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Il contesto socio-economico: la povertà e l'economia informale

L' India contemporanea è annoverata nella lista mondiale dei paesi emergenti. Tale status deriva principalmente dall' impressionante crescita del PIL nel corso degli ultimi venti anni, attestatasi in media intorno al 5 % nel ventennio dal 1990 al 2012 (UNDP, 2013). Tuttavia, negli ultimi quattro anni si è assistito ad un significativo declino della crescita del prodotto interno che dall' 8,6 % del 2009/10 è sceso al 4,5 % del 2012/13. L'agricoltura ed alcune sezioni dell' industria hanno mostrato un andamento di crescita basso e talvolta negativo nell'arco di tempo in questione. Un rapporto sullo stato dell'economia del 2013/14 attribuisce tale dato alla riduzione degli investimenti fissi dal 2010 ad oggi.

Se si guarda invece ai settori in crescita del paese le performance più notevoli sono quelle realizzate dal settore informatico (“Information Technology”, IT ), dall' industria farmaceutica, da alcuni comparti del settore manifatturiero e dai servizi. (ib.)

Jayati Ghosh (2014) nota come la recente crescita economica in India è fortemente collegata alla deregolamentazione finanziaria che ha prodotto l'emissione massiccia di credito al consumo per le fasce abbienti della popolazione. La crescita del PIL nazionale però non è stata accompagnata da un aumento delle opportunità di impiego, e si è verificata in parallelo ad una crisi agraria che ha esercitato una certa compressione sui salari e sulla domanda per il consumo di massa.

Nonostante sia da evidenziare una leggera riduzione della povertà, la crescita economica non è stata equamente distribuita tra le varie fasce sociali, non è stata in grado di generare più occupazione e le tipologie di lavoro con una bassa produttività sono quelli maggiormente diffusi.

Una fetta importante dell'economia indiana è costituita dalla cosiddetta “economia informale”, che, come diversi autori (Ghosh 2014, Basole and Basu, 2011, Chatterje, 2008 e Breman, 2004) rilevano, esercita un ruolo sostanziale all'interno dell'economia formale, offrendo una serie di attività senza le quali sarebbe impossibile per le imprese del “settore organizzato” realizzare il livello di profitti presente. L'economia informale è costituita da tutte quelle imprese, di piccola dimensione e non ufficialmente registrate, che forniscono servizi o beni inglobati nei vari passaggi all' interno della catena produttiva dell'economia indiana nella sua totalità.

Basole e Basu (2011) forniscono un quadro accurato del funzionamento nell'economia informale attraverso una lettura delle statistiche governative. Per dare un'idea delle dimensioni del fenomeno gli autori riportano i dati del censo 200921 in cui

si attesta che più del 70 % degli occupati nell' industria indiana nel suo complesso risulta “unorganised”, con una percentuale leggermente maggiore nei servizi (quasi l'80 %) mentre in agricoltura la proporzione dei lavoratori informali sul resto è superiore al 90 %. La tabella 3 mostra la schiacciante prevalenza del settore informale sulla distribuzione dell'occupazione nel paese.

Tabella 3: Percentuale di occupati tra tipologia di lavoro formale ed informale

Tipologia di settore Settore formale: lavoro formale Settore formale: lavoro informale Settore informale Settore domestico (lavoro informale) Percentuale sul totale degli occupati 4 3 85 8

(Nostra elaborazione su dati di Basole e Basu, 2011)

21 Riferiti al censimento del 2004-05, che alla data attuale costituiscono i dati accessibili più aggiornati

(2009): The Challenge of Employment in India: An Informal Economy Perspective, Volume 1, National Commission for Enterprises in the Unorganised Sector, www.nceuis.nic.in

L'economia informale dunque caratterizza fortemente il settore manifatturiero con una concentrazione maggiore nei comparti della trasformazione alimentare, del tessile e degli accessori. I lavoratori informali sono impiegati in imprese non registrate presso lo stato o prestano lavoro casuale in aziende registrate. Molti di essi svolgono lavoro giornaliero o hanno contratti brevi e intermittenti nel settore formale, nel settore manifatturiero e nei servizi, altri lavorano come “autonomi” in imprese proprie. (Ghosh, ib)

Le caratteristiche tipiche di una impresa informale, secondo la definizione della Commissione “Sengupta”,22 incaricata dal governo indiano di condurre un' indagine

capillare sul settore, sono la partecipazione al mercato in forma non registrata, una struttura monoproprietaria o societaria ed una forza lavoro composta da meno di dieci persone (spesso composta solo di familiari).

Un'ulteriore distinzione all'interno delle imprese del settore informale, riguarda: a) le imprese individuali, definite imprese manifatturiere in proprio o “petty

proprietorship”(PP) in cui solitamente c'è solo un lavoratore proprietario affiancato da

un altro familiare; b) le imprese “marginal capitalist” (MC), in cui compare un lavoratore proprietario e fino a cinque stipendiati tra cui quasi sempre familiari; c) le “small capitalist” (SC) in cui oltre al proprietario sono presenti più di cinque ma meno di venti stipendiati. La tipologia più diffusa di impresa informale, sia in ambiente urbano che rurale, è quella ”in proprio”.

Inoltre si rivela abbastanza interessante dare uno sguardo al trend di crescita delle imprese informali (e dei lavoratori) che presenta una fase di declino negli anni '80 e una fase di ripresa negli anni '90 fino ad eguagliare il livello del 1984 nell'anno 2000. Tale dato pare confermare il fatto che le politiche di liberalizzazione economica non siano state in grado di creare l'attesa preferenza per la legalità da parte della moltitudine di piccole imprese caratterizzanti l'economia indiana.

La figura 5 mostra l'espansione della grande industria (con un numero di

dipendenti superiore ai mille) nell'arco di quasi un secolo in India, attraversata da un chiaro trend discendente negli anni '90, un andamento che caratterizza anche la media impresa (tra i cinquanta e mille dipendenti).

Fonte: Basole & Basu (2011) : “Figure 22”

Nel 2011, la media del salario giornaliero nel settore manifatturiero informale è una cifra compresa tra le 80 e 100 rupie per venti/venticinque giornate di lavoro al mese.23 Ciò comporta, abbastanza intuitivamente, il ricorso ad altre fonti di reddito da

parte dei lavoratori. (Basole & Basu, 2011)

Sempre nel settore manifatturiero per il 17 % dei proprietari di una impresa informale la maggiore fonte di reddito è costituita da attività esterne all'impresa, e per il 77 % di questi ultimi l'attività principale in termini di reddito è costituita dall'agricoltura.

23 In media poco più di un euro/ un euro e mezzo al giorno

Figura 5: Quota della grande industria sull'impiego industriale totale (1911-91)

Fonte: Ghosh (2014): p.5

Vale la pena riportare alcune riflessioni di Breman e van Linden sul processo di “informalizzazione dell'economia” (2014: pp. 926-7): “L'origine del settore informale, per come affermatosi dai primi anni '70, si può riscontrare nel flusso di contadini non possidenti o con proprietà marginali verso le città. La percezione iniziale era che un modo di produzione pre-capitalista potesse facilitare il passaggio da uno stile di vita rurale/agricolo ad uno moderno e metropolitano. (Hart, 1973). Il settore informale era ritenuto un cuscinetto che sarebbe scomparso nel corso dello sviluppo capitalista per mezzo di una progressiva industrializzazione e urbanizzazione. Nei primi anni '90, tuttavia, il settore informale smise di essere considerato come un problema temporaneo ed una dimensione occupazionale transitoria. Piuttosto la casualizzazione del lavoro e l'auto-impiego cominciarono ad essere valutati come una condizione per una crescita economica di successo. [La World Bank è stata tra i proponenti di tale modello di crescita] […]

L'impoverimento progressivo negli ultimi strati dell'economia globale attesta oggi l'eccedenza di lavoro non solo nel sud globale ma ormai anche a livello mondiale”.