammatica dimensione criminale ed entrambi

sono il frutto di una rivoluzione malata che ha risvegliato i valori superati dell’assolutismo.

Partendo da questo presupposto lo storico liberale Élie Halévy, considerava il comunismo russo come un fascismo e definiva «bolscevismo e fascismo come due forme parallele di una nuova tirannide nata dalla prima guerra mondiale: i suoi tratti più significativi erano la statalizzazione dell’economia e della politica, la messa fuori legge delle forze di opposizione e l’irreggimentazione delle masse nella forma inedita dell’”organizzazione dell’entusiasmo”»54.

53 Ivi, pp. 50-56.

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